I Digitaliani e la proposta Calenda di un piano industriale delle competenze

di Laura Magna ♦ Assieme al sindacalista Bentivogli, il ministro del Piano 4.0 rilancia sul tema della formazione: per la digitalizzazione non servono solo le macchine, anche le competenze. Ecco che ne pensa l’ad di Cisco Agostino Santoni, la cui azienda è in prima linea con la sua Networking Academy

Nel 2018 gli investimenti fissi lordi delle imprese continueranno a crescere, dopo anni di stasi. Nel 2017 sono stati di 80 miliardi, e per quest’anno il Mise si aspetta altri 90 miliardi. Investimenti soprattutto in macchinari interconnessi, robot e apparecchiature di vario tipo, per accrescere produttività e, anche capacità produttiva. Tuttavia, comprare le macchine non basta. Occorrono, come abbiamo scritto su Radar (qui)  nuove strategie, modelli di business innovativi e nuove competenze.

Come se ne esce? Una soluzione possibile è contenuta nella proposta  avanzata dal ministro allo Sviluppo Economico Carlo Calenda e dal sindacalista dei metalmeccanici, il segretario della Fim Cisl, Marco Bentivogli. «Eventuali margini di flessibilità si potranno negoziare solo a fronte di un convincente “Piano industriale per il Paese” focalizzato su crescita e investimenti. A tutto ciò si aggiunge la sfida di una rapidissima innovazione tecnologica che mette in discussione modelli produttivi e organizzazione del lavoro. Se l’Italia non saprà essere all’altezza andremo incontro a un secondo shock sistemico come quello vissuto nella prima fase della globalizzazione … Noi pensiamo che la parola d’ordine debba essere “costruire” un futuro fondato su tre pilastri: Competenze, Impresa, Lavoro».







 

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Marco Bentivogli, Segretario-Generale Fim Cisl

 

Di questi temi abbiamo discusso con un’esponente dell’impresa come Agostino Santoni, amministratore delegato di Cisco Italia. Il colosso americano delle infrastrutture di rete ha da tempo virato su software e servizi all’industria (ne abbiamo parlato, per esempio qui , e dunque ha un punto di osservazione privilegiato su questo mondo. Cisco è anche un caso di eccellenza nell’ambito della formazione e punta in maniera decisa sulle competenze che sono al centro del piano di investimenti Digitaliani, per accelerare la digitalizzazione del nostro Paese.

 

Cisco Networking academy
Studenti a un corso della Cisco Networking Academy

Cisco e l’impegno per l’istruzione digitale

La multinazionale ha creato una rete di 300 Cisco Networking Academy in Italia, con oltre 1.000 istruttori. Recentemente l’azienda ha fatto il punto sul programma ; gli studenti che nell’ultimo biennio hanno frequentato Cisco Networking Academy sono stati in tutto 80.000. Questi i numeri nel dettaglio: oltre 10.000 studenti hanno completato il percorso “Introduzione alla Cybersecurity”, altrettanti hanno completato il percorso “Enterpreneurship” dedicato all’imprenditoria con il digitale ;e infine oltre 20.000 studenti hanno completato i percorsi dedicati al networking, alle competenze di base e al tema del cyber bullismo. Un ulteriore elemento dell’attività di Cisco a favore degli studenti italiani è legato all’Alternanza Scuola Lavoro. Con protocollo siglato nel luglio 2017, Cisco ha messo a disposizione il progetto Impres@Digitale, di cui hanno usufruito già 1.300 studenti: 300 in attività realizzate direttamente con l’azienda e 1.000 in attività realizzate dalle aziende della rete di partner Cisco in Italia. Ma veniamo giusto ai temi delineati da Bentivogli e Calenda, ben legati a questa iniziativa che riguarda competenze, impresa, lavoro, e al nostro interlocutore, Agostino Santoni.

 

 

Agostino Santoni
Agostino Santoni, amministratore delegato di Cisco Italia
Saper fare con il digitale ha un ruolo essenziale in tutti i campi

«Quella di Calenda e Bentivogli è una visione con cui siamo pienamente d’accordo. “Industrializzare” la diffusione delle competenze tecnologiche chiave è essenziale, perché solo ragionando in questo modo si affronta il problema in modo efficace: comprendendo in un percorso strutturato tutti i livelli a cui è possibile e necessario agire: dall’orientamento verso una formazione di area tecnica al tema critico della formazione continua. A livello di scuola e università ogni azione rivolta ad ammodernare e integrare il digitale nei percorsi di studio è importante e può contribuire anche a dare una nuova immagine a questo tipo di scelte formative, che oggi sono una scelta di primo livello, perché il saper fare oggi tramite il digitale rinasce, ha un ruolo essenziale in tutti i campi. Detto questo, è vero che il punto più critico riguarda la formazione nel corso della vita professionale», dice Santoni a Industria Italiana.

