Open Innovation: la nuova frontiera dell’innovazione nel manifatturiero

di Chiara Volontè ♦︎ Per essere competitive le filiere devono aprirsi, ampliare la propria rete e dare vita ad un ecosistema intersettoriale. Scenario che permetterebbe alle piccole imprese di accedere all’universo delle grandi. Le norme UNI EN ISO 56000 afferenti al tema dell’innovation. I finalisti della Xfactory Open Challenge promossa dal Cluster Fabbrica Intelligente con Abb e Tenova Ori Martin. Se n’è parlato nel corso di un webinar by CFI

Un’azienda per essere resiliente e creare valore sostenibile nel tempo, deve innovare continuamente e scambiarsi tecnologie attraverso un tessuto connettivo indispensabile perché la conoscenza possa distribuirsi. Per essere sempre competitivi, non basta l’innovazione interna: le filiere devono aprirsi, ampliare la propria rete e dare vita ad un ecosistema intersettoriale che incentivi anche l’imprenditorialità. Ma come si fa? Due parole: Open Innovation. Si tratta di un approccio strategico – purtroppo non ancora molto seguito dal mondo manifatturiero italiano – in cui l’azienda si apre anche a soluzioni, competenze tecnologiche, idee provenienti dall’esterno e cioè da un vasto mondo composto da centri di ricerca, scale-up e start-up, Pmi innovative, consulenti, programmatori e singoli inventori. E come si fa a gestire il processo di innovazione in modo strutturato? È l’UNI, l’ente italiano di normazione a venire in soccorso delle imprese, con le norme della serie UNI EN ISO 56000, che definiscono il vocabolario di base, i principi e fondamenti dell’innovation management, stabilendo i criteri di base della disciplina stessa. Obiettivo dell’Associazione che elabora norme tecniche e prassi di riferimento per economia, industria, commercio e servizi, è generare uno sfondo comune concettuale e terminologico, condiviso tra tutti gli stakeholder di settore – attuali e potenziali – coerente con il contesto specifico e i precedenti riferimenti, perché è solo con la normazione  tecnica che si possono definire linee guida per favorire l’innovazione.

«Creare una condizione che favorisca la convergenza tra il mondo delle start-up e Pmi con quello delle aziende capo filiera: è questo lo scenario che permetterebbe alle piccole imprese di accedere all’universo delle grandi». Ne è convinto il presidente del Cluster Fabbrica Intelligente, nonché cdo di Ansaldo Energia e ceo di Ansaldo Nucleare Luca Manuelli, che con il CFI sta supportando le aziende manifatturiere in questo nuovo percorso, incentivando l’open innovation e lo scambio di competenze e know-how. Non solo: questo nuovo paradigma di business preme l’acceleratore dello sviluppo e del rilancio industriale, concetti alla base del documento di visione Produrre un Paese Resiliente, una dettagliata proposta di politica industriale, redatta da una task force di 50 esperti costituita nell’ambito del CFI e che ha individuato interventi immediati, a medio termine e a carattere sistemico, per incrementare la resilienza del sistema manifatturiero. «Con UNIProfessioni e con altri partner, abbiamo sviluppato modelli di interazione tra le Pmi, che sono le realtà che hanno maggiormente bisogno di essere trainate, e i nostri LightHouse Plant, le aziende capo filiera, per sviluppare o acquisire innovazioni tecnologiche – prosegue Manuelli – Come CFI ci stiamo servendo sempre più dell’open innovation come strumento di connessione tra imprese del manifatturiero grandi e piccole, per creare valore di sviluppo e sostenibilità. Del resto, l’iniziativa XFactory Open Innovation Challenge è proprio lo strumento principale di questo percorso».







Se n’è discusso durante il webinar del Cluster Fabbrica Intelligente “L’innovazione nelle pmi: L’approccio delle norme UNI EN ISO 56000 e quello dell’Open Innovation” con il presidente del CFI Luca Manuelli, il Cluster Manager CFI Paolo Vercesi, la responsabile Innovazione e Sviluppo di UNI Elena Mocchio, il general Mmnager di UNIProfessioni Oliviero Casale, la managing partner di Gellify Lucia Chierchia, il senior project manager di Finlombarda Angelo Gatto, la production development specialist di Abb Emanuela Ungaro, l’Automation & Control manager di Tenova Renato Girelli. Ecco quanto è emerso dai loro interventi.

