Digital transformation: un’azienda su quattro rinuncia e ci perde soldi

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di Nicola Penna ♦ Uno studio commissionato da Fujitsu fotografa la difficoltà della transizione. Nel mondo,  negli ultimi due anni, un’azienda su quattro ha rinunciato a portare a termine il suo progetto, con una perdita secca mediamente superiore a mezzo milione di euro. Decisiva l’integrazione tra persone, azioni, collaborazione e tecnologia, alla quale, in Italia, viene attribuito comunque il ruolo di driver decisivo

“Tastare il polso” ai progressi della digital transformation – su scala globale e nazionale – è uno degli obiettivi di Industria Italiana. I nostri misuratori, nel corsoo di quest’anno, sono le indagini commissionate dagli stake – holders del settore ICT e non solo, a società di ricerca di fama mondiale. Le aziende affamate di risposte sono tutte coinvolte – seppur a minor o maggior grado – nel processo disruptive, che va coinvolgendo e sconvolgendo ogni comparto delle organizzazioni economiche globali, con intesta il manifatturiero. La domanda che mette in fibrillazione individui e collettività produttive si può riassumere così: “a che punto siamo nella trasformazione?”. Una domanda cui ne  consegueno altre non meno impegnative che investono le difficoltà più cogenti e le strategie per superarle. L’ultima ricerca giunta in redazione è stata commissionata da Fujitsu.

 







 

L’indagine PACT di Fujitsu

La principale società giapponese di ICT, presente in oltre 100 paesi con circa 155.000 dipendenti e che ha un fatturato consolidato per il suo ultimo esercizio di 40 miliardi di dollari ha reso nota l’ indagine titolata  “The Digital Transformation PACT”. Tra le valutazioni e le informazioni contenute, balza all’attenzione, con grande rilievo,  un dato eclatante che indica una estrema difficoltà nell’ attuazione pratica della digital transformation: i progetti avviati in questo senso  stentano a decollare, le aziende fanno fatica a portarli a termine e per questo perdono in media 555.000 euro per ogni iniziativa non andata a buon fine.

Le interviste del paper sono state effettuate nei mesi di luglio e agosto 2017 dalla società di ricerche Censuswide a decision maker aziendali all’interno di realtà di medie e grandi dimensioni operanti nel settore pubblico, nei servizi finanziari, nel retail e nell’industria. Tutti, al tempo delle rilevazioni avevano già completato un progetto di trasformazione digitale o avevano espresso l’intenzione di farlo in futuro. La ricerca indaga le performance delle aziende nei confronti dei quattro elementi strategici necessari per potersi trasformare digitalmente: Persone, Azioni, Collaborazione e Tecnologia da cui l’acronimo PACT. Ecco un’highlight, prima di entrare nel merito dei singoli aspetti.

 

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Dall’indagine “The Digital Transformation PACT”

Per concretizzare la trasformazione digitale ci vuole  ben più della nuova tecnologia

L’indagine parte dalla misura dell’importanza che la trasformazione digitale riveste per le aziende, con la maggioranza dei dirigenti di esse (il 46%) che dichiara di aver già implementato progetti di digitalizzazione e l’86% che sta pianificando di farlo nell’arco dei prossimi 12 mesi. Si registra una diffusa preoccupazione per l’aspetto economico, ovvero i costi legati ai progetti di trasformazione: un intervistato su tre (il 33%) ha dichiarato di aver cancellato un progetto di digitalizzazione negli ultimi due anni, perdendo oltre 420.000 euro, mentre uno su quattro (il 28%) ha dovuto registrare il fallimento di un progetto per un costo di 555.000 euro.

Sette intervistati su dieci ammettono una carenza di competenze digitali; l’80% afferma che questa lacuna costituisce l’impedimento principale per lo sviluppo di progetti di cyber sicurezza, mentre il 72% sottolinea come i progetti digitali “ombra” rappresentino l’unico modo per concretizzare un’innovazione significativa in alcune aree dell’azienda. L’84% degli intervistati dichiara che la clientela si aspetta che le aziende siano maggiormente digitali, mentre il 71% è preoccupato per la capacità di adattarsi all’intelligenza artificiale.

