Nuovi modelli di logistica e supply chain: tutti i cambiamenti dell’elettrificazione. Con Abb

di Laura Magna ♦︎ Per il passaggio alla e-mobility dovranno essere ripensati le flotte aziendali, il trasporto di persone e merci su mezzi pesanti, il commercio. Lo stabilimento produttivo Abb di San Giovanni Valdarno per la produzione di stazioni di ricarica per veicoli elettrici. Il ruolo del Tpl nelle smart city. Lo studio Electrify 2030 di Ambrosetti European House I casi Atm, Arriva, Brebemi, Coca-Cola Hbc, Volvo Trucks Italia, BusforFun e Cortina Express

La transizione elettrica? Per realizzarla non bastano solo veicoli nuovi e diversi, con servizi e after sale relativi; ma bisogna mettere in conto la metamorfosi delle città, della viabilità e dell’industria nel suo complesso. Dovranno essere ripensati, in base al diktat elettrico, le flotte aziendali, la logistica e il trasporto di persone e merci su mezzi pesanti; e dunque tutto il commercio e le supply chain.

Dovrà, in sostanza, cambiare un paradigma. Di questa evoluzione si è parlato nel corso di una tavola rotonda organizzata da Abb con alcuni operatori di diversi settori, segnatamente società di trasporto pubblico come Atm e Arriva, il vertice dell’autostrada Brebemi, manager di big corp come Coca-Cola Hbc e Volvo Trucks Italia e due esponenti di start-up per il trasporto su autobus, BusforFun e Cortina Express.







 

Abb in Italia, al centro dell’ecosistema dell’elettrificazione

L’E-mobility lead manager della Divisione E-mobility di Abb Antonio De Bellis

La multinazionale svizzero-svedese, 2500 miliardi di ricavi globali e 110mila dipendenti in 100 Paesi, è leader mondiale nella mobilità elettrica per quanto riguarda le stazioni di ricarica rapide in corrente continua. E gioca un ruolo di primaria importanza in diversi segmenti della mobilità sostenibile, che in Abb si chiama “mobilità aumentata” perché aumenta le possibilità legate all’elettrico: non solo ricarica per auto privata, ma anche, appunto, flotte aziendali, veicoli commerciali, trasporti su strada, autobus e pullman urbani ed extraurbani. Non solo. La forte specializzazione nell’hardware elettrico del gruppo è incentrata soprattutto nelle fabbriche italiane, dove vengono generati 2,33 miliardi di ricavi.

«Nelle fabbriche italiane il colosso lavora dietro le quinte di smart city, smart mobility, smart building – dice Antonio De Bellis, E-Mobility Lead Manager di Abb – D’altronde gli stabilimenti domestici raccolgono l’eredità dalla storica azienda Tecnomasio Italiano Brown Boveri, che forniva soluzioni per l’elettrificazione dei trasporti ferroviari già a partire alla fine del XIX secolo». E nel 2020 il gruppo ha posato la prima pietra per un nuovo stabilimento produttivo situato a San Giovanni Valdarno, in provincia di Arezzo. «Un impianto – prosegue De Bellis – da 16.000 metri quadri, 3.200 dei quali dedicati a ricerca e sviluppo, che costerà 30 milioni di euro e nel quale verranno realizzati sistemi di ricarica per veicoli elettrici di vario genere: quelli per uso domestico, le colonnine di ricarica per le aree pubbliche e anche sistemi dedicati al trasporto pubblico urbano. Il tutto entrerà in funzione entro la fine dell’anno corrente».

 

