Carlyle e lo smembramento salvano in extremis Maccaferri

di Marco de' Francesco ♦︎ Svolta per uno dei nomi storici dell'industria italiana. Il fondo guidato in Italia da Marco De Benedetti acquisisce le storiche Officine, cuore del gruppo che un tempo controllava anche l'Eridania e decine di altre aziende. Così potrà essere onorato l'ingente debito con le banche e mantenuta la continuità aziendale. Restano alla famiglia Samp, il Sigaro Toscano e altre controllate. Ecco la storia

La sede del Gruppo Maccaferri

Bisognerà attendere gennaio 2021 per l’omologa del piano di concordato da parte del Tribunale di Bologna e per l’approvazione delle banche creditrici. Ma si tratta di una mera ratifica. I giochi sono fatti: il cuore del Gruppo Industriale Maccaferri –le Officine Maccaferri – è salvo ma passa di mano. Finisce in quelle della multinazionale americana di private equity Carlyle (guidata in Italia da Marco De Benedetti), che insieme ad altri soci finanziari ha trovato i capitali per sottrarre al pericolo e al contempo acquisire la storica industria bolognese. Sarà una transizione legata alla ristrutturazione e poi ci sarà un ulteriore nuovo proprietario: come è noto i fondi di private equity restano nel capitale dell’azienda acquisita per 3-6 anni e poi, per remunerare il loro investimento, passano sempre la mano a un altro soggetto.

Sopravvive ma cambia bandiera un riferimento per la manifattura italiana. E, insieme, un’azienda funzionante, con un fatturato di mezzo miliardo di euro realizzato nel settore dell’ingegneria ambientale: il debito da 750 milioni che ha travolto l’impresa e tutto il gruppo è stata determinato da mosse sfortunate di altre aziende attive nel perimetro Maccaferri in comparti diversi, come l’energia e l’immobiliare. Così, per Officine Maccaferri non è stato difficile trovare un salvatore.







L’altro gioiello del Gruppo, la Samp, che fa macchine utensili, resterà nelle mani di Seci, la cassaforte di famiglia presieduta da Gaetano Maccaferri, molto noto anche per i suoi incarichi come vice presidente nazionale di Confindustria e presidente di Confindustria Emilia Romagna. Resta in casa Maccaferri anche la Manifattura Sigaro Toscano, azienda partecipata anche da bei nomi dell’industria e della finanza italiana, a cominciare da Luca Cordero di Montezemolo, Piero Gnudi e Aurelio Regina. Tutto il resto, le tante attività nei settori dell’energia, dell’immobiliare e dell’agroalimentare, sarà venduto per pagare i debiti con le banche.    

 

La dynasty dei Maccaferri in 141 anni di storia industriale

Gaetano, Massimo, Alessandro e Antonio Maccaferri

Maccaferri è stato uno dei gruppi industriali più antichi, prestigiosi e importanti del Belpaese. Un colosso con 32 aziende, 30 impianti produttivi, 70 filiali e più di 3mila dipendenti. Il fatturato corporate, prima degli eventi che hanno portato agli esiti attuali, sfiorava gli 1,2 miliardi di euro. Il tutto è nato nel 1879, con la meccanica e il sudore della fronte: viene fondata la “Ditta Raffaele Officina Da Fabbro”, che richiama nel nome l’attività di famiglia. Ma a fine secolo, la svolta, con la produzione di gabbioni, strutture di ferro per opere di difesa idraulica, che sono usati per riparare una breccia nella diga di Casalecchio di Reno. Negli anni Venti Gaetano Maccaferri fa le prime acquisizioni; e nel 1936 nasce la Samp, società anonima meccanica di precisione. Lo stesso anno, Maccaferri entra nel mercato saccarifero, rilevando la Sadam, società anonima distilleria agricola marchigiana. Subito dopo la guerra, nel 1949 nasce la holding Seci, società esercizi commerciali industriali. Negli anni Ottanta la guida passa ai figli di Gaetano, Guglielmo e Angelo; dieci anni dopo, alla nuova generazione: Gaetano, Massimo, Alessandro e Antonio Maccaferri, i figli di Angelo.

