Visibilità completa, dall’edge al cloud, anche sull’OT. I segreti del paradigma Full Stack Observability di Cisco

di Renzo Zonin ♦︎ Full Stack Observability, ovvero monitorare l'intera infrastruttura per individuare i problemi e avviare procedure di correzione, correlando i dati raccolti agli impatti sul business. È l'approccio dell'azienda guidata da Chuck Robbins, che prevede il coinvestimento e coinvolgimento di partner e clienti nello sviluppo di soluzioni. Per attuare questa visione, Cisco ha acquisito due imprese californiane: AppDynamics e ThousandEyes. Ucs X: prestazioni tre volte superiori con consumi ridotti del 30%. Gli Asic della famiglia Silicon One. Ce ne parlano Andrea Feliziani e Antonio Loborgo

Negli ultimi tre anni, il mondo del business ha affrontato molteplici sfide legate alla sostenibilità, all’etica, alle pandemie e alle guerre, che hanno portato a significativi cambiamenti nelle pratiche aziendali e nelle relazioni con dipendenti e clienti. Tuttavia, le aziende manifatturiere italiane, soprattutto le piccole e medie imprese, hanno avuto difficoltà a tenere il passo con queste trasformazioni.

Una sfida cruciale per le aziende italiane è capire come guidare la loro trasformazione digitale in modo da adattarsi alle mutevoli condizioni di mercato e geopolitiche. In altre parole, devono sfruttare l’opportunità offerta dalla trasformazione digitale per introdurre organizzazione, processi e tecnologie intrinsecamente resilienti. Cisco, tra i fornitori di soluzioni e tecnologie Ict, ha anticipato questa sfida diversi anni fa, utilizzando le proprie tecnologie per creare un’organizzazione interna resiliente e ben testata.







La crescita tecnologica dell’azienda ha comportato un cambiamento di paradigma, con lo sviluppo di una linea di prodotti basata sul proprio silicio e un approccio diverso all’evoluzione dei prodotti, non più focalizzato solo sulle prestazioni o sulle “feature”. Inoltre, Cisco ha adottato in Italia un approccio di coinvestimento e coinvolgimento di partner e clienti nello sviluppo di soluzioni, attraverso il progetto Digitaliani e un approccio “verticalizzato” ai diversi settori di mercato.

Il concetto guida attuale di Cisco è la “Full Stack Observability“, ovvero la capacità di monitorare l’intera infrastruttura hardware e software per individuare rapidamente problemi e avviare procedure di correzione, correlando i dati raccolti agli impatti sul business. Questo concetto va oltre il semplice monitoraggio ed è stato supportato in Cisco anche grazie ad alcune acquisizioni mirate.

Nel campo dell’OT (Operational Technology), Cisco si impegna a offrire soluzioni basate su standard riconosciuti e condivisi, come gli Iso/Iec, anziché soluzioni proprietarie chiamate “standard” solo per abitudine. Inoltre, le competenze tecnologiche dell’azienda consentono di integrare soluzioni computazionali avanzate nei sistemi di rete, riducendo la necessità di hardware dedicato e migliorando l’efficienza nell’elaborazione dei dati. L’esecuzione di applicazioni containerizzate direttamente sulle apparecchiature Cisco consente alle aziende di installare microprocessi per la raccolta dati, il controllo delle macchine e la conversione dei protocolli, il tutto supervisionato dalla piattaforma Fso.

Questi processi e contenitori possono essere sviluppati direttamente dal cliente o da partner specializzati di Cisco nel settore. Abbiamo parlato con Andrea Feliziani, customer innovation leader e sales director commercial market, e Antonio Loborgo, digital manufacturing transformation leader e account manager di Cisco, per capire l’approccio della società californiana al mondo dell’OT e del manifatturiero, e per vedere cosa essa può portare al settore, in termini di soluzioni ma anche di best practice.

