Intelligente, resiliente e sostenibile: è il Lighthouse Tenova – Ori Martin

di Marco de’ Francesco ♦︎ Steel industry 1/ Acciaio 4.0! Tutti i macchinari del plant bresciano comunicano tramite l’IIoT Platform, basata su Microsoft Azure. Così è assicurata la convergenza IT/OT e l’interoperabilità dei processi. Un esempio di come possa essere reso smart anche il comparto siderurgico, che in Italia dà lavoro a 33.400 persone. Il ruolo del Cluster Fabbrica Intelligente

Interno della fabbrica ORI Martin

Come saranno le industrie siderurgiche del prossimo futuro? Da qualche tempo si utilizza il termine Acciaio 4.0 per descrivere la trasformazione che le riguarderà. Ma cosa significa?

Anzitutto, le aziende di comparto saranno intelligenti, e cioè in grado di esercitare un controllo puntuale ed effettivo su tutte le fasi del processo. In questo modo, saranno capaci di ottimizzare la gestione delle materie prime, di migliorare gli standard qualitativi e l’efficienza degli impianti. Diventeranno più flessibili, e cioè in grado di venire incontro alla diversificazione di prodotto richiesta dal mercato.







Saranno resilienti: e questo perché, essendo intelligenti e quindi più capaci di gestire la complessità, saranno anche capaci di reagire positivamente alle turbolenze del mercato e, in generale, alle situazioni avverse.

Saranno infine più sostenibili, perché l’ottimizzazione dei processi comporta una minore dipendenza dall’esterno quanto a risorse critiche, nonché una minore produzione di sostanze nocive.

Un progetto di Acciaio 4.0 è in corso. È portato avanti dal Lighthouse – ORI Martin Tenova. Gli Impianti Faro sono stati selezionati dal Cluster Nazionale Fabbrica Intelligente (CFI), l’associazione che, presieduta da Luca Manuelli, Ceo di Ansaldo Nucleare, riunisce aziende, regioni, università ed enti di ricerca con l’obiettivo di aggregare tutti gli attori più importanti a livello italiano sulle tematiche della manifattura avanzata. Il Lighthouse sull’Acciaio 4.0 unisce gli sforzi di ORI Martin – azienda bresciana che produce acciai speciali per automotive e per la meccanica – e Tenova, società (del Gruppo Techint) con sede principale a Castellanza (Va) specializzata in soluzioni di ingegneria per l’industria metallurgica e mineraria.

La chiave per Tenova, per realizzare il controllo serrato su processi e materiali è la Tenova IIoT Platform, infrastruttura digitale basata sulla piattaforma Azure di Microsoft. Consente di mettere in comunicazione tutti i macchinari e di sfruttare i dati grazie a sistemi di machine learning. Pur essendo un progetto in continua e costante evoluzione lo stato attuale della piattaforma permette già a Tenova di offrire nuovi servizi a valore aggiunto a ORI Martin

la Tenova IIoT Platform, infrastruttura digitale basata sulla piattaforma Azure di Microsoft. Consente di mettere in comunicazione tutti i macchinari e di sfruttare i dati grazie a sistemi di machine learning. Fonte ORI Martin Tenova

L’articolo trae spunto dal recente webinar organizzato da CFI, “Il Lighthouse Plant di Tenova –  ORI Martin, una fabbrica intelligente integrata in una filiera resiliente”. All’evento, moderato dal direttore di Industria Italiana Filippo Astone, hanno partecipato, oltre a Manuelli l’R&D Manager ORI Martin Maurizio Zanforlin, l’R&D Director di Tenova Enrico Malfa, il Digital Software Engineer di Tenova Stefano Moroni, il ricercatore Stiima CNR Carlo Brondi, il dirigente dell’Unità organizzativa politiche per la competitività delle filiere e del contesto territoriale della Regione Lombardia Enrico Capitanio.

