E80: con l’Intelligenza Artificiale abilitiamo la condivisione tra tecnologia ed esperienza umana! Ecco come

di Barbara Weisz ♦︎ Il Gruppo, specializzato nello sviluppo di soluzioni di intralogistica robotizzata, tramite l’IA ha creato un hub della conoscenza: mappa di dati messi strategicamente in relazione fra loro. Può essere consultata per generare azioni di business e formazione che creano valore. I casi Ima Group, Talent Garden, Ammagamma, Gruppo Danieli, Credem Banca

E80 Lgv Unit

Per realizzare un prodotto tailor made non bastano i dati, nemmeno se sono organizzati e contestualizzati correttamente. O meglio, i dati sono preziosi, ma più si riesce a raffinarli e a declinarli verso l’obiettivo, più sia l’organizzazione sia il prodotto saranno smart. Come si fa a ottenere questo risultato? Usando le tecnologie non solo per estrarre dati dai processi, ma anche per condividerli. È una sorta di evoluzione del concetto di data driven, in cui il digitale deve servire ad abilitare quella che Gabriele Grassi, Digital innovation & communication director di E80 Group, chiama conoscenza, e David Bevilacqua, Ceo di Ammagamma, definisce invece informazione. In entrambi i casi, l’abilitatore è rappresentato da una tecnologia, l’intelligenza artificiale, e da modalità specifiche di organizzazione, che possono riguardare il lavoro (come vedremo, si sperimentano modelli ibridi considerati motori di crescita, ad esempio in Talent Garden), così come lo stesso modello di business (il potenziamento del concetto di vicinanza al cliente tipico di Industria 4.0).

Il punto di partenza è rappresentato dal fatto che l’AI ha fra le altre potenzialità quella di semplificare il rapporto con le tecnologie. Come vedremo, Ima Group la sta usando per far parlare i macchinari per l’industria farmaceutica. Tutto questo ne suggerisce un utilizzo conseguente: aggiungere valore abilitando la condivisione e la contaminazione continua fra la tecnologia e l’esperienza umana. E80 Group ha applicato questo principio realizzando un progetto di AI che ha portato alla creazione di un hub della conoscenza. Una sorta di mappa di tutti i dati che l’azienda già aveva ma che non erano strategicamente messi in relazione fra loro. E che può essere consultata per far funzionare meglio i processi, aggiungere valore ai prodotti, in generale per generare azioni di business e formazione che creano valore. «La cosa che ci ha colpito maggiormente nel progetto – sottolinea Luca Mondini, Digital Transformation Specialist di E80 Group – è vedere come la sinergia fra macchina e uomo, fra software e umano, ha messo a fattor comune i punti di forza di entrambe le componenti. L’AI è imbattibile nel gestire dati, trovare patterns e connessioni, organizzare qualcosa. L’uomo invece aggiunge significato e contesto, facendo da collegamento fra la realtà e la sua rappresentazione generata dal software».







Approfondiremo poi il modo in cui funziona questo hub della conoscenza. Ma il punto è che si tratta di un’applicazione dell’intelligenza artificiale che le realtà dell’industria stanno sperimentando per andare oltre i confini fino ad ora esplorati nelle applicazioni più diffuse: la robotica, i sistemi di visione. La fabbrica è digitale e pertanto collegata al resto dell’azienda, ma come si crea una soluzione di continuità? Grazie alla condivisione dei dati che potenzia la flessibilità produttiva. Il punto è mettere al centro l’accesso al dato. E qui c’è un’altra applicazione dell’AI: Ima Group, che produce macchine automatiche per il processo e il confezionamento di prodotti, sta sperimentando l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per far parlare i macchinari. Gruppo Danieli invece fa studiare all’intelligenza artificiale le interazioni fra le persone per identificare i driver di innovazione: «se vedo che un team è stato efficace nell’innovazione posso studiarne i comportamenti: parlano di più? Si scrivono più mail? Che comportamenti hanno?». Di tutto questo si è parlato in occasione di Re-Brain, un evento organizzato da E80 Group per ragionare sull’intelligenza artificiale «come leva della conoscenza condivisa».

