C’è poca industria nelle Legge di Bilancio 2023! Vademecum di quello che c’è

di Laura Magna ♦︎ Potenziamento dei crediti di imposta in essere (sui costi di gas ed energia e su quelli per l’acquisto di macchine 4.0) e ampliamento della finestra temporale in cui se ne può fruire. Misura insufficiente, soprattutto per le pmi. Transizione 4.0: spariscono gli incentivi per le macchine non 4.0. Prosegue l’incentivazione dei beni strumentali 4.0 e di quelli con carattere di ecosostenibilità. Nuova Sabatini, Bonus Sud, Bonus su costi di quotazione. E sul cuneo fiscale…

Una legge di Bilancio pro pmi? La risposta non è così netta. Quello che la nuova finanziaria offre alle imprese italiane è un potenziamento dei crediti di imposta in essere (sui costi di gas ed energia e su quelli per l’acquisto di macchine 4.0). E una riedizione, anch’essa potenziata, della Nuova Sabatini. Non in effetti novità dirompenti. Tuttavia, per le imprese è utile conoscere le novità per poterne beneficiare. Abbiamo perciò realizzato una mini-guida per aiutarle a muoversi agevolmente e con favore nelle nuove regole, con l’aiuto del fiscalista Fabio Landuzzi, partner di Pirola Pennuto Zei & Associati.

In generale, la buona notizia è che tutti i crediti di imposta sono stati aumentati, ed è stata quasi sempre ampliata la finestra temporale in cui se ne può fruire. Nello specifico, se in precedenza si poteva godere dell’agevolazione per contratti stipulati entro l’anno in corso, ma conclusi nella metà dell’anno successivo, la nuova finanziaria consente di arrivare fino a settembre. Una scelta che indica una conoscenza delle dinamiche del mondo industriale, nell’epoca delle rotture delle supply chain, in cui gli ordini molto spesso travalicano l’anno, quando si parla di acquisti di macchine, per esempio. E che indica una maggiore attenzione in generale rispetto al passato verso il mondo produttivo. La nota critica è invece che le misure risultano polverizzate e poco focalizzate e rischiano di mancare il bersaglio. Senza considerare che il meccanismo in sé del credito di imposta non sempre è efficace, come vedremo.







 

Credito d’imposta, un peccato originale che ora rischia di ingolfare il sistema

Fabio Landuzzi, partner di Pirola Pennuto Zei & Associati.

La prima cosa che rileva è che le misure contenute nella manovra annunciata come pro pmi rischiano di essere insufficienti a sollevare le imprese italiane. Ci sono delle ragioni tecniche: la principale è senza dubbio il poco tempo intercorso tra l’insediamento del governo e l’approvazione della finanziaria. Per cui ci si è limitati a reiterare quanto ereditato dal passato – ovvero soprattutto crediti di imposta che hanno il difetto originale di non poter essere fruiti in assenza di una situazione debitoria dell’impresa.

«Il credito di imposta è complicato nel calcolo, e di fatto rende difficile premiare i meritevoli perché è un incentivo a pioggia – spiega Landuzzi – Di fatto, poiché i crediti vengono accumulati e possono essere usati solo in compensazione di debiti previdenziali o tributari, la misura finisce per non assicurare di premiare le imprese che hanno sofferto maggiormente degli incrementi dei costi, bensì quelle che hanno più debiti con il fisco. Una nota positiva è che sia stato ampliato il termine per utilizzare il credito in compensazione sino a fine 2023 per quello relativo al primo trimestre dell’anno». Le imprese titolari del credito potrebbero infine cederlo alle banche, che però al momento sono sature. «In conclusione, l’intervento del governo è necessario e positivo, ma l’aspetto tecnico rischia almeno in parte di falcidiare il raggiungimento dell’obiettivo – continua Landuzzi – In generale la tendenza a trasformare tutte le incentivazioni in credito di imposta che ci stiamo portando dietro da tanti anni sta ingolfando il sistema».

 

Agevolazioni 1/ Il credito di imposta sui costi di gas ed energia

La misura che ha catalizzato maggiori risorse è stata quella relativa ai costi di gas ed energia: quindi il governo è andato a reiterare le misure dei precedenti Decreti Aiuti e l’ha fatto in continuità, incrementando le percentuali di credito di imposta. Nel dettaglio, alle imprese energivore è garantito il riconoscimento di un credito d’imposta pari al 45% (rispetto al 40% precedente) delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel primo trimestre 2023. Per le imprese non energivore dotate di contatori di potenza dai 4,5 kW, il bonus spetta nella misura del 35%, dal precedente 30%. I bonus possono essere utilizzati in compensazione entro il 31 dicembre 2023 o ceduti a soggetti terzi. Inoltre, è stato esteso dal 30 giugno al 30 settembre il termine per l’utilizzo in compensazione dei crediti maturati in relazione all’ultimo trimestre del 2022 (secondo i parametri stabiliti nel Decreto Aiuti Quater).

Vengono potenziati anche i crediti per l’acquisto di gas impiegato in usi diversi dal termoelettrico, nella misura del 45% per le imprese gasivore (sempre dal 40% precedente) e del 35%, dal 30%, per le imprese non gasivore. Il tema però è che, come detto, il meccanismo in sé del credito di imposta rischia di essere inefficiente. «Una soluzione più efficiente sarebbe stata quella di intervenire direttamente sulla riduzione diretta del costo di energia e gas per le imprese, agendo sul provider per ribassarlo – prosegue il fiscalista – come detto questi crediti che vengono accumulato rischiano di non poter essere effettivamente utilizzati dalle imprese che non hanno accumulato anche debiti con il fisco».

Quello che la nuova finanziaria offre alle imprese italiane è un potenziamento dei crediti di imposta in essere (sui costi di gas ed energia e su quelli per l’acquisto di macchine 4.0). E una riedizione, anch’essa potenziata, della Nuova Sabatini.

Agevolazioni 2/ Transizione 4.0: spariscono gli incentivi per le macchine non 4.0

Il riferimento è chiaramente anche a Transizione 4.0, la versione rivista e corretta – dal 2019 – di Industria 4.0 che ha trasformato gli ammortamenti della prima ora in credito di imposta. «Le imprese sono gonfie di crediti di imposta e devono avere debiti tributali capienti per poterli recuperare – dice Landuzzi – il rischio frode è inoltre elevato e questo alimenta incertezze, aumenta il pericolo di contenzioso e rischia di penalizzare i soggetti virtuosi. Per questo anche a livello istituzionale ci si sta domandando se sia il momento di intervenire con formule diverse». La Legge di Bilancio 2023 non elimina neppure un altro vulnus tipico del sistema italiano: l’assenza di continuità.

«Con il 2023 è venuto meno il credito di imposta su beni strumentali non 4.0 – precisa Landuzzi – quindi dal primo gennaio qualunque impresa che investe in impianti non 4.0 non ha più alcun incentivo. Questo ha portato ad anticipare gli investimenti nel 2022 e quindi poi a uno stop: con il risultato che l’industria ha grandi difficoltà di pianificazione a medio lungo termine, e il mercato subisce un colpo con la fine degli incentivi». Il credito di imposta per l’acquisto dei beni strumentali non 4.0, era stato fissato nel 2021 al 10% o al 15% per beni necessari all’attivazione dello smart working. E nel 2022 nella misura del 6%, nel limite di costi ammissibili di 2 milioni di euro), con una proroga di sei mesi, a giugno 2023, se entro fine anno viene versato un acconto del 20% dell’intero investimento.

Per gli investimenti in beni 4.0 (oggetto in precedenza dell’ex iperammoramento) il credito di imposta segue la logica del décalage: 15% nel 2022 con una soglia di 2 milioni di euro; 10% nel 2023 e 5% nel biennio successivo su una spesa complessiva che però raddoppia a 4 milioni

Prosegue invece l’incentivazione dei beni strumentali 4.0 e di quelli con carattere di ecosostenibilità

Vediamo nel dettaglio:

  • Per gli investimenti in beni 4.0 (oggetto in precedenza dell’ex iperammoramento) il credito di imposta segue la logica del décalage: 15% nel 2022 con una soglia di 2 milioni di euro; 10% nel 2023 e 5% nel biennio successivo su una spesa complessiva che però raddoppia a 4 milioni. Cambiano i parametri rispetto alla Legge di Bilancio 2022 quando per somme investite fino a 2,5 milioni, il credito era al 40%; da 2,5 a 10 milioni al 20% e fra 10 e 20 milioni al 10%. Le aliquote avevano subito già una limatura rispetto al 2021 (quando erano rispettivamente al 50%, al 30% e al 10%) e se ne prevedeva il dimezzamento fino al 2025, salvo la proroga di sei mesi (al 30 giugno 2026), in caso di versamenti di acconti nel limite del 20% dell’intero investimento entro la fine del 2025. Per beni strumentali 4.0 si intendono quelli il cui funzionamento è controllato da sistemi computerizzati e/o gestito tramite sensori e azionamenti: robot per la lavorazione di plastica e metalli, per esempio, macchine che automatizzano l’assemblaggio o la saldatura. Un elenco completo è inserito nel famoso allegato A, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 – ex Iper ammortamento). La novità è l’estensione del termine per usufruire dell’incentivo. «La possibilità di accedere al credito di imposta sull’acquisto di macchinari 4.0 è stata prorogata su richiesta dalle parti. Sostanzialmente la proroga vale per chi ha pagato un anticipo del 20% a fine 2022 e completa l’integrazione della macchina sulla linea entro settembre 2023. Questo è importante perché la supply chain soffre e ci sono ancora molti ritardi nelle consegne dei materiali e quindi di riflesso nelle consegne del prodotto finito. Tanto che allo studio del ministro del Made in Italy Urso vi è un’ulteriore proroga a fine anno. Il che è un buon segnale, perché indica che il governo è consapevole dei problemi dell’industria: nella meccanica i tempi dall’ordine alla consegna sono ormai quasi sempre ben oltre 12 mesi… quindi fuori dal bilancio dell’anno. Un ordine con tempi di consegna del prodotto finito così lunghi è una promessa, e quindi potrebbe essere cancellato. Il sistema sta soffrendo le difficoltà della supply chain, e non si riesce a risolvere finché non cambia la situazione».
Gli incentivi su innovazione tecnologica e design e ideazione estetica: credito di imposta del 10% su una soglia di spesa di due milioni per ciascuno degli anni 2022-2023 e del 5% per gli anni del biennio successivo con una spesa annua di 2 milioni di euro
  • La stessa logica seguono le norme su ricerca e sviluppo. In particolare, gli incentivi su innovazione tecnologica e design e ideazione estetica: credito di imposta del 10% su una soglia di spesa di due milioni per ciascuno degli anni 2022-2023 e del 5% per gli anni del biennio successivo con una spesa annua di 2 milioni di euro. Gli incentivi relativi a Innovazione tecnologica e design e ideazione artistica riguardano la ricerca di nuovi metodi di produzione, nuovi prodotti. Infine, le attività di design e ideazione estetica finalizzate ad innovare in modo significativo i prodotti dell’impresa sul piano della forma e di altri elementi non tecnici o funzionali (linee, contorni, colori, struttura superficiale, ornamenti,…), sono descritte nell’art. 4 del decreto 26 maggio 2020 (pdf) del Ministero dello Sviluppo Economico. Le spese ammissibili riguardano il personale (ricercatori e tecnici titolari di rapporto di lavoro subordinato o di lavoro autonomo o altro rapporto diverso); quote di ammortamento, i canoni di locazione finanziaria o di locazione semplice e le altre spese relative ai beni materiali mobili e ai software utilizzati nei progetti di ricerca e sviluppo; spese per contratti di ricerca extra muros; quote di ammortamento relative all’acquisto da terzi, anche in licenza d’uso, di privative industriali relative a un’invenzione industriale o biotecnologica; spese per servizi di consulenza.
Le spese ammissibili riguardano il personale (ricercatori e tecnici titolari di rapporto di lavoro subordinato o di lavoro autonomo o altro rapporto diverso); quote di ammortamento, i canoni di locazione finanziaria o di locazione semplice e le altre spese relative ai beni materiali mobili e ai software utilizzati nei progetti di ricerca e sviluppo; spese per contratti di ricerca extra muros; quote di ammortamento relative all’acquisto da terzi, anche in licenza d’uso, di privative industriali relative a un’invenzione industriale o biotecnologica; spese per servizi di consulenza

Agevolazioni 3/ Focus pmi. Nuova Sabatini, Bonus Sud, Bonus su costi di quotazione