 

Il settore siderurgico è fondamentale per l’Italia, seconda manifattura d’Europa e settima nel mondo

Se al mondo c’è un settore considerato maturo, questo è quello dell’acciaio. Veniva prodotto “a pacchetto” – e cioè con strati alternati e poi martellati di ferro e ghisa – già dai tempi dei Celti e dei Romani. Nel 1740 in Inghilterra viene scoperta la tecnica del crogiolo, e cioè quella di riscaldare il metallo in assenza di ossigeno: è la grande invenzione che, almeno quanto l’utilizzo in fabbrica del vapore, dà vita alla rivoluzione industriale. Da allora la produzione è aumentata in modo impressionante. L’Italia è storicamente un player di prima categoria: si pensi, in tempi recenti, a Ilva quale polo siderurgico basato sul ciclo integrale e alle filiera della produzione da rottame attraverso forno Forno Elettrico ad Arco che caratterizza il Nord Italia. Attualmente è il decimo produttore mondiale, e il secondo europeo, dopo la Germania con più dell’80% dalla produzione basata sulla fusione del rottame in forno elettrico. Nel Belpaese dà lavoro a 33.400 persone, e dagli impianti dello Stivale prendono la strada del mercato 24,5 milioni di tonnellate, il 14,6% delle 167,7 milioni di tonnellate continentali. Dati 2019, relativi all’anno precedente. Poi, secondo le stime di Eurofer, l’associazione europea dell’acciaio, il Covid ha colpito pesantemente il settore. Si attende la “lista del macellaio”, la conta dei danni.

Attualmente, l’Italia è il decimo produttore mondiale, e il secondo europeo, dopo la Germania con più dell’80% dalla produzione basata sulla fusione del rottame in forno elettrico. Nel Belpaese dà lavoro a 33.400 persone, e dagli impianti dello Stivale prendono la strada del mercato 24,5 milioni di tonnellate, il 14,6% delle 167,7 milioni di tonnellate continentali. Fonte ORI Martin Tenova

Ora il peggio sembra passato, ma le sorti della siderurgia sono collegate a quelle della manifattura. Per questo la riflessione di Manuelli è più ampia. Dopo il periodo emergenziale del Covid, occorre dare avvio ad una nuova fase, nella quale il sistema economico e industriale del Paese deve saper dare le risposte giuste, quelle di recente evidenziate dall’ex presidente della Bce Mario Draghi: bisogna evitare che un indebitamento improduttivo ricada sulle prossime generazioni, e pertanto vanno realizzati progetti per la crescita e per la competitività del sistema-Paese. «Le risorse del Recovery Fund (“Eu Next Generation”, fondo europeo dotato, a livello continentale, di una capacità finanziaria di 750 miliardi di euro. Per l’Italia, vale 209 miliardi, di cui 82 miliardi di sussidi e 127 di prestiti. Ndr) devono essere utilizzate per la riforma del fisco e della giustizia e per creare lavoro; ma anche per la trasformazione digitale delle aziende manifatturiere e per quella green del Paese». Il Mise, con il quale il Cluster ha una collaborazione continuativa, ha di recente presentato progetti per il periodo 2021-2027 del valore complessivo di 157 miliardi, pari a quasi il 70% delle risorse attivabili con il Recovery Fund. Su tre fronti: la digital transformation, per 50 miliardi; la trasformazione verde e l’economia circolare, per circa 66 miliardi; l’attrattività del sistema produttivo (e quindi il rafforzamento delle filiere, l’open innovation e tanto altro) per 41 miliardi. Secondo Manuelli il battente delle risorse previste dal piano del Mise è «molto significativo»; però, ha affermato, questi sforzi vanno ottimizzati, ad esempio valorizzando le attività messe in pista dal piano Industria 4.0 e poi puntando di più sul trasferimento tecnologico, integrando il mondo della ricerca con quello industriale. «Senza questo approccio, si rischia la sovrapposizione degli investimenti. Occorre lavorare in una logica di sistema, coinvolgendo tutti gli stakeholder, compresi il Cluster, Confindustria, i sindacati, e di tutti coloro che possono dare un contributo a quello che potrebbe essere il “nuovo Piano Marshall” e per guardare al futuro con pragmatico ottimismo».

