Think 2020 Digital Summit: Ibm a fianco di imprese e Pa per il post Covid

di Alberto Falchi ♦︎ Durante l'evento, la multinazionale ha fatto il punto della situazione con aziende e pubblica amministrazione. Enrico Cereda: «ll coronavirus ha sottolineato lo stretto legame che intercorre fra salute, economia ed innovazione tecnologica. Ora dobbiamo davanti a noi una grande opportunità». Rotta su cloud e A.I.

Il covid non ha fermato il Think 2020 di Ibm, che si è svolto in maniera virtuale
Il covid non ha fermato il Think 2020 di Ibm, che si è svolto in maniera virtuale

Il covid ha costretto il mondo intero a chiudersi casa e ha avuto un impatto devastante sull-economia. Una disgrazia che però ha portato anche qualche aspetto positivo, facendo fare un salto avanti tecnologico al paese che, in condizioni di normalità, avrebbe richiesto anni: le imprese hanno dovuto correre per implementare soluzioni che permettessero loro di proseguire la produzione, e lo stesso hanno dovuto fare le Pubbliche Amministrazioni, che hanno dovuto trovare il modo di avvicinarsi, anche se solo attraverso lo schermo, ai cittadini. A tutti i cittadini, sia i nativi digitali, sia le fasce più anziane della popolazione, che con gli strumenti digitali non hanno una grande confidenza. Durante il Think 2020 Digital Summit, Ibm ha fatto il punto della situazione con alcuni dei principali attori dell’industria e della Pubblica Amministrazione italiana.

«ll coronavirus ha sottolineato lo stretto legame che intercorre fra salute, economia ed innovazione tecnologica. Ora dobbiamo davanti a noi una grande opportunità», sostiene Enrico Cereda, amministratore delegato di Ibm Italia, sottolineando che nonostante siano stati fatti molti passi avanti, non possiamo fermarci qui. Perché fino a ora le aziende hanno fatti significativi progressi sul fronte della digitalizzazione ma, troppo spesso, si sono limitate ai documenti. Meno carta, procedure più snelle, ma questo non è sufficiente secondo Cereda, che ribadisce l’importanza di digitalizzare i processi da un lato, e di investire sulla formazione dall’altro. Le tecnologie necessarie? Cereda non ha dubbi: cloud e intelligenza artificiale.







La speranza è che il paese sappia sfruttare questa crisi per rialzare la testa e accelerare tutti quei processi di innovazione che spesso sono stati perseguiti senza troppa convinzione, e per farlo è necessario un cambio di mentalità a partire da chi guida il paese. Ne è convinto Marco Bucci, Sindaco di Genova, che ha chiaramente parlato di “ownership”, di responsabilità da parte di chi amministra la cosa pubblica. «Abbiamo bisogno di Persone che sanno prendersi la responsabilità che ci mettono la faccia. Perché quando le cose vanno bene, devono rimanere. Ma quando vanno male, devono andare a casa, come accade nel privato». Lo sostiene con fermezza, forte anche dei risultati che è riuscito a portare nella città che amministra, una città che è stata devastata dal crollo del Ponte Morandi ma che ha saputo riprendersi velocemente e in tempi brevi riprogettarlo e ricostruirlo. Un miracolo che viene definito Modello Genova, e che funziona proprio perché la città ha saputo investire in tecnologie e competenze, che ora stanno dando i loro frutti.
Un modello che Bucci vorrebbe venire esteso a tutto il paese. Dopo la crisi del 29 il new deal ha creato un volano che ha portato alla crescita economica, ed ora siamo nelle condizioni di poter investire nella crescita, anche grazie al supporto dell’Europa, ma bisogna agire in fretta, avere dei piani e, naturalmente, il coraggio di metterci la faccia.

Ibm sta facendo la sua parte, collaborando sia con imprese sia con la Pubblica Amministrazione e la sanità, dimostrando che quando le istituzioni mostrano attenzione, si possono ottenere risultati molto interessanti. Simona Amato, Direttore Sanitario della ASL Roma 3, racconta di come il suo distretto sanitario, grazie alla tecnologia di Ibm, già da tempo ha attivato dei programmi basati su AI per semplificare la gestione dei pazienti, per snellire il peso della macchina burocratica, ma anche per supportare i pazienti da remoto grazie alla telemedicina. «Grazie all-intelligenza artificiale abbiamo semplificato i servizi ai cittadini, che ricevono risposte immediate accedendo al nostro sito, mentre con gli advisor cognitivi abbiamo creato una base di conoscenza per i nostri professionisti». Un sistema che è piaciuto anche alla regione Lazio, che lo ha esteso a tutte le ASL della regione stessa.

Certo, fa riflettere il fatto che uno degli scogli più grossi non sia stato tecnologico ma normativo. «Abbiamo incontrato delle difficoltà a integrare nuove tecnologie in assenza di leggi e normative», ha specificato Stefano Tommasini, direttore centrale per l’organizzazione digitale di Inail, sottolineando come questo fosse una delle problematiche che ha dovuto affrontare insieme a Ibm per dare una spinta alla digitalizzazione del suo istituto.

Questa crisi ha mostrato a tutti come al nostro Paese non manchi né l’inventiva né la voglia di darsi da fare. Sono necessari ancora investimenti, è necessario un cambio di mentalità, serve più digitale, ma i presupposti per riprendere a correre ci sono tutti: «Abbiamo davanti a noi una grande opportunità per ripensare al meglio l’Italia dei prossimi dieci anni. Non possiamo sprecarla», come ricorda Cereda.














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