 

UNI EN ISO 56000: la standardizazione a servizio dell’innovazione

La Responsabile Innovazione e Sviluppo di UNI Elena Mocchio

L’innovazione è un’entità nuova o modificata che realizza o redistribuisce valore, che a sua volta genera benefici derivanti dal soddisfacimento delle esigenze e delle aspettative di tutte le parti interessate, in relazione alle risorse. Ma come si gestisce l’intero processo? Creando uno stretto legame tra standardizzazione e innovazione, facendo sì che si supportino a vicenda in modo proattivo. «La normazione lavora a supporto dell’innovation: non solo esistono norme per gestire le innovazioni, ma ci sono anche figure professionali dedicate a questo – chiosa Elena Mocchio, responsabile Innovazione e Sviluppo di UNI – Da un lato possiamo definire la normazione come uno degli asset che creano innovazione, dall’altro si tratta di uno strumento di riferimento da poter utilizzare. L’innovazione è un prodotto, un servizio, un modello nuovo che dà del valore aggiunto, facilitando così il trasferimento tecnologico, la crescita e la ripresa».

Le norme afferenti al tema dell’innovazione e dell’innovation management costituiscono la serie UNI EN ISO 56000. Nello specifico, il corpus include un vocabolario che aiuta a comprendere in modo più preciso i concetti e le definizioni (UNI EN ISO 56000), e una norma per il sistema di gestione dell’innovazione, una sorta di guida (UNI EN ISO 56002). Di particolare importanza la UNI EN ISO 56003, che stabilisce gli strumenti e i metodi per le partnership nell’ecosistema dell’innovazione; mentre la UNI EN ISO 56005 determina gli strumenti e i metodi per la gestione della proprietà intellettuale. «Obiettivo dell’iniziativa promossa dal CFI, Assinrete e l’Università Guglielmo Marconi a cui UNI contribuisce – conclude Mocchio – è elaborare una prassi di riferimento che possa fornire linee guida per la definizione di un modello organizzativo funzionale alle Pmi e alle reti d’impresa 4.0 per la gestione dell’innovazione.». Si tratta di un progetto che vuole indirizzare e supportare le piccole e medie imprese nei processi di gestione dell’innovazione. In tal senso, le reti d’impresa rappresentano un’importante occasione di miglioramento delle performance per le organizzazioni aderenti. In particolare, la sfida dell’innovazione che le imprese si trovano ad affrontare riguarda non solo il prodotto offerto ma anche, e soprattutto, i modelli di business. Tra i principali obiettivi che hanno portato le aziende a costituire una rete emerge quello di avviare attività di co-marketing, ma è necessario accendere i riflettori sulla necessità del networking per sviluppare in modo congiunto progetti di innovazione, che devono impattare positivamente su tutta la società.

Le norme della serie UNI EN ISO 56000, che definiscono il vocabolario di base, i principi e fondamenti dell’innovation management, stabilendo i criteri di base della disciplina stessa. Obiettivo dell’Associazione che elabora norme tecniche e prassi di riferimento per economia, industria, commercio e servizi, è generare uno sfondo comune concettuale e terminologico, condiviso tra tutti gli stakeholder di settore – attuali e potenziali – coerente con il contesto specifico e i precedenti riferimenti, perché è solo con la normazione tecnica che si possono definire linee guida per favorire l’innovazione
Il General Manager di UNIProfessioni Oliviero Casale

«Siamo partiti dal tema delle tecnologie esponenziali, che maggiormente impatteranno nelle aziende, perché possono migliorare i processi produttivi, di servizi e prodotti – spiega il General Manager di UniProfessioni Oliviero Casale – Le grandi realtà conoscono bene le tecnologie e le stanno trasferendo all’interno delle loro organizzazioni. Ma nelle Pmi il trasferimento tecnologico sta avvenendo più lentamente, e il rischio concreto è che rimangano indietro, non riuscendo più a colmare il gap con le grandi imprese. In previsione di Industria 5.0 dobbiamo favorire la conoscenza e l’applicazione delle nuove tecnologie nelle Pmi in modo sistemico, promuovendo l’open innovation e gli ecosistemi innovativi. Ciò è possibile grazie alla gestione dell’innovazione». È solo la gestione dell’innovazione che permette alle piccole e medie imprese di creare e redistribuire valore, ottenendo un vantaggio competitivo. Ma come si fa? In primis, dando visibilità e credibilità alle attività aziendali caratterizzate da innovazione di processo, di prodotto e organizzativa. In secundis, creando fiducia verso clienti, fornitori, investitori e collettività. Infine, divenendo maggiormente competitivi nel contesto economico di riferimento. Secondo una survey del 2019 della Bei (Banca Europea degli investimenti) il tasso di digitalizzazione delle imprese italiane risulta ancora relativamente basso, con progressivi segnali di miglioramento rispetto ad alcune tecnologie, come il cloud computing, adottato nel 2018 dal 22,3% delle imprese. Ma, suddividendo l’adozione per le dimensioni di impresa, la diffusione è del 20% per le piccole, del 37% per le medie e del 56% nelle aziende di grandi dimensioni. Un panorama che deve far riflettere sulla necessità di creare ecosistemi dove le aziende capo filiera si facciano portatori di trasferimento tecnologico per le realtà minori.

