Bentivogli: nella smart factory c’è posto solo per l’umanità “aumentata”

Di Marco Scotti ♦︎ Altro che sostituzione degli umani con i robot: nel futuro il lavoro dovrà essere sostenibile, permettendo agli operatori di ridurre la fatica e i rischi d'infortunio. E a chi dice che serve una totale automazione dei processi l'ex sindacalista risponde che bisogna scommettere sul potenziamento dell'uomo

Marco Bentivogli, coordinatore nazionale Base Italia
Marco Bentivogli, coordinatore nazionale Base Italia

Marco Bentivogli lo chiama ciclo Omn, cioè Opposizione-Moda-Nausea, ovvero il modo con cui le novità vengono accolte all’interno del nostro Paese. «Si comincia con un’opposizione immotivata – ci spiega l’ex leader della Fim Cisl – per poi passare a un momento di entusiastica accettazione prima di arrivare al rigetto. La gente non capisce che certi paradigmi introdotti con Industria 4.0 sono strutturali e destinati ad accompagnarci nel futuro prossimo».

Lo dice, Bentivogli, in occasione del workshop “Produrre un Paese resiliente sostenibile: le sfide dell’innovazione del settore manifatturiero” organizzato dal Cluster Fabbrica Intelligente, dimostrando ancora una volta come il tema della trasformazione digitale, soprattutto se applicato al mondo della fabbrica, non sia affatto concluso, digerito e maturo. Qualcuno vuole già parlare di Industria 5.0, ma c’è ancora molta strada da fare per avere un’adozione capillare dei nuovi precetti manifatturieri.







«Una smart factory – ci racconta l’ex sindacalista – contiene già per forza di cose degli elementi di sostenibilità. Ma non si parla soltanto di quella ambientale, ma anche del rispetto per condizioni di lavoro meno faticose e logoranti per gli operai Negli accordi che abbiamo stretto con Fca abbiamo deciso di collegare gli stipendi a degli obiettivi di produttività ed efficienza aziendale, ma anche al raggiungimento di determinati parametri come zero fatica e la riduzione degli infortuni. In questo modo abbiamo tracciato la rotta per un nuovo paradigma di contrattazione».

Cambia dunque il modo di intendere gli obiettivi: non più soltanto migliorare i risultati economici o la produttività, ma anche permettere ai lavoratori l’ergonomia e una postura corretta. In questo modo si ottiene un valore che influenza positivamente la produttività. Siamo proiettati alla fabbrica del futuro, quella che compenetra le diverse aree di influenza. Una fabbrica, oltretutto, che non può fare a meno dell’essere umano.

«Qualsiasi tecnologia avanzata – ci racconta Bentivogli – ha bisogno di persone con una notevole qualificazione e professionalità. Bisogna tornare a investire sul capitale umano, non a fare il contrario. La comunità aziendale, le risorse umane, sono un valore fondamentale anche della fabbrica 4.0 in cui la tecnologia deve fungere da catalizzatore per raggiungere l’obiettivo della cosiddetta umanità aumentata. Prendiamo ad esempio la robotica collaborativa: con l’ausilio di questo mezzo tecnologico possono lavorare sulle linee, con ridotta fatica, anche le donne. Non solo, la compartecipazione di umano e digitale permette risultati migliori e incrementata efficienza».

Sono dunque retaggio di un passato ormai superato quelle idee di fabbrica workerless come venne proposto a suo tempo da Hyundai. Si tratta di un paradigma obsoleto destinato esclusivamente al fallimento. L’obiettivo della fabbrica di nuova concezione è invece quello di potenziare gli esseri umani, dando loro competenze ed esperienze che li garantiscano e li realizzino nel lavoro.

Altro capitolo fondamentale è quello relativo alla formazione. Nel Pnrr si parla molto di Its, i centri di alta formazione che portano alla creazione di operai ultra-specializzati esperti di nuove tecnologie. Il Piano presentato dal governo ha stanziato risorse ingenti sulla formazione, ma serve uno sforzo ulteriore. «Al Sud – conclude Bentivogli – si sta creando un circolo vizioso per cui una minore concentrazione di aziende manifatturiere porta a una ridotta efficacia degli Its stessi. Invece è necessario garantire uguale accesso a questi istituti, al nord come al sud. Inoltre c’è da ricordare come serva indicare una rotta precisa su cui andare dal punto di vista industriale. Abbiamo dimostrato durante la pandemia di essere capaci di riconvertirci rapidamente o di concentrare gli sforzi in determinati settori cardine. Ora, ci sono altre aree su cui puntare: le batterie per le auto elettriche o il 5G, ma anche le navi intelligenti. Serve però che il Pnrr preveda degli elementi di integrazione europea, altrimenti c’è un elevatissimo rischio di parcellizzazione, con il sottofondo di un accordo franco-tedesco».














Articolo precedenteDa Targa Telematics una piattaforma di Smart Mobility per Cortina 2021
Articolo successivoTutti gli appuntamenti con Cim4.0 ad A&T






LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui