Una cabina di regia per gestire la crisi: così Bayer ha giocato d’anticipo sul Covid

di Marco de' Francesco ♦︎ La multinazionale tedesca del farmaco - 43,5 miliardi di euro di fatturato – ha iniziato la sua battaglia contro il Coronavirus il 24 febbraio. Smart working per gli amministrativi e misure di sicurezza per gli addetti alla produzione hanno garantito la continuità delle tre business unit del Gruppo – farmaceutica, crop science, consumer health. L’iniziativa #SempreInsieme, realizzata utilizzando Teams di Microsoft, e le donazioni a enti e ospedali

Bayer employee filling cell culture media in a flask. Photo credits media.bayer.com/

L’industria farmaceutica italiana, con un valore di produzione pari a 32 miliardi, è la prima d’Europa. Ciò è dovuto in parte alle aziende che battono il tricolore, e ancor più alle tante multinazionali tedesche, francesi, inglesi e americane che hanno eletto l’Italia come luogo di produzione ideale. È un settore strategico per il Paese, come la meccanica; e lo è ancora di più da quando si è diffuso il Coronavirus: insieme alla ricerca, è parte della cura e della soluzione. 

Ora, con le nuove misure di contenimento annunciate a fine aprile dal presidente del consiglio Giuseppe Conte, siamo entrati nella “Fase 2″. Il momento più acuto sembra superato, e alcuni limiti all’attività delle aziende sono stati allentati. Ma nei mesi scorsi la Farmaceutica non si è mai arrestata. I precedenti decreti avevano previsto una apposita eccezione. Ma come hanno fatto le industrie di settore a rimanere operative?







Un esempio è quello della Bayer, multinazionale tedesca del farmaco che in Lombardia ha la sede italiana e due stabilimenti: a Garbagnate, nel settore farmaceutico, e a Filago, nel comparto agrofarmaci. L’azienda il 24 febbraio, tre giorni dopo il primo caso “italiano” di Coronavirus, ha istituito una cabina di regia per gestire la crisi. Il giorno dopo, tutti gli amministrativi erano in smart working; gli informatori scientifici sono stati fermati ma gli addetti ai servizi di manutenzione delle macchine di Radiologia sono rimasti operativi. Gli addetti alla produzione, poi, hanno continuato il loro lavoro: Bayer ha anticipato le misure di sicurezza – distanze, mascherine, igienizzazione – che il governo ha imposto due settimane dopo. E ora, nella Fase 2, continua a seguire le regole che si è auto-imposta.           

Con l’iniziativa #SempreInsieme, infine, si è creata un’arena virtuale per far rivivere il clima aziendale e accrescere il senso di appartenenza all’impresa. Ma vediamo nel dettaglio tutte le misure assunte dalla multinazionale.

     

La cabina di regia

Werner Baumann, ceo di Bayer (Photo: Bayer AG)

Com’è noto, i primi casi confermati di Coronavirus in Italia risalgono al 31 gennaio 2020; ma riguardavano turisti stranieri, originari della provincia di Hubei in Cina. I “focolai” italiani emergono solo il 21 febbraio e nei giorni successivi: prima a Codogno, nel Lodigiano, e poi a Vo’ euganeo, e poi ancora in Emilia-Romagna, in Lazio e in Piemonte. L’azienda ha deciso di agire con prontezza. Il 24 febbraio, assai prima che il governo prendesse decisioni drastiche con i decreti “Cura Italia” e “Chiudi Italia”, la filiale italiana della multinazionale tedesca aveva dato vita ad una cabina di regia, un vero e proprio comitato di gestione della crisi che responsabilizzava tutte le figure di vertice, e cioè i responsabili locali delle tre business unit – la farmaceutica; la crop science (agro farmaci); e la consumer health (farmaci da banco che non richiedono la ricetta medica) – e, a cascata, quelli delle singole attività dell’azienda: legale, sicurezza, produzione e tutti i processi. Si trattava di garantire la continuità produttiva dell’azienda – che non poteva fermarsi, dal momento che peraltro produce farmaci salvavita per cardiopatici ed emofilici – e al contempo la salute di tutti i dipendenti. Tutte le decisioni vengono assunte il giorno stesso.  

 

