Tamburi, Enel Italia a ruota libera su rinnovabili e su come raggiungere obiettivi altrimenti impossibili

di Filippo Astone e Marco de' Francesco ♦︎ Snellimento delle procedure autorizzative, repowering e revamping: sono queste le misure che permetterebbero una crescita degli impianti rinnovabili. I piani del Gruppo guidato da Starace per geotermico e idroelettrico e la divisione Green Power. E sull'idrogeno...

La decarbonizzazione dell’Italia? Impossibile, ai ritmi attuali. Per accelerare il cambiamento verso l’energia del futuro è necessario lavorare su tre leve: sviluppo rinnovabili, reti di distribuzione ed elettrificazione dei consumi. In particolare sul primo punto il Paese procede ad una velocità sette volte inferiore a quella necessaria: per conseguire i target del Piano Nazionale Integrato dell’Energia e del Clima, infatti, l’Italia dovrebbe installare nuova potenza da rinnovabili per 7 GW all’anno, e invece resta a quota inferiore a 1 GW all’anno.

Perché? «Se il Paese avanza con freno a mano tirato, è perché mancano le autorizzazioni per gli impianti rinnovabili» – afferma Carlo Tamburi, Direttore di Enel Italia, nonché membro (esterno) del Cda della Sapienza, del comitato tecnico Energia di Confindustria e del consiglio generale di Aspen Institute Italia. Enel è uno dei principali operatori integrati globali nei settori dell’energia elettrica e gas (guidato dal Ceo Francesco Starace) nonché la più grande azienda italiana (di circa 65 miliardi di ricavi nel 2020) e il maggior player industriale del nostro Paese e l’impresa campione per gli investimenti tecnologici.







Quella segnalata da Tamburi non è una lamentela sulle lungaggini della burocrazia, ma la constatazione di uno status quo sull’efficacia ed efficienza dei procedimenti autorizzativi per impianti rinnovabili, che peraltro incidono negativamente sia sulla possibilità di concretizzare investimenti da imprese italiane, oltre che investimenti esteri; Tamburi evidenzia un pericoloso “corto circuito” fra ciò che le istituzioni stabiliscono in termini di strategia green e ciò che nella pratica consentono di fare.

Carlo Tamburi, Direttore di Enel Italia, nonché membro (esterno) del Cda della Sapienza, del comitato tecnico Energia di Confindustria e del consiglio generale di Aspen Institute Italia.

Come uscire da questa situazione? A livello di sistema-Paese, Tamburi suggerisce, anzitutto, di prevedere urgentemente delle misure di snellimento delle procedure autorizzative per realizzare nuova capacità rinnovabile, che consentano di realizzare gli investimenti in maniera rapida, efficace e coerente con gli obiettivi di decarbonizzazione del Paese; vi sono poi altre misure più di dettaglio, quali il repowering e revamping degli impianti eolici e fotovoltaici già operativi, al fine di renderli più efficienti, potendo contare su tecnologie all’avanguardia oggi disponibili sul mercato.

Ed Enel? Il Gruppo prevede di mobilitare investimenti per 190 miliardi di euro nel periodo 2021-2030, promuovendo la decarbonizzazione, l’elettrificazione dei consumi e le piattaforme per creare valore condiviso e sostenibile per tutti gli stakeholder e redditività di medio e lungo periodo. Le risorse saranno allocate sui due modelli di business utilizzati dal Gruppo Enel: quello tradizionale, detto di “Ownership”, in cui lo sviluppo industriale nei segmenti delle rinnovabili, delle reti e dei clienti finali è portato avanti direttamente da Enel anche per mezzo delle proprie piattaforme digitali e il modello di “Stewardship”, che catalizza investimenti di terzi in collaborazione con Enel, e che è abilitato dalle piattaforme operative presenti all’interno del Gruppo. In questo scenario saranno investiti nel periodo 2021-23 circa 17 miliardi in rinnovabili mediante il modello di ownership e 500 milioni attraverso il modello di stewardship, mobilitando al contempo 3.3 miliardi di investimenti di terzi; nella vision al 2030 le somme indicate raggiungono invece i 70 miliardi nel modello di ownership e circa 2 miliardi nel modello di stewardship (mobilitando al contempo circa 18 miliardi di investimenti di terze parti). Nel periodo 2021-23, la declinazione italiana del totale degli investimenti del gruppo è pari a 14 miliardi.