La rivoluzione elettrica: si parte dall’auto e si arriva alle città

San Giovanni Valdarno plant Abb

Un cambiamento che segue la via obbligata della transizione elettrica. Obbligata anche per via dei forti investimenti (un terzo dei 2mila miliardi del Recovery Fund) e della tabella di marcia serrata – emissioni zero al 2050 e 100% auto elettriche cinque anni dopo – che impone l’Europa nel suo piano “Fit for 55”. Per riuscire a raggiungerli bisogna tener conto che la mobilità elettrica non può limitarsi ad auto, bici e monopattini elettrici. Gran parte dell’impatto nella riduzione dell’emissione di gas serra passa dalla riconversione dei mezzi pesanti per il trasporto di persone e merci e per garantire servizi pubblici efficienti. Non solo elettrificazione dei singoli veicoli, dunque, ma con loro anche l’infrastruttura che li alimenta: in città, nelle autostrade ma anche nelle aziende, nella logistica, nei servizi pubblici, nei terreni agricoli. Da un lato è una grande opportunità: secondo lo studio Electrify 2030 di Ambrosetti European House, entro il 2030 il mondo dell’elettrico potrebbe attivare in Italia un fatturato cumulato compreso tra 102,4 e 456,6 miliardi di euro (rispetto agli 80 miliardi di valore attuale della filiera dell’elettrico, che coinvolge 17mila imprese e 320mila lavoratori).

Tecnologia Abb per la realizzazione di sistemi di ricarica per veicoli elettrici di vario genere: quelli per uso domestico, le colonnine di ricarica per le aree pubbliche e anche sistemi dedicati al trasporto pubblico urbano

Ma dall’altro è una sfida non indifferente: per stare negli obiettivi zero net di “Fit for 55” mancano all’appello un totale di 660 GW di fotovoltaico e 451 GW di eolico installati entro la fine del decennio, necessari per impiantare 20 gigafactory in cui costruire le batterie. Per centrate l’obiettivo di 6 milioni di punti di ricarica al 2030 si dovrebbero installare fin d’ora 10mila colonnine a settimana. Ed è un guanto di sfida lanciato non solo ai costruttori di veicoli, ma che richiede un cambiamento di paradigma: devono mutare i servizi intorno ai veicoli e l’after market. Si deve spingere sulla sostenibilità e dunque digitalizzare e fare massiccio uso di Ai per non aver trasporto che vada a vuoto. Nei prossimi dieci anni non esisteranno soggetti – aziende ristoranti, hotel ecc che non hanno capacità di caricare un veicolo. Le industrie, soprattutto di grandi dimensioni, dovranno farsi carico del cambiamento delle filiere e dovranno stabilire infrastrutture per rendere sostenibile, per esempio, la movimentazione delle merci nell’indotto, in un raggio normalmente di 50 km, compatibile con l’attuale autonomia delle auto elettriche. Serviranno nuove figure, come il mobility manager, che gestisce gli spostamenti casa lavoro e organizza i trasporti in maniera efficiente e intelligente. Si passa dal concetto di possesso a quello di sharing, con l’acquisto di crediti per il trasporto multimodale che aiuti a muoversi nelle città. Anche le strade diventeranno parte dell’ecosistema potendo diventare alimentatori dei veicoli e fonti di dati. Tutto questo impatta sul redesign delle nostre città. E forse a breve le gas station saranno come le cabine telefoniche?

 

Il ruolo del trasporto pubblico nella transizione all’elettrico delle città

Probabilmente la risposta all’ultima domanda è sì. Ma a che punto è il cambiamento? Un’idea arriva dai progetti realizzati finora dalle municipalizzate che si occupano di trasporti pubblici. Il caso di scuola è quello della milanese Atm che, come spiega Paolo Marchetti, direttore commerciale strategie innovazione e sostenibilità ha «raccolto il guanto di sfida del Comune di Milano che voleva virare verso la sostenibilità nel 2017: una sfida perché implica che cambi il paradigma non solo il modello di autobus. Il nostro piano full electric al 2030 avanza: oggi il 70% dei chilometri percorsi vengono alimentati da fonti elettriche, manca il 30% che fa capo a 1200 autobus che sostituiremo entro il 2030. Cambierà anche il deposito con opportunity charger, cambierà la pianificazione degli orari di esercizio e i processi di manutenzione. Abbiamo 130 veicoli elettrici in città funzionanti ed entro fine anno saranno 170 e abbiamo presso la stazione centrale due punti di ricarica nonché sei punti in zara e i depositi stanno sperimentando una pesante riconversione». I depositi entreranno in città, le città «vedranno tutti i servizi connessi in modalità seamless. Stiamo lavorando anche su nuove tecnologie quale il vehicle to grid per ribilanciare la domanda energetica nel corso della giornata e della notte. E la second life battery, che terminata la vita della batteria per la trazione può sopperire alle necessità di una città».

