Cloud ibrido: il Vangelo secondo Ibm post Red Hat

di Marco Scotti ♦︎ Per ora il 20% del workload dei clienti di Big Blue finisce sulla nuvola. La situazione dovrebbe mutare con le soluzioni realizzate in tandem con il "Cappello Rosso". Che promettono minori costi, riduzione del time to market e maggiore flessibilità

Ridurre i tempi di sviluppo di nuove applicazioni; ridurre le spese operative; realizzare una serie di soluzioni software pre-integrate e verticali messe a disposizione anche al di fuori dai datacenter per operare su qualunque piattaforma – di cloud privato o pubblico di Ibm o di terze parti. Si tratta di Red Hat OpenShift, il primo segno tangibile dell’integrazione – avvenuta la scorsa primavera – tra l’azienda “del cappello rosso” e Ibm. Un’acquisizione costata 34 miliardi di dollari e che sta svelando la sua ratio: aiutare le aziende ad accelerare il processo di adozione del cloud ibrido.

Gianluigi Avella, Technical Sales Manager Cloud Platform Ibm Italia

«Ad oggi i clienti hanno adottato il cloud in modo opportunistico (by opportunity) – ci spiega Gianluigi Avella, Technical Sales Manager Cloud Platform di Ibm Italia – ma solo il 20% dei workload sono stati spostati sulla “nuvola”. Per questo ora ci troviamo di fronte alla grande possibilità di procedere con la seconda fase della trasformazione, abilitando i datacenter a erogare servizi di tecnologia cloud alla stregua di quanto si fa su cloud publici evoluti. L’integrazione di Red Hat ha rafforzato le caratteriestiche “open” di un cloud che diventa enterprise».







 

Vantaggio per le aziende con l’adozione del cloud ibrido

Il cloud ibrido viene spesso definito come l’unione perfetta tra quello privato e pubblico. In un cloud ibrido i dati e le applicazioni possono spostarsi tra i cloud pubblici e privati, per offrire una maggiore flessibilità e più opzioni di distribuzione. Puoi ad esempio usare il cloud pubblico per scenari che richiedono volumi elevati e con minori esigenze a livello di compliance, come per esempio la posta elettronica basata sul Web, e il cloud privato o un’altra infrastruttura locale per operazioni riservate e cruciali per l’azienda, come la creazione di relazioni finanziarie. In un cloud ibrido è anche disponibile l’opzione definita “burst nel cloud”, ovvero un’applicazione o una risorsa viene eseguita nel cloud privato fino a quando non si verifica un picco nella domanda, ad esempio in caso di eventi stagionali come lo shopping online o le dichiarazioni dei redditi. In quel momento l’organizzazione può estendersi su cloud pubblico per sfruttare le risorse di calcolo aggiuntive.

Ibm Cloud Garage di Milano agli Ibm Studios di piazza Gae Aulenti

I vantaggi del cloud ibrido sono almeno quattro: in primo luogo l’azienda può mantenere un’infrastruttura privata per gli asset più riservati. Inoltre si possono sfruttare le risorse aggiuntive nel cloud pubblico, quando necessario, avendo a disposizione maggiore flessibilità. Per quanto concerne la convenienza, grazie alla scalabilità nel cloud pubblico, si può pagare una potenza di calcolo aggiuntiva solo quando è necessario. Infine, il passaggio al cloud è maggiormente agevole, eseguendo una migrazione graduale di alcuni carichi di lavoro alla volta.

Le aziende stanno adottando le tecnologie cloud? Fonte Ibm

«Si tratta di un passaggio fondamentale – prosegue Avella – perché in questo modo tutti i clienti che si stanno affacciando al cloud possono farlo step-by-step. Solo il 20% dei workload delle aziendali sono il cloud, ma ognuno degli utenti con cui ci interfacciamo ha fino a 5-6 cloud provider differenti sulla base delle caratteristiche dei singoli. Così abbiamo da una parte un proliferare di diversi cloud, dall’altra l’80% dell’intero workload che è ancora “in casa”. Il vantaggio del cloud ibrido quindi è prima di tutto in termini di praticità: i clienti possono decidere, a mano a mano, la piattaforma di riferimento spostandosi su un’altra in modo trasparente. Anche in questo caso ci è venuto incontro Red Hat: lavorare con un ecosistema che ha la capacità di implementare questi strumenti, mascherando al cliente qualsiasi tipo di complessità, è un qualcosa che le aziende stanno già affrontando. Il cloud, poi, ha tantissimi vantaggi: oltre al risparmio, che resta un tema significativo, uno dei motivi per cui i clienti lo stanno guardando con più valore è perché consente di avere a disposizione delle tecnologie che spesso e volentieri sviluppate on premise avrebbero dei costi d’ingresso molto elevati o per qualcuno proibitivi. Basta pensare all’intelligenza artificiale o ai sistemi di analisi dei dati. Un altro enorme vantaggio è che si abbatte il time to market senza dover profondere investimenti eccessivi e senza le complessità di messa in piedi di questa struttura. Infine, la grande modularità di questi sistemi consente di cambiare da una piattaforma di cloud publico ad una privata sfruttando le stesse funzionalità».