Il disagio più avvertito è evidente: concretizzare la trasformazione digitale richiede ben più della sola tecnologia. I progetti non decollano, secondo gli autori, perché le aziende faticano a combinare in modo ottimale i quattro elementi strategici che concorrono alla trasformazione digitale. Prima dell’esame specifico dei singoli aspetti del PACT, vediamo di estrapolare da questa indagine alcuni dati interessanti per l’ Italia, che si distingue proprio per la valutazione più accentuata dell’ importanza degli aspetti tecnologici.

 

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Dall’indagine “The Digital Transformation PACT”

Focus sull’Italia: alla tecnologia un ruolo determinante

Nell’ambito dell’ indagine, svolta in un range globale che abbraccia 14 paesi diversi, in Italia sono state realizzate 150 interviste. Da noi la trasformazione digitale tende a focalizzarsi su due aspetti particolari: la rivoluzione del modello di business e quello dei processi produttivi. Almeno il 40% degli intervistati ha citato questi due aspetti come il principale. Forse perché è un aspetto rappresentativo di questo, l’Italia presenta uno degli ambiti più assortiti nella considerazione degli elementi che influenzano la trasformazione verso il digitale. Clienti, competitor e partners sono ritenuti alla pari degli altri Paesi tutti elementi influenti per l’adozione di strategie digitali, ma mantengono comunque un’ influenza significativa anche i fornitori (23 per cento), i consulenti ( 22 per cento), così come gli istituti di ricerca e gli esponenti accademici (10 per cento).

Conforme a questo approccio alla digital transformation guidato dai processi e multi faccia, chi ha risposto in Italia è anche convinto che spetti alla tecnologia giocare il ruolo principale. Più di un quarto ha indicato quest’ultima come la parte più vitale del PACT. Un dato per il quale il nostro paese è secondo solo alla Cina. La ragione di questo deriva, secondo i ricercatori, da due elementi: non solo le imprese italiane sono inclini a credere nell’importanza determinante dell’innovazione per i loro clienti ma piazzano una enfasi alta più della metà della media sul futuro di tecnologie rilevanti come AI (58%) o Iot ( 45%), cloud (51 %) e cyber security (61 %).

Ma torniamo all’indagine nella sua dimensione globale: ecco le difficoltà riscontrate, pilastro per pilastro, del PACT e, conseguentemente, le strategie da adottare.

 

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Dall’indagine “The Digital Transformation PACT”
Persone: decisivo colmare il largo gap di competenze digitali

Nel considerare il proprio approccio nei confronti delle persone coinvolte nei progetti di trasformazione digitale, la quasi totalità degli intervistati (il 90%) dichiara di stare compiendo al proprio interno i passi necessari ad estendere l’accesso a competenze digitali; il 70% ammette una chiara mancanza di competenze di questo tipo all’interno della propria organizzazione, con conseguenze importanti: per esempio, l’80% degli intervistati afferma la bassa conoscenza costituisce il principale impedimento per poter affrontare il tema della cybersicurezza. Guardando al futuro nella dimensione temporale: il 93% ritiene che la crescita delle competenze del personale risulterà essenziale per il successo delle rispettive aziende nei prossimi tre anni, mentre l’83% è convinto che l’intelligenza artificiale richiederà un cambiamento nelle competenze necessarie entro il 2020.

Azioni: progetti digitali da collegare alla strategia di business complessiva

Guardando alle azioni, ovvero ai processi e ai comportamenti che servono per abilitare la trasformazione digitale, nove business leader su dieci (il 90%) affermano che le rispettive aziende possiedono una strategia digitale chiaramente definita, mentre l’83% è fiducioso che il resto della propria azienda la conosca. Di contro, tre quarti (il 74%) nota come vengano spesso avviati progetti privi di un collegamento con la strategia di business complessiva. Due intervistati su tre (il 66%) attribuiscono al costo degli insuccessi il fatto di essere stati dissuasi dal perseguire ulteriori iniziative di trasformazione digitale.

