Brembo, Bosch, Marelli, Sogefi & co: storie di componentisti auto che tentano di reagire alla crisi nera del settore

di Filippo Astone e Marco de’ Francesco ♦︎ Viaggio tra importanti aziende di un settore che vale quasi 50 miliardi di euro, dà lavoro a 2.200 aziende e 160 mila persone e fa paura: nei primi otto mesi del 2020 è in calo del 36%. Parliamo anche di Costamp, Atop, Dell'Orto, Omr, Gruppo Cln, Landi Renzo, Ufi Filters. Quasi tutte aziende che stanno reagendo bene, ma questo non deve trarre in inganno: a soffrire di più, e a morire, sono e saranno soprattutto le piccole che, proprio perché piccole, faticano a sostenere i cambiamenti imposti dall'elettrico

Pinza del freno Brembo montata su Ferrari 458 Italia

L’industria italiana, e quindi anche l’economia, si regge su tre pilastri: componentistica auto, macchinari e chimico-farmaceutico. La componentistica (ci si perdoni la ripetizione, ma è inevitabile e così accadrà per tutto l’articolo) vale quasi 50 miliardi di euro, dà lavoro a 2.200 aziende e 160mila persone ed è in crisi nera: solo nei primi otto mesi dell’anno l’Istat prevede un calo del 36%. Negli altri articoli collegati a questo, scenderemo nei particolari e cercheremo di dare un significato ai numeri, proponendo soluzioni. Crisi nera per colpa di due sciagure. La prima è il Covid, che ha quasi dimezzato le vendite di auto in tutto il mondo. La seconda è la scellerata scelta (europea ma rafforzata in Italia) di far morire le motorizzazioni diesel velocemente per far spazio all’elettrico prima, decretando così la fine di un’eccellenza tutta italiana.

Le motivazioni ambientaliste, come Industria Italiana ha spiegato in numerosi articoli, sono semplicemente risibili: i moderni motori diesel, dall’euro 6 in su, inquinano quanto e forse meno delle auto elettriche. E comunque, la stragrande maggioranza dell’inquinamento urbano proviene dai riscaldamenti degli appartamenti, non dalle auto. E il 50% dell’inquinamento auto arriva da freni e pneumatici, non dal motore. Ma la moda e la ricerca del consenso populistico valgono più della ragione: a suicidio già in corso non si può più fare nulla. Se non, per quanto possibile, cavalcare il nuovo trend dell’elettrico e sperare che il Covid passi presto.







Ma come stanno reagendo le principali aziende del comparto? Quali strategie stanno percorrendo per reagire alla crisi e produrre componenti per l’auto elettrica? In questo articolo abbiamo scelto di raccontare 11 storie, scelte sia per la dimensione delle aziende protagoniste, e sia per il significato di quello che sta avvenendo. Ci sono imprese che puntano sull’idrogeno, altre sui freni controllati dall’intelligenza artificiale, altre ancora sui propulsori elettrici o su scocche in alluminio capaci di mitigare il surriscaldamento delle batterie. Si tratta di iniziative molto diverse le une dalle altre, per via della grande diversificazione di prodotto che caratterizza il comparto. Abbiamo analizzato i casi delle aziende più grandi, come quelli di Marelli e Bosch Italia, che sono integratori di sistema e fornitori di moduli e che hanno un rapporto diretto con i carmaker. Come noto, la prima azienda è nata di recente, dall’unione di Magneti Marelli, uscita dal perimetro Fca, con la giapponese Calsonic Kansei. Ora è uno dei primi dieci player del mondo.

