Sostenibilità & Industria: parlano le aziende francesi attive in Italia

di Chiara Volontè ♦︎ Un’evoluzione sostenuta da innovazione e digitalizzazione: efficientamento dei processi industriali e condivisione dei dati. Filiere data driven e modelli standard per un’economia verde. Il primo Barometro sulla trasformazione ecologica. Se n’è parlato nel corso di un evento organizzato dalla Cci France Italie. Con Bnl Bnp Paribas, Carrefour Italia, Guillin Italia, Gruppo Lactalis Italia, Siram Veolia, Studio Pirola Pennuto Zei

Piani di investimento, strategie climatiche, Green New Deal, Cop: il dibattito ecologico è ormai alla ribalta, governi e industriali sono consapevoli della crisi climatica in corso. Che fare? È necessario un cambio culturale, che diventa anche trasformazione dei modelli di business di finanza e imprese. «La realtà è che sta cambiando il paradigma del profitto: l’idea del profitto veloce e a tutti i costi, che abbiamo ereditato dal dopoguerra e che è profondamente radicato nella civiltà occidentale, sta mutando. E noi dobbiamo essere portatori e promotori di questa metamorfosi». Ci spiega così Denis Delespaul, Presidente della Camera di Commercio italo francese (Cci France Italie), la profonda trasformazione che sta attraversando il mondo dell’industria e dell’economia tutta. Una strada verso la sostenibilità che è innanzitutto un dovere per l’ambiente, ma al contempo sta diventando una possibilità di ritorno economico.

«Il mondo imprenditoriale sta iniziando a considerare di fare profitto ma in modo diverso, con una scala di tempo differente – prosegue Denis Delespaul – Dovrebbe cambiare il paradigma di mercato, perché il global market funziona ancora così. Domina un sistema americano che fa investimenti a breve, un paio di anni. Quando il sistema economico e finanziario evolverà questa visione, avremo mutato i business model». Un cambio di passo sostenuto da innovazione e digitalizzazione, tramite l’efficientamento dei processi industriali e la condivisione dei dati, vero motore del cambiamento. «L’innovazione che sostiene la sostenibilità e una filiera trasparente che abbia il dato come fattor comune – ci racconta Gianmarco Tammaro, Sustainability Manager Gruppo Lactalis in Italia – Oggi la tracciabilità dei prodotti è assicurata, ma la digitalizzazione ci permette di essere più efficaci, più efficienti e rende tutto più verificabile». Comunicazione trasparente, regolamentazione dei claim aziendali, indicatori comuni per la misurazione dell’impatto ambientale, database a livello istituzionale e collaborazione di filiera: sono questi i primi step da intraprendere per sviluppare il nuovo modello di mercato. E sono anche le cinque principali priorità emerse nella Tavola Rotonda “Come accelerare la trasformazione ecologica: il ruolo e la visione delle aziende” organizzata a Milano dalla Cci France Italie, la prima rete d’affari franco-italiana, con oltre 370 imprese francesi e italiane aderenti.







«Le imprese hanno una grande responsabilità e un importante ruolo da giocare nella lotta al cambiamento climatico – prosegue Delespaul – Per questo nel 2020 abbiamo lanciato il Club Csr della Chambre, uno spazio di dialogo e scambio sui temi legati allo sviluppo sostenibile, che ora vede la partecipazione di 21 grandi gruppi italiani e francesi appartenenti a diversi settori. Solo attraverso una visione condivisa e azioni concrete e coordinate sarà possibile promuovere un’economia sostenibile per il futuro». Nel corso dell’evento, Bnl Bnp Paribas, Carrefour Italia, Guillin Italia, Gruppo Lactalis in Italia, Siram Veolia, Studio Pirola Pennuto Zei hanno condiviso esperienza e impegno indirizzati quotidianamente al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità tracciati dall’Unione Europea, indicando proposte concrete come possibili leve di accelerazione del cambiamento. È stata anche presentata la ricerca “Il Barometro della Trasformazione Ecologica”, condotta dal Gruppo Veolia insieme a Elabe.