Attraverso casi concreti proposti da un panel di manager del mondo engineering, software, servizi per il business: David Bevilacqua, ceo di Ammagamma (soluzioni di intelligenza artificiale), Alessandro Braga, chief digital officer di Talent Garden (co-working), Martina Stefanon, business development manager di Ima Group (machiney), Alessandro Ruberti, cto Data & AI di Ima Digital, Alberto Sasso, innovation manager di Gruppo Danieli (macchinari per la siderurgia), moderati da Piergiorgio Grossi, Chief Innovation Officer di Credem Banca. A fare gli onori di casa, Gabriele Grassi, Digital innovation & communication director, Paolo Morellini, cio di E80 Group, Luca Mondini, Digital Transformation Specialist di E80 Group. L’obiettivo, spiega Grassi, è far diventare questo appuntamento un format che stimoli «la riflessione creativa sull’innovazione nel suo divenire tra le eccellenze imprenditoriali del nostro Paese e non solo. Creare una cultura d’impresa – specifica – significa anche porsi interrogativi e stimolare un dibattito ampio su temi che superano il perimetro di una singola azienda. Oltre a generare valore per il mercato e per il territorio, un’azienda all’avanguardia oggi deve riflettere sul senso e sulle modalità del proprio lavoro e su come una tecnologia a rapido sviluppo può impattare nella società».

Re-Brain è un evento organizzato da E80 Group per ragionare sull’intelligenza artificiale come leva della conoscenza condivisa

L’hub della conoscenza di E80 Group

Le unità di E80 Group nella valle della meccatronica

E80 Group, che ha l’obiettivo di chiudere l’anno con oltre 500 milioni di ricavi, è tra le aziende leader nello sviluppo di soluzioni di intralogistica robotizzata. Fondata negli anni Ottanta dal suo Presidente Enrico Grassi a Viano, in provincia di Reggio Emilia, nel cuore della mechatronics valley, E80 Group realizza soluzioni tailor made, con un ciclo di vita lungo, che devono essere capaci di rispondere nel tempo ai cambiamenti di mercato.», spiega Morellini. «Tutti i dati che possiamo raccogliere nelle diverse fasi di sviluppo di un progetto sono fondamentali per generare conoscenza e sviluppare soluzioni strategiche che permettono al nostro Gruppo di essere sempre vicino ai clienti». L’idea dell’hub della conoscenza nasce proprio per rendere i dati di un’azienda un patrimonio condiviso. «Siamo partiti da un flusso di elementi totalmente destrutturati, e abbiamo provato a trovare un sistema che lo organizzasse». Sono stati scelti alcuni specifici processi aziendali trasversali e sono stati raccolti tutti i documenti che li riguardavano. «Un archivio di testi, immagini, presentazioni, e video, che è stato poi elaborato da un software creato da noi, basato sull’intelligenza artificiale».

«Il risultato ottenuto in prima battuta era un grafo formalmente corretto ed organizzato, ma ci siamo resi conto che mancava ancora un elemento fondamentale per renderlo davvero utile: il contesto. E così abbiamo iniziato a spiegare al software che cos’è E80 Group, come lavoriamo e quali sono i processi principali. In questo modo la mappa ha iniziato un processo di miglioramento, assumendo sempre più significato» spiega Luca Mondini. Le fasi del progetto evidenziano come il dato, in sé, per quanto prezioso in un singolo processo, sia difficilmente utilizzabile in altri contesti se non riesce a diventare un elemento di conoscenza. O un’informazione che dir si voglia. Nell’hub della conoscenza creato dall’IA, si forma una rete di keywords, ognuna delle quali è correlata con altre, e tutti i dettagli su relazioni e connessioni si possono consultare procedendo lungo i punti della rete. «La matematica che supporta affinità è nota da 40 anni, non è una disciplina così nuova» segnala Morellini. Ma «l’AI permette l’associazione di concetti che si trovano in uno spazio definito, vector space, che richiede di essere mappato. Crea associazioni fra concetti distribuiti in uno spazio». «Significa ridare centralità al linguaggio – aggiunge Mondini – è il modo con cui naturalmente un essere umano si rapporta alla realtà che lo circonda», che ora diventa fondamentalmente un’interfaccia uomo-macchina. Quindi, semplifica la fruizione del dato.