Si realizzano, in quegli anni, partecipazioni che saranno successivamente cedute: dai termometri Ico ai preservativi Hatù, dagli acciai di Acciaierie Bertoli ai carrelli elevatori di Cesab, dai prefabbricati di Saira alle macchine agricole di Italo-Svizzera, dalle costruzioni di Imser e Adanti ai fili di acciaio e rame di Ips e Ilm. Negli anni Duemila, la strategia della diversificazione si intensifica. Il Gruppo, ad esempio, mette insieme due giganti del settore dello zucchero, dando vita alla società Eridania Sadam. Consolida la propria posizione nell’immobiliare e nelle costruzioni, dove era già presente con Sapaba, fondando la Seci Real Estate. Acquista la storica Manifattura Sigaro Toscano, azienda che produce e commercializza il noto articolo per fumatori. E soprattutto entra con forza nel settore energia, che alla fine, come vedremo, sarà per il Gruppo una foresta di Teutoburgo: prima con la nascita di una sub-holding di comparto, la Seci Energia, e poi con l’acquisizione di Exergy, al tempo considerata un’azienda pioneristica nel comparto dell’efficienza energetica. Il Gruppo si proietta infine nel settore delle biotecnologie, acquisendo la maggioranza di Gnosis; ma questa partecipazione verrà poi ceduta.

 

L’ultima foto di Gruppo prima del tracollo

In questa girandola di acquisizioni, partecipazioni, cessioni di quote, non è semplice delineare un quadro definitivo della struttura attuale del Gruppo. Al netto di vendite all’asta in corso di procedura, l’ultima foto dell’universo Maccaferri risulta essere la seguente. Il Gruppo è strutturato in sette aree di attività. Anzitutto quella sull’energia ambientale, capitanata da Officine Maccaferri, la multinazionale di Zola Predosa (Bologna) che discende in via diretta dall’attività di famiglia. È il cuore del gruppo industriale. Guidata dal Ceo Lapo Vivarelli Colonna e presieduta da Alessandro Maccaferri, si occupa infatti di strutture di sostegno, di rinforzo del suolo, di opere idrauliche fluviali e di protezione delle coste, di apparecchiature per il controllo dell’erosione e dei flussi di detriti. L’evoluzione tecnologica dei gabbioni di Gaetano Maccaferri. Il fatturato del 2019 è stato pari a circa mezzo miliardo di euro. Altre aziende della divisione, la Bianchini Ingeniero, che da oltre un secolo si occupa di fili di acciaio zincati; la Linear Composites, la Bmd e la Maccaferri TunnellingÈ parte dell’area anche il Centro di ricerca e sviluppo della Maccaferri a Bolzano, che gestisce l’attività di R&D che si svolge nei centri regionali in Brasile, in Cina, in India.

Maccaferri in pillole

La seconda è quella di ingegneria meccanica, e cioè il gruppo Samp. Nato a Bologna nel 1936 per volontà di Gaetano Maccaferri, produce macchine utensili per il cavo e filo nonché per la rettifica e sbarbatura di ingranaggi, e fabbrica anche riduttori speciali e strumenti per il taglio. Fanno parte del gruppo quattro aziende indipendenti: Sampsistemi, Sampingranaggi, Samputensili Machine Tools e Samputensili Cutting Tools. È una realtà ampiamente internazionalizzata, con stabilimenti in Cina e in America Latina.

La terza è quella del real estate e costruzioniSeci Real Estate è impegnata soprattutto nei settori commerciale, direzionale e logistico-produttivo, e nella riqualificazione urbanistica di grandi insediamenti industriali. Sapaba, invece, si occupa da quasi 90 anni anche di produzione di conglomerati bituminosi, calcestruzzi e inerti. Altre aziende dell’area, M Project, Arenaria e Finim, che è peraltro la società proprietaria del secentesco palazzo Zambeccari, prestigioso edificio bolognese che comprende parte di un monastero del XIII secolo.           

