Cdp, Tononi: “Nuovo piano industriale da 200 miliardi. Siamo alla ricerca di partner”

Tononi agli M&A Award

di Chiara Volontè ♦︎ Il presidente della Cassa, dal palco del convegno Kpmg Assolombarda, annuncia le linee guida della struttura da lui presieduta. E spiega perché per le imprese “piccolo non è bello” 

«È vero che si sta facendo strada una cultura di m&a in Italia, ma non possiamo far finta di niente: l’Italia investe mediamente meno dell’1% in ricerca e sviluppo, contro il 2 della Germania, il 3 degli Usa e il 5 di Israele. Le dimensioni più grandi permettono di creare economie di scala, di attrarre talenti, di creare nuova domanda aggregata. Invece gli imprenditori vogliono restare piccoli, sono naturalmente portati a guardare con sospetto ai fondi di private equity o alla quotazione in borsa perché temono di perdere il controllo». Commenta così la propensione delle aziende, soprattutto di piccole dimensioni, ad accettare nuovi ingressi di capitale o addirittura a valutare fusioni tra loro Massimo Tononi, presidente di Cassa Depositi e Prestiti, durante la premiazione degli M&A Awards nella sede di Assolombarda. L’iniziativa  è promossa da Kmpg e Fineurop. 







«Se guardiamo le prime 500 società del mondo per valore, sono soltanto sei quelle italiane, contro le 28 francesi. C’è tanto divario che va colmato e che si traduce anche in una produttività più bassa. Le nostre grandi imprese, infatti, sono assimilabili a quelle degli altri paesi, mentre quelle piccole hanno perso il 20% di produttività in 20 anni rispetto a quelle francesi. E questo perché non si vogliono aprire i cda e i capitali a soggetti terzi».  

Il primo trimestre del 2019 ha mostrato evidenti i segnali di un rallentamento economico anche dal punto di vista delle fusioni e delle acquisizioni, con un controvalore di 4,3 miliardi. Nonostante l’ottimismo ostentato da più parti, con la convinzione che si arriverà intorno ai 20Tononi si è mostrato più cauto. «C’è una relazione diretta – spiega – tra i volumi di Borsa e le dinamiche di m&a. Se, quindi, Piazza Affari dovesse continuare ad andare in questo modo mi sentirei di dire che assisteremo a dinamiche più vivaci». 

Proprio l’economia italiana, però, sta vivendo un nuovo momento di difficoltà. Unica tra quelle europee a essere in recessione, l’Italia sta scontando anche un problema più generalizzato a livello continentale: la Germania, per esempio, è scesa sotto l’1% di crescita del pil– «Ma non possiamo – aggiunge il presidente di Cdp – paragonarci a loro: hanno un debito intorno al 60% del pil, vengono da cinque anni di surplus di bilancio. Dobbiamo contare su una ripresa complessiva e portare avanti misure espansive. Ma c’è un enorme problema: quando è scoppiata la crisi finanziaria abbiamo potuto contare su tre pilastri: la possibilità di intervento da parte delle autorità monetarie; l’allargamento dei cordoni della borsa da parte dei governi; la concertazione delle politiche economiche. Ora tutti questi temi, se anche venissero riproposti, sarebbero più deboli di prima. Per questo si stanno diffondendo istanze sovraniste e protezionistiche». 

Tononi ha poi parlato della missione della Cassa e delle nuove strategie messe in campo per ampliare le proprie competenze. «Abbiamo annunciato – spiega – un nuovo piano industriale che prevede risorse complessive per 200 miliardi di euro. Di questi, 110 verranno direttamente da noi, mentre 90 miliardi siamo fiduciosi di poterli reperire da soggetti terzi. La nostra mission, però, è anche quella di non dimenticarci da dove provengono i nostri fondi: sono i risparmi di 26 milioni di italiani, per complessivi 250 miliardi di euro. Per questo, quando valutiamo gli investimenti, dobbiamo assicurarci che ci sia equilibrio. È vero che vogliamo essere più vicini alle imprese e più presenti sul territorio. Ma non possiamo lanciarci in investimenti spericolati. E poi è bene ricordare una serie di peculiarità della Cassa: prima di tutto non siamo solo finanziatori, a vogliamo accompagnare gli enti locali in tutte le fasi del ciclo produttivo. Inoltre vogliamo mettere a fattor comune le tante partecipazioni in aziende diverse. E vogliamo farlo in un’ottica di sostenibilità, in modo che gli investimenti abbiano ricadute economiche e sociali».  

E a chi gli ricorda che l’amministratore delegato della stessa CdpFabrizio Palermo, vuole aumentare il bacino di imprese (arrivando a 60.000) a cui prestare la propria opera anche dal punto di vista finanziario, Tononi risponde che la Cassa «non vuole competere con il sistema bancario. Vogliamo fare equity e garanzia, siamo i primi operatori di venture capital in Italia, ma siamo complessivamente 2.000 persone, non abbiamo alcuna intenzione di diventare alternativi alle banche. Ha ragione il presidente delle Fondazioni Bancarie Giuseppe Guzzetti quando dice che non dobbiamo essere il pronto soccorso delle aziende in crisi. Abbiamo un attivo di 400 miliardi che appartiene ai nostri creditori, ma restiamo fuori dal perimetro della Pubblica Amministrazione, altrimenti il nostro bilancio inciderebbe sul debito pubblico. Possiamo anche lanciarci in operazioni anticicliche, ma dobbiamo sempre assicurare la sostenibilità economica degli investimenti. Un tema che mi sta facendo molto risentire è quello delle nomine: trovo molto sgradevole leggere sui giornali il totonomi soprattutto per quanto riguarda Sace».  

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Il presidente della Bce Mario Draghi

 

Infine, Tononi torna a parlare della situazione politica continentale: le elezioni europee sono dietro l’angolo, così come la nomina del successore di Mario Draghi. In entrambi i casi si prospetta un cambio deciso per quanto riguarda l’Italia. Che cosa dobbiamo aspettarci? «Niente di sconvolgente – conclude il presidente di Cdp – È naturale che molte cose cambieranno, perché, ad esempio, la composizione dei parlamentari italiani a Strasburgo sarà diversa. Ma le forze dell’establishment resteranno maggioritarie e non mi aspetto grandi scossoni. Semmai mi preoccupa che per i tempi tecnici di entrata in forze del Parlamento bisognerà aspettare ottobre e, fino ad allora, l’Europa sarà un interlocutore debole. Per quanto riguarda l’Italia, poi, oggi possiamo contare su tre nomi di spicco: Draghi, Tajani e Mogherini. Almeno uno di questi tre non ci sarà più nel prossimo futuro. Ma il successore di Draghi mi sembra che sarà comunque qualcuno che ne abbia condiviso la linea politica. Anche perché la Bce ha già tracciato le linee guida per il 2019. Tassi bassi, linee di credito agevolate per le banche e i ricavati del QE reinvestiti in titoli di stato». 














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