Il primo Barometro sulla trasformazione ecologica

Denis Delespaul, Presidente della Cci France Italie

«Dell’emergenza ecologica si parla sin dal 1951, con il primo Rapporto sullo stato dell’ambiente. A cui hanno fatto seguito il primo Summit sulla terra a Rio de Janeiro nel 1992, il Protocollo di Kyoto nel 1997 e l’Accordo di Parigi del 2015. Il risultato? Quella del 2022 si configura come l’estate più siccitosa di sempre – commenta Maria Vittoria Pisante, Direttore Strategia e Sviluppo Siram Veolia – La ricerca che Siram Veolia ha prodotto vuole avviare un dibattito concreto, per capire quali sono i cambiamenti necessari per affrontare l’emergenza ambientale». La grande maggioranza degli italiani, circa l’87%, si sente particolarmente esposta ai rischi climatici e ambientali: una percentuale che fa posizionare il nostro Paese sul gradino più alto del podio, davanti a Cina, India, Indonesia e America Latina e con numeri che si discostano in modo rilevante da quelli osservati nel resto del Vecchio continente. Sebbene i cittadini si siano sentiti per lungo tempo al riparo dai rischi ambientali grazie agli effetti dello sviluppo economico, meno esposti alle conseguenze del cambiamento climatico e dell’inquinamento, oggi sembrano aver sviluppato una grande consapevolezza dell’impatto concreto del climate change in corso. Nello specifico, l’86% degli italiani ritiene che la causa di questi fenomeni climatici avversi sia riconducibile all’attività umana.

Maria Vittoria Pisante, Direttore
Strategia e Sviluppo di Siram Veolia

Sono questi alcuni dei dati che emergono dal Barometro 2022, l’indagine condotta a livello globale dal Gruppo Veolia, leader nei servizi ambientali, ed Elabe, società di ricerca e consulenza, per inquadrare lo stato dell’arte del sentiment dei cittadini di tutto il mondo sui rischi ambientali e per individuare criticità e leve di azione per accelerare la trasformazione ecologica. L’indagine ha riguardato un campione che rappresenta più della metà della popolazione mondiale ed evidenzia come, nonostante gli effetti dei cambiamenti climatici non siano più in discussione, il percorso da intraprendere sia ancora complesso e difficile da immaginare. La maggioranza degli intervistati si dice pronto a intraprendere un nuovo cammino, ma solo a certe condizioni. In linea con la tendenza riscontrata a livello mondiale, in Italia il 70% della popolazione è certo che i costi delle conseguenze del climate change e dell’inquinamento siano maggiori degli investimenti necessari per la trasformazione ecologica. Più della metà degli intervistati (60%) è pronto ad accettare tutti i cambiamenti economici, culturali e sociali che le soluzioni ecologiche richiederanno, a condizione che non vi siano rischi per la salute, che vi sia un’equa distribuzione degli sforzi e, infine, che venga comprovata l’utilità della soluzione.

Dal barometro, inoltre, emerge la maggiore sensibilità del nostro Paese su queste tematiche rispetto al resto del mondo: il 62% degli italiani ritiene che non si parli a sufficienza delle soluzioni per mitigare l’inquinamento e il cambiamento climatico. Una percentuale che a livello globale tocca il 56%. Tra le principali soluzioni, ci sono i sistemi di monitoraggio “smart” per ottimizzare i consumi energetici, la cattura di Co2 emessa dagli impianti industriali oppure l’utilizzo di rifiuti organici per produrre fertilizzanti. «Tra gli italiani è sempre più forte la consapevolezza che è necessario agire, insieme, per contrastare il cambiamento climatico e favorire la trasformazione ecologica – afferma Maria Vittoria Pisante – In Siram Veolia ci impegniamo affinché tanto le aziende e le pubbliche amministrazioni, che supportiamo attraverso progetti di efficientamento energetico e decarbonizzazione, quanto le comunità, con le quali sviluppiamo progetti di sensibilizzazione ambientale, siano coscienti dell’urgenza di agire e si trasformino in promotori del cambiamento». Nella Pa, in particolare, promuovere certi comportamenti prevede che ci sia la volontà di mettere in campo risorse e investimenti per concretizzarli: è importante definire nuovi kpi che misurino l’impatto della sostenibilità, deve essere un obiettivo da condividere.

