Battery2030+ : le opportunità per l’industria dell’iniziativa europea sulle batterie

di Andrea Ballocchi ♦︎ Integrazione di funzionalità smart, producibilità e riciclabilità. Sono gli obiettivi del programma della Ue per creare accumulatori più leggeri e performanti. Sensori che rilevano reazioni chimiche ed elettrochimiche monitorano continuamente lo stato di salute e della sicurezza della cella, permettendole di auto-ripararsi

Il Dipartimento di Scienze applicate e tecnologia del Politecnico di Torino, coinvolto nel progetto Battery 2030+

La partita della transizione energetica si gioca anche sulla gestione dell’energia, sulla possibilità di accumularla e usarla quando necessario. Le batterie sono le soluzioni in grado di permettere tutto questo. Sono al centro di molteplici interessi e di un mercato stimato da 250 miliardi di euro da qui al 2025. L’Unione Europea vuole ritagliarsi una fetta più importante del 5% circa che oggi detiene, cercando di aumentare la propria quota rispetto a quella preponderante detenuta dall’Asia. Anche per questo ha avviato Battery 2030+, la più importante iniziativa di ricerca europea su larga scala e a lungo termine che vede impegnate 5 università, 8 centri di ricerca e 3 associazioni industriali.

L’obiettivo dichiarato è sviluppare batterie sostenibili, a livello ambientale ed economico, con prestazioni elevate, dotate di un certo grado di intelligenza. La richiesta maggiore proviene dall’automotive, in particolare dalla produzione di auto elettriche: servono però “motori” sempre più leggeri e capaci di un’autonomia 5/10 volte maggiore di quella attuale.







 

La batteria: cos’è e come funziona

L’approccio olistico dell’iniziativa Battery 2030+

Che nasca per le auto elettriche o per l’energy storage, nulla cambia nel funzionamento di una batteria. Essa accumula una carica elettrica e la restituisce nella fase di scarica. È costituita da un insieme di celle elementari, elettricamente collegate l’una all’altra in maniera tale da raggiungere il valore desiderato di tensione e corrente. La cella è il dispositivo che converte l’energia chimica in energia elettrica, mediante specifiche reazioni. Comprende gli elettrodi, due piastre che si caricano positivamente (catodo) e negativamente (anodo). Essi sono immersi in un particolare liquido, l’elettrolita, che separa anodo e catodo e fornisce il mezzo per trasferire gli ioni tra i due elettrodi. La tecnologia più diffusa è quella agli ioni di litio, in commercio dal 1991. È presente all’interno dei telefonini e nei computer, nelle batterie delle auto elettriche e nelle soluzioni di energy storage per accumulare l’energia dalle fonti rinnovabili.

Ci sono varie tipologie di batterie agli ioni di litio che si possono differenziare in base al materiale del catodo: litio cobalto ossido, litio-ferro-fosfato, litio-ossido di manganese, litio-nichel-cobalto-manganese, e allo studio ce ne sono altre su cui si concentra l’interesse del mercato soprattutto per ridurre quegli elementi critici già oggi difficili da reperire. Una delle tecnologie oggi su cui si concentra un certo interesse è quella delle batterie allo stato solido. Esse impiegano elettroliti solidi, invece di quelli allo stato liquido presenti negli accumulatori agli ioni di litio. Samsung, uno dei più importanti produttori al mondo, proprio di recente ha fatto sapere di aver messo a punto un prototipo circa il 50% più piccolo in volume rispetto a una batteria agli ioni di litio convenzionale, potendo assicurare un’autonomia ai veicoli elettrici potenzialmente di 800 km. La società sud coreana scommette su una tecnologia in crescita esponenziale: secondo Global Market Insights, il mercato globale delle soluzioni a stato solido è stimato passare da circa 100 milioni di dollari nel 2018 a oltre 2 miliardi di dollari entro il 2025.

 

Batterie auto elettriche: perché sono al centro dell’interesse

Crescita prevista della domanda globale di batterie per uso (a sinistra) e regione (a destra). Fonte Battery 2030

Le batterie per le auto e i mezzi elettrici riscuotono così tanto interesse per diversi motivi, economici e ambientali. L’Europa si è data obiettivi ambiziosi per ridurre i consumi di energia e la dipendenza da fonti fossili, aumentando l’efficienza energetica, l’impiego di energie rinnovabili e ridurre quanto più possibile il ricorso al petrolio. Puntare su mezzi di trasporto “green” è un punto importante se si considera che ogni anno, in Unione europea, auto e altri mezzi di trasporto commerciali consumano circa 275 milioni di tonnellate di benzina e diesel.

I veicoli elettrici diventano strategici e si avviano a prendere sempre più spazio nel mercato: secondo il report Energy Transition Outlook 2019 realizzato da Dnv Gl, nel 2032 i veicoli full electric per trasporto passeggeri rappresenteranno la metà del totale venduto in tutto il mondo. Questo perché i costi delle batterie saranno drasticamente calati: oggi costano 156 dollari per chilowattora, solo nel 2010 il costo era di 1000 dollari/kWh. Ma rappresentano ancora oltre un terzo del valore dell’auto. Secondo Bloomberg New Energy Finance nel 2023 si raggiungerà il prezzo di 100 dollari/kWh, che rappresenta il prezzo necessario affinché un’auto elettrica media costi quanto una equivalente vettura con motore endotermico.