Un approccio che ha pagato sul lungo periodo

Andrea Feliziani, customer innovation leader e sales director commercial market di Cisco

Da anni, Cisco ha adottato un approccio di co-sviluppo nei confronti dei clienti. «Avevamo capito che dovevamo avvicinarci maggiormente ai nostri clienti, alle aziende – ricorda Feliziani –  Quest’idea c’era venuta in tempi non sospetti, parliamo del 2016, quando il nostro Ceo, Chuck Robbins, decise di investire all’epoca i primi 100 milioni di dollari in Italia per accelerare la digitalizzazione del Paese». Era il progetto Digitaliani, che mirava ad accelerare la digitalizzazione dell’impresa privata, dell’impresa pubblica, del terzo settore, con un occhio particolare a quelle che sono le competenze. «Da lì nate otto iniziative strategiche, io sono responsabile di una di queste che si chiama “Customer Digitalization” – prosegue Feliziani – che ha proprio l’obiettivo di posizionare Cisco come leader strategico e tecnologico nell’accelerazione della digitalizzazione nell’impresa privata. Ci rivolgiamo quindi al settore privato, fashion e retail, industria, settore della grande distribuzione, settore finanziario, con la creazione di casi di uso replicabili che facciamo in modalità di co-investimento con queste aziende. È importante che la digitalizzazione abbia un importante impatto sulla qualità del prodotto che fabbricano, o sulla sostenibilità della soluzione, con il coinvolgimento dei nostri partner e in generale di un ecosistema molto più ampio». Il progetto ha anche segnato l’arrivo della verticalizzazione nelle strategie Cisco.

«Riteniamo che per avere successo dobbiamo per forza parlare il dialetto di questi verticali, e quindi abbiamo creato dei team cross-funzionali», puntualizza Feliziani. «Antonio Loborgo è a capo di uno di questi team, che divisi per industria, fashion e retail, grande distribuzione e finance vanno proprio a parlare la lingua di questi distretti». E quindi, Cisco da un lato mette a disposizione gli strumenti necessari per la corsa verso la digitalizzazione, dall’altro coinveste nelle aziende clienti per creare progetti che abbiano un ritorno sia nell’ambito della sostenibilità, sia nell’ambito della maggior produttività o del miglioramento qualitativo del loro prodotto. Per fare qualche esempio di progetti concreti, abbiamo aziende che hanno chiesto a Cisco di mettere in sicurezza le loro reti industriali, avviando un dialogo fra Ot e It; in ambito retail si sono create delle soluzioni, coinvolgendo partner dell’ecosistema Cisco, dove oltre a facilitare il collegamento tra le varie sedi del retail, si andava a monitorare la salubrità dell’ambiente nel quale viene esercitato il lavoro. Al coworking Talent Garden, che è una delle “Future Work Location” di Cisco, è stato realizzato un ambiente demo, una sorta di negozio del futuro dove mostrare ai clienti soluzioni innovative per accelerare il loro business.

«Per noi è importante trasmettere l’esperienza ai nostri clienti – ribadisce Feliziani – Quindi, al di là di vendere i nostri prodotti, le nostre soluzioni, andiamo proprio “hands on”, ci mettiamo le mani e cerchiamo di costruire insieme ai nostri clienti delle soluzioni che vadano verso un approccio al digitale diverso o comunque innovativo» spiega Feliziani.

Modelli da seguire e Full Stack Observability

Una volta, le aziende acquistavano prodotti. Poi sono passate a cercare soluzioni. Oggi vogliono qualcosa di più, un “modello” organizzativo dal quale prendere ispirazione.

Le soluzioni di osservabilità full-stack di Cisco offrono visibilità e insights su tutto il panorama delle applicazioni

Quello adottato da Cisco, dove il networking estensivo consente di virtualizzare l’azienda slegandola da ambienti fisici e location geografiche, funziona molto bene nella situazione attuale, tanto che l’azienda può proporsi come “cliente di sé stessa”. Ma nonostante questo, Cisco non cerca di imporre il proprio modello, e spesso applica un approccio di co-investimento per sviluppare soluzioni nuove che aiutino i clienti a interpretare in modo diverso il loro essere digitali. Questa mentalità di continua ricerca di un modo migliore di fare le cose, che è la vera essenza di fare innovazione, negli ultimi anni ha portato Cisco a cambiare l’approccio al controllo e governance di quello che era lo stack, ovvero l’infrastruttura Ict aziendale “allargata”, che comprende tutti gli elementi hardware e software in uso da parte del business. In un’azienda senza perimetri fisici infatti, monitorare le risorse non è solo complicato, ma anche insufficiente: bisogna correlare i dati rilevati al business per ottenere benefici.

«È un punto di vista completamente nuovo rispetto a quello che era lo stack, a come era interpretato – spiega Feliziani – Una volta, il mondo aziendale o comunque tutto quello che era il mondo applicativo stava all’interno dell’azienda, e l’IT aveva una grande facilità di analizzare quello che succedeva all’interno del perimetro. Se un’applicazione non funzionava, si capiva perfettamente dove stava il problema. Ma in pochi anni è cambiato tutto. Il cloud è il nuovo data center, Internet è la nuova rete, che si estende fino al cliente; le applicazioni non stanno più nel data center del cliente, ma vengono erogate in modalità software as a service, e il nuovo ufficio sta in casa sostanzialmente. Questo cambio di paradigma ha costretto le aziende a reinterpretare il ruolo dell’IT, e noi vendor a reinterpretare il modo in cui vogliamo aiutare le nostre aziende. Quindi i vecchi modelli che cercavano di capire come aiutare il business a fare business non sono più validi e Cisco, tramite acquisizioni di aziende nel corso di questi anni (ne cito due, AppDynamics e ThousandEyes), riesce ad avere una visibilità completa anche in questo nuovo mondo. Questa cosa sta sotto un cappello che si chiama Full Stack Observability, ovvero la possibilità di osservare tutti i livelli dell’Ict».

Le soluzioni AppDynamics forniscono una visibilità completa su tutti i componenti dell’ecosistema di applicazioni del cliente

AppDynamics, con base a San Francisco, si occupa prevalentemente di Cloud Monitoring e dispone di soluzioni per la gestione delle prestazioni e per l’analisi delle operazioni IT. Le soluzioni AppDynamics forniscono una visibilità completa su tutti i componenti dell’ecosistema di applicazioni del cliente, e mostrano come essi dipendano uno dall’altro. Un sistema di insight intelligente consente di rilevare in real time eventuali problemi, e di correlarli ai risultati di business che da essi vengono influenzati.

ThousandEyes, anch’essa con base a San Francisco, produce software per l’analisi delle prestazioni delle reti locali e geografiche, Internet in particolare;  la sua piattaforma consente quindi di monitorare allo stesso modo la propria rete e le connessioni con i cloud provider, ottenendo visibilità integrata dai sistemi SaaS alle infrastrutture Multicloud, e dal dipendente fino al cliente finale.

Entrambe le società, acquisite rispettivamente nel 2017 e nel 2020, sono dunque sono funzionali alla realizzazione di soluzioni di Full Stack Observability, che è il punto focale.

«È un concetto chiave, ed è anche nuovo, perché se è vero che il 90% delle aziende oggi utilizza cloud esterni, e se è vero che oggi è molto importante garantire ai propri clienti una certa customer experience, quando un’applicazione non funziona, se non riesco a fare i login, se non riesco a portare a termine una transazione, con i vecchi modelli It non sono in grado di capire qual è il problema. Facciamo un esempio: supponete che un vostro sito sfrutti la login di Facebook. Domani mattina Facebook va giù, il vostro cliente tenta di collegarsi al vostro sito e non ci riesce: apparentemente la colpa è vostra. Con questi strumenti invece, noi riusciamo a fare il modo che il vostro It definisca dove sta il problema e qual è la possibilità di remediation. Quindi si avvisano i clienti che a causa del fatto che il server di Facebook è giù non è possibile fare il login. La situazione chiaramente cambia».

