Assobiotec-Federchimica: la ripartenza deve passare dalle biotecnologie

L'Italia è ben posizionata nel campo della bioeconomia, ma è necessaria una maggior collaborazione fra pubblico e privato e un dialogo fra la chimica tradizionale e quella bio. Le opinioni di Elena Sgaravatti, Filippo Servalli e Deborah Piovan

Elena Sgaravatti, membro del consiglio di presidenza di Assobiotec-Federchimica e ceo di DemBiotech.
Elena Sgaravatti, membro del consiglio di presidenza di Assobiotec-Federchimica e ceo di DemBiotech.

Il gruppo di lavoro “Ripensare consumi e impronte sul mondo: anche in Italia la rivoluzione della bioeconomiaha visto imprese, istituzioni e stakeholder della filiera agroalimentare e della bioeconomia confrontarsi sulle priorità del settore. Questo gruppo ha rappresentato la terza tappa del percorso “Biotech, il futuro migliore – Per la nostra salute, per il nostro ambiente, per l’Italia” organizzato da Assobiotec Federchimica, l’associazione nazionale per lo sviluppo delle biotecnologie.

Un settore, quello del biotech, che si appresta ad avere un ruolo chiave nell’economia globale. Ocse stima che nel 2030 rappresenterà l’80% dei prodotti farmaceutici, il 50% di quelli agricoli e il 35% di quelli chimici e industriali. L’Italia è in prima linea su questo settore, ed è fra i leader sia per il numero di progetti di qualità ma secondo Assobiotec Federchimica è necessario connettere più attori della filiera, a partire dagli agricoltori, creando catene di filiere e di valore a basso impatto, stabilendo un dialogo fra chimica e biochimica e puntando a una maggior collaborazione fra pubblico e privato. Secondo Elena Sgaravatti, membro del cdp Assobiotec-Federchimica e ceo di DemBiotech, «Le biotecnologie rappresentano una leva di innovazione importantissima per la Salute del pianeta, centrale per il settore agricolo e industriale, in un’ottica che mette insieme sviluppo economico e tutela dell’ambiente. Le biotecnologie industriali sono una tecnologia chiave per lo sviluppo economico attuale e futuro. Occorre, oggi più che mai, andare avanti con un piano d’azione che non prescinda dagli investimenti in ricerca e innovazione e che assegni alle biotecnologie il loro ruolo di vero e proprio motore di una bioeconomia circolare per una ripartenza sostenibile. L’emergenza Covid ci ha insegnato quanto sia fondamentale incrementare la produzione nazionale e limitare sempre più le importazioni dagli altri Paesi. Dobbiamo sviluppare in questo senso strategie precise che facciano sì che, anche a livello culturale, vengano accettate alternative sostenibili dal punto di vista ambientale ma anche economico e sociale».







Durante la tavola rotonda, Deborah Piovan, portavoce di Cibo per la mente, è urgente produrre cibo in modo più sostenibile sia dal punto di vista economica sia da quello ambientale, e la chiave per ambire a questi risultati è l’innovazione. «È necessario liberare le biotecnologie da vincoli normativi ormai obsoleti», spiega Piovan, aggiungendo che è necessario superare certe posizioni ideologizzate. «Le sperimentazioni, basate sulla variazioni di genoma nelle piante, sono spesso demonizzate dall’opinione pubblica perché rientrano nella categoria ogm. Tuttavia, l’innovazione derivante da queste sperimentazioni è spesso fondamentale per garantire la salvaguardia dei prodotti tipici, del Made in Italy e della biodiversità naturale, anche a fronte di sfide sempre più grandi come il cambiamento climatico».

Filippo Servalli, corporate innovation & research manager di RadiciGroup ha ribadito l’importanza di migliorare il dialogo fra la chimica tradizionale e le biotecnologie, sottolineando che i prodotti bio non portano innovazione solo nel settore agroalimentare, ma anche in altri ambiti, come il tessile e l’automotive, sempre alla ricerca di soluzioni più sostenibili. «Esistono già alcuni prodotti e si sta lavorando per migliorarne le performance, così da rispondere alle richieste anche dei mercati più “demanding”», spiega Servalli.  «All’interno di RadiciGroup ci stiamo muovendo proprio in questa direzione, facendo leva sul nostro consolidato know-how chimico e sulle sinergie tra le business area, per proporre un’offerta di materiali bio, sostenibile anche in ottica costi-benefici»














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