Il CFI aderisce alla “Operazione senza sprechi” di Hope Onlus

di Marco de' Francesco ♦︎ L’Associazione guidata da Luca Manuelli supporterà la non profit nell’acquisto di ecografi portatili e ventilatori polmonari

Il Cluster Tecnologico Nazionale Fabbrica Intelligente aderisce alla “Operazione senza sprechi” di Hope Onlus. Le aziende e le istituzioni associate e non sono chiamate a valutare l’opportunità di finanziare l’acquisto di ecografi portatili e ventilatori polmonari, strumenti che saranno poi consegnati e installati negli ospedali lombardi dalla Onlus; o a donare direttamente questi apparecchi, nel caso in cui li producano.

Cfi riconosce la capacità di valorizzare la responsabilità sociale delle aziende aziende associate, verso l’ecosistema del lavoro e nel gestire problematiche di impatto etico e umanitario.







Hope Onlus,  la non profit operativa in scenari difficili come quelli libanesi e siriani, cederà ecografì e ventilatori in comodato d’uso temporaneo, in modo da poterli recuperare e riutilizzare quando la pandemia di Coronavirus sarà terminata.

Per aderire: cluster.manager@fabbricaintelligente.it

 

L’Operazione senza sprechi

Luca Manuelli, cdo di Ansaldo Energia, ceo di Ansaldo Nucleare e presidente del Cluster fabbrica intelligente

È un piano di emergenza sanitaria ideato da Hope Onlus a seguito della pandemia di Covid-19, che dopo l’estate si è ripresentata con rinnovata aggressività. Si tratta di reperire apparecchiature medicali salvavita, come ad esempio ventilatori polmonari, monitor e ecografi portatili, e di consegnarli agli ospedali della Lombardia, uno dei territori più martoriati dal virus. Il piano è già in atto: ogni giorno l’organizzazione raccoglie fondi, acquista beni in Cina, Germania e Giappone e li installa nelle cliniche.  

In particolare, Hope Onlus ha accolto l’appello di fornire 12 ecografi portatili e 9 respiratori polmonari al Policlinico di Milano che opera come Hub Coronavirus di primo livello.

Una delle caratteristiche peculiari dell’operazione consiste nel modello di cessione: in pratica, la strumentazione verrà distribuita in prestito gratuito a tempo determinato (della durata di diciotto mesi rinnovabili). Ciò risponde ad una precisa esigenza, che è quella di utilizzare beni costosi e di rilievo sociale per tutto il loro ciclo di vita: prima o poi la pandemia cederà il passo in Italia; allora, la preziosa strumentazione potrà essere raccolta da Hope Onlus ed adoperata nei tanti scenari difficili di cui l’organizzazione si occupa, o in altri che nel frattempo stanno emergendo. Come, ad esempio, la situazione del Brasile, che associa all’incidenza del virus la povertà di larghi strati della popolazione e gravi carenze sotto il profilo sanitario. Si realizza così un framework virtuoso di economia circolare.  

Per affrontare la pandemia, Hope Onlus ha incrementato il proprio staff, inserendo nuove competenze e dando vita ad una vera e propria task force: tecnici specializzati, medici e ingegneri clinici totalmente dedicati al programma umanitario Coronavirus, e capaci di garantire efficienza nell’allocazione di risorse e velocità di intervento in aiuto alle Terapie Intensive.  Va segnalato che Hope agisce coordinandosi con l’Unità di crisi della Regione Lombardia, guidata dal prof. Antonio Pesenti.   

 

Il costo della strumentazione

Con 24 mila euro Hope Onlus riesce ad acquisire un respiratore, ad importarlo dall’estero, a collaudarlo, a trasportarlo in ospedale, e a montarlo (con una garanzia di 24 mesi e con la sostituzione in 24 ore in caso di problemi). L’adeguatezza del macchinario è verificata dallo staff tecnico di HopeOnlus. Per un ecografo, invece, servono 11mila euro.   