E la società a livello globale ha studiato una strategia green con due punti fondamentali: il primo si basa su una generazione decarbonizzata, aumentando la quota di produzione di rinnovabili sul termico a circa l’80% entro il 2030 a fronte del 55 % al 2020 e chiudendole centrali a carbone; il secondo invece mira ad impattare sugli usi finali dell’energia, tramite l’efficienza energetica la mobilità elettrica e altro.

Tutto ciò secondo Tamburi, che abbiamo intervistato.

D: Lei ha sottolineato più volte che in Italia i tempi per ottenere i permessi per realizzare impianti fotovoltaici e eolici superano i 12 mesi, e che ciò all’estero non accade. In che modo tutto ciò rallenta i vostri progetti di decarbonizzazione?

I tempi per ottenere i permessi per realizzare impianti fotovoltaici e eolici superano i 12 mesi in Italia, e ciò all’estero non accade

R: Ci tengo ad evidenziare una circostanza che non si può tacere: non è un problema di Enel, ma del sistema-Paese. Se si considerano gli attuali sviluppi, è l’Italia che non raggiungerà i target di rinnovabili e decarbonizzazione che, con l’Europa, si è data.

D: Facciamo un passo indietro: di quali obiettivi stiamo parlando?

R: Di quelli fissati dal “Piano nazionale integrato dell’energia e del clima”, il cui testo è stato pubblicato dal Mise l’anno scorso, dopo averlo inviato a Bruxelles. Prevede per il 2030 una quota di rinnovabili per la produzione di energia elettrica pari al 55%; ma questo target andrà riconsiderato al rialzo, perché nel frattempo l’Europa si è data nuovi obiettivi. Sarà fondamentale, pertanto, raggiungere una quota pari o superiore al 70%, come peraltro già annunciato dal ministro per la transizione ecologica Roberto Cingolani.

D: E quale rapporto esiste tra le lungaggini amministrative e il conseguimento di questi target? E a quali autorizzazioni ci si riferisce, in particolare?

R: Il problema è tutto qui: per raggiungere gli obiettivi bisognerebbe installare entro il 2030 rinnovabili per una potenza complessiva di 70mila MW, e cioè circa 7mila MW all’anno: si pensi che in Italia, attualmente, è ferma a quota mille MW all’anno. Cioè avanza con una velocità sette volte inferiore a quella richiesta non da Enel, ma dall’Italia e dall’Europa. Immagino che tutto questo possa sembrare un po’ strano, ma è così. Le autorizzazioni necessarie per realizzare le opere non arrivano, o lo fanno dopo tanti anni.

D: Dunque, qual è la soluzione? Che cosa dovrebbe fare il Paese?

Per accelerare il cambiamento verso l’energia del futuro è necessario lavorare su tre leve: sviluppo rinnovabili, reti di distribuzione ed elettrificazione dei consumi

R: vi sono vari filoni di intervento per conseguire gli obiettivi per la decarbonizzazione del Paese. Anzitutto, procedere rapidamente ad una semplificazione dei procedimenti autorizzativi per nuove rinnovabili, necessarie per far fronte ai target di decarbonizzazione del Paese. All’interno di queste misure, si potrebbe agire ovviamente anche sui terreni agricoli marginali. Oggi il settore primario, in Italia, è caratterizzato da una minore produttività rispetto a Francia, Spagna, Danimarca e Paesi Bassi. Gli agricoltori hanno bisogno di risorse per evolvere dal punto di vista tecnologico, con droni e IoT; potrebbero ottenerle grazie alle offerte delle società energetiche, che potrebbero utilizzare i campi poco produttivi per installare impianti solari, ad esempio. Ma anche per queste cose, il tempo medio per ottenere le autorizzazioni è pari a circa 1,5 anni per il solare e a cinque anni per l’eolico, attualmente. E poi, c’è un’altra azione che si potrebbe compiere, aumentando l’energia prodotta dalle rinnovabili senza occupare nuovo suolo.