 

Carlo Calenda, ministro allo Sviluppo
Carlo Calenda, ministro allo Sviluppo
L’azienda di successo deve porsi il tema della formazione

Santoni non risparmia strali al mondo industriale, ritenuto corresponsabile del ritardo italiano su questi temi. «Se le persone smettono di studiare è soprattutto quando si trovano in aziende che “smettono di studiare” e investire su di loro. Le aziende di successo con cui lavoriamo sono quelle che si pongono continuamente il problema della formazione, e che sperimentano anche un passaggio di competenze intergenerazionale fra i lavoratori di diverse età. Ci sono due riflessioni che vorrei aggiungere. Una sul significato di “industrializzare le competenze”, che a mio avviso significa creare pratiche concrete, replicabili che prevedano il contributo di tutti gli attori che possono farlo: per arrivarci nessuno – dal mondo imprenditoriale ai vendor di tecnologie, dalle istituzioni formative a chi si occupa di lavoro – può pensare che si tratti di un progetto che non lo riguarda».

L’altra riflessione di Santoni «riguarda il fatto che nella proposta di Calenda e Bentivogli ci si ponga il problema di quelli che sono definiti “sconfitti”. Non tutti hanno le risorse o le possibilità per avere resilienza, anche a fronte del mondo del lavoro. Le politiche per sostenere queste persone, quali che siano, possono essere più complete se includono il tema della formazione. E puntare anche sul digitale è un bene, perché è senza dubbio l’ambito in cui oggi c’è più richiesta di figure professionali ed è anche un alfabeto di base utile in ogni contesto professionale».

E’ ok il credito d’imposta per valorizzare la formazione?

Il piano Impresa 4.0 varato con la legge di Bilancio 2018 amplia lo spettro e punta in maniera decisa sulla valorizzazione della formazione, con il credito di imposta al 40% per le imprese virtuose che in essa investono in maniera crescente (e che Calenda vuole rendere permanente): è sufficiente o solo un primo passo? «Il credito di imposta è un ottimo incentivo, perché facilita la scelta di investire in formazione a fronte della difficoltà a trovare risorse che le aziende possono sperimentare; scegliere di premiare chi si impegna maggiormente può certamente essere utile a creare un “contagio positivo”. Detto questo, l’aspetto economico deve essere parte di un percorso più ampio, che prosegue davvero solo se l’azienda capisce che investire nella formazione è strategico in quanto i dipendenti sono un asset di crescita fondamentale», afferma Santoni che è ben consapevole di quanto questo sia «un cambiamento culturale e bisogna quindi lavorare per diffondere questa mentalità in un tessuto imprenditoriale come il nostro, fatto per la gran parte di piccole aziende; in questo senso, penso che i Competence Center possano dare il meglio se saranno intesi come luogo per trasferire oltre alle tecnologie e alle opportunità anche questa consapevolezza del valore cruciale della formazione».

 

Academia_cisco

 

Il divario delle competenze

Un ulteriore punto che Calenda e Bentivogli nella loro lunga disamina sviluppano è il modo in cui cambia il mondo del lavoro. «Le dieci professioni oggi più richieste dal mercato non esistevano fino a 10 anni fa e il 65% dei bambini che ha iniziato le scuole elementari nel 2016 affronterà un lavoro di cui oggi non conosciamo le caratteristiche», scrivono, precisando anche che «in Italia solo il 29% della forza lavoro possiede elevate competenze digitali, contro una media Ue del 37%». Si tratta di divari importanti, che devono essere colmati. Come? «A fronte di scenari che cambiano sempre più velocemente, ricette non ce ne sono», risponde Santoni.

«Possiamo certo pensare che l’evoluzione tecnologia sia qui per restare e quindi la prima cosa da fare, il prima possibile, è assicurarsi di introdurre in ogni ordine e tipo di formazione anche le competenze digitali di base, e lavorare perché nel proseguire gli studi si venga a contatto anche con competenze più specifiche – che si aggiornino continuamente e si incentrino sui temi chiave, che oggi ad esempio sono la connettività, l’internet delle cose, la cybersecurity. In questo modo tutti possono conoscere i termini del mondo in cui ci si muove e chi decide di portare avanti un percorso formativo nel settore tecnologico abbia già basi di partenza importanti, che in questo momento fanno la differenza».