La seconda, operativa in Italia da un secolo, sta affrontando il pesante arretramento del diesel. Pertanto, sta ristrutturando l’impianto di Modugno (Bari) diversificando il prodotto e imboccando la strada del green. Ma anche quelli dei grandi specialisti, come Sogefi, Brembo, Omr, e Cln. Ad esempio, la prima è nota per i filtri, la seconda per i freni; i bilanci di entrambe hanno risentito molto della congiuntura sfavorevole. Sempre fra gli specialisti, ma ad un livello inferiore in termini di volumi, Landi Renzo, Ufi Filters, Dell’Orto. Il mondo dei supplier comprende altre figure, come i subfornitori e quelli che svolgono attività di engineering e design. Appartengono a quest’ultima categoria, Costamp Group, che realizza stampi per componenti, e la Atop, che invece realizza linee complete per produrre motori elettrici. La stragrande maggioranza delle aziende che raccontiamo sta, tutto sommato, reagendo bene alla crisi, e investe nei cambiamenti necessari a cavalcare il trend dell’auto elettrica. Ma ciò non deve trarre in inganno: la stragrande maggioranza delle 2.200 aziende del settore (come vedremo con maggiore dettaglio in un successivo articolo dedicato ai numeri) sono medie e soprattutto piccole, anche piccolissime. Sono loro a portare sulle spalle gran parte del peso della crisi di questo settore vitale. E, non di rado, a morire.

Produzione industriale settore automotive. Ad agosto 2020, rispetto al precedente mese di luglio, il dato destagionalizzato della produzione industriale italiana del settore automotive (cod. Ateco 29) registra una variazione positiva del 6,2%, mentre nel trimestre giugno-agosto 2020, rispetto al precedente trimestre marzo-maggio 2020, risulta in crescita del 154%. Fonte Anfia

Frenano bruscamente i conti di Brembo: ma c’è un asso nella manica

La Brembo, resa grande da un’imprenditore di seconda generazione mitico come Alberto Bombassei, è un’azienda simbolo del quarto capitalismo: famigliare, molto orientata all’esportazione, importanti investimenti in ricerca e sviluppo (che ha generato, tra l’altro, i famosi freni in carbonio ceramico), leader in un settore di mercato che si è praticamente “inventata”: freni ad alta tecnologia per marchi del lusso come Ferrari, Porsche, Mercedes e Aston Martin. È guidata da un amministratore delegato esterno alla famiglia, Andrea Schillaci (proveniente da una fortunata carriera in Toyota), che riporta al vice presidente esecutivo Matteo Tiraboschi, genero del presidente, essendo marito di Cristina Bombassei. Fino ad oggi è sempre cresciuta, ma il 2020 sarà ricordato come l’anno del brusco rallentamento.  Dopo i maxi ricavi di 2,64 miliardi di euro del 2019, quelli dei primi sei mesi di quest’anno sono risultati pari a 951,1 milioni, in calo del 28,2%. Ma soprattutto l’utile netto ha subito una flessione dell’83,8% sino a quota 20 milioni (2,1% sui ricavi), contro i 123,4 milioni (9,3%) del primo semestre 2019.

Disco in carbonio ceramico Brembo per Bmw

Per il futuro c’è però un asso nella manica: il primo freno della nuova era, quello per auto green. In pratica, il collegamento tra pedale e disco sarà elettrico e controllato dall’intelligenza artificiale. Questo consentirà di ridurre i tempi di frenata. Non solo, l’azienda quasi due anni fa ha scommesso sulla Cina: a Nanchino ha inaugurato un nuovo stabilimento di 450 dipendenti per produrre due milioni di pinze freno in alluminio all’anno. Non è un caso: la Cina è un Paese molto avanzato per l’elettrico; e i produttori locali vanno nella direzione del green.

Alberto Bombassei, presidente di Brembo

Mistero sui numeri della nuova Marelli ex Fiat ora Kkr. Intanto cavalca l’onda green producendo propulsori elettrici e altri componenti per veicoli a zero emissioni

Marelli è il maggior componentista italiano, con una lunga e gloriosa storia alle spalle. Con circa 62mila dipendenti nel mondo, il perimetro di Marelli conta 170 fra stabilimenti e centri di ricerca e sviluppo in Europa, Asia, America, e Africa e un fatturato di 13,4 miliardi di euro nel 2019. Il player mondiale della componentistica nasce dalla cessione, da parte di Fca, dell’italiana Magneti Marelli al fondo americano Kkr. Questo possiede anche la giapponese Calsonic Kansei (azienda da 8,9 miliardi di euro e 22mila dipendenti, fino al 2017 di proprietà Nissan), che è stata unita alla società di Corbetta in un solo gruppo e sotto un unico marchio globale. In tutto, parliamo di oltre 20 miliardi. Non sono ancora noti risultati relativi all’andamento della nuova Marelli.

