A tutte le start-up e pmi di manifattura additiva e cybersafety: la Challenge by CFI vi aspetta! Il premio? Candidarsi fornitori di Abb e Tenova Ori Martin

di Marco de' Francesco e Chiara Volontè ♦︎ I vincitori della sfida lanciata dal Cluster Fabbrica Intelligente e supportata da Finlombarda potrebbero applicare la propria soluzione ai processi produttivi dei due Lighthouse Plant. Il 29 ottobre al Mecspe di Parma le imprese selezionate presenteranno il proprio progetto. Ne abbiamo parlato con i protagonisti

«Il successo risiede nell’avere proprio quelle competenze richieste in quell’istante», diceva Henry Ford. Questa frase non è mai stata vera quanto oggi, perché, a seguito della pandemia di Covid-19, il mondo della manifattura non è più quello di prima. Anche a causa delle tante disarticolazioni, è sorta la necessità di riorganizzare le filiere: rafforzandole, accorciandole, potendo, just in time, sostituirne le parti interrotte e rendendole più resilienti, e quindi in grado di reagire positivamente alle turbolenze del mercato e, in generale, alle situazioni avverse.

Occorre un’iniezione di idee. Bisogna corroborare le catene del valore con nuove modalità di risoluzione dei problemi. Le aziende “pivot” devono essere disposte a modificare il proprio mindset. E quale deve essere la contropartita per chi fornisce le idee? In palio, nell’iniziativa che stiamo per descrivere, c’è la grande chance di diventare fornitori della soluzione proposta, applicandola ai processi produttivi delle grandi aziende.







L’iniziativa è XFactory Open Innovation Challenge (XFOIC), lanciata dal Cluster Fabbrica Intelligente (CFI) – l’associazione presieduta dal Chief Digital Officer di Ansaldo Energia Luca Manuelli che riunisce aziende, Regioni, associazioni, università ed enti di ricerca con l’obiettivo di  creare una comunità manifatturiera avanzata, stabile e competitiva – a supporto dei Lighthouse Plant di ABB e ORI-Martin Tenova. I Lighthouse Plant sono fabbriche destinate a illustrare gli sviluppi di tecnologie “applicate”, a far constatare anche ad imprese più piccole che certe soluzioni tecnologiche avanzate sono efficaci. Per raccogliere nuove idee, è stato scelto un approccio particolare: l’Open Innovation che, come vedremo meglio in seguito, comporta il ricorso a risorse esterne all’azienda. 

Come funziona la piattaforma di Open Innovation della Regione Lombardia

Nella pratica, Start-upscale-up, imprese innovative e centri di ricerca possono candidarsi proponendo le loro soluzioni a due sfide distinte, collegate ai due Impianti Faro e strettamente connesse al tema di resilienza: quella di ABB consiste nel fornire “proposte di soluzioni” di stampa 3D di componenti in metallo, incrementando le attuali velocità di esecuzione e migliorando così l’efficienza nella produzione di grandi lotti; quella di ORI-Martin Tenova, invece, riguarda la cybersafety, attraverso la sensoristica e le piattaforme IoT per garantire la sicurezza dei lavoratori in ambienti di lavoro critici mitigando i rischi delle minacce cyber nelle fabbriche digitalizzate.

Sono previste due fasi. Per essere della partita nella prima, che offre ai candidati vantaggi nella visibilità, occorre aderire entro il 23 ottobre, collegandosi alla piattaforma di Open Innovation resa disponibile da Regione Lombardia. La mancata adesione entro questa data non impedisce agli interessati di iscriversi alla seconda, visto che il termine ultimo è fissato per il 20 dicembre. La seconda fase offrirà ai candidati della prima, anche più tempo per definire i dettagli della soluzione insieme ai LHP sfidanti.      

Ne abbiamo parlato con alcuni degli artefici: il presidente Manuelli, il cluster manager di CFI Paolo Vercesi, il manager dei processi avanzati e delle tecnologie ABB Fabio Golinelli, l’automation & control manager di Tenova Renato Girelli e il presidente della finanziaria regionale Finlombarda Michele Vietti

Timeline in due fasi

 

L’iniziativa di CFI e dei due Lighthouse per filiere manifatturiere più robuste e resilienti

«La manifattura sta vivendo un momento storico molto importante» – sottolinea Manuelli. In effetti, il New Normal successivo all’emergenza Covid-19 produrrà dei cambiamenti radicali nella supply chain. L’epidemia ha evidenziato il rischio insito nelle catene di valore lunghe e globalizzate: sono soggette ad interruzioni non governabili in caso di emergenza sanitaria, politica, bellica e altro.

CFI_Luca Manuelli
Il presidente di Cfi e cdo di Ansaldo Energia e ceo di Ansaldo Nucleare Luca Manuelli

Ad esempio, anche l’affermato paradigma del just-in-time, secondo il quale occorre produrre solo quanto richiesto dal cliente nei tempi voluti da quest’ultimo (per ridurre ogni forma di spreco ed eliminare il magazzino) ha assunto un rilievo secondario rispetto all’esigenza di studiare un meccanismo che consenta all’azienda di avere una alternativa, nel caso in cui un supplier finisca, per un qualche motivo, fuori gioco. Sorge dunque un altro problema: quello di gestire più fornitori per lo stesso articolo, e di farlo con la massima efficienza. Per Manuelli è evidente che «la manifattura è chiamata a riorganizzare le catene del valore»: come si è detto, per accorciarle, per rafforzarle e renderle resilienti. Occorre anzitutto governare la complessità, e questo si fa solo procedendo con forza lungo la strada della digitalizzazione.   

Quanto alla digitalizzazione, dovrebbero arrivare nuove risorse. Dal Recovery Fund, propriamente “Eu Next Generation”, che è un fondo europeo dotato, a livello continentale, di una capacità finanziaria di 750 miliardi di euro. Per l’Italia, vale 209 miliardi, di cui 82 miliardi di sussidi e 127 di prestiti. Circa 40 miliardi sarebbero utilizzati per la digital transformation del Paese. Proprio oggi, però, si è assistito ad uno scontro istituzionale tra la presidenza di turno tedesca e il Parlamento Ue: i colloqui si sono interrotti, e non è stato trovato l’accordo sul budget. Stiamo a vedere. Ma le risorse non bastano: occorre innervare le filiere con idee e competenze nuove. Di qui, come si è detto, l’iniziativa del Cluster e dei due Impianti Faro, che hanno scelto un approccio particolare: «CFI ha deciso di lasciare spazio all’open innovation in ambito industriale, e lo ha fatto attraverso due grandi Lighthouse, ABB e ORI-Martin Tenova – che sono sia sviluppatori di tecnologie che utenti finali molto importanti» – afferma Manuelli. E di qui la scelta dei contenuti delle challenge: «Manifattura additiva e la safety, argomenti particolarmente appropriati tenendo conto delle esigenze di resilienza emergenti in questo periodo». Ma cos’è l’open innovation, e come sono state strutturate le challenge?

 

La supply chain delle competenze

Il cluster manager di CFI Paolo Vercesi

L’Open Innovation è un approccio culturale e strategico formalizzato per la prima volta nel 2003 dall’economista californiano Henry Chesbrough (con il saggio The era of open innovation). Secondo questo modello l’azienda, per competere meglio sul mercato e per creare valore, decide di non ricorrere solo alle proprie risorse interne, ma anche a soluzioni, competenze tecnologiche, idee provenienti dall’esterno, e cioè da un vasto mondo composto da centri di ricerca, start-up, imprese innovative, consulenti, programmatori e singoli inventori. Per Chesbrough, l’innovazione realizzata all’interno dell’impresa non basta più. Anche una conglomerata non può essere competente in tutti i campi, e deve “guardarsi attorno”.

Secondo Vercesi, perciò, «occorre dare vita a nuove supply chain delle competenze. Ripeto: non di materiali e di prodotti, ma di competenze, anche con il co-design e la co-progettazione».  Vale, potenzialmente, anche per le piccole aziende: «Il 77% di loro attribuisce rilievo all’open innovation». È un approccio che le Pmi vorrebbero intraprendere, ma per loro è attualmente una strada difficile, perché spesso mancano all’interno di queste imprese quegli skill multidisciplinari per gestire un’innovazione non incrementale, ma radicale: con l’open innovation non si tratta di realizzare miglioramenti, ma di cambiare il modo stesso di introdurre nuovi sistemi e nuove pratiche produttive.

