Alla Biennale di Architettura di Venezia i data center sono i protagonisti del Padiglione Irlanda

L’installazione Entanglement mette in primo piano la fisicità delle tecnologie per i dati. Un totem di cavi e schermi mostra le conseguenze sociali e ambientali di ogni clic su Internet

Qual è il principale data center hub europeo? Qualcuno potrebbe essere tentato di dire Londra (nonostante la Brexit), ma la risposta non è corretta: Dublino ha infatti superato la City in quanto a numero di server, tanto che ospita il 25% di tutti quelli presenti in Europa. Un primato che viene ben raccontato nel Padiglione Irlanda allestito alla 17° Biennale di Architettura di Venezia attraverso l’installazione Entanglement, tra le più apprezzate dai critici, che vuole creare un legame con la storia dell’innovazione irlandese nelle telecomunicazioni.

Oggi l’Irlanda riveste un ruolo di punta nell’evoluzione delle telecomunicazioni globali e delle infrastrutture dati, ma il Paese è da tempo protagonista della rivoluzione delle telecomunicazioni: nel 1866 il primo cavo telegrafico commerciale, attraversò l’Atlantico e approdò proprio nell’isola irlandese di Valentia. E sempre qui, nel 1919, Guglielmo Marconi diede vita alla prima trasmissione vocale.







L’Irlanda è stato uno dei primi hub di data center per molti dei giganti tecnologici, inclusi Microsoft, Amazon, Google, Yahoo, Facebook. Le imprese di costruzione e gli studi di ingegneria irlandesi hanno così soddisfatto fin dagli esordi le esigenze del top del settore. Oggi esportano in Europa, Nord America e Medio Oriente supportate da Enterprise Ireland , l’agenzia governativa per l’Innovazione e il Trade, 1° Venture Capital del mondo per numero di investimenti. Aziende come Mercury Engineering, Linesight, Collen Construction, Kirby Group hanno commesse in tutto il mondo. In Italia il mercato dei data center ha avuto un’impennata di attività nell’ultimo anno coinvolgendo anche aziende irlandesi. ll numero di data center operativi in ​​Irlanda è aumentato del 25% nell’ultimo anno, secondo il rapporto di Host in Ireland, l’associazione che raggruppa le imprese irlandesi che progettano, costruiscono e gestiscono data center. Gli investimenti nella costruzione delle strutture sono stati pari a 7 miliardi di euro nel decennio tra il 2010 e il 2020 e altrettanti sono previsti nei prossimi cinque anni. Gran parte degli investimenti riguarderà l’approvvigionamento di energia da fonti rinnovabili, in particolare il vento.

A oggi in Irlanda si contano 70 data center, ma la cifra è destinata a superare la soglia dei 100 in breve tempo. Se oggi queste infrastrutture assorbono l’11% dell’energia elettrica del paese, nel 2028 questo valore crescerà di molto, arrivando al 28%. Un problema per l’ambiente? Non proprio: lo scorso anno le emissioni di carbonio derivanti dai data center sono state l’1,85% del totale, ma nonostante l’espansione si prevede che non cresceranno. Infatti, Governo e aziende sono impegnati a raggiungere l’obiettivo di abbattere il consumo di risorse fossili e di avere entro il 2030 il 70% di elettricità da fonti rinnovabili. Superando le aspettative, nel 2020 l’Irlanda ha totalizzato il 43% di elettricità green. L’aumento dei data center va quindi di pari passo con lo sviluppo di alternative ecosostenibili, in particolare nuove e potenti centrali eoliche che stanno sorgendo al largo delle coste. Ma non solo. La ricerca punta a offrire soluzioni per ottimizzare la gestione dei centri. La start-up Nexalus sta sviluppando una tecnologia per trasformare i data centre in generatori di energia pulita. Il sistema utilizza acqua per raffreddare i server e recupera l’80% dell’energia termica generata: un perfetto esempio di economia circolare.














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