Automotive Lighting è la divisione di Magneti Marelli con sede a Reutlingen, Germania, dedicata allo sviluppo, alla produzione e alla vendita di prodotti di illuminazione automotive da esterno per le maggiori OEM internazionali. Credits: Magneti Marelli Archive

Marelli ha diverse aree di prodotto: dai sistemi di lighting a quelli di climatizzazione, dalle soluzioni per in comfort in cabina all’elettronica di telaio, dai moduli per abitacolo chiavi in mano alle sospensioni e agli ammortizzatori e tanto altro. Molto è dedicato all’auto green: ad esempio, Marelli realizza propulsori del tutto elettrici come quello della Porche Taycan. Marelli peraltro ha implementato un portale web dove vengono inserite informazioni sulla catena logistica, condivise con 11mila supplier. I fornitori possono, ad esempio, inviare le bolle elettroniche e al contempo scaricare le etichette con il marchio Marelli, per semplificare le operazioni di ingresso. Il gruppo guidato dal Ceo Beda Bolzenius, inoltre, ha annunciato una partnership strategica con la società di Shanghai Highly International, per costituire la joint-venture Highly Marelli Holdings Co., che si occuperà di comfort climatico dell’abitacolo. Per Bolzenius c’è la chance «dell’accesso diretto e immediato al mercato cinese».

Beda Bolzenius, ceo di Marelli

Sogefi (Cir-De Benedetti): con le sospensioni per l’elettrico tornerà il sereno sui numeri?

È tra i leader mondiale in due aree di attività: filtri e sistemi di gestione dell’aria e del raffreddamento motore; componenti per le sospensioni. È un’azienda storica della componentistica auto made in Italy, portata al successo quasi vent’anni fa da un amministratore delegato che si chiamava Roberto Colaninno e che da li ha iniziato la sua carriera a fortune alterne di imprenditore e di scalatore di Telecom Italia. Quotata in Borsa, un tempo era una provincia dell’impero, adesso (con un giro d’affari di circa un miliardo e mezzo nel 2019) è l’attività più importante della famiglia di Carlo De Benedetti che, dopo aver ceduto Repubblica, controlla quest’azienda e una catena di cliniche e case di riposo.

Sogefi è tra i leader mondiale in due aree di attività: filtri e sistemi di gestione dell’aria e del raffreddamento motore; componenti per le sospensioni

Nei primi sei mesi del 2020, Sogefi ha patito un forte calo; ma anche grazie ad alcune iniziative finanziarie e industriali “green”, nel terzo trimestre l’azienda mantovana ha registrato un utile netto di 5,6 milioni, a fronte di 1,4 milioni nel 2019, numeri che hanno permesso di recuperare parzialmente il crollo dei due trimestri precedenti. Nei primi nove mesi del 2020, i ricavi di Sogefi sono ammontati a 860,6 milioni, in flessione rispetto al corrispondente periodo del 2019 del 25,1% a cambi storici e del 21,9% a cambi costanti. Il Gruppo, nel periodo, ha registrato un risultato netto negativo per 23,2 milioni rispetto a un utile di 8,3 milioni nel 2019. Ma che cosa sono questi iniziative green? La divisione sospensioni di Sogefi ha acquisito un ordine importante da un primario produttore di veicoli full electric nordamericano. E soprattutto, è stato sviluppato un nuovo prodotto, una sospensione conica a passo variabile, per soddisfare i requisiti di leggerezza e di “time to market” delle auto elettriche. Inoltre, ad ottobre il gruppo ha ottenuto nuovi contratti di finanziamento a medio termine per complessivi 134,5 milioni, concessi da istituti italiani e francesi.

Carlo de benedetti, fondatore Cir Sogefi

 

Il profondo Rosso di Landi Renzo: l’idrogeno aiuterà?

