Aveva: ecco il software industriale che vuole aiutare le utility a spiccare il volo

di Renzo Zonin ♦︎ La multinazionale che fattura oltre 1,6 miliardi sfrutta extended reality, AI e cloud dedicate al mondo dell'energia per un nuovo approccio alla manutenzione predittiva e ordinaria. I casi Eni, Enel, Edf, Duke Energy. Parla Maurizio Galardo, Cto Xr dell'azienda

Il settore delle Power&Utilities (P&U) è oggi impegnato in due complesse transizioni, entrambe importanti per il suo futuro. Da una parte quella che porterà a ridurre l’uso delle fonti energetiche fossili in favore delle rinnovabili, al fine di ridurre le emissioni di CO2; dall’altra, la trasformazione digitale del settore, oggi in gran parte ancora funzionante con sistemi di automazione non di ultima generazione. Le due trasformazioni sono più strettamente collegate di quanto non sembri a prima vista. Di fatto, la transizione alle fonti rinnovabili moltiplicherà esponenzialmente la quantità di asset che le aziende dovranno gestire, dalle microcentrali ai sistemi di accumulo, e gran parte di questi nuovi asset saranno di tipo “non deterministico”, ovvero avrà un comportamento poco prevedibile e soggetto a continue variazioni. Gestire queste nuove realtà in modo efficiente sarà impossibile con gli strumenti “tradizionali” dell’automazione. In più, la digital transformation porterà anche una serie di vantaggi concreti, legati all’utilizzo dei dati. «Se possiedi un dato che sei in grado di strutturare e categorizzare, puoi trarne un valore – spiega Maurizio Galardo, Chief Technologist XR di Aveva – Molti clienti non capivano che quando vendevano un asset, se erano in grado di controllarlo – non nelle operation, ma nei suoi stati – potevano ottenere indietro un valore ancora maggiore di quello realizzato dalla vendita. Perché analizzando i dati si potevano per esempio modificare la direzione della ricerca & sviluppo, o applicare patch per correggere problemi di progettazione».

La trasformazione digitale, quindi, è in grado di portare risultati concreti non solo in termini di migliore gestione dei sistemi, ma anche di creazione di nuovi flussi di revenue, di riduzione dei costi grazie alla predizione dei guasti, e via discorrendo. Ma per realizzare tutto questo servono tecnologie all’avanguardia. Come quelle proposte da Aveva, azienda inglese da 6.500 dipendenti, 13 miliardi di euro di capitalizzazione e 1,6 miliardi di revenue. Nata da uno spin-off universitario, dopo una serie di fusioni e acquisizioni (in particolare Schneider Electric Software e OsiSoft), Aveva è un player a tutto tondo nel software industriale, settore nel quale copre tutto il ciclo a partire dalla progettazione, alle operation, alla gestione dei sistemi di maintenance e supply chain ad essi collegati. Dalle sue origini, Aveva si porta dietro un notevole know-how nei sistemi di visualizzazione avanzata (era nata nel Cad marittimo), e ha ereditato dalle varie acquisizioni competenze profonde nei sistemi di realtà virtuale e aumentata (Aveva li riunisce nell’espressione Xr, eXtended Reality), di algoritmi per l’Intelligenza artificiale, di gestione del cloud. Tecnologie che sviluppa costantemente nei suoi 10 centri di ricerca sparsi in tutto il mondo, dove lavorano 2.000 ricercatori. Secondo Galardo, che in Aveva dirige il team (basato in Italia) che si occupa di sviluppare le tecnologie legate alla visualizzazione 3D in eXtended Reality, al centro della trasformazione digitale delle P&U ci sono i dati, ma è importante saperli sfruttare utilizzando le tecnologie adeguate. La prima è il cloud, dove immagazzinare i dati in modo organizzato in modo da renderli disponibili per i successivi utilizzi. La seconda è l’intelligenza artificiale: tramite gli algoritmi sviluppati da Aveva, i clienti possono eseguire l’analytics dei propri dati in cloud per individuare in anticipo i guasti, o migliorare la gestione dei sistemi complessi come le reti di distribuzione elettrica. La terza è la Realtà Estesa, che può mettere a disposizione degli operatori strumenti capaci di semplificare le operazioni di manutenzione, la ricerca di anomalie, il training del personale, eccetera, realizzando nella pratica il concetto dell’”augmented operator”. Queste tecnologie, singolarmente o combinate fra loro, sono state impiegate fra l’altro con clienti come Eni, Enel, Edf e altri. Sulla strada che le utility devono percorrere per implementare il digitale nei loro processi, però, c’è anche qualche ostacolo. In particolare, il punto più critico è che molti impianti sono stati progettati in modo “analogico”, ovvero senza usare Cad, oppure se lo si è usato il progetto non corrisponde più all’originale per modifiche e adattamenti apportati in seguito. Il primo passo da fare, quindi, spesso consiste nella digitalizzazione “ex-post” degli asset aziendali, che fornirà la base di lavoro sulla quale operare per portare il sistema ai livelli richiesti da Industry 4.0. 