Cambiamento climatico: l’89% degli intervistati ritiene che il rischio sia reale e immediato

Imprese e finanza: il profitto è anche green

Luca Ranieri, Head of Esg & External Relations Bnl Bnp Paribas

«La transizione ecologica e la sostenibilità sono le urgenze del nostro tempo – commenta Luca Ranieri, Head of Esg & External Relations Bnl Bnp Paribas – ma la sfida nella sfida è anche saper favorire questi cambiamenti in modo concreto, gestibile ed equo». La consapevolezza del climate change è alta anche tra gli attori della finanza. Ma la trasformazione verde deve essere sostenuta da capitali e investimenti anche attraverso prodotti bancari e di finanziamento che aiutano le imprese nello sviluppo della sostenibilità. Senza lasciare indietro nessuno, ma anzi supportando in modo particolare e piccole e medie imprese, cuore pulsante del nostro tessuto imprenditoriale. «È ovvio che le pmi per mezzi, cultura e profitti sono più in difficoltà – ci conferma Denis Delespaul – Non sono meno sensibili alle tematiche green, ma hanno strumenti differenti. Prendiamo il caso dell’energia: in fabbrica, da un momento all’altro, si è passati a un costo sette volte superiore. E cosa fa l’imprenditore? Se ha la possibilità di recuperare energia da una miniera di carbone lo fa, per salvare i posti di lavoro e la sua azienda».

Ogni azienda deve mettere in atto un processo di rivisitazione del proprio modello economico. Ad esempio, le pmi potrebbero creare partnership anche con attori che portano competenze esterne, per allargare il proprio orizzonte. Non salire sul “carro verde” significa, infatti, rimanere esclusi dalle partire che contano. Si è verificato lo stesso scenario con la digitalizzazione: le imprese che non l’hanno cavalcata hanno perso competitività, che difficilmente potrà essere recuperata. Anche le banche stanno compiendo passi concreti verso la sustainability. Bnl ha aderito alla Net Zero Banking Alliance, un’iniziativa internazionale in difesa del pianeta creata dal programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep Fi), con lo scopo di stabilire un’agenda comune e di allineare le strategie di sostenibilità, puntando al raggiungimento dei target stabiliti per il 2030 e per il 2050. Ad esempio, -55% di emissioni di co2 nei portafogli entro il 2030, per arrivare alla neutralità carbonica nel 2050. «Questo approccio in chiave internazionale è comune al Gruppo Bnp Paribas – commenta Ranieri – che ha lanciato un programma di impegni al 2030 per accelerare nel proprio programma di transizione energetica».

L’84% degli intervistati ritiene che il rischio scarsità delle risorse sia serio e immediato

Filiere: la rendicontazione della sostenibilità

Anne-Manuelle Gaillet, Avvocato, Partner Studio Pirola Pennuto Zei & Associati

«Per le aziende italiane la trasformazione del proprio modello di business in chiave Esg è diventata imprescindibile – dichiara Anne-Manuelle Gaillet, Avvocato e Partner dello Studio Pirola Pennuto Zei & Associati – sia perché risponde alle attese dei consumatori, sia perché, per le aziende che sono inserite in filiere produttive, risponde alle esigenze dei committenti chiamati a rendicontare sulla propria sostenibilità e quella dell’intera supply chain».