Quotata in Borsa, Landi Renzo ha un giro d’affari intorno ai 200 milioni di euro, il che la rende uno dei più grandi componentisti italiani. È specializzata nella produzione di impianti a gas per motori termici, apparentemente quanto di più lontano ci sia dall’elettrico. E anche per questo motivo si è verificato un profondo rosso nei primi sei mesi dell’anno, con un fatturato quasi dimezzato (- 41,3%) e a quota 59,9 milioni rispetto ai 102 milioni dello stesso periodo del 2019; e con un risultato netto in campo negativo per 6,7 milioni, contro il valore positivo di 2,9 milioni registrato alla metà dell’anno scorso. Il gruppo di Cavriago (Reggio Emilia) aveva chiuso il  2019 con ricavi pari 191,8 milioni di euro, in aumento del 2% rispetto al 2018. Quotato in Borsa, realizza sistemi completi di alimentazione alternativa a Gpl e metano per autotrazione, ma anche riduttori di pressione, iniettori, e altro. È presente in 13 Paesi con 500 dipendenti e 17 società. Stefano Landi è il presidente esecutivo, mentre Cristiano Musi è l’amministratore delegato.

Landi Renzo: kit evo con rail girs 12. L’azienda è specializzata nella produzione di impianti a gas per motori termici, apparentemente quanto di più lontano ci sia dall’elettrico

Il Covid-19 sembra non aver fermato le attività di ricerca e sviluppo. A marzo, insieme all’Università di Modena e Reggio Emilia, si è assicurato un bando regionale per sviluppare sistemi di celle a combustibile e produzione di idrogeno; e la controllata statunitense Landi Usa aveva già ottenuto un grant  per realizzare soluzioni tecnologiche “near zero emission”, adatte ai nuovi motori a gas “7.3 litri”, propulsori che saranno lanciati nei prossimi anni sul mercato americano.

Cristiano Musi, ceo Landi Renzo

Bosch Italia soffre per la contrazione del diesel, e punta sulla conversione alla mobilità green del sito di Bari, che oggi è in forte crisi. Ma che ieri ha inventato e diffuso in tutto il mondo il common rail

Con un giro d’affari globale di quasi 80 miliardi di euro, la tedesca Bosch da tempo immemorabile è il primo componentista auto mondiale. Il leader. Fin da quando inventò le candele per la batteria. Produce una gamma infinita di componenti auto, ma anche ricambi e attrezzature elettroniche. Ed è protagonista anche dei settori dell’automazione e degli elettrodomestici. È l’unico componentista straniero di cui ci occupiamo in questa inchiesta sui componentisti italiani, e lo facciamo per due motivi. Il primo è la sua enorme rilevanza in questo settore industriale del nostro Paese. Il secondo è lo stretto legame con una invenzione italiana che ha conquistato il mondo e che dimostra l’estrema importanza delle motorizzazioni diesel nella nostra economia: il common rail, prodotto soprattutto nello stabilimento di Bari, un sito che da lavoro a 2000 dipendenti su 6000 in totale e che, come vedremo meglio più avanti, oggi sta dando non pochi grattacapi alla multinazionale tedesca. Il common rail (ovvero in italiano, condotto comune, o collettore comune) è un sistema di alimentazione montato sui motori diesel. Inventato dal fisico barese Mario Ricco, è stato poi sviluppato, e pre-industrializzato dal gruppo Fiat (Magneti MarelliCentro Ricerche Fiat filiale di Bari ed Elasis), e infine ceduto a Bosch, che l’ha industrializzato e prodotto su larga scala, con un enorme successo. Il lancio mondiale per le vetture di serie è avvenuto nel 1997 con la prima applicazione su Alfa Romeo 156 1.9 e 2.4 JTD. Per circa due anni, il sistema è rimasto un’esclusiva di FiatAlfa Romeo e Lancia, poi è stato montato sulla totalità dei maggiori gruppi automobilistici.