D: In cosa consiste queste seconda operazione?

R: Nel repowering e revamping degli impianti eolici o solari. Tecnicamente, i pannelli hanno una durata operativa di circa 25-30 anni; ma la resa energetica tra quelli attuali e quelli di 15 anni fa è molto diversa. Grandi progressi sono stati compiuti in questa tecnologia. Rottamiamo l’esistente e installiamone di nuovi. Lo stesso vale per l’eolico. Anche qui, ci sono nuovi materiali, e il design si è molto evoluto. Il problema è che, se si aumenta la potenza di un impianto, dell’uno e dell’altro tipo, occorrono autorizzazioni. E quindi si ricade nel problema principale, quello della tempistica.

D: Che cosa si può fare su questo fronte, quello dei tempi troppo lunghi per ottenere i permessi?

Il Gruppo prevede di mobilitare investimenti per 190 miliardi di euro nel periodo 2021-2030, promuovendo la decarbonizzazione, l’elettrificazione dei consumi e le piattaforme per creare valore condiviso e sostenibile per tutti gli stakeholder e redditività di medio e lungo periodo

R: È chiaro che la soluzione è nelle mani del Legislatore. L’unico modo per raggiungere i target di decarbonizzazione è quello di ridurre ai minimi termini l’iter autorizzativo. Per la verità, il decreto Semplificazioni già prevede procedure più veloci nel caso di progetti di modifica di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili; ma è evidente che questa misura non basta. Occorre trovare una nuova efficienza e una nuova rapidità.

D: Ed Enel quale ruolo gioca in questo contesto?

R: Noi siamo in prima linea, sul fronte. Anzitutto perché l’obiettivo di Enel è appunto quello di aiutare il Paese a decarbonizzarsi e a raggiungere gli obiettivi del PNIEC, presenti e futuri. In secondo luogo perché Enel Italia, svolge anche delle attività “country specific”, e cioè di esclusiva competenza dell’area geografica nazionale: non sono solo quelle relative ai clienti finali (che in Italia sono oltre 30 milioni), alle vendite commerciali, al mondo del retail, ma anche quelle concernenti il rapporto con le istituzioni del Paese. Particolarmente importanti sono le relazioni con gli Enti di regolazione: due terzi dei nostri proventi derivano da attività regolate; si pensi alle reti. E poi c’è l’interlocuzione con Province, Regioni, governo e Parlamento, Antitrust e tanto altro. Insomma, c’è un confronto continuo con chi è chiamato a decidere. Per completezza, poi, va detto che Enel Italia si occupa per il Belpaese di tutte le business line della società, e quindi la produzione, la distribuzione, l’energy management e alcuni servizi di vendita Enel X (società del Gruppo che fornisce prodotti e servizi innovativi per la trasformazione energetica a livello domestico, cittadino e industriale).

D: Ma al di là delle proposte e di questi importanti rapporti istituzionali, che cosa sta facendo Enel per aiutare l’Italia a conseguire gli obiettivi di decarbonizzazione?

L’idroelettrico è una risorsa potenzialmente infinita, anche se basterebbe lavorare sui bacini esistenti mediante azioni volte a preservarne la capacità, invece che di crearne di nuovi. Per quanto riguarda le centrali idroelettriche in esercizio, è importante continuare a migliorarne l’efficienza con interventi di ammodernamento e repowering, volti a massimizzare la produzione degli impianti