ThousandEyes sviluppa software per analizzare le prestazioni delle reti locali e geografiche

Un esempio concreto di utilizzo ci viene riferito da Antonio Loborgo. «Di recente stiamo lavorando con un cliente industriale che vuole affidarsi a Sap per la parte di processo. L’obiettivo è rivoluzionare la supply chain di prodotto partendo da un Customer Portal, dove il cliente finale può dare le specifiche del prodotto che vuole, l’ordine viene configurato, viene passato nell’Erp, quindi alla parte gestionale con la creazione del record nel database, e dal database partono le ricette verso i plant produttivi, che sono diversi in funzione del tipo di lavorazione. Tutto questo processo è governato da Sap in cloud. In questo caso, Full Stack Observability potrebbe servire al cliente per eliminare una pletora di tool di monitoraggio, in buona parte home-made.

Ma manca ancora una cosa fondamentale: tutte queste metriche che raccolgo puntualmente, non sono correlate al business. Cosa che invece noi facciamo: Full Stack Observability serve a creare degli insight monitorando (tramite telemetria) tutte le componenti che erogano il servizio: quindi l’application server, il web server, ma anche l’hardware stesso del server (Cpu, memoria, elementi dell’infrastruttura). Il tutto per fare una cosa estremamente importante per il cliente, cioè correlare questi insight, questi valori di telemetria alla transazione di business». Che è poi il concetto di trasformare il dato in informazione.

Oltre ai casi d’uso che riguardano l’azienda nei confronti dei propri clienti, ci sono casi d’uso della Full Stack Observability che riguardano l’esperienza digitale dei propri dipendenti. «Per esempio, io potrei avere oggi un rallentamento della videocomunicazione – esemplifica Feliziani – Chiaramente, quando il dipendente non riesce a collegarsi, o il collegamento è rallentato o la prestazione decade, chiama l’It e dà loro la colpa, no? Grazie alla Full Stack Observability si riesce a vedere se il problema è generato dal fatto che il server che si occupa di gestire il servizio di collaborazione in quel momento sia meno performante, che il service provider in quel momento abbia dei problemi di latenza, oppure che ci sia una criticità nell’infrastruttura dell’azienda. Quindi, tramite questo nuovo stack di osservazione, noi riusciamo a migliorare la customer experience, ma miglioriamo anche l’esperienza degli utenti all’interno dell’organizzazione. E se è vero che il cloud e Internet sono la nuova rete, riusciamo anche a monitorare la nostra esperienza nei confronti di chi ci offre questo tipo di servizio, ottimizzando per esempio il carico di lavoro sui server o cercando di capire meglio come instradare il mio traffico». Di fatto, questo nuovo approccio risponde a un’esigenza concreta: la maggior parte delle imprese esegue operazioni fuori dai confini dell’azienda, e questi strumenti permettono di ottenere un livello di governance simile a quello che si aveva in passato. Senza contare che si sgrava l’It dal ruolo di capro espiatorio e lo si mette in grado di rispondere alle esigenze di utenti e clienti. «Questa secondo me è una cosa nuova, compelling per i clienti, trasversale – puntualizza Feliziani – Immaginate tutti coloro che in questo momento stanno facendo transazioni su e-commerce, oppure coloro che in questo momento hanno parte delle loro applicazioni su server che non sono di loro proprietà. Ecco, questo è compelling secondo noi perché è un approccio molto moderno alla vendita e ci riporta all’esigenza che i clienti ci esprimono in questo momento».