Skill multidisciplinari che sono invece presenti in player del mercato globale come ABB e Tenova. Peraltro, si trattava di scegliere una delle tre declinazioni di open innovation. La prima è quella della Call for Ideas, un concorso pubblico dove chiunque può cimentarsi offrendo la propria visione su un problema di interesse generale; la seconda è la Call for Projects, che ha un ambito più ristretto di partecipanti e si chiede loro di definire un progetto relativo ad un’area di intervento predefinita; infine la Call for Solutions, dove si chiede a operatori competenti di fornire, tramite una piattaforma, una soluzione ad un problema specifico. È la modalità scelta da CFI e dai due Impianti Faro

Per Vercesi, i due Lighthouse hanno formalizzato in modo chiaro la propria esigenza, senza tuttavia indirizzare la soluzione: i challenger devono essere disponibili al cambiamento di mindset. La modalità Call for Solutions è stata adottata da importanti aziende in iniziative di open innovation: ad esempio, General Electric, Microsoft, Samsung, Colmar, Zucchetti, Snam, Edison «e anche Lego in tema di mattoncini».

 

A chi è rivolta l’iniziativa e come è strutturata

Il presidente della finanziaria regionale Finlombarda Michele Vietti

Abbiamo già indicato le categorie dei possibili partecipanti alle challenge. Vanno però sottolineate due circostanze. Anzitutto, questi non sono chiamati a riportare un’idea generale, l’indicazione di una direzione, ma una soluzione della quale esista già un progetto o una traduzione, anche parziale, in forma di prototipo. E poi, è possibile che più partecipanti siano chiamati a dar vita, congiuntamente, alla stessa soluzione. Nel senso che un aderente può disporre le competenze per realizzarne una parte, e che l’altra parte può essere portata avanti da un altro solutore che dispone degli skill specifici per coprire quel tratto di tecnologia. D’altra parte l’interesse di CFI e degli Impianti Faro è quello di rafforzare l’ecosistema, favorendo la collaborazione e l’inclusione. Si punta ad una filiera sempre più integrata. Infine, si cercano soluzioni “industrializzabili”: nel senso che devono poter essere implementate in azienda nei tempi richiesti dalla manifattura, e cioè dai sei mesi ad un anno.   

A proposito delle citate due fasi, va sottolineato per la precisione che per partecipare alla prima, è necessario cliccare sui link presenti in questa pagina, a sua volta collegata al portale della Regione Lombardia, e usare i form predisposti. La Regione, cioè, partecipa all’iniziativa mettendo a disposizione la propria piattaforma di Open Innovation. Spiega Vietti che ciò rientra in una precisa strategia: «Nell’ultimo anno sono state lanciate 26 sfide tecnologiche, che in alcuni casi hanno portato alla brevettazione di prodotti e processi. Tra queste non sono mancate sfide aperte, specificatamente rivolte alla ricerca di soluzioni per fronteggiare l’emergenza Covid-19». Per dubbi o domande relative alla candidatura, si può scrivere a cluster@fabbricaintelligente.it

La partecipazione alla prima fase comporta dei vantaggi. Anzitutto, chi si iscrive entro il 23 ottobre potrebbe far parte di una selezione di imprese e start-up che saranno chiamate a illustrare la propria soluzione il 29 ottobre pomeriggio al Mecspe di Parma, la più importante fiera dedicata alle innovazioni per l’industria manifatturiera. In secondo luogo, avrà più tempo per raccogliere informazioni operative dai Lighthouse, e in generale per confrontarsi con loro sulla praticabilità industriale della soluzione proposta.  

 

Il premio per i vincitori

Vercesi la mette così: «È un’occasione imperdibile per la start-up di dottorandi in Ingegneria: una cosa è ricevere 10mila euro dalla locale Camera di Commercio, un’altra è la possibilità di essere integrati nella filiera di una multinazionale che fa manifattura per davvero, e la fa con impianti evoluti».

 

La challenge del Lighthouse ABB

Il manager dei processi avanzati e delle tecnologie ABB Fabio Golinelli

La sfida lanciata dal Lighthouse ABB è quella di fornire soluzioni per la stampa 3D di componenti metallici che superino il problema della produzione vincolata ai piccoli lotti. Secondo Golinelli «il metal additive manufacturing è una tecnologia molto interessante per l’industria manifatturiera», perché consente di creare con un solo pezzo componenti che prima erano costruiti associando, saldando e incollando decine di elementi meccanici. Ciò comporta la diminuzione degli spazi in magazzino, del numero dei fornitori altrimenti necessari,  dei costi dovuti ai tempi di montaggio e a quelli legati agli errori umani. Non occorrono investimenti in stampi. «Inoltre – continua Golinelli – possono essere realizzate forme molto innovative, geometrie complesse altrimenti impensabili, con le tecnologie tradizionali».