I provvedimenti di Bayer Italia

Bayer Italia ha 1.600 dipendenti. Tra questi, 600 lavorano nella sede centrale di Milano, negli stabilimenti produttivi di Garbagnate Milanese e di Filago. Il primo è specializzato nella produzione e nel confezionamento di farmaci in forma solida come compresse e microcapsule, distribuite sia in Italia che all’estero; il secondo nello sviluppo di agrofarmaci in forma liquida nonché nel confezionamento di prodotti fitosanitari e agrobiologici sia in forma liquida che solida. I due stabilimenti, come vedremo, hanno affrontato la crisi in modo diverso. Gli altri mille sono informatori scientifici del farmaco. Questi ultimi sono stati subito fermati dall’azienda, perché il loro lavoro, che comporta spostamenti e contatto umano, li esponeva a rischio di contagio. Lo stop continua anche adesso, in Fase 2. Hanno continuato ad operare, invece, gli addetti ai servizi di manutenzione delle macchine di radiologia. Tutti conoscono Bayer come il “colosso farmaceutico”; chi si occupa di industria sa che è un gigante con un fatturato di 43,5 miliardi di euro, e che impiega 104mila collaboratori in giro per il mondo. È un’azienda globale che peraltro investe 5,3 miliardi all’anno in ricerca e sviluppo. Non tutti sanno che, all’interno della business unit farmaceutica, c’è una divisione in particolare che rappresenta un’eccellenza riconosciuta, la Radiologia. Qui si incrociano competenze farmaceutiche, di software e ingegneristiche, per dar vita a strumentazioni fondamentali per la diagnostica. Che sono destinate a ospedali e cliniche, strutture che peraltro in questo periodo soffrono uno stress particolare. Per questo motivo l’azienda ha deciso di non interrompere l’operatività dei manutentori.

Bayer Consumer Health Headquarters in Basil. Photo credits media.bayer.com/

Quanto ai lavoratori della sede centrale, già il 25 febbraio, sono stati tutti posti in smart working. Con questo termine in genere si intende l’esecuzione del lavoro caratterizzata dall’assenza di vincoli orari o spaziali e da un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita con accordi tra dipendente e azienda. Ma, con tutta evidenza, data la situazione, qui si è realizzata la versione più spinta, quella del telelavoro, e cioè dell’attività svolta a domicilio grazie all’assistenza di strumenti informatici e telematici. Si è trattato, in un certo senso, di delocalizzare gli uffici. Chi era in smart working nella Fase 1, continua ad esserlo in Fase 2. Stessa sorte per gli impiegati di Garbagnate e Filago. Quanto invece ai lavoratori dello shopfloor, hanno avuto una sorte diversa, almeno temporaneamente, tra i due stabilimenti. Garbagnate, è uno dei nove “lighthouse plant” migliori al mondo secondo il World Economic Forum. È cioè un impianto faro, uno di quelli che servono ad illustrare ad aziende meno evolute le possibilità offerte dall’innesto di nuove tecnologie sui processi industriali. È stato fondato nel 1946, ha 330 dipendenti e dalle sue linee escono ogni anno 10 miliardi di pastiglie, per lo più destinate alla Cina. Soprattutto, in questo stabilimento sono stati investiti 42 milioni di euro per l’innovazione dei processi, 30 nel 2018 e 12 nel 2019. Processi che sono stati digitalizzati: qui sono operativi software diversi: Erp, Mes per l’analisi chimica e microbiologica e tanti altri. Si raccolgono e si esaminano miliardi di dati (si legga, in proposito, questo articolo di Industria Italiana) soprattutto in vista del just in time e della flessibilità produttiva.

A febbraio l’azienda, ancor prima che il governo si esprimesse sulla possibilità dell’industria farmaceutica di rimanere operativa, ha deciso di continuare la produzione. E ha adottato per i dipendenti tutte quelle precauzioni che poi sono state assunte dal governo a marzo con il Protocollo Sicurezza: controllo della temperatura corporea all’ingresso, mantenimento della distanza tra persone, utilizzo di maschere e guanti, igienizzazione degli ambienti, pulizia delle mani, entrate e uscite scaglionate e altro. Va detto che in questo genere di industria i dipendenti in produzione sono già abituati all’utilizzo di mascherine, guanti, tute speciali; si tende ad evitare qualsiasi tipo di contaminazione. Con il diffondersi del virus in Lombardia, si è deciso di alzare l’asticella della sicurezza. Successivamente, il “Chiudi Italia” ha consentito alla Farmaceutica, e quindi a Garbagnate, di continuare a produrre: è un’attività esente da chiusura obbligatoria, in quanto strategica considerata la situazione. Va detto che tutta la filiera è operativa, non solo l’azienda che realizza il prodotto finale. Tutti i fornitori possono continuare a realizzare i propri componenti o a conferire le proprie materie prime o i propri semilavorati. Ma i trasportatori che arrivano negli stabilimenti Bayer non possono scendere dai mezzi. Per Filago, invece, le cose sono andate diversamente. Ha dovuto chiudere per due settimane, a causa del codice di attività diverso. Tuttavia, qualche girono fa lo stabilimento ha potuto riaprire i battenti; e ora si adottano le stesse precauzioni di Garbagnate. A Filago le misure sono forse percepite dai lavoratori come più impattanti, perché la diversa attività non richiede in genere le cautele adottate a Garbagnate.            