Cambiano gli scenari di digitalizzazione

Il cambio di paradigma delle infrastrutture Ict ha di fatto portato alla scomparsa del cosiddetto “perimetro”, che fino a qualche anno fa era fisico, con il data center e le infrastrutture entro contenute in azienda e viste a mo’ di castello murato da difendere. Oggi, il perimetro è un concetto più virtuale, con decine, se non centinaia, di dipendenti che devono essere messi in condizione di poter lavorare da remoto, tramite device mobili connessi via Internet, tutti facenti parte del perimetro da proteggere. Da ciò deriva un cambiamento nel modo di allestire e considerare l’infrastruttura aziendale, ma anche nel modo di fare sicurezza. «I nostri clienti ci riconoscono da un lato una leadership nell’indirizzarli verso una strategia cloud, dall’altro ci chiedono anche di dare una mano ad interpretare quello che è il futuro del lavoro, e ovviamente a mettere in sicurezza i loro dati». Cosa che è realizzabile solo se si cambia l’approccio all’innovazione. Il modello classico, che Cisco ha abbandonato da tempo, prevedeva di far evolvere un prodotto o una soluzione semplicemente aumentandone le feature. Questo però non aiutava i clienti nel loro percorso verso il digitale: dava, semplicemente, migliori prestazioni.

Il sistema modulare Ucs X di Cisco

Da alcuni anni, Cisco segue una strada sostanzialmente diversa. «Cerchiamo di sviluppare il nostro prodotto, il nostro futuro, intorno a 5 principi – spiega Feliziani – Il primo è che possiamo rendere il prodotto più sostenibile di quanto lo fosse in precedenza. Poi possiamo rispondere alle esigenze sempre più pressanti da parte dei clienti riguardanti la sovranità dei dati (sapere dove sta il dato che voi lavorate, che garanzia ci date). Terzo, possiamo rendere il prodotto intrinsecamente più sicuro di quanto non fosse in precedenza. Oggi, la sicurezza è uno degli obiettivi primari di tutte le aziende e riteniamo che debba essere innanzitutto sicurezza del prodotto, prima di far parte di una soluzione. Quarto, possiamo migliorare la sua facilità di uso o di consumo, quindi abbiamo cambiato anche il modo in cui i nostri prodotti vengono fruiti sul mercato. E infine, possiamo essere sicuri che i clienti trarranno il massimo beneficio dall’utilizzo dei prodotti». Questo nuovo approccio all’innovazione fa in modo che i clienti possano costruire reti più sicure, più sostenibili, più scalabili, più intelligenti e chiaramente che richiedano meno impegno per essere gestite. Un esempio potrebbe essere lo sviluppo dei prodotti Cisco della linea Ucs X (Unified Computing System), con i quali si incrementano la prestazione di tre volte e si consuma il 30% di energia in meno. Gli Ucs X possono essere gestiti in cloud e si tratta sicuramente di una soluzione più sostenibile rispetto ai sistemi tradizionali.

L’approccio al settore manifatturiero

Per i vendor Ict, quello dell’OT è un settore interessante, ma richiede un approccio diverso da quello cui sono abituati, perché cambiano obiettivi, priorità, strumenti e metodi. «Quello che abbiamo visto di particolare nel manifatturiero è la presenza di standard spesso parziali, o di standard di vendor – ci dice Antonio Loborgo – Mi riferisco specificatamente al lato comunicazione, cioè al networking. Quello che abbiamo visto, e che riscontriamo nei colloqui con i clienti, è che verso il manifatturiero quello che noi portiamo come nostro valore sono tre cose fondamentalmente. Primo, la capacità di riferirci a degli standard di riferimento, ci riferiamo in particolare all’ISO 99 o IEC 62443. Noi l’abbiamo preso come riferimento e abbiamo tracciato con i nostri prodotti e le nostre soluzioni una perfetta coerenza con questo standard. Che non è funzionale solo a riferirci a qualcosa di universalmente riconosciuto, ma ha anche funzioni pratiche, perché consente di creare efficienze di sistema. Il secondo punto è che assieme alla standardizzazione, portiamo il consolidamento, cioè facciamo nostro il valore di sistema che ci è sempre stato riconosciuto nell’It».