Il viaggio verso la strategia cloud. Fonte Ibm

 

Ibm Cloud Paks: quali soluzioni e che migliorie per il business delle aziende

Big Blue ha annunciato Ibm Cloud Paks, un nuovo set di soluzioni software pre-integrate e basate su Red Hat OpenShift, in grado di ridurre i tempi di sviluppo delle applicazioni critiche e le spese operative. Con questa novità, gran parte dei middleware Ibm sarà disponibile anche al di fuori dai datacenter per operare su qualunque piattaforma – interna, su cloud privato, su cloud pubblico di terze parti (Aws, Azure, Google Cloud Platform) o già integrata e certificata in Ibm Cloud. Nel “Capitolo Uno” della digital reinvention, gran parte dell’innovazione in ambito cloud recepiva esigenze di mercato e delle aziende, con l’obiettivo primario di abbattere i costi e garantire il funzionamento dell’infrastruttura di base – computing, storage, networking. Oggi stiamo vivendo la transizione verso il “Capitolo Due” in cui la sfida principale sarà quella di spostare nel cloud le applicazioni vitali e di maggior valore, offrendo alle organizzazioni la possibilità di scegliere il partner a cui affidarsi. In questo scenario, Ibm Cloud Paks su Red Hat è la soluzione più potente e completa per le aziende che vogliano accelerare il trasferimento delle applicazioni cruciali per il proprio business nel cloud in maniera sicura, affidabile ed evitando lock-in.

Ibm Cloud Paks. Fonte Ibm

«Uno dei vantaggi principali dei Cloud Paks – ci spiega ancora Avella – è che offrono grande verticalità e mettono a disposizione tutti i vantaggi del caso. OpenShift garantisce una grandissima versatilità, permette di girare in un ambiente on premise, Ibm Cloud, ma anche un cloud di tipo diverso o della stessa Ibm. Quindi, oltre alla portabilità e alla facilità di approccio, questi nuovi prodotti garantiscono anche la possibilità di decidere quale sia la piattaforma di riferimento. Questo significa che, a fronte di una clientela che ha portato il 20% dei workload in cloud, stiamo offrendo gli strumenti per abilitare il datacenter a erogare servizi di tecnologia in modo da facilitare lo shift dal premise al cloud, pubblico o privato che sia».

Ibm Cloud Paks. Fonte Ibm

 

Quali industry sono più avanti nel processo di migrazione e quali clienti sono più pronti?

Tutte i settori di business stanno affrontando questa transizione. Se alcune, come il retail, sembrano avere un grado di maturità superiore, il settore bank & finance sta crescendo rapidamente. «Anche le industry che potevano inizialmente avere una complessità normativa e tecnologica diversa dalle altre – prosegue il Technical Sales Manager Cloud Platform di Ibm Italia – stanno approcciando il cloud. Ad esempio è il caso delle banche o delle assicurazioni, che inizialmente hanno riscontrato qualche vincolo anche dal punto di vista normativo ma che ora sono partite spedite grazie agli accordi con Eba. Ci sono altri settori, invece, che hanno approcciato un’innovazione che non arriva direttamente dal cloud ma che sul cloud stanno comunque trovando grandi vantaggi. È il caso, ad esempio, del retail, che ha ridotto il time to market grazie alla trasformazione degli store fisici. Sono stati implementati, per esempio, strumenti Internet of Things e di intelligenza artificiale per comprendere appieno i gusti dei clienti, in modo poi da archiviare i dati sulla piattaforma per ricevere i consigli più adatti in fatto di gusti».

Strategia hybrid e multicloud. Fonte Ibm

Secondo Ibm, in questo momento storico ci troviamo in una fase complessa di coesistenza tra la parte più legacy della tecnologia aziendale e le applicazioni cloud-native. Uno step, insomma, in cui passato e presente convivono. Il passaggio successivo sarà molto probabilmente quello di sviluppare esclusivamente applicazioni per il cloud, in modo da cambiare drasticamente l’accesso alle tecnologie da parte delle aziende.

Ibm Cloud Garage di Milano agli Ibm Studios di piazza Gae Aulenti













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