 

#SempreInsieme 

Laboratorio di ricerca Bayer a Berlino. Photo credits media.bayer.com/

Uno dei problemi che si poneva era quello di mantenere, con lo smart working, le normali relazioni sociali all’interno dei gruppi di lavoro. Che non sono costituite solo da ordini, verifiche, scambi di opinioni in materie tecniche. Contano anche le chiacchiere da pausa caffè, da corridoio. L’azienda è diventata sempre più consapevole che l’interazione tra persone è un valore, e che la mancanza di un contatto vero poteva rappresentare alla lunga un limite alla stessa attività lavorativa. Di qui la creazione di una piazza virtuale, realizzata utilizzando Teams di Microsoft, l’hub di Office 365 che consente di invitare tutte le persone con cui si lavora a chattare e comunicare; e permette di effettuare chiamate e di collaborare in un unico spazio virtuale. È una app grazie alla quale si possono condividere adesivi, emoji, sia in chat che in messaggi uno-a-uno; tecnicamente, poi, il numero di partecipanti alla chat è illimitato. Si possono anche condividere e modificare documenti Word, PowerPoint e file Excel in tempo reale. Bayer ha pensato di creare questa arena online per far rivivere il clima aziendale e accrescere il senso di appartenenza all’impresa. I primi ad utilizzare l’hashtag #SempreInsieme sono stati i manager del personale, che hanno avviato un primo livello di comunicazione; poi, a cascata, come in una catena di Sant’Antonio, sono stati coinvolti tutti. L’azienda assicura che il livello di relazione è molto libero, e che riguarda anche argomenti assai eterogenei rispetto all’attività produttiva: si consigliano letture, si forniscono notizie su come passare il tempo con i ragazzi a casa, e informazioni di questo genere.                  

 

La prima donazione

Monica Poggio, ad Bayer Italia

Bayer, come si è visto, ha un rapporto fortissimo con la Lombardia. Sia per i due importanti stabilimenti produttivi, che per rapporti di filiera. Il legame con la Sanità regionale è poi scontato, considerata l’attività. Comunque sia, il 18 marzo è la data della prima donazione proveniente dall’azienda: un milione di euro destinati alla Regione, che utilizzerà questo finanziamento per acquistare macchinari di terapia intensiva e sub intensiva, a favore di ospedali che a causa del virus si trovano in uno stato di emergenza. Per “terapia intensiva” si intende quella strumentazione a supporto delle funzioni vitali: ad esempio, il respiratore meccanico, il monitor multiparametrico, il defibrillatore, le pompe infusionali, l’impianto di aspirazione. Apparecchiature che presuppongono la necessità di un monitoraggio continuo dei pazienti, inseriti in reparti dove vengono trattati i casi più critici. Lo scopo è quello di stabilizzarne le condizioni. Con l’esplosione del virus, il trattamento dell’insufficienza respiratoria con ventilazione artificiale ha assunto un rilievo peculiare.

In Lombardia, il 10% dei ricoverati sperimenta questo genere di terapia. Quella subintensiva riguarda casi meno gravi, anche se bisognosi di un costante monitoraggio. Non è standardizzata, e quindi non esistono regole che ne definiscano le pratiche. Tuttavia, nel caso di infezione da Coronavirus, si fa l’esempio dei caschi respiratori, che seppure alla vista fanno una certa impressione, non sono invasivi come i respiratori meccanici. La Lombardia, ad oggi 5 aprile – ma i numeri cambiano di continuo – ha fatto registrare 49mila casi totali di coronavirus, con quasi 9mila morti. Attualmente, sono ricoverate 12mila persona, di cui oltre 1.300 in terapia intensiva. Si è verificata una crescita drammatica, a marzo. Secondo la Ceo di Bayer in Italia, Monica Poggio, «è di fondamentale importanza garantire risorse e accesso alle cure più adeguate del maggior numero di persone possibile, e ci auguriamo che, anche grazie a questa donazione, gli ospedali lombardi così duramente messi alla prova possano potenziare i posti per trattare i pazienti più gravi». Sulla vicenda si è espresso anche il Ceo globale, Werner Baumann: «Mi auguro che questo gesto di solidarietà all’Italia possa essere un aiuto concreto alla grave situazione di emergenza in Lombardia, così duramente colpita dal Coronavirus, e sostenere attivamente l’azione degli ospedali e del personale sanitario che lavorano incessantemente per tutelare la salute dei cittadini». 

 

Altre donazioni

Un ricercatore Bayer esamina un garppolo d’uva dopo un trattamento fungicida in un laboratorio dell’headquarters del Crop Science division di Bayer in Monheim am Rhein, Germany. Photo credits media.bayer.com/

Altre azioni concrete nella lotta al Coronavirus arrivano direttamente dai dipendenti di Bayer Italia. In accordo con le rappresentanze sindacali aziendali è stata infatti avviata una raccolta fondi da destinare alla Protezione Civile Nazionale, in prima linea nella lotta alla pandemia. Ciascun dipendente ha potuto contribuire alla raccolta offrendo un numero di ore lavorative della propria giornata. Il ricavato, pari a quasi 3.700 ore, è di oltre 50mila Euro e verrà offerto al Fondo della Protezione Civile per il sostegno delle famiglie degli operatori sanitari che hanno perso la vita a causa del Coronavirus. Questa iniziativa si aggiunge a quella promossa dal Cral aziendale che, con un gesto di solidarietà per ringraziare il personale sanitario in prima linea nella lotta contro il virus, ha contribuito con una donazione al sostegno di Croce Rossa italiana, Policlinico Ospedale Maggiore di Milano, Asst Fatebenefratelli, Sacco di Milano e Asst Rhodense di Garbagnate Milanese.














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