 

Perché l’appello all’ecosistema di CFI

Il Cluster Nazionale Fabbrica Intelligente (Cfi), l’associazione che, presieduta dal Cdo di Ansaldo Energia e Ceo di Ansaldo Nucleare Luca Manuelli, mentre il presidente del Comitato scientifico è il professor Tullio Tolio del Politecnico di Milano –  riunisce aziende, regioni, università ed enti di ricerca con l’obiettivo di aggregare tutti gli attori più importanti a livello italiano sulle tematiche della manifattura avanzata.  

Il Cluster è dunque un ecosistema dove sono presenti player industriali, anche di grande rilievo. In un contesto di interessenze e di rapporti di collaborazione, le aziende del Cluster possono collaborare al progetto di Hope in tre modalità:

Anzitutto, mettendo a disposizione le citate apparecchiature medicali, qualora le producano o le commercializzino.

In secondo luogo, informandosi sulla circostanza che nella propria filiera siano presente imprese produttrici di tale strumentazione.

In terzo luogo, contribuendo all’acquisto dei beni.

 

La Social Responsibility del CFI e del suo ecosistema

Il Cluster, d’altra parte, è un’associazione che tende a valorizzare Social Responsibility propria e delle aziende ad esso legate.  Si tratta di un insieme di pratiche e di comportamenti adottati su base volontaria per gestire con efficacia problematiche di impatto etico e sociale. In questa prospettiva, CFI e il suo ecosistema di imprese non hanno un’esistenza a sé, ma anzi vivono e agiscono in un tessuto sociale allargato che comprende soggetti diversi, meritevoli di attenzione. La responsabilità sociale entra direttamente nella catena del valore, prospettando lo sviluppo di nuovi percorsi coerenti con il benessere dell’intera collettività.              

 

Chi è Hope Onlus e cosa fa

Hope Onlus è una organizzazione non profit indipendente che interviene nelle situazioni di crisi umanitaria. Risponde a richieste di aiuto per bisogni specifici di ospedali, orfanotrofi, scuole, asili, centri di accoglienza e di primo soccorso. È stata fondata a Milano nel 2006 da Elena Fazzini per finanziare la realizzazione del reparto di neonatologia e terapia intensiva di un ospedale italiano a Nazareth (Israele), l’Holy Family Hospital.  La struttura è stata finanziata, progettata e edificata in soli 18 mesi. L’impegno di Hope si è poi focalizzato in Siria, dove a causa dei continui conflitti armati – ripresi con impeto dal 2011 – sono presenti circa 7,6 milioni di sfollati interni; a Betlemme (Cisgiordania, nella giurisdizione dell’Autorità Nazionale Palestinese) per la costruzione di un orfanotrofio; e, più di recente, a Beirut (Libano), dove il 4 agosto dell’anno in corso si sono verificate due violentissime esplosioni nei pressi del porto (forse a causa della detonazione di un deposito di oltre 2mila tonnellate di nitrato di ammonio), una delle quali ha causato 220 morti e 7mila feriti. Una particolare attenzione è riservata ai bambini in difficoltà.

 

Il metodo di Hope Onlus

La Onlus utilizza metodi del settore profit e li applica ai programmi umanitari. Ad esempio, individua le pratiche di eccellenza del settore relativo all’intervento di aiuto (educativo, sanitario, socioeconomico) e le mette a disposizione del beneficiario facilitando processi di valorizzazione e rafforzamento delle capacità locali. Inoltre, utilizza progetti pilota con caratteristiche di replicabilità operando in contesti culturali e sociali che, seppur differenti, sono contraddistinti da una comune storia e cultura. Secondo Hope Onlus, modelli innovativi di intervento creano concrete e durature opportunità di miglioramento delle condizioni di vita dei beneficiari, garantendo un impatto sociale che favorisca la tutela di donne e bambini. Infine, valorizza la sostenibilità ambientale, economica e sociale. 














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