Tim spinge sul cloud: al via Noovle. D’Asaro Biondo ad

di Piero Macrì ♦︎ La nuova società, interamente controllata, inizierà a erogare i propri servizi attraverso gli attuali sette data center di cui l’azienda guidata da Gubitosi dispone su tutto il territorio nazionale

Accelerare la digitalizzazione e incrementare l’attrattività economica e sociale del nostro Paese. È questo l’obiettivo dichiarato di Noovle, la nuova società di Tim che mette a fattor comune la più grande infrastruttura italiana di data center e le competenze specialistiche di Noovle, principale partner in Italia di Google Cloud, acquisito dal gruppo nel maggio scorso. Secondo quanto affermato, il piano industriale dovrebbe sostenere una crescita media annua di circa il 20%, raggiungendo un fatturato di 1 miliardo di euro nel 2024 con un ebitda atteso di circa 400 milioni di euro

«L’anno appena trascorso, e la pandemia in atto, hanno reso ancora più evidente la rilevanza strategica di infrastrutture, reti e servizi a sostegno dell’economia», afferma l’ad Noovle Carlo d’Asaro Biondo. È emersa con chiarezza la necessità di andare avanti nella trasformazione digitale, favorendo la ripresa economica del nostro sistema sociale. Il nostro obiettivo è accompagnare le imprese nella sfida della trasformazione digitale per cogliere con successo le opportunità offerte dal web, promuovendo sviluppo e sostenibilità».







La nuova cloud company inizierà a erogare i propri servizi attraverso gli attuali sette data center di cui dispone Tim su tutto il territorio nazionale. L’infrastruttura verrà rapidamente estesa con la realizzazione di sei nuovi data center Tier IV per raggiungere nel 2022 una dimensione di oltre 50.000 mq di superficie totale. Una volta a regime la nuova infrastruttura avrà una capacità complessiva di 100 MW di potenza IT fruibile e sarà strettamente integrata con la rete primaria in fibra ottica di Tim per una riduzione strutturale delle latenze di interconnessione tra i servizi.

Luigi Gubitosi, ceo di Telecom Italia

Uno dei mercati che potrà creare nuove opportunità di crescita è il 5G dove Tim è impegnata nel proporre soluzioni all’avanguardia per il mondo industriale. Un mercato applicativo, quello del 5G, che genererà una mole crescente di big data all’interno di piattaforme cloud in grado di elaborare analisi storiche e previsionali. Le soluzioni proposte da Noovle integreranno anche servizi Smart Factory e Smart Farm con supporto ad applicazioni di robotica collaborativa e manutenzione intelligente. Grazie all’alta velocità di connessione e alla bassa latenza, ogni componente IoT potrà essere collegato in cloud a una piattaforma che ne controllerà il movimento memorizzandone i dati. Grazie all’utilizzo della Realtà Aumentata, sarà inoltre possibile ottimizzare gli interventi di manutenzione, gestendoli da remoto. Le soluzioni che interagiscono in cloud includono anche i veicoli industriali a guida autonoma (Automated Guided Vehicles o sistemi agv), che sostituiscono o completano i sistemi di logistica tradizionale con sistemi autonomi sia all’interno sia all’esterno della fabbrica.

A fine 2019 l’insieme dei servizi connessi al cloud pubblico e a quello ibrido ha raggiunto in Italia un valore di 1,56 miliardi di Euro (+25% rispetto al 2018). I primi tre settori per rilevanza si sono il manifatturiero (25% del mercato), il settore bancario (20%) e telco e media (15%). Seguono servizi (10%), utility (9%), PA e sanità (8%), retail e Gdo (8%) e assicurazioni (5%). La spesa in PaaS è cresciuta del 38% arrivando a pesare per il 16% del volume di spesa complessivo, grazie alle funzionalità di abilitazione all’Intelligenza Artificiale e ai Big Data Analytics. Lo IaaS è invece cresciuto del 24% e il SaaS del 22%, settore quest’ultimo è guidato dai software di AI e dalla posta elettronica certificata  che risente dell’entrata in vigore dell’obbligo di fatturazione elettronica.

Carlo D’Asaro Biondo, ad di Noovle

Il Cloud Computing è l’infrastruttura chiave per la digital transformation ed è riconosciuta anche come una delle tecnologie abilitanti l’Industria 4.0. Come è noto può essere di tre tipologie: privato, pubblico oppure, ed è la versione che più va affermandosi, ibrido. Nel caso di cloud privato, l’infrastruttura rimane dedicata esclusivamente all’organizzazione del cliente, che ne ha il pieno controllo: può risiedere nel data center dell’impresa stessa, rimanendo sotto la gestione del personale interno, oppure può essere affidato ad un fornitore esterno specializzato. Nel cloud pubblico, l’infrastruttura è invece di proprietà del service provider che eroga servizi disponibili per la clientela via internet, su risorse condivise da più utenti. Gli investimenti infrastrutturali sono interamente sostenuti dal fornitore, mentre il cliente paga a consumo solamente per i servizi effettivamente fruiti.  Il cloud ibrido è invece un ambiente di Cloud Computing che utilizza cloud privato, cloud pubblico e soluzioni di terze parti a seconda dei vantaggi ricavabili da ognuna di queste piattaforme, offrendo così una grande flessibilità oltre ad indubbi vantaggi in termini di scalabilità e sicurezza.

Secondo gli ultimi dati resi disponibili da Tim l’utilizzo del cloud da parte delle Pmi si attesta ancora attorno al 30%. Tuttavia, i dati evidenziano come i benefici percepiti siano molteplici: la migliore gestione della sicurezza dei sistemi (nel 57% dei circa 200 casi in esame), la semplicità di accesso a tecnologie innovative (49%), la riduzione degli oneri operativi in carico al personale (47%), il risparmio economico (46%) e la riduzione del time-to-market delle iniziative digitali (45%).














Articolo precedenteImprenditori e la grande svolta del commercio internazionale: che fare?
Articolo successivoTenova: un accordo con E-Max per ammodernare l’impianto di riciclaggio






LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui