Confindustria stronca il Pnrr di Conte

di Aldo Agosti ♦︎ Bonomi: non è conforme alle linee guida della UE, che lo boccerà; mancano le riforme strutturali; non ci sono indicazioni sui ritorni in termini di pil e di risultati; non è previsto il cambiamento degli ammortizzatori sociali; non si incide sull'efficienza della PA

Carlo Bonomi, presidente di Confindustria.
Carlo Bonomi, presidente di Confindustria

Dalle grandi speranze alla grande delusione. Carlo Bonomi, quando alle 9.40 circa si è connesso con Palazzo Chigi per il primo incontro, ufficiale, sul Recovery Plan, era carico di aspettative. Due ore dopo, non lo era più. E così, l’atteso confronto tra il presidente di Confindustria e il premier Giuseppe Conte sul piano di aiuti Ue approntato da Bruxelles per l’Italia (209 miliardi più una ventina di fondi per il Sud), si è risolto con un sorriso a mezza bocca.

L’accusa degli industriali, arrivata al termine dell’incontro, è pesante. «Il Recovery plan rappresenta un’occasione storica e irripetibile per il Paese» ma, allo stato attuale, non è conforme «con le linee guida indicate dalla Ue». Prima ancora di entrare nel merito del Pnrr (il Recovery Plan, ndr) in questo primo incontro con il governo, l’associazione guidata da Carlo Bonomi ha posto «quattro questioni prioritarie inerenti il metodo».







La prima osservazione degli industriali, riguarda «la mancata conformità con le linee guida indicate dalla Ue e aggiornate venerdì scorso a seguito della consultazione tra Commissione, governi e Parlamento europeo. Le linee guida prescrivono infatti, in maniera puntuale, che ogni riforma strutturale e linea di intervento delle 6 missioni strutturali venga declinata secondo una stima precisa degli obiettivi quantitativi che si intende ottenere rispetto alle risorse impegnate. Questo perché la Commissione stessa possa verificarne l’attuazione, sia nell`arco della durata del Piano che negli step intermedi, scongiurando così il rischio di revoca dei fondi o, peggio ancora, la restituzione». Le riforme strutturali, infatti, «devono essere quelle indicate da anni nelle raccomandazioni periodiche all’Italia, quindi prima di tutto quelle del mercato del lavoro, della P.A. e della giustizia e ogni intervento va progettato seguendo questa metodologia».

Inoltre, la linea d’azione, secondo Confindustria, «deve essere plausibile, alla luce dei risultati ottenuti dall’Italia negli anni precedenti con interventi nello stesso settore, e congruo rispetto ai principali effetti di sostenibilità sociale, ambientale e al quadro generale di finanza pubblica. Poiché, allo stato attuale, nel Pnrr trasmesso al Parlamento non abbiamo riscontrato questa corrispondenza, Confindustria ha chiesto al Governo di procedere ad un affinamento del Piano per comprenderne gli effettivi impatti sul Pil».

La seconda osservazione, per Confindustria, «è un effetto della prima poiché, in assenza di un quadro generale di priorità, compatibilità e obiettivi, ogni valutazione rischia di ridursi ad una mera somma di richieste, in nome dei diversi interessi economici e sociali». Senza una stima chiara degli obiettivi «sull`aumento dei tassi di occupazione a partire da giovani e donne sulla diminuzione dei Neet, sull’aumento dei laureati, sulla diminuzione dei gap territoriali e di genere – non è possibile esprimere un parere sull`allocazione complessiva di risorse destinate agli obiettivi di sostenibilità sociale e di crescita della produttività».

Una terza osservazione riguarda i temi che hanno un grande impatto sulla vita delle imprese. «Lo scorso luglio Confindustria ha trasmesso al Governo una proposta dettagliata che coniuga, in un unico obiettivo, la riforma degli ammortizzatori sociali e quella delle politiche attive del lavoro, aprendo al coinvolgimento delle Agenzie private. L’obiettivo della proposta è la valorizzazione del capitale umano e l’aumento dell’occupabilità, attraverso il potenziamento dell’assegno di ricollocazione e il contratto di espansione. La scelta che riscontriamo nel Piano invece, non solo sembra essere quella di basarsi ancora essenzialmente sui Centri Pubblici per l`Impiego, ma, soprattutto, non viene indicata la direzione che il Governo intende intraprendere sulla riforma degli ammortizzatori sociali».

Altro capitolo essenziale è quello delle Infrastrutture. «Prima di esprimersi sull`allocazione delle risorse, occorre chiarire il gap delle 35 misure attuative non ancora emanate e dei ripetuti interventi su tale materia fino al Decreto-legge Semplificazioni. Specie in questo ambito, infatti, l’efficacia dell`assetto organizzativo e la profonda revisione delle procedure della PA, al momento non declinate, risulta determinante». Insomma, così non va secondo le imprese. Proprio no.














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