 

Batterie per automotive ed energy storage: l’impegno dell’Europa

Interazioni tra le diverse aree di ricerca di Battery 2030+. Fonte Battery 2030

In Europa, oltre all’impegno delle case automobilistiche, c’è l’intento di creare un’industria delle batterie competitiva. Per questo è nata la European Battery Alliance, nel 2017. Si intende arrivare quanto prima a una produzione su larga scala: l’esempio più attuale è la prima gigafactory europea, Northvolt, che verrà inaugurata in Svezia nel 2021 e avrà una capacità produttiva dichiarata di 32 GWh l’anno di batterie agli ioni di litio. Intanto, però, si lavora anche sulla ricerca a medio e lungo termine: il Piano d’azione strategico sulle batterie, pubblicato dalla Commissione europea nel 2018, chiedeva questo. Una risposta è  Battery2030+, iniziativa di ricerca europea su larga scala per progettare “le batterie sostenibili del futuro, per consentire all’Europa di raggiungere gli obiettivi previsti dall’European Green Deal”.

La roadmap della ricerca individua tre direzioni principali: miglioramento dei materiali attivi e componenti delle batterie; integrazione di funzionalità intelligenti; producibilità e riciclabilità. Nel primo caso si lavora sulla ricerca e sviluppo delle migliori interfacce tra elettrodo ed elettrolita. La costituzione di una buona interfaccia è un elemento molto importante perché permette il buon funzionamento della batteria e può ridurre le problematiche legate alla decomposizione degli elettroliti durante le ricariche.  All’interno di Battery2030+ è partita l’iniziativa denominata Big Map (Battery interface genome) – Materials acceleration platform: un aspetto centrale è lo sviluppo di un’infrastruttura dati europea condivisa in grado di eseguire l’acquisizione, la gestione e l’utilizzo autonomo dei dati relativi a tutto il ciclo di sviluppo della batteria.

Inoltre, per aumentare la durata e la sicurezza delle batterie si lavora a integrare funzionalità intelligenti. In questo caso ci si propone di sviluppare sensori per rilevare le reazioni chimiche ed elettrochimiche, per attuare il monitoraggio continuo dello stato di salute e della sicurezza e permettere addirittura alla cella di auto-ripararsi. L’intenzione, quindi, è creare delle smart battery, integrando le nuove tecnologie di rilevamento nel Battery management system, il cervello dell’accumulatore, per favorire una connessione attiva in tempo reale per mettere in atto la procedura di gestione e di auto-riparazione.

 

Battery 2030: il ruolo del team italiano

Il Dipartimento di Scienze applicate e tecnologia del Politecnico di Torino, coinvolto nel progetto Battery 2030+

Per l’Italia l’unico ente oggi coinvolto è l’Electrochemistry Group del Dipartimento di Scienze applicate e tecnologia del Politecnico di Torino. Lo guida Silvia Bodoardo, docente di Chimica e svolge attività di ricerca finalizzata alla comprensione di tutti gli aspetti legati all’accumulo elettrochimico di energia, riguardanti veicoli elettrici, l’energy storage da fonti rinnovabili e il bilanciamento delle smartgrid. Opera in stretta collaborazione con diverse aziende, tra cui le italiane: Fpt Industrial, Comau, Piaggio, Cnh Industrial, il Centro Ricerche Fiat, Lithops, parte del gruppo Seri, “unica realtà italiana che produce elettrodi per celle a ioni di litio”, Archimede Energia, Manz, GM, Fev, specializzata nella produzione, sviluppo e integrazione delle batterie a ioni di litio ad alte prestazioni, Mavel, azienda valdostana specializzata in tecnologie per lo sviluppo di motori e sistemi di controllo per la trazione automobilistica.

È la stessa coordinatrice del Gruppo torinese ad aggiornarci sullo stato dell’arte del progetto: «la prima fase di Battery 2030+, durata un anno e mezzo, terminerà a maggio, ma già a gennaio è stata lanciata la seconda call e sono aperte le roadmap che delineano tempi e ambiti per progettare le batterie del futuro». Sui motivi che hanno reso possibile l’avvio di Battery2030+, la stessa docente spiega che «oggi in Europa la produzione di batterie è molto limitata, anche se si sta sviluppando. Ma non possiamo pensare di rincorrere l’Asia che è molto più avanti di noi e detiene il 95% del mercato. Come Unione Europea possiamo puntare a realizzare qualcosa di assolutamente innovativo rispetto a quanto oggi esistente».