R: Noi abbiamo una nostra strategia, che è riscontrabile nel Piano Industriale presentato lo scorso novembre, che peraltro per la prima volta contempla oltre al breve termine anche la vision a 10 anni, al 2030. Due filoni fondamentali. Il primo è quello di modificare il mix tra rinnovabili e termico mantenendo inalterata la produzione a livello nazionale. Attualmente in Italia la nostra produzione da fonti rinnovabili pesa per il 57%, mentre quella da generazione convenzionale per il 43%. L’obiettivo per i prossimi anni è di continuare questo percorso cercando di accelerare i tempi. Ma naturalmente tutto questo passa per la chiusura delle centrali a carbone, che peraltro è prevista nel PNIEC. Ci siamo impegnati a dismettere entro il 2025 tutti e cinque gli impianti, che sono a La Spezia, Fusina (Venezia), Civitavecchia, Brindisi e nel Sulcis, in Sardegna. Non è un’operazione da poco: si pensi che insieme parliamo di 5,6 GW di capacità installata di proprietà del Gruppo Enel e che in particolare quelli pugliese e sardo sono considerati “essenziali” sia dagli enti regolatori che da Terna (l’operatore che gestisce la rete per la trasmissione dell’elettricità) perché attualmente senza di loro il sistema non reggerebbe. Ovviamente, perché il primo pillar si traduca in realtà occorrono le autorizzazioni, e quindi si torna al problema principale. Ma andiamo avanti. Il secondo riguarda invece l’ottimizzazione del consumo da parte dei clienti finali. Di ciò si occupa Enel X, che propone soluzioni integrate che riguardano cappotti termici, caldaie a condensazione, pannelli fotovoltaici, climatizzatori, impianti di cogenerazione e tri-generazione e tanto altro.

D: Abbiamo parlato del mix tra termico e rinnovabili. Ma quale combinazione fra eolico, solare, idroelettrico e geotermico sarà portata avanti da Enel? Quale fra queste tecnologie è destinata a contribuire maggiormente agli obiettivi di Enel?

R: La nuova capacità rinnovabile che il Gruppo prevede di costruire entro il 2030 è focalizzata sul solare e sull’eolico. In particolare, il Gruppo prevede di aggiungere circa 75,000 MW attraverso il modello di ownership di cui circa il 53% solare e il 47% eolico. Guardando al breve periodo e all’Italia, il target di capacità addizionale rinnovabile nel paese sul periodo 2021-23 è di oltre 1,500 MW di cui circa il 70% è solare e il resto prevalentemente eolico.

D: A proposito di geotermico e idroelettrico, spesso si sente parlare di un limite oramai raggiunto nello sfruttamento delle risorse in Italia. Conferma o pensa ci saranno ancora ulteriori sviluppi anche grazie a nuove tecnologie?

l’obiettivo di Enel è appunto quello di aiutare il Paese a decarbonizzarsi e a raggiungere gli obiettivi del PNIEC, presenti e futuri

R: In realtà le due tecnologie non sono assimilabili da questo punto di vista. Quanto all’idroelettrico, è una risorsa potenzialmente infinita, anche se basterebbe lavorare sui bacini esistenti mediante azioni volte a preservarne la capacità, invece che di crearne di nuovi. Per quanto riguarda le centrali idroelettriche in esercizio, è importante continuare a migliorarne l’efficienza con interventi di ammodernamento e repowering, volti a massimizzare la produzione degli impianti. Quanto al geotermico, la sua diffusione è meno capillare rispetto alle altre rinnovabili: non in tutti i territori è possibile trovare nel sottosuolo una grande quantità di calore convogliata nella stessa area. Fino agli anni Sessanta il centro globale della geotermia era a Larderello, una frazione del comune italiano di Pomarance, nella provincia di Pisa, poi, a partire dagli anni ’80 la tecnologia si è diffusa su larga scala anche nel resto del mondo. Ad oggi, Enel Green Power Italia è leader in Europa nel settore geotermoelettrico, sia in termini di potenza installata che in produzione di energia, in quanto produce più del 90% della produzione geotermoelettrica europea. In realtà, secondo noi, in Toscana meridionale ci sarebbero altri siti idonei per la produzione geotermoelettrica; ma anche qui, bisognerebbe ottenere delle autorizzazioni.