Tra le esperienze legate al “Piano Calenda” da valorizzare c’è quella dei quattro Impianti Faro selezionati da Cfi, quelli di Ansaldo Energia, ABB, Hitachi Rail e Tenova- ORI Martin. «Tutti hanno dimostrato resilienza in tempi di Covid» – ha affermato Manuelli. L’ultimo, secondo Capitanio, è poi «un progetto che rappresenta un grande investimento, perché si porta dietro tutta la filiera, e valorizza l’interazione con gli enti di ricerca». Bisogna, tuttavia, definire degli indicatori certi «per monitorarne l’evoluzione in termini di risultati: relativi al tasso di innovazione, all’occupazione che riescono a creare e alla sostenibilità ambientale, che sempre di più riguarda la competitività».

 

L’acciaio intelligente

Si diceva che con un controllo puntuale sui processi si possono così ottenere vantaggi competitivi considerevoli. Si pensi alla flessibilità: oggi, i produttori del Bianco e dell’automotive – i principali mercati di sbocco dell’acciaio, insieme all’edilizia – sempre più chiedono lotti caratterizzati da innumerevoli specifiche relative a percentuali di elementi chimici nel metallo, e quindi alle caratteristiche strutturali. Se non si monitora e condiziona in real time la catena interna della produzione, un passaggio dopo l’altro, questo obiettivo non è realizzabile. Occorre, per Zanforlin, ottimizzare la gestione delle materie prime e tracciare il prodotto nel suo percorso; serve altresì impartire ordini a più macchinari, al contempo e da remoto. E solo controllando i processi si possono ottenere altri due obiettivi: il miglioramento degli standard qualitativi e l’aumento dell’efficienza degli impianti. Quanto al primo, il Lighthouse conta di guadagnare un incremento fino al 6%, una volta che l’intero progetto sarà realizzato; quanto al secondo, una crescita pari al 3%. Inoltre, secondo Zanforlin sempre questo genere di monitoraggio consente di conseguire un altro traguardo, «quello della riduzione degli infortuni vigilando sulla presenza umana in zone di rischio, o adoperando robot nelle fasi potenzialmente pericolose». In effetti quella della sicurezza del personale è una tematica di straordinaria importanza nella siderurgia, come tristi fatti di cronaca ci rammentano; giustamente l’argomento trova uno speciale risalto nel progetto Tenova – ORI Martin. Vantaggi e obiettivi in termini di resilienza e sostenibilità saranno descritti più avanti.

Tenova e Microsoft hanno siglato una partnership nel maggio 2017 per dar vita ad una piattaforma IIoT specializzata per le necessità della siderurgia. La tecnologia di base è quella di Azure. Fonte Tenova

Per descrivere un’azienda in grado di esercitare questa supervisione integrata del processo produttivo, si è coniato il termine Cyber Physical Factory. È ciò che l’Impianto Faro intende diventare; e vuole farlo in un’ottica più estesa, integrando i fornitori nel sistema. Secondo Zanforlin, «uno dei motivi per cui si fa il Lighthouse bresciano è il controllo della filiera, con l’acquisizione automatica di tutte le informazioni sul rottame in ingresso e sull’azienda che ce lo fornisce, per dar vita ad una vera tracciabilità di prodotto».