Silvia Bodoardo, docente di Chimica al Politecnico di Torino

L’emergenza Coronavirus ha rallentato l’attività di ricerca in laboratorio, ma non la prosecuzione dell’iniziativa di coordinamento, che nella prossima release (Battery2030plus) vedrà anche una partecipazione più allargata: per l’Italia entrerà anche Enea, ma ci saranno altri enti e l’apporto di Paesi nuovi come Polonia, Austria, Finlandia, Olanda. Silvia Bodoardo e il team di Electrochemistry Group saranno leader nel work package su “education”. In pratica dovranno coordinare il gruppo di lavoro europeo e le attività riguardanti lo sviluppo delle competenze dei giovani che dovranno poi realizzare le “batterie intelligenti” in Europa. «La formazione è un aspetto fondamentale: oggi c’è una grande necessità di forza lavoro specializzata, a partire dagli ingegneri agli elettrauto». Nella gigafactory NorthVolt si reclutano esperti in Asia «perché mancano in Europa».

Per questo il Politecnico di Torino ha aperto un master europeo, uno dei primi nel continente, dedicato alle tecnologie di accumulo. «Battery2030+ è prevalentemente rivolto al settore degli electric vehicle perché è quello a maggiore richiesta oltre ad avere delle complessità più marcate, soprattutto per il rapporto prestazioni/dimensioni: occorre offrire una maggiore potenza contando però su soluzioni di ingombro ridotto e più leggere – spiega la docente – Nel caso dello storage per il fotovoltaico, per esempio, la questione dei volumi è secondaria». La necessità di contare su flotte auto e veicoli commerciali e industriali a emissioni zero o quasi è ormai imprescindibile anche per rispondere ai rigorosi vincoli normativi.

 

Le batterie del futuro: il ruolo dell’Intelligenza Artificiale e le soluzioni più interessanti

Batterie commerciali attuali e prestazioni mirate di possibili scenari futuri. Fonte Battery 2030

Per realizzare batterie non solo più performanti, ma anche smart, c’è bisogno dell’Intelligenza Artificiale: «svolge un ruolo prezioso sotto diversi aspetti. Da un lato viene impiegata nel settore di ricerca mirato a inserire sensori nelle celle presenti nel pacco batteria: un salto di qualità enorme», in quanto oggi l’elettronica e la “intelligenza” è veramente minima, legata per lo più al controllo di temperatura, tensione, corrente e stato della carica, gestiti dal BMS. «Contare, infatti, su sensori interni a ogni singola cella consente di aumentare il loro numero e moltiplicare l’accuratezza e la varietà dei parametri, incrementando la conoscenza di quanto avviene all’interno delle batterie. Inoltre, si traduce nella possibilità di avere un notevole mole di dati: questo, però, richiede un Battery management system decisamente evoluto per gestire tutte le informazioni. L’obiettivo è creare un sistema di gestione della batteria capace di apprendere e a sua volta “insegnare” agli altri BMS la corretta gestione degli altri pacchi batteria. L’AI diventa quindi fondamentale in tal senso».

Inoltre, l’Artificial Intelligence svolge un’altra funzione essenziale per realizzare nuovi materiali innovativi: potendo acquisire tutti i dati prodotti nei laboratori internazionali, si possono processare ed elaborare, selezionando le informazioni più adatte a orientare la ricerca nella direzione più corretta. «La modellazione dei dati possibile grazie all’Intelligenza artificiale ci aiuta già oggi a ridurre la fase sperimentale, che solitamente richiede tempi molto lunghi, indirizzandola al meglio. Infine, grazie all’AI è possibile perfezionare la manutenzione predittiva, in modo da aumentare la durata e la vita utile della batteria e dei suoi componenti», precisa Bodoardo. A proposito, invece, di soluzioni tecnologiche che caratterizzeranno le batterie del futuro, «si punta a un ritorno del litio metallico, perché in grado di assicurare una capacità dieci volte superiore a quella della grafite oggi usata nelle batterie agli ioni di litio»; è necessario tuttavia risolvere il problema dell’elevata reattività del litio che pone problemi di sicurezza.

La tecnologia attuale agli ioni di litio usa un anodo di grafite e vari componenti per il catodo, mentre l’elettrolita è un sale di litio sciolto in un solvente organico. «L’idea è sostituire la grafite col litio metallico e l’elettrolita liquido con un materiale solido che permetta la conducibilità degli ioni. Questa strada rappresenta il futuro». C’è poi un altro filone promettente per aumentare la densità energetica, indispensabile per garantire un’autonomia maggiore alle auto, quindi più km percorsi: si tratta delle tecnologie litio-zolfo e litio-aria. «Entrambe assicurano performance più elevate rispetto alle Li-Ion, soprattutto quella che punta sull’aria, ma in questo caso in particolare siamo ben lontani da un sistema affidabile. Nel caso dello zolfo, invece, siamo molto più vicini al mercato, perché la modalità di produzione è molto simile a quella dei componenti oggi più diffusi e commercializzati. Inoltre, lo zolfo è disponibile in abbondanza ed è un grande vantaggio. Addirittura, c’è la possibilità di impiegare quello derivante dagli scarti della lavorazione del petrolio, progetto già avviato con Shell, che così eviterebbe il problema del suo smaltimento».














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