 

Il futuro dell’innovazione passa dall’Open Innovation

Il senior project manager di Finlombarda Angelo Gatto

La piattaforma regionale di open innovation è uno strumento progettato a partire dal 2014 con il supporto di Finlombarda e attuativo della legge regionale 29/2016 “Lombardia è ricerca e innovazione“, nato per dare concretezza a un modello di innovazione allora all’avanguardia basato sul “paradigma della quadrupla elica”, sulla collaborazione cioè tra impresa, università e centri di ricerca, pubblica amministrazione e società civile per raggiungere obiettivi condivisi che avvantaggiano ciascun partecipante. Il progressivo aumento di partecipanti e l’avvio di nuove iniziative ha creato un circolo virtuoso che ci ha consentito di consolidare un’offerta ad ampio spettro di strumenti e servizi gratuiti che vanno dalla promozione della cultura dell’innovazione aperta e responsabile (open challenge, che approfondiremo in seguito) alla promozione di progetti di innovazione sociale e partecipazione civica su tematiche di sviluppo sostenibile (Lombardia 2030), al lancio di iniziative di citizen engagement per coinvolgere i cittadini sulle scelte strategiche della Regione (Open Lombardia).

Con oltre 20.000 partecipanti registrati, la piattaforma offre oggi un ambiente collaborativo ad alto valore aggiunto per i professionisti della ricerca e innovazione e un punto di riferimento per i cittadini interessati al tema dello sviluppo sostenibile. Open Challenge è una delle iniziative di maggior successo lanciate sulla piattaforma: spazi, strumenti e servizi per facilitare l’avvio e la gestione di programmi di open innovation da parte delle aziende e un punto di riferimento per i potenziali solver (start-up, spin-off, Pmi, ricercatori) che vogliono mettersi in gioco rispondendo alle sfide che provengono da tutto il mondo promosse sulla piattaforma. Su Open Challenge sono state lanciate complessivamente 36 sfide da parte di 19 imprese con oltre 300 partecipanti. Tra queste, si annovera la sfida “Xfactory Open Challenge” promossa dal Cluster Fabbrica Intelligente con le aziende Abb e Tenova con Ori Martin per Pmi e start-up specializzate in manifattura additiva e safety. Un caso emblematico di quanto l’open innovation sia leva strategica di rilancio dell’ecosistema dell’innovazione, avendo consentito l’individuazione di una rosa di solver di prestigio nonostante le difficoltà dovute al contesto pandemico.

Su Open Challenge sono state lanciate complessivamente 36 sfide da parte di 19 imprese con oltre 300 partecipanti. Tra queste, si annovera la sfida “Xfactory Open Challenge” promossa dal Cluster Fabbrica Intelligente con le aziende Abb e Tenova con Ori Martin per Pmi e start-up specializzate in manifattura additiva e safety.

La fabbrica del futuro? È Phygital!

Lucia Chierchia, managing partner di Gellify

La vera sfida del futuro risiede nel digitale, e pensando al contesto manifatturiero consiste nella costruzione di una fabbrica phygital, ossia che sia la perfetta integrazione del digitale in un contesto che non nasce tale. Ma come si costruisce un phygital plant?

«Innanzitutto, è necessario rivedere la direzione strategica aziendale – commenta Lucia Chierchia, managing partner di Gellify – Riflettori puntati anche sulle competenze: per comprendere le tecnologie sono necessari anche skill che non sono core per l’azienda. Infatti, se mancano le conoscenze per comprendere il potenziale delle applicazioni delle tecnologie, verranno meno le basi per instaurare un dialogo profittevole con possibili partner. Senza dimenticare l’importanza della multidisciplinarità delle competenze: gli ingegneri del futuro dovranno governare meccanismi di collaborazione tra uomo e uomo all’interno di un contesto tecnologico complesso. Bisognerà avere a che fare con l’etica e capire il linguaggio della filosofia, smettendo di ragionare solo da ingegneri».