Da un punto di vista metodologico e strategico, per realizzare tutti i citati obiettivi sono state definite due fasi. «Nella prima – ha affermato Zanforlin – si è investito per consentire al nostro stabilimento di acquisire lo stato dell’arte delle tecnologie in termini di servizi avanzati». Ad esempio, introducendo il CRM, un sistema di gestione digitale delle relazioni con i clienti; o ancora, soluzioni per l’assistenza remota, per la manutenzione predittiva, per l’ottimizzazione delle performance e per la digitalizzazione del catalogo delle parti di ricambio. Nella seconda, commenta Malfa, «è in corso l’implementazione delle tecnologie abilitanti di Industria 4.0 tra cui cloud, IoT, analisi di grandi volumi di dati (Big Data), robotica. È evidente che il passaggio dalla prima alla seconda fase e la sfida del Lighthouse». Si tratta infatti di raccogliere informazioni dai diversi reparti che compongono l’acciaieria; di integrare tutte le fasi del processo produttivo, in modo da realizzare una interdipendenza intelligente di attività.

A questo punto la domanda è: con quali strumenti Tenova e ORI Martin intendono realizzare tutto ciò? Serviva una infrastruttura digitale che permettesse la convergenza tra IT e OT,  cioè l’interoperabilità tra la rete industriale, grazie alla quale un’azienda può gestire l’attività di una pluralità di macchinari e di processi, e quella IT, che serve a memorizzare, recuperare, trasmettere e manipolare dati. Solo quando questi due piani tradizionalmente separati sono infine collegati, si possono connettere macchine e device ai sottosistemi dotati di proprie regole ed intelligenza, come quelli che pianificano vendite e acquisti e amministrano il magazzino (Erp), quelli che gestiscono l’avanzamento della produzione (Mes) o quelli che si occupano di manutenzione (Cmms) degli asset aziendali. A questo punto, tramite le diverse interfacce dell’infrastruttura digitale si ha una supervisione efficace di tutta l’azienda. Ora, Moroni ha ricordato che Tenova e Microsoft hanno siglato una partnership nel maggio 2017 per dar vita ad una piattaforma IIoT specializzata per le necessità della siderurgia. La tecnologia di base è quella di Azure, il prodotto di punta della multinazionale guidata da Satya Nadella (ben spiegato in questo articolo di Industria Italiana; ndr). Tenova IIoT Platform è esattamente quella piattaforma di internet delle cose industriale che consente la citata convergenza, e che permette quel genere di controllo sulle fasi di processo di cui abbiamo parlato. «E ha grandi, ulteriori, potenzialità – ha affermato Moroni-: è strutturata per offrire a ORI Martin nuovi prodotti che vengono proposti secondo i canoni della servitization, e quindi la possibilità di creare nuovi modelli di business e nuovi servizi per i clienti; è sviluppata e implementa tutti gli attuali standard relativi alla cyber security, e non solo dall’impianto al Cloud, ma anche e soprattutto on-premise, e cioè su tutte le applicazioni che vengono eseguite sulle infrastrutture IT presenti in acciaieria. Atri due elementi caratterizzanti la piattaforma sono l’essere una piattaforma aperta, pronta cioè a integrare componenti propri di clienti e fornitori e l’essere una piattaforma ibrida, formata cioè sia da elementi in Cloud e elementi on-premise». Le grandi potenzialità della piattaforma, tuttavia, sono in gran parte ancora inespresse: sono processi di implementazione a lungo termine. «Dei cinque componenti di base della piattaforma – ha affermato Moroni – e cioè il Tenova Edge, l’Analitycs engine, il Machine learning model repository, il Tenova Digital portal e il Tenova WIDE, attualmente in ORI Martin sono già stati installati sia il Tenova EDGE, che il Tenova WIDE. Il primo è un industrial IoT gateway che consente, tra le altre funzionalità, la pre-elaborazione dei dati “sul campo” al fine di  minimizzare il tempo di calcolo che avviene in Cloud. Grazie a Tenova Edge, inoltre,  riusciamo a recuperare informazioni sui rottami, immagini dei detriti che entrano nei forni o dei robot che fanno ispezioni in luoghi proibitivi (ad es. l’interno di un forno). Ricevendo le immagini dei camion in entrata allo stabilimento di ORI Martin, riusciamo anche a predire la tipologia di rottame presente sul camion grazie a un algoritmo di machine learning sviluppato negli scorsi mesi: è il primo mattone della tracciabilità».