La rendicontazione della sostenibilità, infatti, è l’unica via per avere dati da condividere lungo tutta la filiera, e giustificare così che la supply chain tutta si sta muovendo verso un modello più green. Non si tratta più solo di un obiettivo etico per il rispetto dell’ecologia, ma diventa anche un tema di opportunità.

«Si passa così da un approccio di mera “compliance” ad obblighi normativi a quello della “convenienza” in termini di competitività – commenta Anne-Manuelle Gaillet – laddove la sostenibilità diventa uno dei requisiti essenziali per entrare, o anche soltanto rimanere, in una filiera produttiva».

Paola Accornero, Hr Director e General Secretary di Carrefour Italia

La filiera, dunque, non condivide più obiettivi solo commerciali, ma anche di buone pratiche, come ad esempio informazioni sempre più attendibili e controllabili. «Come attore della grande distribuzione, crediamo di poter giocare un ruolo strategico per promuovere pratiche sostenibili lungo tutta la filiera. Carrefour Italia si pone come anello di congiunzione di tutta la catena, dai produttori ai consumatori, impegnandosi quotidianamente a promuovere l’adozione di comportamenti virtuosi per l’ambiente – afferma Paola Accornero, Hr Director e General Secretary di Carrefour Italia – È per questo motivo che l’azione delle aziende oggi risulta fondamentale per apportare un reale cambiamento, dialogando e collaborando nel rispetto del pianeta e per tutelare le generazioni future». Carrefour ha rivoluzionato i suoi modelli, attuando al proprio interno una trasformazione ecologica che riguarda la riduzione degli sprechi alimentari (l’intensione è dimezzarli dal 2016 entro il 2025) e l’evoluzione del packaging (100% di imballaggi riutilizzabili, compostabili o riciclabili entro il 2025). Questi obiettivi si legano con quelli di riduzione dei consumi energetici del 20% entro il 2026 e l’utilizzo del 100% di fonti rinnovabili entro il 2030, con il raggiungimento della carbon neutrality entro il 2040.

Filiere sostenibili? Sì, con un approccio data driven

Gianmarco Tammaro, Sustainability Manager di Gruppo Lactalis in Italia

Digitalizzazione della filiera grazie e una maggiore affidabilità del dato: è solo così che si potrà avere una visione più precisa delle informazioni e un maggior efficientamento dei processi – che si traducono in miglioramento della sostenibilità – anche con tecniche innovative. È questo il nuovo motore della supply chain, che diventa sempre più green grazie alla tecnologia. «Nel settore agroalimentare la sostenibilità e l’innovazione sono oggi elementi indispensabili per guidare la transizione del comparto verso un sistema più trasparente, rispettoso della salute e dell’ambiente – chiosa Gianmarco Tammaro, Sustainability Manager di Gruppo Lactalis in Italia». Il comparto è sempre più orientato verso il concetto di digitalizzazione della filiera, sempre più data driven: tecnologicamente evoluta e al passo con i tempi, rende i dati trasparenti e condivisibili tra tutti gli stakeholder. Un grande passo verso la sostenibilità di un settore, quello agroalimentare, altamente inquinante.

«Il tema della sostenibilità è ormai declinato in tutti i settori, ma nella nostra filiera ha un ruolo ancora più importante – ci spiega Tammaro – come Gruppo Lactalis stiamo lavorando su tre direttrici. Riduzione delle emissioni, con interventi di efficientamento energetico. Riduzione dell’impatto dei pec, quindi sgrammatura e utilizzo di materiali riciclati, per rendere i nostri pec sempre più riciclabili e poter lavorare sulla fase finale e i flussi di riciclo. Benessere animale, tramite controlli sempre più rigorosi e che molto spesso sono anche superiori rispetto a quelli richiesti dai termini di legge. Infine, creare buona pratiche di informazione, coinvolgendo gli allevatori in eventi di aggiornamento e tavole di lavoro». Relativamente alla digitalizzazione dell’azienda, Lactalis si avvale del partner tecnologico Xfarm, che ha reso digitali e consultabili tramite un unico applicativo tutte le informazioni che una volta erano cartacee. Questo consente al Gruppo di avere una maggiore gestione delle informazioni e all’allevatore di efficientare tutto il processo, avendo una buona visione delle informazioni. Lactalis, per affrontare al meglio la transizione green, ha istituito il Sustainability Manager, una figura che mette in campo competenze diverse. «Il manager della sostenibilità – ci racconta Tammaro – ha la capacità di comprendere i problemi ambientali mettendo insieme diverse competenze su più fronti, comunicandole verso l’esterno e verso l’interno. Ne vedremo tanti».