 

XFactory, l’Open Innovation Challenge di CFI

Luca Manuelli, cdo di Ansaldo Energia, ceo di Ansaldo Nucleare e presidente del Cluster fabbrica intelligente

Il posizionamento del nostro Paese per traferimento tecnologico ingenerale e per l’Open Innovation in particolare, non ci mette in cima ai ranking. I recenti studi di Mind the Bridge e Cotec ci indicano alcune criticità, perché anche i nostri migliori player tendono a confrontarsi poco con il potenziale disruptive delle tecnologie proposte dall’esterno della propria filiera e, sebbene gli investimenti e acquisizioni in start-up da parte di grandi aziende negli ultimi dieci anni in Italia siano sempre numerose, per questa modalità open, i settori di punta rimangono Oil&Gas, Fintech e Ict. I settori più tradizionali, fanno un po’ di resistenza, ma i migliori risultati si ottengono proprio strutturando risorse interne per i processi di innovazione e, congiuntamente, aprirsi all’esterno, soprattutto per quanto riguardi soluzioni multidisciplinari e la potenzialità delle tecnologie abilitanti a fornire letture alternative dei contesti operativi. Inoltre, aggiunge Vercesi, non si deve trascurare il fatto che iniziative come XFactory sono demand driven, trascinano gli sviluppi tecnologici verso esigenze espresse dal mercato.

Questo compensa gli investimenti che vengono fatti dal fronte ricerca e sviluppo ed è per questo utile che le aziende solide possano avere strumenti di richiesta per soluzioni da organizzazioni creative e innovative, ma dovrebbe anche essere presente un supporto normativo ed economico da parte del sistema pubblico e privato che intenda valorizzare l’ecosistema manifatturiero e mantenere le nostre aziende competitive a livello internazionale. Non si deve dimenticare che se la roadmap del CFI ha contribuito a identificare i percorsi tecnologici per la transizione blu, quella di digitalizzazione, la transizione green, quella verso la sostenibilità, richiederà nel breve futuro la disponibilità di tecnologie oggi non ancora disponibili o non ancora integrate in applicazioni, perché la domanda di soluzioni non è ancora completamente espressa dal mercato; per questo, il CFI sta lavorando con le aziende e gli esperti a definire i documenti di visione a supporto della generazione di un Paese resiliente e sostenibile.

Paolo Vercesi, cluster manager CFI

Diventare fornitori e sviluppatori della soluzione proposta, applicandola ai processi produttivi delle grandi aziende: è questo il premio per i vincitori dell’XFactory Open Innovation Challenge, sfida lanciata dal Cluster Fabbrica Intelligente a supporto dei Lighthouse Plant di Abb e Ori-Martin Tenova. Nella pratica, start-up, scale-up, imprese innovative e centri di ricerca si sono candidati proponendo le loro soluzioni a due sfide distinte, collegate ai due impianti faro e strettamente connesse alla transizione digitale. Quella di Abb consiste nel fornire “proposte di soluzioni” di stampa 3D di componenti in metallo, incrementando le attuali velocità di esecuzione e migliorando così l’efficienza nella produzione di grandi lotti. Quella di Ori-Martin Tenova, invece, riguarda la cybersafety, abilitata attraverso la sensoristica e le piattaforme IoT, per garantire la sicurezza degli operatori in ambienti di lavoro critici come sono gli impianti siderurgici, sfruttando la circolazione dei dati nelle fabbriche digitalizzate e i dispositivi da aggiungere ai DPI degli addetti. «Dopo un’iniziale scrematura è stato complesso scegliere tra le 35 proposte, tutte di alto livello e innovative – commenta il Cluster manager CFI Paolo Vercesi – È interessante come siamo riusciti insieme ad Abb che Ori-Martin Tenova ha tenere in considerazione e premiare sia realtà che avessero già una soluzione pronta per essere implementata, sia chi avesse una tecnologia meno matura, prevedendo un percorso congiunto di sviluppo e test negli impianti faro». E allora, largo ai finalisti.

 

I finalisti di Abb

Emanuela Ungaro, production development specialist

«La sfida di Abb vede al centro il tema dell’additive manufacturing – commenta Emanuela Ungaro, production development specialist della multinazionale – Il canale dell’open innovation è stato scelto per la novità del tema, senza considerare che in questo modo start-up e Pmi possono esprimersi in un contesto internazionale. Come azienda siamo felici di accogliere idee che provengono da contesti smart. Inoltre, come Lighthouse Plant abbiamo l’obiettivo di far crescere le filiere e abilitare il trasferimento tecnologico».