Questa capacità di sfruttare al meglio gli asset deriva anche dal fatto che fin dal 2015 Cisco ha deciso di investire sulla produzione di silicio di base per i propri apparati. Questa scelta che sembrava azzardata si è rivelata invece un fattore vincente nell’attuale crisi del silicio, e ha consentito all’azienda di diventare padrona dello sviluppo dei propri prodotti, slegandola da quello che era la roadmap del “commercial silicon”.

Gli asic della famiglia Silicon One sono disponibili in vari form factor

Ciò che è stato creato allora è una famiglia di Asic dedicati che si chiama Silicon One. «La famiglia Silicon One ci permette di realizzare diverse cose – racconta Loborgo – Per esempio ci permette di essere quattro volte più performanti rispetto alle prestazioni del silicio commerciale. Questo fa sì che all’interno dell’hardware che normalmente ospita i processi di rete possiamo caricare dei processi computazionali, cosa che dà un vantaggio competitivo, perché mi consente di gestire sia il sistema operativo di macchina, sia un sistema operativo virtualizzato dove io posso innestare dei container. E questi container trovano un’attualizzazione pratica in quello che è lo sviluppo delle architetture dentro la manifattura». Un altro vantaggio ottenuto è un forte aumento dell’efficienza. «Rispetto al silicio commerciale, abbiamo un fattore di efficienza pari al 160%. Questo vuol dire avere dimensioni più contenute, meno dissipazione di energia, meno consumo energetico, la capacità di costruire dell’hardware hardenizzato (cioè progettato appositamente per ambienti ostili) senza avere bisogno di ventole, pur mantenendo capacità computazionali. Ecco, queste sono alcune cose che portiamo come novità nel mondo Ot, nel mondo industriale. Non sembrano magari scontate per chi viene dall’It, ma in realtà poi quando ci mettiamo a discutere troviamo delle ragionevoli aperture, proprio perché il mondo industriale ha bisogno di standardizzazione, di consolidamento, ha bisogno di essere più efficiente, che vuol dire sfrutto meno hardware o lo stesso hardware fa molte più cose. Ecco, questo è il contributo che fondamentalmente portiamo all’Ot».

Portare capacità computazionale all’interno degli apparati di rete presenta anche altri vantaggi oltre a quello dell’efficienza o della riduzione della quantità di hardware. In alcuni casi c’è bisogno, per esempio, di innestare processi di sistema o soluzioni di visibilità che capiscano i protocolli dell’Ot, dal Profinet, a Opc Ua, a ModBus eccetera. Ma la cosa interessante è che è un’interfaccia aperta, quindi le capacità computazionali possono essere messe a disposizione di tanti partner Cisco, che vengono così coinvolti nel processo di innovazione della società.

«Le nostre partnership tecnologiche ci permettono di innestare in quegli apparati di rete dei microprocessi che servono per raccogliere dati, per comandare macchine, per convertire protocolli  tutte cose che una volta erano dominio di sistemi computazionali come server, server industriali, Pc industriali. Tutti gli oggetti che consumano molto, hanno un sistema operativo standard, sono accessibili, sono vulnerabili, eccetera. Noi questo lo eliminiamo totalmente perché i nostri sistemi sono “hardenizzati” sia nell’hardware, sia nel sistema operativo, possono essere telegestiti, e consumano molto meno, risultando quindi molto più efficienti» conclude Loborgo.

Se già l’adozione separata delle tecnologie Fso o Silicon One comporta diversi vantaggi (per esempio riduzione dei tempi di inattività e maggiore sicurezza dell’infrastruttura con Fso, maggiori capacità di elaborazione e minori consumi con Silicon One), l’impiego combinato delle due tecnologie consente di elevare ulteriormente il fattore di sicurezza e affidabilità. Tutto ciò senza introdurre complicazioni in fase di integrazione delle soluzioni, visto che sono progettate fin dall’inizio per lavorare in modo sinergico. Se a queste due tecnologie si aggiunge l’integrazione con strumenti di automazione e orchestrazione, si otterrà un aumento dell’efficienza operativa, una riduzione dei costi complessivi di esercizio, e in sintesi una gestione efficiente dell’intera infrastruttura.














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