L’AI come interfaccia uomo macchina

All’evento organizzato da E80 hanno partecipato Ima Group, Talent Garden, Ammagamma, Gruppo Danieli, Credem Banca

In questo senso va l’esperimento in corso di Ima: «stiamo realizzando un prototipo basato sull’IA generativa per fare parlare le macchine che produciamo, selezionandone alcune, adibite al settore farmaceutico». L’idea è partita da una richiesta che arriva dal mercato: i sistemi industriali sono molto complessi, ed è quindi utile avere delle modalità che siano il più semplificate possibile per interagire con esse. L’applicazione che R&D sta sperimentando aiuta nel fare analisi di lungo periodo.

Nel farmaceutico, ad esempio, ci sono regole stringenti che impediscono una serie di automatismi, per alcune operazioni è sempre necessario che ci sia un umano a validarle. Ma anche in questo caso, la macchina può suggerire, ad esempio un cambio di parametri per migliore l’efficienza, o evitare rischi di malfunzionamento. «Il linguaggio è più chiaro di un alert di altro tipo». Questa applicazione interviene dunque sul processo produttivo, sfruttando la capacità di un macchinario di creare un’interfaccia più semplice. Bisogna poi capire in quali contesti possa essere utile, e in quali altri invece sia meglio continuare ad affidarsi a pochi comandi codificati.

L’AI e la condivisione della conoscenza: dati dal lavoro dei team

ConnectedFieldForc: l’App di ultima generazione per garantire piena assistenza tecnica ai clienti del Gruppo Ima

Le funzionalità invece di condivisione di uno strumento come l’hub della conoscenza possono riguardare l’intera organizzazione. Un ambiente di lavoro a silos, con processi verticali, non è efficiente dal punto di vista dell’accessibilità dei dati. Ma sin qui, non serve l’intelligenza artificiale, che invece viene utilizzata per trasformare in dati il lavoro dei team. Un esempio è quello dell’hub della conoscenza di E80 Group. Un altro è rappresentato da una sperimentazione in corso in Gruppo Danieli: «i dati che vengono salvati all’interno di ambiti applicativi legati ai nostri processi, se rimangono lì non acquistano senso», sottolinea l’innovation manager Alberto Sasso. Invece abbinando ai risultati i comportamenti dei team, si possono ottenere delle informazioni: «se vediamo che un team lavora bene, stiamo cercando di capire in che modo la comunicazione influisce. Analizzando come comunica, quanto tempo spende per queste attività, e che efficacia hanno questi comportamenti». Il focus è sulla potenzialità dell’AI nel produrre sapere in modo accessibile e condivisibile. Con la creazione di valore che ne consegue, testimoniata per esempio da Talent Garden, una rete di co-working che è ormai una community di innovatori.

«Il nostro è uno spazio in cui si crea condivisione – sottolinea il chief digital officer Alessandro Braga – Io ho iniziato sette anni fa, e una delle prime cose che ho fatto è stata la misurazione dei cambiamenti di linguaggio fra le persone. Anche solo analizzando le conversazioni social prima e dopo l’ingresso nello spazio di co-working si vedono dei cambiamenti. si modifica la densità di parole dedicate all’innovazione». I dati relativi alle analisi di questi comportamenti sono prima stati inseriti in un semplice database, oggi vengono utilizzati: «abbiamo dei community manager che creano connessioni fra le persone che lavorano nel talent garden. In pratica, creiamo degli spazi in cui il contenuto diventa digitale, con l’obiettivo di trasferire le competenze». La conoscenza viene anche formalizzata con corsi, piuttosto che esperienze di learning informali. Il senso è: «favorire la contaminazione», considerando l’intelligenza artificiale una risorsa che potenzia il lavoro e la professionalità delle persone. Anche nel modo in cui sono pensati gli spazi di lavoro: «la curva di Allen, che mette la capacità di relazione su un grafico, indica che le persone collaborano spontaneamente se la distanza è inferiore agli otto metri. Se invece, per ipotesi, le persone stanno in due building diversi, la collaborazione è difficile». Un’organizzazione a silos perderà inutilmente tempo a comunicare dati, passare pratiche e via dicendo. Usare l’IA per creare conoscenza e diffonderla, permettendo alle persone di lavorare con un bagaglio di conoscenza sempre a disposizione è la ricetta. Un po’ come è successo con internet, che ha avvicinato i contenuti agli utenti. «La tecnologia consente di saltare una serie di passaggi legati, appunto, a chi sa cosa in azienda. O anche fuori dall’azienda» aggiunge Alberto Sasso.