Iniettore common rail

Il common rail ha portato a un notevole progresso nei motori diesel, con progressiva riduzione delle cilindrate e miglioramento delle prestazioni, caratteristiche che lo hanno reso sempre più competitivo sul mercato motoristico per la mobilità individuale, in precedenza dominato dal benzina. Insomma, se il diesel si è diffuso in tutto il mondo, è stato soprattutto a causa del common rail ideato e prodotto dalla Bosch di Bari, anzi di Modugno. Lì il calo di volumi sul diesel potrebbe generare – si legge in un verbale di riunione del giugno dello scorso anno tra l’azienda e esponenti del Mise620 esuberi nel 2022, su 2mila occupati. Per questo motivo a Modugno è stato avviato un duplice processo di riconversione sia nell’ambito dell’automotive “tradizionale” (con componentistica diesel e non) sia verso la mobilità elettrica, seppure con un processo graduale, che inizialmente sarà concentrato solo sull’e-bike. Anche se soffre a Bari, Bosch sulla mobilità elettrica è tutt’altro che indietro. Con un portfolio ricco di soluzioni e di componenti avveniristici si sta, anzi, posizionando sulla frontiera della nuova stagione automobilistica green. A livello globale, l’azienda di Gerlingen (Baden-Württemberg), guidata dal Ceo Volkmar Denner, fornisce motori elettrici, elettronica di potenza e trasmissione; e si “alleata” con l’austriaca Benteler per realizzare, in partnership con Automobili Pininfarina, una piattaforma elettrica destinata al segmento luxury dell’auto green. La piattaforma è già dotata di sistemi frenanti, unità di controllo, motore, servosterzo elettrico. Bosch è presente nel Belpaese dal 1904, quando fu inaugurato un primo ufficio di rappresentanza a Milano. Oggi è guidata dal Ceo Fabio Giuliani, ha 19 sedi, quattro centri di ricerca e 6.200 collaboratori. Nel 2019 ha fatto registrare ricavi per 2,25 miliardi di euro, in calo dell’8,4% rispetto all’anno precedente. Nello stabilimento di Offanengo (Crema) la Vhit, azienda della divisione Mobility Solutions del gruppo Bosch sta realizzando un primo modello di pompa per veicoli green, l’Elop, che sarà in produzione nel 2022.

Fabio Giuliani, general manager Bosch Italia e Grecia

Dell’Orto, storico leader dei carburatori, punta sui sistemi di raffreddamento per le batterie

La Dell’Orto di Cabiate (Como) fattura 100 milioni di euro e produce, tra l’altro, carburatori, corpi farfallati, alimentatori di carburante. Il vicepresidente Andrea Dell’Orto ricorda che l’azienda «produce anche valvole per la gestione dei gas di scarico – componenti per i motori diesel di categoria Euro 4 o superiori. Ora saranno utilizzate anche per i motori a benzina; ma, intanto, abbiamo riscontrato perdite sul mercato tedesco». L’azienda ha  investito tempo fa sull’elettrico e sull’ibrido, e in particolare sul thermal management, e cioè su un sistema di raffreddamento per le batterie, che costituiscono una componente essenziale dei veicoli green.

Carburatore Dell’Orto. L’azienda produce anche corpi farfallati e alimentatori di carburante

«A luglio, poi – continua il vicepresidente – abbiamo siglato un accordo con Energica di Modena per la realizzazione di un sistema completo di E-power destinato a mezzi elettrici-green di taglia piccola e media. L’obiettivo è quello di offrire soluzioni avanzate ai costruttori, mettendo insieme il know-how dell’azienda modenese nella motorizzazione elettrica e quello nostro nei sistemi di iniezione. Solo che, in questo caso, il ritorno non è immediato; mentre i cali derivanti dall’arretramento del diesel sono concreti».