 

Le necessità dell’industria

Maurizio Galardo, Chief Technologist XR di Aveva

Tutti i maggiori attori del settore P&U sono oggi impegnati su vari fronti di ricerca. Devono imparare a bilanciare il mix di fonti energetiche, sfruttando l’analisi dei big data per accelerare l’adozione delle fonti rinnovabili e del gas naturale; devono ottimizzare il funzionamento degli impianti, sfruttando le analytics per ridurre i costi e le emissioni inquinanti, e contemporaneamente massimizzando la resa economica; in più, devono sviluppare nuovi modi di interagire con i clienti. E se alcuni operatori del comparto stanno progredendo in modo deciso sulla rotta della trasformazione digitale, molti altri stanno ancora valutando le scelte da fare. In questo Aveva, con il suo ecosistema di oltre 4.000 system integrator certificati, può essere d’aiuto. «Aveva ha relazioni dirette con alcuni major account a livello globale, le varie Shell, Chevron eccetera. Ma gli stessi prodotti, le stesse tecnologie che diamo a loro possono essere utilizzati con profitto da aziende anche piccole, che raggiungiamo tramite il canale. In Italia per esempio abbiamo Wonderware Spa come distributore, il quale a sua volta interagisce con i system integrator che sono l’interfaccia tecnica con il cliente. Attraverso questa rete sono veicolate le soluzioni software di Aveva, che spaziano dal Digital Twin all’Asset Strategy, dall’Asset Performance Management fino ai sistemi per Connected Worker e Mobile Operator Rounds.

 

Un esempio di applicazione di Ai: il caso Enel

Il Digital Wall di Aveva

Il segmento dell’elettrico è quello da cui Aveva trae circa un terzo dei suoi guadagni, grazie anche all’eredità portata da Schneider Electric Software. Niente di strano quindi se alcune implementazioni d’avanguardia delle sue tecnologie riguardano proprio questo comparto. Una collaborazione molto interessante è quella con Enel, fra i maggiori produttori e distributori globali di elettricità e gas, che ha recentemente implementato il sistema Aveva Predictive Analytics per utilizzare l’intelligenza artificiale nel suo piano di sviluppo di impianti autonomi. Il prossimo passo sarà probabilmente la creazione di grandi control room centralizzate dalle quali tenere sotto controllo i microimpianti, senza più personale on site. Dalla control room si potrà visualizzare tutto quello che succede nell’impianto, dalla normale produzione ad eventuali allarmi, e in caso di guasti si potrà vedere in dettaglio quale componente non funziona, visualizzare le immagini delle telecamere di sorveglianza, collegarsi agli operatori addetti alla manutenzione ordinaria e straordinaria che saranno equipaggiati con tablet oppure occhiali Ar. Utilizzando i software per i connected worker, i manutentori potranno essere guidati passo per passo nelle operazioni necessarie a ripristinare l’impianto, evitando il sempre possibile errore umano. «È un supporto a 360° che va dalla gestione dei micrositi al supporto del personale che non è fisso nell’impianto, ma deve intervenire in caso di problemi» spiega Galardo.

Ma c’è un’altra parte interessante del progetto. Enel ha infatti adottato la suite Aveva Asset Performance Monitoring, che ha permesso all’azienda di collegare i data set dei micrositi e delle microgrid con i sistemi di intelligenza artificiale. «Il sistema impara dagli asset distribuiti e li va a connettere con una rete neurale molto complessa, per fornire allarmi preventivi sui guasti. Nel giro di un anno abbiamo operato su 23 Gw di potenza, e utilizzando l’Ia abbiamo evitato oltre 220 guasti di sistema». E prevenendo i guasti nei micrositi, si riducono i corrispondenti problemi sulle microgrid che li collegano. La combinazione di tutto ciò porterà ad avere una control room unificata che permette di accedere a informazioni sui guasti, su cosa comportano e su cosa fare per evitarli. Con la particolarità che il sistema Ai avvisa in anticipo gli operatori riguardo i possibili guasti. Una prima conseguenza è stata che Enel sta potenziando la catena di manutenzione operativa, perché le unità che si occupano di riparare i guasti sono meno impegnate. «Enel ha impianti in tutto il mondo e stiamo lavorando con loro a livello globale. Con i nostri prodotti stanno ottenendo ottime performance, come dicevo oltre 220 failure evitati con l’analisi predittiva, un risultato importante anche dal punto di vista economico».