La quarta è quella dell’energia. Ne fa parte Seci Energia, il cui core business è quello della realizzazione di impianti per le rinnovabili. Si occupa di biomasse, biogas, fotovoltaico, eolico, idroelettrico e recupero energetico. Detiene partecipazioni azionarie di molte società di comparto in Italia e all’estero. Altre aziende importanti per l’area erano Exergy, Enerray, Agripower, PowerCrop, Seci Servizi Agronomici, Termica Colleferro e Ibarske Hidroelektrane.

La quinta, quella dell’alimentare e dell’agroindustria. Parte dell’area Naturalia Ingredients, azienda produttrice di zuccheri naturali dalla frutta con il primo impianto al mondo per la produzione di glucosio, fruttosio e zucchero d’uva in forma cristallina. Lo stabilimento di Mazara del Vallo copre una superficie pari a circa 30mila mq e ha una capacità produttiva a pieno regime di circa 8mila tonnellate annue di cristalli zuccherini. Quanto alle altre aziende, Apicoltura Piana e Sem. Dell’area in passato avevano fatto parte i giganti Eridania, ceduta alla francese Cristal Union e Sadam.

Quanto alla sesta, quella del tabacco, l’azienda più importante del gruppo era la Manifattura Sigaro Toscano, brand nato nel 1815. Altra azienda, la Avanti Cigar Company.

Ultima area, l’innovation hub. Con JCube, un incubatore nato dalla collaborazione tra il Gruppo Industriale Maccaferri, il Comune di Jesi e l’Università Politecnica delle Marche, con lo scopo di favorire la nascita e la crescita di nuove imprese “science based”. Ha sede a Jesi (Ancona), in una struttura di circa 1500 metri quadrati.  JCube è anche acceleratore di newco.

Le attività delle Officine Meccaferri

  

Energia fatale per il Gruppo Maccaferri

Ma come si è creata un’esposizione debitoria così importante? Come sempre in questi casi, ci sono tante concause; ma la parte principale del disastro è stata determinata dalle attività estere del Gruppo nel settore energia. Exergy, per esempio, era impegnata in Brasile, insieme a Enel Green Power con la quale aveva stretto una partnership, nella realizzazione del parco eolico più grande del Sudamerica. Un progetto maturato in un periodo di grande crescita economica per il Brasile, sulla cresta dell’onda lunga degli investimenti stranieri, del successo nel petrolio e nell’acciaio delle aziende brasiliane in Usa, dei Mondiali e delle Olimpiadi, dei progressi nella scienza e nella tecnologia. Poi è arrivata la crisi, l’impoverimento, e il Brasile si è riscoperto diseguale, solo un po’ meno di Honduras e Colombia.

Molti piani sono stati abbandonati, tra cui quello che riguardava Exergy. Il governo ha fatto un passo indietro e Exergy è inciampata. Anche in Serbia non è andata bene. Lì nel 2010 era stata costituita una joint-venture tra la holding energetica del gruppo Maccaferri, la Seci Energia, e l’azienda di Stato serba di settore, la Elektroprivreda Srbije (Eps). Si diede vita alla citata società Ibarske Hidroelektrane: si trattava di costruire 10 centrali idroelettriche per produrre 117 MW di energia destinata al mercato italiano. Con il successivo crollo verticale del prezzo del petrolio il piano è diventato sempre meno conveniente; e alla fine è naufragato. Anche le aziende del settore immobiliare non sono andate bene; d’altra parte, è un comparto in grande sofferenza da anni. In un certo senso, la diversificazione delle attività ha giocato contro il benessere del Gruppo; ma è anche vero che le cause della disfatta non erano prevedibili al momento dell’ideazione dei progetti.

Storia di Officine Maccaferri

 

Il piano di concordato in continuità

La richiesta di concordato preventivo è stata depositata al Tribunale di Bologna il 31 maggio 2019 dalla holding Seci. Successivamente sono entrate nella procedura sette società del gruppo: Enerray, Exergy, Felsinea Factor, Sapaba, Eva, Sadam e Seci Energia, che hanno presentato i rispettivi piani.  Il concordato preventivo è un meccanismo attraverso il quale i creditori (in questo caso le banche, e quindi Unicredit, Intesa Sanpaolo e Bpm) rinunciano ad una quota parziale o totale dei propri crediti a fronte della possibilità di continuare a lavorare con l’azienda risanata. L’esame del Tribunale risulta particolarmente complesso, a causa della consistenza del debito, attorno ai 750 milioni, e della articolata struttura del gruppo. Una situazione finanziaria ancor più complicata dal bond di 190 milioni emesso sei anni fa da Officine Maccaferri. Questo prevedeva una cedola del 5,75% con scadenza nel 2021. Il citato gigante Carlyle aveva acquisito una quota del 51% dell’obbligazione.

Le aziende vengono ammesse alla procedura, ma a gennaio dell’anno in corso la holding esce dal concordato, chiedendo una proroga per la consegna di alcuni importanti documenti. A quel punto la procura, anche di fronte ad un patrimonio netto negativo di 65 milioni di euro e una situazione contabile in stato di insolvenza irreversibile, presenta un’istanza di fallimento per Seci, e il tribunale di Bologna fissa un’udienza per definire la questione. All’udienza di fine marzo, però, la holding si presenta con tutti gli atti, e viene riammessa al concordato. L’istanza di fallimento viene sospesa. Il gruppo, per adesso, è “salvo”.

Struttura del Gruppo Maccaferri

Cosa prevede il piano di concordato?

Anzitutto la cessione di tutto ciò che riguarda l’energia. Exergy è già finita all’asta a settembre scorso, ed è diventata cinese: è stata rilevata da una azienda di Nanchino, la Nanjing Tica Thermal Solution. Un passaggio di mano ottenuto con una spesa molto contenuta. La base d’asta era di soli 16 milioni di euro, e la busta cinese l’ha spuntata con soli 50mila euro in più.  Ora si tratta di alienare tutte la altresocietà di area. In secondo luogo, la cessione degli asset immobiliari, sia nel comparto costruzioni che in quello real estate. Infine, l’alienazione delle aziende operative nel comparto alimentare e agroindustria. In pratica l’azienda pone fine alla politica dell’estrema diversificazione, che come si è visto è risultata fatale, e si concentra sull’ingegneria ambientale, e quindi su Officine Maccaferri, su quella meccanica, e quindi sulla Samp; e mantiene di “eterogeneo” rispetto a questa linea la sola attività del sigaro toscano. Il ricavato della vendita degli asset verrà destinato a soddisfare integralmente i crediti prededucibili e privilegiati e parzialmente (dal 16% al 25%) quelli chirografi.

Maccaferri in pillole

Ma il cuore del gruppo passa di mano, e finisce in quelle di Carlyle

Il chief restructuring officer di Maccaferri, Sergio Iasi

Il piano di concordato in continuità è accompagnato da un intervento di Ad-Hoc Gruop – gruppo di tre investitori internazionali, Man Glg, Stellex Capital Management Carlyle, che è di fatto il dominus dell’operazione; l’azione di nuova finanza prevede: per Seci, l’erogazione di nuova finanza per 10 milioni di euro; per Officine Maccaferri, l’iniezione di nuova finanza per 60 milioni di euro; per Samp, il conferimento di denaro fino a 25 milioni. La proposta di AHG è stata accettata il 20 marzo da Seci. Ciò però comporterà grossi cambiamenti proprietari una volta che tutta la procedura sarà conclusa.  Seci, la cassaforte dei Maccaferri, resterà padrona della meccanica, vendendo una quota di Samp non superiore al 10%; ma cederà quasi in toto l’ingegneria ambientale, visto che Ad-hoc Group acquisirà il 96% delle quote di Officine Maccaferri. Che, come già sottolineato, facevano quasi la metà del fatturato del gruppo e ne rappresentava l’origine e il cuore produttivo. In vista di ciò, AHG, tramite il Cda di Officine Maccaferri, ha già nominato un chief restructuring officer, Sergio Iasi, che dispone di un’esperienza pluriennale nell’ambito della ristrutturazione d’impresa e al quale sono state attribuite le deleghe per la revisione del piano industriale e finanziario della società. Iasi ha già ristrutturato Prelios e Trevi, e ha un lungo curriculum con ruoli apicali in Rai, Assolombarda e Booz Allen.  














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