 

La scuola e il lavoro

Un ulteriore paradosso sollevato dal ministro Calenda e dal segretario della Fim Cisl è che «i giovani finiscono troppo presto di studiare, iniziano troppo tardi a lavorare e quando trovano un lavoro, interrompono completamente i loro rapporti con la formazione». Si parla sempre dell’incomunicabilità della scuola verso il mondo del lavoro: ma cosa possono fare le aziende per migliorare la situazione? «Dal nostro punto di vista l’ Alternanza Scuola Lavoro, per quante critiche le siano state mosse, se viene realizzata bene sulla base di un progetto comune in cui si mette al centro il percorso formativo che lo studente già sta facendo, è una opportunità incredibile: non solo per i ragazzi ma soprattutto per gettare nuove basi per il dialogo tra scuola e azienda. Per sfruttare questa possibilità le aziende devono scegliere di gettarsi nella mischia, andando andando nei contesti educativi a mettere a disposizione risorse, conoscenze con logiche non legate al business», sostiene Santoni.

Cisco da parte sua ha abbracciato l’opportunità dell’Alternanza creando il progetto Impresa@digitale, dedicato a «quel che sappiamo fare, la tecnologia e l’imprenditorialità con il digitale. Da luglio scorso abbiamo anche il protocollo di intesa con il MIUR e noi direttamente finora abbiamo lavorato con 300 ragazzi, ma la cosa ancora più importante è che abbiamo chiesto ad altre aziende, nella nostra rete di partner, di cogliere anche loro questa sfida e loro hanno lavorato già con 1.000 studenti. Questo nuovo impegno si affianca all’attività che portiamo avanti fin dal 1999 nelle scuole italiane con il Programma Cisco Networking Academy, che prevede corsi sulle competenze digitali di base ma anche percorsi che possono portare a certificazioni spendibili nel mondo del lavoro. Molte delle Academy italiane sono nelle scuole superiori, prevalentemente di indirizzo tecnico: e quando abbiamo una Academy in un istituto i nostri clienti, i partner, le aziende del territorio lo sanno e spesso è anche lì che vanno a cercare i giovani di maggior talento. Per farlo mettono piede nel mondo della scuola, e questo aiuta a generare un circolo virtuoso».

 

Esterno della sede italiana di Cisco, alle porte di Milano
Esterno della sede italiana di Cisco, alle porte di Milano

La marcia dei Digitaliani

Il tema delle competenze è cruciale per Cisco: è al centro del piano di investimenti Digitaliani, pensato per accelerare la digitalizzazione del nostro Paese. «Quando lo abbiamo annunciato la prima cosa che abbiamo detto era che avremmo voluto formare 100.000 studenti in più, in tre anni, con i corsi delle nostre 300 Cisco Networking Academy italiane; il 19 gennaio scorso abbiamo “festeggiato” i due anni annunciando che siamo già arrivati a 80.000 studenti, per l’80% nelle scuole superiori. Abbiamo erogato un milione e mezzo di ore di formazione, coinvolgendo anche 2.000 insegnanti.

«Oggi tra i banchi ci sono più di 10.000 ragazzi che hanno già completato un percorso di formazione legato alla cybersecurity, altrettanti che si sono formati sull’impreditorialità digitale, 15.000 hanno frequentato il percorso “Introduzione all’Internet of Things”, potendo anche fare pratica grazie a oltre 1.000 kit didattici che abbiamo distribuito in 200 scuole. Gli altri hanno studiato networking, o acquisito competenze digitali di base – e ci siamo dati da fare anche sul tema del cyberbullismo», racconta Santoni, che rappresenta senza dubbio una best practice difficile da replicare nel contesto domestico.

Networking Academy per il sociale

«Un ultimo aspetto che vorrei evidenziare è legato al fatto che, proprio perché la formazione è essenziale per adeguarsi al mondo che cambia, quando lanciamo grandi progetti con i nostri clienti facciamo in modo che le competenze digitali ne siano parte. Ad esempio nel luglio 2017 abbiamo siglato un accordo con ENEL: oltre a prevedere azioni di innovazione per la smart grid e la cybersecurity, prevediamo anche una collaborazione per la formazione sul necessario aspetto IT per i loro dipendenti», afferma Santoni.

In conclusione una sottolineatura: le Networking Academy sono anche a disposizione quando possibile per aiutare l’integrazione sociale: «per questo il tema degli “sconfitti” citato da Calenda ci è così caro. Siamo stati il primo Paese – in un programma che a livello mondiale Cisco ha in 160 paesi – a creare all’inizio degli anni 2000 una Academy in un carcere, a Bollate – e a partire da un’esperienza che ha dimostrato un grande valore in termini di recupero, abbiamo ampliato questa attività. Nel quadro di un accordo con il Ministero della Giustizia, insieme anche ad altri partner, oggi lo abbiamo portato in altre carceri, anche minorili – come a Nisida o a Pisa». Perché solo ponendo l’uomo al centro si crea reale progresso. E l’industria non fa eccezione.














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