Nel 2017 il numero di autobus elettrici circolanti in Europa era superiore a 2.100 unità, e di questo totale i mezzi completamente elettrici (Veicoli Elettrici a Batteria – BEV) rappresentavano la maggioranza con 1.560 unità elettriche. Fonte Electrify 2030 di Ambrosetti European House

Il ruolo del trasporto pubblico nello sviluppo della smart mobility è fondamentale, anche alla luce del fatto che il Pnrr mettendo a disposizione un budget importante per fare una serie di investimenti, «include anche l’obiettivo che la quota di trasporto collettivo cresca del 10% – dice Angelo Costa ad di Arriva Italia, parte di un gruppo internazionale e uno dei principali operatori di trasporto pubblico locale in Italia, con focus sul Nord – ma il nostro ruolo è fondamentale anche da un altro punto di vista. La riduzione delle emissioni si fa anche con il trasporto pubblico: potenziarlo e renderlo sostenibile è la soluzione finanziariamente più efficiente per raggiungere i target europei, ovviamente all’interno di un approccio sistemico». Arriva Italia è già partita nella strategia full eletric, per il servizio urbano di Cremona e per gli shuttle che viaggiano tra i due aeroporti milanesi. «Bisogna partire dallo studio del profilo di missione – dice Costa – l’effettivo utilizzo del mezzo che implica come strutturare le infrastrutture, per esempi ricarica overnight o opportunity charge. Questa analisi preliminare è l’aspetto fondamentale e determina dei rischi perché il sistema ha in sé una rigidità estremamente elevata e cambiamenti in corso d’opera sono problematici. Inoltre in un progetto che traguarda un orizzonte temporale piuttosto lungo bisogna valutare la vita utile del mezzo, per la batteria e nel suo complesso».

Viaggio nel Centro di Eccellenza per la produzione di stazioni di ricarica per veicoli elettrici Abb di San Giovanni Valdarno

Le nuove competenze che abilitano la transizione

Colonnine di ricarica di Abb

L’hardware è solo un pezzo della questione. Competenze e software sono altrettanto importanti per abilitare un cambiamento di abitudini e cultura in ambito trasporto pubblico. La trasformazione richiederà il rafforzamento della figura del mobility manager, specializzata nell’organizzazione degli spostamenti casa lavoro nelle aziende. «Nata nel 1998 con il decreto Ronchi – dice Ellen Broccolo, general manager di Cortina Express, società di autolinee a lunga percorrenza e noleggio autobus con conducente (parte del gruppo Glybus) – la figura ha avuto rilevanza strategica con il Decreto Rilancio, che gli attribuito il ruolo di fare da raccordo tra aziende che sviluppano piani di spostamento e pubblica amministrazione, per lavorare in ottica di città vivibile per tutti. L’importanza di questa figura è quella di decongestionare le città e ridurre l’impatto di emissioni clima alterante. Il 45% degli spostamenti sistematici clima alteranti avviene per lavoro e il 25% con il sistema dei trasporti».

È chiaro che un piano di spostamento casa lavoro strategico e cucito addosso alle caratteristiche dell’azienda può essere determinante. «Nelle grandi città sarà privilegiata la sharing mobility che è presente e ha servizio capillare. Nelle piccole città o in periferie si sposteranno su mobilità individuale sostenibili e il lavoro del mobility manager sarà più complesso», dice Broccolo. Di spostamento casa lavoro si occupa anche BusForFun.com, startup nata nel 2020 come piattaforma di connessione tra eventi e persone e virata, causa Covid, su un nuovo business. «Partendo dal dato che le persone dovessero andare in ufficio 2,5 giorni a settimana – dice Luca Campanile, cofounder della società – abbiamo iniziato a usare il veicolo corretto per l’occasione corretta, in base alla richiesta di mobilità sul territorio. I fattori chiave di una ricetta per migliorare lo spostamento casa lavoro sono due. Spostare la mobilità verso la domanda degli utenti e che le prime 40 corporate in Italia siano impulso a questo cambiamento innescando un processo. La richiesta di mobilità arriverà da punti specifici e nel momento in cui la corporate sposa un modello senza time table con bus elettrici, tutto il territorio si adeguerà e le emissioni crolleranno di oltre il 50% quasi istantaneamente e spontaneamente».