Il 26% degli intervistati è preoccupato dal cambiamento climatico al punto tale da non fare progetti a lungo termine

Modelli standard: la sostenibilità per l’economia parte da qui

Etienne Le Labourier, Amministratore Delegato e Managing Director Guillin Italia

«Nel settore finanziario è necessario implementare una base dati comune ed una metodologia condivisa, in modo da rendere misurabili e confrontabili gli interventi – prosegue Ranieri – Tutto ciò potrà portare a passi in avanti in un’ottica davvero inclusiva, con uno sguardo globale per non lasciare nessuno indietro». Senza l’identificazione di indicatori comuni per la misurazione dell’impatto ambientale, e la creazione di database a livello istituzionale per rendere i dati omogenei e comparabili, si corre il rischio distorsione sui mercati. L’Associazione bancaria italiana (Abi) nel 2022 ha analizzato 33 report di sostenibilità di banche nel nostro Paese (coprono il 95% del marcato finanziario), ma il rischio discrezionalità è alto perché non ci sono norme specifiche per definire in modo omogeneo i risultati. A questo si aggiunge l’impossibilità di comparare i risultati. L’unica soluzione, che ora più che mai è un’esigenza, è la messa a fattor comune di dati confrontabili e utilizzabili a livello internazionale. «Le Groupe Guillin in qualità di leader di mercato nel settore degli imballaggi per prodotti alimentari freschi – afferma Etienne Le Labourier, Amministratore Delegato e Managing Director Guillin Italia – ha avviato studi per la misurazione dell’impatto ambientale dei propri materiali, e continua a lavorare in stretta partnership con i suoi clienti e stakeholder, per proporre nuove soluzioni in linea con le esigenze di mercato e nel totale rispetto dei principi di ecosostenibilità ed economia circolare».

Groupe Guillin, in Italia, si avvale di software, banche dati e norme tecniche per avere una garanzia di obiettività, a cui fa seguito una certificazione. E adesso di sta focalizzando sull’ecodesign, cioè la sostenibilità a monte, un paradigma che viene premiato dal mercato nonostante un prezzo prodotto più alto. Ma il costo globale del ciclo di vita è vantaggioso per tutti, consumatori e imprese. «La misurazione – chiosa Etienne Le Labourier – è un elemento essenziale per la definizione di Sostenibilità, ma è necessario avere degli indicatori comuni». Infatti, relativamente ai green claim, in Italia non è stata ancora messa a punto una normativa specifica, a differenza degli altri Paesi. In Inghilterra, dal 2021, troviamo il Green code, mentre in Francia dallo scorso gennaio sono in vigore criteri per il carbon neutral. Anche il nostro Paese deve individuare un paradigma standard a cui le aziende devono sottostare: se non c’è un parametro comune il consumatore è disorientato, servono linee guida generali sulla sostenibilità. Attualmente si sanziona ma non si interviene a monte sull’omologazione a caratteri comuni.














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1 commento

  1. Interessante, effettivamente non esiste sostenibilità di prodotto che non parta dal processo e consieri quindi l’intera catena. Il maggior controllo, possibile grazie anche alle innovazioni e alla robotica, permettono di seguire il grado di sostenibilità lungo tutti i passaggi. Nonostante se ne parli da tanto, forse ora qualcosa sta realmente accadendo.

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