Le tre realtà scelte da Abb per la finale dell’XFactory Open Innovation Challenge sono quelle che meglio hanno interpretato le necessità della multinazionale. Si tratta di Iris, una Pmi innovativa di Orbassano (TO) fondata nel 2012 che propone Li-Mo Flex, una linea flessibile robotizzata costituita da robot antropomorfi standard, attrezzabili con moduli di lavorazione interscambiabile. Si intende utilizzare il processo DED “Direct Energy Deposition” che si serve del laser per fondere le polveri metalliche “in volo” durate il loro percorso di discesa verso la superficie. Tra i moduli della linea, anche quelli per la scansione 3D, per la finitura, per la saldatura, per la presa riconfigurabile e i cobot. Si è classificato anche il progetto dell’Università di Pavia, guidato dal professore del dipartimento di ingegneria civile Ferdinando Auricchio, per una filiera chiusa per le industrie basata sulla tecnologia di stampa 3D metallica. Infine, la bresciana AmdEngineering, la cui soluzione si basa su analisi e individuazione dei requisiti del componente, e dei vincoli dovuti alle caratteristiche fisiche, chimiche e meccaniche; esame dei costi attuali di produzione e individuazione del target price; studio dei materiali e delle tecnologie additive adatte al caso; simulazione del nuovo concept e design; comparazione dei costi tra la tecnologia tradizionale e quella nuova; definizione del layout di fabbrica additiva, implementata nel contesto lean attuale; acquisto stampanti e macchine adiacenti; e infine, attività di ricerca e sviluppo.

Le tre realtà scelte da Abb per la finale dell’XFactory Open Innovation Challenge sono quelle che meglio hanno interpretato le necessità della multinazionale

I finalisti di Tenova Ori Martin

L’automation & control manager di Tenova Renato Girelli

«Nel progetto Lighthouse Acciaio 4.0 volevamo coinvolgere start-up che possano portare innovazione, in particolare nel tema della piattaforma sicurezza, oggetto della nostra sfida – spiega Renato Girelli, Automation & Control manager di Tenova – Il LightHouse Plant Acciaio 4.0 vede protagoniste due realtà: Ori Martin con il sito produttivo di Brescia e il suo partner tecnologico Tenova, uno dei principali player nel settore minerario per le soluzioni di trattamento e movimentazione materiali, e, nel settore metals, fornitore di soluzioni tecnologiche innovative per la produzione di acciaio a ridotto impatto ambientale.  Le due realtà scelte da Tenova-Ori Martin per la finale dell’XFactory Open Innovation Challenge sono quelle le cui proposte si caratterizzano per aspetti di originalità e soluzioni tecnologiche avanzate, conformi ai requisiti previsti per la piattaforma sicurezza del progetto LightHouse.

Si tratta di Smart Track, start-up spinoff dell’Università di Genova, una realtà già strutturata in grado di fornire una soluzione completa sia come infrastruttura che a livello di sensoristica di base. La soluzione di Smart Track è legata al sistema IoT “Connected worker”, che consente di fronteggiare quattro situazioni: gestire in automatico i piani di evacuazione aziendali, e quindi conoscere real time il numero di persone che hanno raggiunto i punti di raccolta; segnalare la condizione “uomo a terra”; verificare la corretta manutenzione dei Dpi in tempo reale; integrare soluzioni di sicurezza già presenti, come la video sorveglianza e il controllo degli accessi. La proposta si basa sugli WeTag, dispositivi indossabili dall’operatore che dialogano con sensori ambientali che a loro volta comunicano via wi-fi o lan con un server centrale. Si è classificata anche la soluzione di Modelway, scelta grazie all’ampio spettro di applicabilità. Si tratta di un’azienda ad alta tecnologia con un forte background nella modellazione sperimentale, sensori virtuali, controlli automatici, predizione e prototipazione software, che fornisce soluzioni su misura e innovative che consentono riduzioni significative in termini di sviluppo di tempi e costi.

Le due realtà scelte da Tenova-Ori Martin per la finale dell’XFactory Open Innovation Challenge sono quelle le cui proposte si caratterizzano per aspetti di originalità e soluzioni tecnologiche avanzate, conformi ai requisiti previsti per la piattaforma sicurezza del progetto LightHouse

Le iniziative XFactory per il futuro

Le iniziative del Cluster Fabbrica Intelligente su questo filone non si esauriscono e nel 2021 oltre a supportare Abb e Ori-Matin Tenova per il prosieguo delle collaborazioni con i selezionati, XFactory avrà avvierà altre edizioni di XFactory con i LightHouse Plant di nuova generazione, Hsd e Wartsila e con ulteriori collaborazioni oltre ai quattro Pathfinder del Cluster e quelle citate nell’articolo, come ad esempio la piattoforma Skypsol, per garantire inclusione tecnologica e innovazione continua, verso una transizione digitale e sostenibile della manifattura italiana.














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