Il problema è che oggi la metal additive manufacturing non è adatta ad una produzione seriale. In genere si realizzano pochi pezzi: ad esempio, componenti di macchinari difficilmente reperibili sul mercato. «Vogliamo vedere – chiarisce Golinelli – se qualche start-up o qualche impresa innovativa ha l’idea giusta, quella che ci consentirebbe di utilizzare questa tecnologia nel contesto di una produzione più vasta».

In futuro, il Lighthouse, l’impianto faro che coinvolge i siti di Dalmine, Santa Palomba e Frosinone della filiale italiana del colosso dell’energia e dell’automazione, intende lanciare altre sfide. «Altri argomenti interessanti per noi – chiude Golinelli – sono l’intelligenza artificiale e la data science. Sono infatti materie nelle quali intendiamo investire molto e rafforzarci.  Peraltro, un nostro giovane talento sta partecipando ad un progetto che mette insieme AI e simulazione dinamica dei flussi produttivi, ed è realizzato a valle di un master dell’università di Bergamo». 

Tre obiettivi principali della challenge di ABB

 

La challenge del Lighthouse ORI – Martin Tenova

Ori Martin sito produttivo

ORI – Martin Tenova selezionerà proposte relative alla sensoristica per la safety dei lavoratori che operano in aree ad elevato rischio. «La nostra idea – afferma Girelli – è quella di dar vita ad una piattaforma di sicurezza 4.0 in acciaieria, in grado di monitorare la posizione degli operatori o di valutare se questi stanno lavorando in aree consentite o meno, e in quali condizioni fisiche. Per intenderci, l’uomo a terra va subito soccorso, e noi dobbiamo riconoscere tempestivamente questa eventualità».  

In pratica, il Lighthouse cerca start-up, imprese o centri di ricerca in grado di portare nuove idee a proposito di dispositivi da collegare alla platform. «Un mercato dove reperire soluzioni esiste già – continua Girelli – si pensi si dispositivi di controllo dei parametri vitali, a quelli per il rilevamento delle cadute, a quelli di tracciamento delle dotazioni di sicurezza o ancora a quelli per la detection delle emissioni nocive. Ecco, noi cerchiamo delle idee nuove, che consentano un’analisi integrata dei dati di safety provenienti dallo shopfloor». Saranno “favorite” le proposte di start-up e centri di ricerca. «Questo perché, in linea di principio – precisa Girelli – le imprese sono già sul mercato, e quindi le loro soluzioni difficilmente possono garantire quel grado di innovazione che stiamo cercando. Selezioneremo idee che non hanno ancora trovato una traduzione nella pratica, ma che possono ottenerla grazie al nostro supporto industriale, tecnologico e finanziario. Insomma, puntiamo su soluzioni cui manca l’ultimo miglio, che però può essere percorso nel Lighthouse».

Andando nel dettaglio, saranno privilegiate soluzioni con componenti “indossabili”, quelle compatibili con tecnologie già presenti negli impianti, quelle che garantiscono la privacy degli operatori, quelle in grado di interfacciarsi con i sistemi di gestione dati delle fabbrica e quelle sostenibili in termini di costi-risultati.  

Elementi di valutazione nella challenge di ORI Martin Tenova

La cyber safety, una declinazione dell’IIoT nel campo della sicurezza personale, è motivo di enorme interesse per il Lighthouse.  D’altra parte l’impianto faro unisce gli sforzi di Tenova, società (del gruppo Techint) con sede a Castellanza (Va) specializzata in soluzioni di ingegneria per l’industria metallurgica e mineraria, e di ORI Martin, azienda bresciana che produce acciai speciali per l’automotive e la meccanica. Nell’acciaieria i rischi per il personale esistono, come la cronaca ci rammenta. Ma il Lighthouse sta lavorando per contenerne la dimensione e la gravità. Peraltro, come si può leggere in questo articolo di Industria Italiana, si intende incrementare l’utilizzo dei robot per le fasi più critiche. L’interesse c’è. «Già diverse start-up si sono fatte vive, per chiedere particolari tecnici di contesto e partecipare alla challenge». Che ne sarà dei vincitori? «Potrebbero divenire “fornitori di idee”, a vario titolo – termina Girelli -; ma anche supplier veri e propri, nel tempo, se progredissero dallo stato di start-up a quello di imprese». 














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