Tenova IIoT Platform è la piattaforma di internet delle cose industriale che consente la convergenza IT/OT. Fonte Tenova

La resilienza

La resilienza, in ambito industriale, va intesa come la capacità di reagire positivamente a situazioni avverse e inattese, come le turbolenze del mercato. Implica il possesso e la gestione di risorse interne per affrontare il cambiamento. Secondo alcuni osservatori, la resilienza non basta: occorre antifragilità. Dal momento che viviamo in tempi di incertezza perdurante, non si può contare sulla sola capacità semielastica di rimettersi in corsa, ma occorre quella di crescere nel disordine, nel caos, nella volatilità e nello stress. Forse l’antifragilità, più che una categoria diversa, è uno sviluppo della resilienza. Ma abbandonando il mondo della teoria e delle definizioni, non si può non notare che l’una e l’altra presentano un ingrediente comune fondamentale, è cioè l’abilità di gestire la complessità. In fondo, il Covid-19 ci ha dato una severa lezione, visto come molte aziende si sono trovate a combattere su più fronti: l’interruzione delle catene di approvvigionamento, la difficoltà di gestire la produzione con un personale ridotto, quella di amministrare lo smart working con efficienza, quella di inviare o ricevere esperti per la manutenzione, e tanto altro.

Diversi obiettivi della Cyber Physical Factory vanno nella direzione della gestione della complessità. Quando infatti si parla di integrazione della value chain, dal fornitore al produttore, e dal partner tecnologico al cliente, si intende anche la capacità di gestire flussi di materie prime derivanti da più supplier, in modo che, nel caso in cui la fornitura dell’uno o dell’altro diminuisca o si interrompa, quasi automaticamente si riesca ad intervenire aumentando la quota di altri ancora. Cosa che si può fare soltanto con la tracciabilità, l’analisi sistemica dei dati e con l’introduzione di algoritmi di AI: occorre sapere all’istante cosa manca e cosa e quanto chiedere e a chi. In generale, su questo fronte l’intelligenza artificiale diffusa nell’azienda sembra l’arma vincente, perché consente una capacità di adattamento automatico che riguarda non questo o quel dipartimento dell’azienda, ma tutti.

Diversi obiettivi della Cyber Physical Factory vanno nella direzione della gestione della complessità. Quando si parla di integrazione della value chain, dal fornitore al produttore, e dal partner tecnologico al cliente, si intende anche la capacità di gestire flussi di materie prime derivanti da più supplier, in modo che, nel caso in cui la fornitura dell’uno o dell’altro diminuisca o si interrompa, quasi automaticamente si riesca ad intervenire aumentando la quota di altri ancora. Cosa che si può fare soltanto con la tracciabilità, l’analisi sistemica dei dati e con l’introduzione di algoritmi di AI: occorre sapere all’istante cosa manca e cosa e quanto chiedere e a chi. In generale, su questo fronte l’intelligenza artificiale diffusa nell’azienda sembra l’arma vincente, perché consente una capacità di adattamento automatico che riguarda non questo o quel dipartimento dell’azienda, ma tutti. Fonte ORI Martin Tenova

La sostenibilità

ORI Martin è un’acciaieria che funziona riciclando al 100% rottami di metallo, e l’utilizzo del forno elettrico efficiente, che peraltro garantisce una generazione di anidride carbonica molto bassa, quasi irrilevante; ha già intrapreso la strada della sostenibilità industriale, strategia che consente ad una azienda di essere meno dipendente dall’esterno quanto ad approvvigionamento di risorse produttive critiche.

Ma è un fronte sul quale si può sempre migliorare. L’impianto faro intende non solo diminuire i consumi energetici da 10 fino a 30 kwh a tonnellata, riducendo al contempo le emissioni di CO2 e ma anche valorizzare i residui interni come materia prima e seconda in un’ottica di Economia Circolare e di valutazione dell’impatto ambientale basata si Lyfe Cycle Analysis (LCA).

Riguardo all’ LCA il progetto Lighthouse prevede tre fasi consecutive: la definizione di parametri chiave per raggiungere gli obiettivi interni di sostenibilità; una analisi automatizzata dei risultati; e quella delle prestazioni nelle aree target, utilizzando metodi di tracciatura per ottimizzare le attività. Per calcolare l’impatto, poi, il sistema immaginato per il Lighthouse tiene conto, secondo Brondi, di un insieme di “categorie”: ad esempio, l’incremento dell’acidità degli oceani, quello della temperatura e dell’umidità della troposfera, il consumo di elementi rari, quello dell’acqua e quello di combustibili fossili, l’emissione nell’atmosfera di gas che danneggiano lo strato di ozono, la riduzione di quest’ultimo e il calo dell’ossigeno dissolto nelle acque.

E, come si è detto più volte, il Lighthouse, una volta individuata una metodologia, deve indicare ad altre aziende quali tecnologie assumere per migliorare in questo campo. Sono stati selezionati diversi “tool integrabili”, dal Pdm (gestore dei dati di prodotto) alla sensoristica avanzata, da strumenti per l’analisi del ciclo vita all’intelligenza artificiale per la simulazione e per la contestualizzazione delle performance.

Ce n’è bisogno, secondo Brondi, perché in generale «l’industria siderurgica rappresenta circa il 10% del consumo energetico dell’industria nei Paesi Ocse: è il secondo comparto, quanto a spesa di elettricità. Inoltre, dipende fortemente dai combustibili fossili e rilascia enormi quantità di sostanze nocive per l’ambiente. E ciò in un contesto di domanda crescente di acciaio: nel 2019, a livello globale, ha raggiunto 1,87 miliardi di tonnellate». Per la precisione, attualmente la produzione di una tonnellata di acciaio grezzo richiede una spesa di 20 Giga Joule di energia e 3,3 metri cubi di acqua dolce, e comporta emissioni di anidride carbonica pari a 1,9 tonnellate.

Con l’integrazione della filiera, sono attesi miglioramenti anche in termini di economia circolare, un sistema volto ad eliminare gli sprechi e il consumo continuo delle risorse. L’idea è che i “rifiuti” di un processo diventino “alimenti” per un altro. In questo modo, una materia trasformata in prodotto trova una seconda vita come sottoprodotto. ORI Martin già funziona così. Ma si ritiene che la tracciatura dei materiali in ingresso e dei prodotti in uscita possa ottimizzare il processo.

Dei cinque componenti di base della piattaforma e cioè il Tenova Edge, l’Analitycs engine, il Machine learning model repository, il Tenova Digital portal e il Tenova WIDE, attualmente in ORI Martin sono già stati installati sia il Tenova EDGE, che il Tenova WIDE. Fonte Tenova

I due principali protagonisti: ORI Martin

ORI Martin è un’acciaieria a forno elettrico per la produzione di acciai speciali, destinati per lo più all’automotive e alla meccanica; ma anche alle costruzioni e alle cosiddette applicazioni: bulloneria, molle, utensili e altro. L’azienda è stata fondata dal belga Oger Martin, uomo notevole: classe 1890, a 21 anni, quando approda a Brescia, era già laureato in ingegneria ed aveva già esperienza come dirigente in una fabbrica d’armi. Attività che continua nella città lombarda, nella fabbrica “Filippo Tettoni”; ma già nel 1933 dà vita alla “Ferretti & Martin”, attiva nella produzione di attrezzi agricoli. Nel 1940 rileva, insieme a Lorenzo Ferretti, la “O.r.i. Officine riunite italiane”, che era in stato di liquidazione. L’azienda si occupa per lo più di tondini per il cemento armato, ma dal 1992 si specializza negli acciai speciali.