Andrea Dell’Orto vicepresidente dell’orto

Costamp Group regge l’urto della crisi e punta sull’alluminio anche in funzione dell’elettrico

Si chiama Costamp Group e a sede a Sirone (Lecco), e ha integrato la storica Modelleria Brambilla, leader negli stampi per componenti automotive, quotandosi in Borsa grazie a questo reverse merger. Gli ambiti di applicazione sono il power train, e quindi le scatole di cambio, i blocchi cilindri, i sovratesta, le scatole frizione e altro; ma anche le traverse, le portiere, i duomi, i supporti, la console centrale, le flange. Fra i clienti, Bmw, Lamborghini, Renault, Nissan, Fca, Maserati, General Motors, Dacia e Ferrari. Al 30 giugno l’azienda ha registrato una situazione più serena di altre di comparto. Ricavi per 25,4 milioni nel primo semestre, contro i 28,7 dello stesso periodo del 2019: e quindi un calo dell’11,5%. Il risultato di esercizio è stato migliore di quello del primo semestre dello scorso anno: 1,1 milioni, contro i 610mila euro, con un incremento del 90%.

L’interno dello stabilimento Costamp. Gli ambiti di applicazione sono il power train, e quindi le scatole di cambio, i blocchi cilindri, i sovratesta, le scatole frizione e altro; ma anche le traverse, le portiere, i duomi, i supporti, la console centrale, le flange

Intanto l’azienda avanza con l’R&D, sta attualmente lavorando al progetto Puzzle Die, parzialmente finanziato da Horizon 2020, con l’obiettivo di allungare la vita degli stampi e migliorare la qualità dei pezzi prodotti. Tempo fa, peraltro, il Ceo e presidente Marco Corti ha peraltro affermato che i veicoli con batterie per la propulsione verde saranno progettati con strutture in alluminio, per isolare termicamente gli accumulatori, le cui prestazioni degradano quando si surriscaldano; e perché questo metallo è più leggero dell’acciaio, pur avendo ottime caratteristiche meccaniche. Pertanto il gruppo realizza stampi in alluminio e in magnesio.

Marco Corti, ceo e presidente di Costamp

La Atop realizza linee complete per la produzione di motori elettrici 

Fra le aziende operative nelle attività di engineering e design, la Atop, azienda di Barbarino Tavarnelle (Firenze) del gruppo Ima (guidato dal presidente e Ceo Alberto Vacchi). L’acquisizione da parte della società emiliana era avvenuta nel 2017 in partnership con il fondo di private equity Charme di Matteo Cordero di Montezemolo. Nel 2019 Ima ha negoziato con il fondo l’acquisto del 63% di Atop. Dalla fondazione, nel 1993, si è occupata di macchine per la produzione di motori elettrici, un tempo destinati al settore degli elettrodomestici, o a quelli degli utensili da lavoro. La trasformazione in atto nel mondo delle quattro ruote ha messo in evidenza il know how consolidato, cui si è aggiunta una costante attività di innovazione tecnologica. Ora la Atop progetta e realizza linee complete per la produzione di motori elettrici destinati alla trazione ibrida ed elettrica.  Fornisce soluzioni personalizzate e intere. Atop ha intercettato il trend dell’elettrificazione sul nascere: la prima linea è stata consegnata nel 2016. I risultati non si sono fatti attendere: il fatturato è raddoppiato in due anni, passando dai 37,6 milioni del 2017 ai 76,3 milioni del 2019.

Atop (Gruppo Ima), macchine per la produzione di motori elettrici universali. Atop ha intercettato il trend dell’elettrificazione sul nascere: la prima linea è stata consegnata nel 2016. I risultati non si sono fatti attendere: il fatturato è raddoppiato in due anni, passando dai 37,6 milioni del 2017 ai 76,3 milioni del 2019

Il Gruppo Cln, leader nelle ruote in acciaio, in un progetto sull’auto green on-demand