D: A proposito di energia l’idrogeno è nella vision di Enel per il 2030

R: Sì, l’idrogeno verde, quello che si ottiene non dai combustibili fossili ma con elettrolizzatori alimentati da energia elettrica generata da fonti rinnovabili come i pannelli solari e gli impianti eolici. È sostenibile al 100%, e anche se la sua diffusione è attualmente molto limitata, è destinata a crescere. Si stima che al 2030 il costo di produzione dell’idrogeno verde sarà competitivo con il costo di produzione dell’idrogeno di origine fossile. Questo risultato si raggiungerà con una significativa riduzione dei costi degli elettrolizzatori e l’aumento della loro efficienza. Ci aspettiamo che avvenga per gli elettrolizzatori quanto avvenuto in passato per i pannelli fotovoltaici e per le batterie. L’importante è concentrare le risorse e gli sforzi disponibili solo verso il mercato dell’idrogeno verde, evitando di deviare risorse verso tecnologie non sostenibili che produrrebbero un lock-in effect già nel medio termine.

D: Ci sono già dei progetti pilota?

Francesco Starace, ceo di Enel

R: Il Gruppo Enel prevede di far crescere la sua capacità di idrogeno verde a oltre 2 GW entro il 2030. Oltre a fornire idrogeno verde ai clienti industriali, Enel fornirà alla rete l’elettricità prodotta da impianti rinnovabili non esclusivamente dedicati alla generazione di idrogeno e fornirà servizi ausiliari alle reti, sostenendo la stabilità del sistema e l’ulteriore penetrazione delle rinnovabili. In linea con questo approccio strategico, il Gruppo sta già realizzando una serie di progetti di idrogeno verde in tutto il mondo. In Italia, Enel e la società energetica Eni stanno sviluppando congiuntamente un’iniziativa sull’idrogeno verde volta a decarbonizzare due raffinerie di Eni. Ognuno dei due progetti sarà caratterizzato da un elettrolizzatore di circa 10 MW e si prevede che inizieranno a generare idrogeno entro il 2023. Inoltre, nel febbraio di quest’anno, Enel Green Power e la società energetica italiana Saras hanno firmato un memorandum di intenti per sviluppare un progetto di idrogeno verde in Sardegna.

D: Quale rilievo avrà l’idrogeno verde nel processo nazionale di decarbonizzazione?

R: L’idrogeno sarà un alleato importante nella decarbonizzazione di alcuni settori, ad esempio l’industria chimica e altre attività cosiddette hard to abate come la siderurgia e la produzione di cemento, l’aviazione e il trasporto marittimo. Quelli, solo quelli, in cui l’elettrificazione è più difficile.

Il piano di investimenti di Enel

Il piano di investimenti di Enel. Si accennava ai 190 miliardi di investimento di Enel sino al 2030. Per la precisione, Il Gruppo prevede di investire direttamente circa 160 miliardi di euro, di cui oltre 150 miliardi di euro mediante il modello di business di Ownership e circa 10 miliardi di euro attraverso il modello di business di Stewardship, catalizzando al contempo ulteriori 30 miliardi di terzi in collaborazione con Enel. Per quanto riguarda gli investimenti pianificati nel modello di business di Ownership, quasi la metà saranno dedicati alla Global Power Generation, con un totale di 70 miliardi di euro destinati alle Rinnovabili, che si prevede consentiranno di disporre di circa 120 GW di capacità installata nel 2030, pari a 2,7 volte la capacità installata attuale di circa 45 GW.

Per quanto riguarda gli investimenti nell’ambito del modello di business di Stewardship, il Gruppo prevede di investire approssimativamente ulteriori 10 miliardi di euro, mobilitando al contempo investimenti da parte di terzi per circa 30 miliardi di euro, per un totale di circa 40 miliardi di euro di investimenti, principalmente nel settore delle Rinnovabili, oltre che della Fibra, dell’e-transport e dei servizi di flessibilità. Quanto invece al Piano strategico 2021-23, il Gruppo prevede di investire direttamente circa 40 miliardi di euro, di cui circa 38 miliardi di euro tramite il modello di business di Ownership, e circa 2 miliardi di euro tramite il modello di business di Stewardship, mobilitando al contempo 8 miliardi di euro provenienti da terzi.














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