Da Empoli: l’industria su cui scommettere dopo il Coronavirus

di Aldo Agosti ♦︎ La sanità tornerà protagonista, dopo anni di tagli. Per il digitale boost in vista ma occhio alla recessione. E comunque non bastano i 25 miliardi messi in campo dal Governo… Ne abbiamo parlato con l’economista e presidente di I-Com

C’è una domanda che più di tutte in questi giorni ci si pone: il nostro sistema industriale supererà la nottata del Coronavirus? Sarebbe bello poter dire subito sì, senza se e senza ma. Ma non è così. L’industria italiana vive il suo momento più difficile dalla fine della Seconda guerra mondiale.

Certo, allora c’erano binari distrutti, fabbriche sventrate, palazzi in macerie. Oggi non è così, ma l’effetto potrebbe essere quello. Calcoli di Confindustria alla mano il Pil potrebbe contrarsi fino al 6%. Eppure, le carte da giocare per una seconda Ricostruzione nazionale, ci sono. Parola di Stefano Da Empoli, economista, docente grande esperto di innovazione e presidente dell’I-com, l’Istituto per la competitività. La nostra industria è competitiva, ci sono aziende che mettono sul mercato prodotti unici e con buon anticipo rispetto al resto del mondo. Insomma avanti, adagio.Però c’è una domanda: quali settori industriali potranno uscire rinforzati dall’emergenza coronavirus?







 

Da Empoli, sono giorni difficili. A voler essere ottimisti…

Stefano Da Empoli, economista e presidente di I-Com

Siamo in una situazione di incertezza assoluta, nella quale è difficile fare previsioni. Parliamo di numeri che potrebbero superare la crisi del 2008-2009. Al netto di questo credo che il sistema italiano abbia dimostrato nella sua maggioranza delle doti di resilienza notevole al cospetto della gravità della situazione. Onestamente, quando si dice che molte imprese non riapriranno, divento scettico.

 

Ci sono sul piatto 25 miliardi di euro, messi dal governo. E forse altri 25 ad aprile. Bastano?

Serve molto di più. Bisogna mettere in campo provvedimenti in linea con quelli di altri Paesi. Io spero e sono fiducioso che la nostra industria alla fine ripartirà, piano certo, ma ripartirà.

 

Ripartire va bene, ma su quali leve?

Le leve ci sono. E la prima di queste è la trasformazione digitale. Se avessimo compiuto dei passi in avanti prima, negli scorsi, sarebbe stato molto meglio. Ma purtroppo non è stato così. Se avessimo spinto parecchio sulla trasformazione digitale forse ora avremmo una maggiore capacità di adattamento, soprattutto per quanto riguarda la manifattura. Nella sostanza, un’industria al 100% digitale avrebbe incassato meglio il colpo. Ho sempre sentito parlare di un paragone tra questa crisi e la Seconda guerra mondiale. Ma le situazioni sono diverse.

 

Può spiegarci meglio?

La maturità digitale nelle pmi italiane. Fonte Osservatorio Polimi

Allora c’erano le macerie. Qui no, c’è una situazione di difficoltà che durerà ancora un po’. Però mi faccia dire anche un’altra cosa. Nel Dopoguerra ce la vedevamo con un numero ristretto di nazione, dunque la nostra competitività si guadagnava su un terreno ristretto. Oggi, con la globalizzazione, è diverso. Si combatte contro un enorme numero di mercati e la cosa cambia. Inoltre non dimentichiamoci che all’epoca non c’era la gabbia burocratica e nemmeno quella fiscale che c’è oggi.

 

Dunque, digitalizzazione a 360 gradi e…

E meno burocrazia. Queste sono le due leve su cui costruire la ripresa. Sulla prima, siamo come detto in ritardo e purtroppo anche sulla seconda.

 

Che cosa deve imparare la nostra industria da questa esperienza, speriamo irripetibile?

La diffusione dello smart working. Fonte Osservatorio della School of Management del Politecnico di Milano

In questi giorni abbiamo assistito a un grande incremento della domanda di connettività, complice lo stare a casa della gente. Anche se, a guardare bene, è stata più una domanda di rete per passatempi. Dunque, un potenziamento della nostra infrastruttura digitale, essenziale per affrontare crisi di questo tipo. Poi c’è l’altra gamba, che lo smart working. In questi giorni ci siamo resi conto di questa grande opportunità, assistendo anche a delle resistenze soprattutto sindacali. Però lo smart working oggi rappresenta la capacità di reagire di questo Paese. E francamente in questo momento non se ne può fare a meno.

 

Da Empoli, ci sono dei segmenti industriali che usciranno rafforzati, per non dire avvantaggiati dall’emergenza?

Vedo due settori: quello medicale e bio medicale, che acquisterà una centralità mai avuta prima. Ricordiamoci che veniamo da anni di sottofinanziamento del Servizio sanitario, ma ora le cose cambieranno. Lo Stato in questi anni non solo non ha aumentato la spesa sanitaria, ma ha pagato anche tardi certi prodotti. Da oggi vedo le premesse per un aumento della spesa sanitaria. Un boost all’aumento di questa spesa sarebbe certamente iniziare a rispettare i tempi di pagamento da parte dello Stato, che è il primo payer. L’altro non può che essere il digitale. Però qui la questione è diversa. E cioè, gli investimenti in innovazione calano quando c’è recessione e noi ci andremo. Ma su digitale e sanità scommetterei.














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