Attualmente la ORI Martin, presieduta da Uggero De Miranda, è l’azienda più importante dell’omonimo Gruppo, che ha fatto registrare nel 2019 ricavi per 583 milioni di euro, con un ebitda attestato a 78,8 milioni, una posizione finanziaria netta di 71,5 milioni e un patrimonio di 383,6 milioni. Gli investimenti complessivamente effettuati dal Gruppo nell’esercizio 2019 sono stati pari a circa 32 milioni di euro. Hanno riguardato un nuovo forno di riscaldo, l’ammodernamento e la rivisitazione in chiave 4.0 dei forni, la realizzazione di un nuovo impianto di bonifica e altro. Nell’ultimo anno è proseguito anche il processo di consolidamento del Gruppo, attualmente composto, oltre che dalla  ORI Martin, anche da aziende possedute al 100%, come la Trafilati Martin, la Meccanica Trafilati Martin, la Novacciai, la Siderurgica Latina, la Tension Technology, la Autotrasporti Martin, la Sapes, la ORI Martin Deutschland e la ORI Martin France; e da altre controllate con una quota pari o superiore al 50%, come la Trafileria Lariana Drawing Steels, la Lariana Annealing Steels, la Ferrosider e la Aom Rottami. Il gruppo ha più di 850 dipendenti.

Il ciclo produttivo di ORI Martin è completo e complesso: i rottami sono trasformati in metallo liquido in un forno elettrico; matallo che passa prima in un degassatore a vuoto, e poi in una macchina di colata; successivamente, viene nuovamente riscaldato, laminato trasformato in  vergella o barre  e destinato a lavorazioni a caldo o a freddo.

ORI Martin in pillole

I due principali protagonisti: Tenova

Tenova, come si è accennato, è un’azienda specializzata in soluzioni tecnologiche e attività di ingegneria per impianti siderurgici; peraltro, dal 2012 ha consolidato la sua presenza nel settore minerario, grazie a diverse acquisizioni di imprese in questo campo. Nel primo comparto, ad esempio, Tenova offre tecnologie avanzate per forni ad arco, per la fusione non ferrosa, per il trattamento dei fumi e per il recupero energetico. Ma anche per il riscaldamento di prodotti lunghi, piatti e forgiati e per il cold rolling (grazie a laminatoi e a rettificatrici a rulli ad alte prestazioni). È leader mondiale nella realizzazione di impianti di ricottura a idrogeno e a forma di campana. Progetta strumentazioni per lavorare nastri al carbonio inossidabile e al silicio, nonché per la zincatura a caldo. Ha sviluppato tecnologie per il trattamento termico dell’alluminio. L’azienda svolge attività di retrofit sui macchinari della clientela, per assicurarsi che continuino a funzionare al meglio.

Tenova in pillole. Fonte Tenova

È parte del Gruppo Techint, multinazionale industriale italo-argentina che comprende oltre 100 società operative in tutto il mondo e in vari settori, dall’impiantistica alla siderurgia, dall’ingegneria alla sanità. Fondato nel 1945 dal milanese Agostino Rocca, emigrato in Argentina dopo la guerra, ha notevoli interessi anche nel BelPaese. È tuttora controllato dai discendenti del fondatore. Le revenue, nel 2019, sono stati pari a 22 miliardi di dollari. Tenova, presente in 19 Paesi con 2.500 addetti, nel 2019 ha fatto registrare ricavi per 836 milioni di euro, in calo rispetto all’anno precedente, quando aveva sfiorato il miliardo. È con tutta probabilità l’effetto della particolare congiuntura innescata da una guerra di dazi a livello internazionale, che riguarda non solo gli Stati Uniti e la Cina, ma le rispettive aree di influenza.














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