Dal dato all’informazione

Fornace Danieli

Le imprese devono capire che ci sono procedimenti non digitalizzabili e codificabili, spiega David Bevilacqua, Ceo di Ammagamma. È quindi importante, quando si fanno scelte tecnologiche, «differenziare le attività information based». Ci sono ambiti, in cui avendo una determinata informazione persone diverse possono dare la stessa risposta. Ma ce ne sono molti altri in cui invece questo non avviene, la riposta dipenderà non solo dal dato di partenza ma da una serie di altri fattori. E qui l’interazione fra le persone è fondamentale. La tentazione di usare le tecnologie per rendere rigidi questi processi va evitata. «Nelle aziende ci sono persone che appartengono a quattro generazioni. Questo richiede il cambiamento anche dei modelli culturali di management. E soprattutto suggerisce di non cadere nella trappola della eccessiva remotizzazione del lavoro. Tecnologia significa anche condivisione di spazi», che alimentino la conoscenza condivisa. I modelli migliori sono ibridi, comprendono quindi lo smart working e i momenti di interazione sociale in azienda. La completa remotizzazione, «che consente di lavorare completamente da casa, con la tecnologia che si sostituisce a qualsiasi interazione, magari arrivando a utilizzare gli ologrammi per fare le riunioni, non è un modello che crea conoscenza. È un modello che favorisce la distribuzione di dati sempre alle stesse persone, non la conoscenza».

Un ultimo passaggio: questa vision della tecnologia usata per potenziare la contaminazione e quindi il valore del lavoro delle persone rappresenta un’opportunità per un sistema paese ad alto tasso di Pmi. «Per investire in intelligenza artificiale non servono necessariamente grandi capitali», stiamo parlando di software, per lo più distribuito come servizio a consumo. L’investimento è nelle persone che sviluppano gli algoritmi, oppure direttamente in prodotti che già si trovano sul mercato. In ogni caso, sottolinea Grassi, «è una tecnologia accessibile». «L’AI semplifica le cose. Una realtà come la nostra lavora con multinazionali in tutto il mondo e insieme a loro gestisce le tecnologie digitali. Non è più il grande che mangia il piccolo, ma il veloce che mangia il lento. Dove veloce non è sinonimo di mancanza di qualità, ma di capacità di comprendere agevolmente trend, evoluzioni e di implementarle le applicazioni che ne derivano».

Qualche dato su E80 Group

La Valle della Meccatronica

Fondata negli anni Ottanta dal Enrico Grassi a Viano, nella provincia di Reggio Emilia, E80 Group è oggi una multinazionale, con sedi in Australia, Brasile, Cile, Emirati Arabi Uniti, Francia, Giappone, Messico, Spagna, Svezia, Regno Unito, Polonia, Russia, Thailandia e Usa e oltre 1300 collaboratori. Nel 2022 ha fatturato 389 milioni di euro, nel 2023 i ricavi superano i 500 milioni di euro. con. Dall’inizio degli anni ’90 ha colto le potenzialità rappresentate dall’Industria 4.0, e ad oggi , ha realizzato oltre 400 smart factory, installando oltre 2700 sistemi robotizzati, più di 7mila veicoli autonomi a guida laser e più di 50 magazzini automatici ad alta intensità. Gli ultimi anni hanno visto una crescita esponenziale, «dal 2016 al 2022 abbiamo quasi triplicato il fatturato» sottolinea Grassi. Confortata dai numeri del mercato dell’intralogistica (valutato 47 miliardi di dollari nel 2022, secondo Next Move Strategy Consulting che prevede che ne varrà 145 al 2030), continua a puntare su una strategia aziendale basata su quattro driver principali: valorizzazione delle persone, investimenti in ricerca e sviluppo, tecnologie, attenzione alle esigenze di mercato, filiera corta, consulenza e assistenza al cliente. L’approccio all’intelligenza artificiale? «In modo potenziativo, non sostitutivo».














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