 

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Dall’indagine “The Digital Transformation PACT”
Collaborazione: disponibililità a condividere dati sensibili

Sul tema della collaborazione, la maggior parte delle aziende afferma di avere già intrapreso o di prevedere di avviare progetti di co-creazione (il 63%) con partner come esperti di tecnologia (64%) e clienti esistenti (42%). Sorprende scoprire che il 79% sarebbe addirittura disposto a condividere informazioni sensibili nell’ambito di questi progetti di co-creazione; tuttavia il 73% afferma che, non riuscire a raggiungere il successo entro un arco di tempo limitato, metterebbe rapidamente fine a queste partnership strategiche.

Tecnologia: prevale la preoccupazione per la capacità dell’azienda ad adattarsi

Quando si parla di tecnologia, le aziende intervistate sembrano intenzionate a implementare una grande varietà di sistemi; metà di esse prevedono di introdurre entro i prossimi dodici mesi soluzioni di cybersicurezza (il 52%) o di Internet of Things (il 51%), seguite da progetti di cloud computing (il 47%) e Intelligenza Artificiale (il 46%). Gli intervistati sono consapevoli dell’impatto rivoluzionario del cambiamento tecnologico, con l‘86% che afferma che la capacità di cambiare sarà cruciale per la propria sopravvivenza nei prossimi cinque anni. Tuttavia, il 71% nutre preoccupazioni circa la capacità della propria azienda di adattarsi a tecnologie come l’intelligenza artificiale.

Le difficoltà sulla strada della digital transformation

Il quadro descritto dallo studio di Fujitsu non appare per niente fuori sintonia con ricerche precedenti. A partire dal “CEO Outlook Survey 2016” di KPMG, di cui ci siamo occupati qui,   diversi studi   hanno evidenziato come e quanto i CEO siano preoccupati di non riuscire a stare al passo dei cambiamenti, ammettendo – soprattutto – un disorientamento legato, oltreché alla velocità, all’ampiezza e alla profondità dei cambiamenti. L’87% dei CEO del mondo addossa la responsabilità del non farsi trovare pronti a decifrare la complessità dei fattori di cambiamento in azione a due fattori: la mancanza di tempo e di risorse.

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Se è così nel mondo, gli italiani non stanno meglio. A dirlo sono gli Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano, che per conto di Assiteca hanno indagato l’approccio delle imprese italiane all’innovazione digitale, intervistando complessivamente 237 aziende di diversi settori produttivi. Dai dati raccolti risulta evidente una discrasia tra consapevolezza e azioni conseguenti: il 95% delle aziende intervistate sa che l’innovazione è indispensabile ma il 69% di esse confessa di mettere in campo un budget ICT inferiore all’1 per cento ( vedi qui ).

E ancora, se quattro PMI su cinque riscontrano benefici tangibili nel momento in cui intraprendono un percorso di trasformazione digitale, la maggior parte deve ancora sfruttare appieno il potenziale della trasformazione digitale: meno del 7% delle piccole e medie imprese è andato oltre un primo livello di integrazione, riuscendo ad utilizzare in tempo reale le informazioni per l’ottimizzazione dei processi e dei flussi di lavoro, generando così risultati concreti di business. È questo uno dei dati dello studio sviluppato a livello globale da IDC e promosso da SAP, leader mondiale nelle soluzioni software per il business. I risultati di questa indagine rivolto allo stato dell’arte della trasformazione digitale nelle piccole e medie imprese, con particolare riguardo ad elementi qualificanti come adozione del cloud, priorità e scelta delle soluzioni potete consultarli qui.














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