Per le pmi c’è stata una riedizione potenziata della Sabatini, con alcune modifiche. «La riproposizione della vecchia legge che offre un incentivo sui finanziamenti per l’acquisto di beni strumentali anche 4.0 – dice Landuzzi – diventa importante, perché funziona come contribuito che va a coprire parte del costo per interessi, cresciuto nell’arco degli ultimi mesi per effetto del rialzo dei tassi (si calcola che il costo dei prestiti alle imprese sia triplicato da dicembre 2021 a dicembre 2022, da circa 1,18% al 3%, ndr) ». Per la nuova Sabatini sono stati stanziati 150 milioni, di cui 30 per il 2023 e 40 per ciascuno degli anni del triennio successivo. La misura non è in generale generosissima. L’aspetto positivo anche in questo caso è che per tenere conto degli irrisolti problemi sulla supply chain è stato allargato a 18 mesi il termine dell’investimento dal momento in cui si sigla in contratto di finanziamento. «Inoltre è stata aggiunta una parte di Sabatini green dedicata specificatamente a investimenti in macchine a basso impatto ambientale, inseriti in un progetto di investimento che abbia come fine ultimo un miglioramento in termini di ecosostenibilità dei prodotti o dei processi produttivi».

Sempre con focus sulle pmi, è stato prorogato a fine 2023 il Bonus investimenti Sud, attraverso il «rifinanziamento della norma preesistente, e anche la proroga di un anno del fondo di garanzia pmi, per un valore di 700 milioni di euro, che consente di acquisire finanziamenti a condizioni di tasso migliori».

È stato prorogato e potenziato anche il credito di imposta del 50% sui costi di quotazione per le pmi – secondo la definizione europea, con meno di 250 dipendenti e fatturato inferiore ai 50 milioni – che si quotano in Borsa nella UE o nello spazio economico europeo allargato. «Il limite sui costi è stato raddoppiato da 250mila e mezzo milione. Si tratta di una scelta significativa che indica una direzione chiara: in un momento di possibile recessione e mercati fluttuanti in cui il rischio è vedere uno stop del processo di quotazione in una piazza finanziaria che tra quelle dell’Occidente è già rarefatta. Il contributo è dimostrazione che il governo crede nella possibilità di potenziare il mercato dei capitali e di avvicinarvi le pmi. Ed è una buona notizia anche per le startup che hanno piccola dimensione ma stanno crescendo alcune proprio grazie a investimenti di private equity e possono accedere a una exit tramite Ipo a costi dimezzati». Ci sono poi dei piccoli incentivi, su investimenti pubblicitari, o per l’acquisto di prodotti che vengono dalla raccolta differenziata – con massimali di 20-30mila euro, che però sulle pmi «possono effettivamente contribuire ad abilitare la sostenibilità». Ma si tratta, afferma Landuzzi di «incentivi molto polverizzati che con difficoltà vengono percepiti. Il rischio è che le piccole organizzazioni facciano fatica a mappare e consuntivare le informazioni in tempi rapidi… non tutte le pmi hanno le risorse e, anche se le hanno acquisire, le informazioni e istruire le pratiche ha un costo interno, che non tutte possono sostenere».

Per la nuova Sabatini sono stati stanziati 150 milioni, di cui 30 per il 2023 e 40 per ciascuno degli anni del triennio successivo

Mondo imprese: la grande assenza del cuneo fiscale e la pace fiscale in vista della riforma

Quanto al mondo del lavoro e alla promessa riduzione del cuneo fiscale, invece, la finanziaria è estremamente carente: esiste un’incentivazione all’assunzione ma limitata a una decontribuzione che arriva fino a 6mila euro per contratti a tempo indeterminato sottoscritti con ex percettori di Rdc. La legge di bilancio per il resto si è focalizzata sulla pace fiscale, riproponendo una serie di strumenti per deflazionare il rischio contenzioso, e consentire alle imprese di rimettersi in pista favorendo situazioni pendenti. «La logica annunciata dal ministro delle finanze è fare un reset per poi procedere a un intervento radicale di riforma dell’impianto fiscale, in particolare sulle imposte dirette. Il Covid aveva reso necessario fare interventi deflattivi. Il 2023 appena iniziato ci dirà se e come si riuscirà a fare questo intervento fiscale che è necessario, ma incontra diversi ostacoli. Certamente, ci sono aspetti, come ad esempio i coefficienti di ammortamento applicati nelle imprese ed i riferimenti a impianti industriali non più aggiornati con i tempi che sono fermi al 1988, che potrebbero essere oggetto di interventi anche in tempi rapidi ed a costo quasi zero. Poi, certo, semplificare e riformare, ma partendo da piccole cose concrete, facili e gratuite per il legislatore ma di grande impatto per chi fa impresa quotidianamente».














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