Il settore della plastica e della gomma mostra evidenti segni di ripresa nel primo semestre 2021, con crescite a doppia cifra per fatturato e ordini. Rispetto al periodo gennaio-giugno 2020, la variazione di fatturato è pari al +11%, mentre il portafoglio ordini ha visto un incremento del 46%. Crescono soprattutto gli ordini da clienti italiani (+134% nell’ultimo trimestre). Il rimbalzo del mercato interno conferma così la maggiore propensione agli investimenti da parte delle aziende nazionali, stimolata anche dagli incentivi (credito di imposta per l’ammodernamento degli impianti e per gli investimenti in tecnologie 4.0) previsti dai piani di politica industriale.
Continuano a mostrare vivacità tutti e quattro i più importanti settori di impiego delle macchine per plastica e gomma. In particolare, medicale imballaggio e automotive evidenziano segnali di crescita che i prossimi mesi dovranno confermare mentre si stabilizza il comparto edilizia.
Rimangono però le incognite legate alla diffusione della variante Delta e, soprattutto, le preoccupazioni per gli ancora alti livelli dei prezzi delle materie prime nonché la relativa scarsa disponibilità, fattori che comportano un allungamento dei tempi medi di consegna e una riduzione dei margini. Non rallenta la corsa al rialzo dei noli marittimi, arrivati a livelli record; le difficoltà logistiche e i rincari delle spedizioni si verificano in tutti i quadranti geografici e non è escluso che questa tendenza possa proseguire nel corso dell’estate, poiché in questa stagione in genere aumenta la domanda.
In sintesi, il settore ha fatturato nel suo complesso 3,74 miliardi di euro, con il 76% derivante da clienti esteri. Secondo il Centro Studi Mecs le 350 aziende censite – che occupano poco più di 13.000 addetti – sono concentrate soprattutto in Lombardia (55% del totale), Emilia-Romagna (15%), Veneto (13%). Si tratta perlopiù di piccole realtà: infatti, circa il 74% delle imprese realizza meno di 10 milioni di euro di fatturato, per un valore complessivo che non raggiunge un quarto del totale, con una minore propensione all’export. Parallelamente, le aziende di grandi dimensioni, pur costituendo solo il 26% del totale, generano il 77% del fatturato e raggiungono quote export superiori all’85%.
Il maggiore livello di analisi dell’Indagine – rispetto alle stime del passato – consente di delineare anche le quote di produzione per applicazione e per tecnologia.
Il primo indicatore evidenzia che è l’imballaggio il primo mercato di riferimento dei costruttori italiani e più nello specifico quello alimentare (30% del fatturato) seguito dagli altri segmenti di packaging (12% circa); l’automotive assorbe il 19% della produzione e l’edilizia l’11%; con quote dal 4 al 2% sul totale seguono, a scendere, il medicale, l’agricoltura, l’elettronica/elettrotecnica e le altre applicazioni.
Quanto alle tipologie di macchinari, si osserva che è la categoria degli estrusori, con il 17% del totale, a rappresentare il nucleo più consistente del fatturato totale di settore; a seguire, gli ausiliari con il 12%, le macchine a iniezione con l’11% e le soffiatrici con quasi il 7%. Gli impianti per il recupero/riciclo e la macrocategoria dei macchinari per gomma sfiorano ciascuna una quota del 6%.
Crescita a doppia cifra per macchine ceramica, plastica e packaging
Il Centro Studi Mecs ha analizzato anche le aziende rappresentate da Acimac (Associazione Costruttori Italiani Macchine Attrezzature per Ceramica), Amaplast (Associazione Nazionale Costruttori di Macchine e Stampi per Materie Plastiche e Gomma) e Ucima (Unione Costruttori Italiani Macchine Automatiche per il Confezionamento e l’Imballaggio), che insieme valgono circa 13 miliardi (dato del fatturato aggregato 2020). Questi tre settori nel primo semestre dell’anno hanno incrementato il loro fatturato del 22% rispetto allo stesso periodo del 2020. Gli ordini rispetto a 12 mesi fa sono saliti del +38% mentre si attesta a circa 6 mesi il dato della produzione assicurata.
I dati confermano quindi una volta di più il posizionamento strategico dei tre comparti, in prima linea per la ripartenza economica del Paese nel post-pandemia, e per diverse ragioni storiche: la posizione di leadership tecnologica nel mercato globale, le risorse costantemente investite in ricerca e sviluppo, il know how di una filiera concentrata soprattutto in 4 regioni: Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna e Veneto.
Dando uno sguardo verticale, risalta la crescita di Acimac, il cui fatturato nel primo semestre è aumentato rispetto al 2020 del +54%. Una risalita ancora più significativa se si guarda al primo semestre 2019, con cui la differenza è del +12,8% a dimostrazione di un rimbalzo più strutturale che congiunturale. Il deciso aumento riguarda entrambi i mercati, sia quello domestico (+55,6%), sia l’export (+53,5%). Nel 2020 il comparto ha dovuto far fronte alla chiusura dovuta al lockdown nei mesi di marzo e aprile, condizione sfavorevole che si è aggiunta all’esaurirsi dell’effetto traino degli incentivi fiscali di Industria 4.0 in Italia e a un rallentamento degli investimenti nei mercati internazionali iniziato nel quarto trimestre 2018. Tuttavia, nella seconda metà dell’anno il comparto ha rallentato la frenata, attestandosi alla fine dell’anno a 1,48 miliardi di fatturato.