Il Gruppo Cln è uno dei principali fornitori globali di componenti in metallo (stampati o profilati) per autovetture, ed è operativa nel settore della produzione di ruote in acciaio. La storia del gruppo risale alla fondazione della Mafem da parte di Mario Magnetto, nel 1948. Con sede a Caselette (Torino), il gruppo nel 2019 ha fatto registrare ricavi per 1,55 miliardi; occupa 7.305 dipendenti distribuiti in 32 stabilimenti siti in dieci Paesi. Quanto ai mercati di riferimento sono l’Europa (Italia, Germania, Regno Unito, Spagna, Russia), il Brasile e gli Usa. Peraltro, insieme alla piemontese Prima Industrie di Collegno (che si occupa di sistemi laser per applicazioni industriali, di strumentazioni per la lavorazione della lamiera e altro) e ad una ventina tra aziende ed enti, il gruppo guidato dal presidente e  Ceo Aurora Magnetto partecipa al progetto Avanguard, che ha ottenuto dal programma quadro europeo Horizon 2020 sette milioni di euro. Si tratta, riporta La Repubblica, di realizzare una mini-fabbrica per produrre piccole auto elettriche on-demand con tecniche di prototipazione veloce basate su sistemi laser. In questo quadro, il contributo del gruppo Cln riguarda lo studio di nuovi materiali.

Gruppo Cnl: progetto di body in white destinato a Nissan. Il body in white si caratterizza per ben 269 componenti in acciaio ottenuti da stampaggio e saldatura (saldatura a punti e tecnologia MIG)

Il Gruppo Omr di Marco Bonometti: componenti leggeri per abbattere le emissioni

Nel 2019, ha compiuto un secolo di vita, facendo segnare un fatturato di oltre 770 milioni. Il Gruppo Omr (Officine meccaniche rezzatesi), che occupa 3.600 dipendenti in 16 stabilimenti dislocati in quattro continenti, è una società a capitale privato e familiare.  È espressione della terza generazione il presidente e Ceo Marco Bonometti, che guida anche Confindustria Lombardia. Il gruppo bresciano produce componenti motore e trasmissione, parti strutturali e telai completi per auto e veicoli industriali.

Il Gruppo Omr già dal 2016 ha puntato sull’alluminio, per realizzare componenti più leggeri e diminuire le emissioni di Co2 dei veicoli. Questo metallo, come già indicato parlando della Costamp, costituirà lo scheletro delle auto elettriche

I suoi principali clienti sono Fca, Ferrari, General Motors, Vw Audi, Mercedes, Bmw, Ford, Renault, Peugeot, Iveco, John Deer, Dana, Caterpillar, Rotax, Same, Piaggio e Cnh. Il Gruppo già dal 2016 ha puntato sull’alluminio, per realizzare componenti più leggeri e diminuire le emissioni di Co2 dei veicoli. Questo metallo, come già indicato parlando della Costamp, costituirà lo scheletro delle auto elettriche. Secondo quanto dichiarato in più occasioni da Bonometti, d’altra parte, il futuro è quello segnato dai veicoli green e dalle auto a guida autonoma.

Marco Bonometti, presidente e ceo di Omr, presidente di Confindustria Lombardia

Scambiatori di calore per le piattaforme elettriche di Audi e Porsche dal Gruppo Ufi Filters

Ufi Filters produce, per il settore automotive, filtri aria, olio, carburante, abitacolo; nonché quelli idraulici e coolant, così come sistemi di thermal management. Fondato nel 1971, negli ultimi dieci anni il gruppo ha raddoppiato il fatturato, che nel 2019 ha fatto segnare quota 179 milioni di euro. Con sede a Porto Mantovano e guidato dal Ceo Rinaldo Facchini, Ufi Filters dispone oggi di 19 siti industriali e conta oltre 4mila dipendenti in 19 paesi e impiega 168 tecnici specializzati nei propri centri di innovazione e ricerca.

Thermal Management System Ufi Filters per veicoli ibridi ed elettrici

Detiene 233 brevetti. Sono 110 i prodotti del gruppo utilizzati in ogni gara di Formula 1; d’altra parte questi sono impiegati dal 95% dei carmaker a livello globale. A maggio è emersa la notizia che Ufi Filters produrrà gli scambiatori di calore per le piattaforme premium elettriche di Audi e Porsche. Più precisamente, si tratta dei sistemi di raffreddamento dell’olio del cambio automatico; in pratica, modelli green lanciati sul mercato dal carmaker (Volkswagen) saranno dotati di due cooler, uno per l’asse anteriore e l’altro per quello posteriore.














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