 

Altri esempi di utilizzo dell’Intelligenza artificiale e della Realtà Estesa

L’Extended Reality di Aveva

Enel è forse il caso più noto, ma le applicazioni di queste tecnologie al settore sono molte. Per esempio, restando in Italia, anche Eni sta sfruttando la Extended Reality. In particolare, ha realizzato una soluzione che consente di effettuare il training del personale destinato a impianti che sono ancora in costruzione. Il lavoratore da formare utilizza occhiali VR che mostrano i digital twin delle varie componenti dell’impianto in costruzione, e visualizzano informazioni di realtà aumentata sul funzionamento previsto. Grazie a questo sistema, Eni ha eliminato i tempi morti che di solito sono richiesti all’avvio di un impianto per procedere all’addestramento del personale.

Altre applicazioni avanzate riguardano il segmento delle pipeline, nel quale l’impiego combinato di sensori di pressione e algoritmi di Ia consente di tenere sotto controllo e individuare tempestivamente eventuali perdite, in modo da fornirne la posizione esatta in tempi brevissimi, evitando così potenziali disastri. Altri esempi interessanti provengono da oltreoceano. In Messico, la Cfe (Commissione Federale Messicana dell’Elettricità) ha implementato le soluzioni Aveva Smart Grid per allineare asset, operazioni e forza lavoro agli standard internazionali, migliorando l’affidabilità (e la sostenibilità) della fornitura di elettricità per il Paese. Negli Usa invece, la Duke Energy sfrutta il software per l’analisi predittiva degli asset Aveva per monitorare centralmente gli asset di generazione. La riduzione dei guasti registrata ha permesso finora di risparmiare circa 50 milioni di dollari, 30 dei quali da un singolo evento intercettato in anticipo.

 

Il cloud come fattore abilitante

L’interactive Wall di Aveva

Tutti i moduli software di Aveva fanno capo al cloud gestito dalla società, dove i clienti possono depositare i propri dati e da dove possono lanciare i vari moduli di analytics, monitoraggio eccetera. Aveva si occupa della gestione It dell’infrastruttura, compresa la parte di cybersecurity che diventa sempre più importante, e il cliente non deve preoccuparsi di nient’altro che non sia l’analisi dei dati ai fini del proprio business. Tuttavia, l’uso del cloud Aveva non è obbligatorio. «Se il cliente ci dice che ha già un suo cloud, che poi spesso è un account su Azure o altri, possiamo migrare alcuni nostri prodotti sotto il suo account, tramite una piattaforma chiamata Connect. Altri clienti chiedono di avere le soluzioni on premise. Noi le abbiamo e possiamo fornirle, però in certi casi tendiamo a sconsigliare questa soluzione. Nel caso dell’Ia, per esempio, avere i data set per addestrare gli algoritmi on premise risulta dispendioso, sicuramente non conveniente per il cliente. In altri casi abbiamo fatto installazioni ibride, perché ci sono clienti che hanno bisogno che alcune attività vengano svolte localmente, in edge, ma magari un’operazione locale va triggerata da un’istanza nata sul cloud. Comunque, i nostri prodotti possono essere consegnati sia in locale, sia in cloud o in ibrido» afferma Galardo. Tra l’altro, essendo i prodotti modulari, è possibile sfruttare la base dati comune per lavorare con vari moduli software. E grazie a un sistema di licenza chiamato “Flex”, il cliente può acquistare non un singolo prodotto, ma un certo numero di “token” che gli consentono di usare diversi prodotti Aveva a seconda delle sue esigenze, per esempio passando da un prodotto di ingegneria a un sistema di analytics basato su Ai. Una formula, quella di Flex, in linea con la filosofia di Aveva. «Noi vogliamo mettere a disposizione dei nostri clienti la “performance intelligence” – spiega Galardo – ovvero la possibilità di accedere a un bagaglio di analytics intelligenti che, in base alle circostanze, possono supportare il personale nella prevenzione problemi, guasti, di catastrofi ambientali o strutturali per tutto il mondo industriale. Qui parliamo di utilities, ma il prodotto è agnostico riguardo ai settori di impiego. La recente acquisizione di Osisoft va in questa direzione, perché il migliore algoritmo di intelligenza artificiale non può fare nulla se non gli si forniscono dati adeguati. E Osisoft è il leader mondiale per quanto concerne i dati conservati per anno». 














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