Per costruire uno schema all’interno del quale stimare il fatturato realizzabile lungo la filiera industriale della e-Mobility in Italia al 2030, sono stati sviluppati tre scenari alternativi della penetrazione elettrica in Italia al 2030 per tutte le forme di mobilità (auto elettriche, mezzi elettrici su due ruote, autobus elettrici, veicoli commerciali leggeri elettrici e camion elettrici): scenario base, scenario intermedio e scenario accelerato. L’analisi ha raggiunto i seguenti risultati:
– auto elettriche: da 2 a 9 milioni di veicoli; – veicoli elettrici a due ruote: da 240.000 a 1,6 milioni di unità; – autobus elettrici: da 3.307 a 10.188 veicoli; – veicoli commerciali leggeri elettrici: da 202.763 a 630.478 veicoli; – camion elettrici: da 0 a 34.336 veicoli.

 

La spinta propulsiva delle grandi imprese industriali

Le large corp avranno l’onere di fare da apripista con l’innovazione o adeguando impianti, flotte e supply chain alla generazione elettrica e sostenibile. È il caso di Coca Cola Hellenic Italia, che come spiega Fabio Orlandi, direttore della logistica «mira al 2025 a ridurre la CO2 nelle nostre operazioni, i 5 stabilimenti in Italia, nei negozi con cooler green, capaci di gestire energie e ridurre sprechi; con un maggiore uso di rinnovabili nel packaging e anche in impianti di produzione. Nell’elettrico stiamo lavorando nelle aree dove possiamo incidere: flotta di auto per cui abbiamo lanciato un progetto che ci porterà al 2025 alla riduzione di CO2 del 35% e al 2030 del 60%, eliminando tutte le auto a combustione interna».

«Nel privato, più che nel pubblico, si deve ripensare l’elettrico – continua Orlandi – ma lo si deve fare investendo in progetti concreti. Per esempio stiamo realizzando un sistema di flotta intelligente per i fornitori per ridurre i chilometri a vuoto. Per Coca Cola una riduzione del 3% dei chilometri a vuoto equivale a 600mila km, 15 volte la circonferenza della terra e 948 tonnellate di C02, ovvero 480 appartamenti riscaldati a metano».

 

Il plant di Abb a San Giovanni Valdarno

I veicoli elettrici per l’industria: i limiti di portata e autonomia

Con l’inizio delle vendite di tre nuovi camion completamente elettrici – FH, FM e FMX – Volvo Trucks è ora in grado di offrire una gamma completa di sei modelli elettrici. La produzione dei nuovi camion inizierà con i trattori nella seconda metà del 2022, con gli autocarri a seguire nel 2023

Il punto centrale resta ovviamente quello della nuova generazione di veicoli che deve essere costruita. Sarà tutto elettrico? E se non sarà così, dove l’elettrico deve fare la differenza nel futuro? «Le variabili che determinano il passaggio a una transizione complessiva sono autonomia e portata – dice Giovanni Dattoli, managing director di Volvo Trucks Italia – Nel breve non saremo in grado di convertire tutto in elettrico, però è altrettanto vero che bisogna partire da ciò che è possibile convertire. I veicoli industriali hanno un’età media di 13 anni e la sostituzione implica una gradualità. Ma sono responsabili del 4% della CO2 globale, rispetto al 7% che arriva complessivamente dal trasporto su strada. Ci sono una serie di trasporti già elettrificabili, quelli per la raccolta rifiuti e lo spostamento delle materie, con capienza fino a 44 tonnellate e autonomia fino a 300 km. La sfida vera è quella di riuscire a eliminare entro il 2030 il 50% di veicoli a motore endotermico e il totale entro il 2040».

Tutti questi nuovi veicoli sono connessi, il che dà loro la capacità di avere informazioni che possono essere usate. «Avere informazioni sui percorsi e l’utilizzo soprattutto oggi che portata e autonomia sono limitate, può essere determinante – spiega Dattoli – la transizione rapida verso elettrico spaventa, ma abbiamo tecnologie e dati per ottimizzare il passaggio».

 

Come i dati trasformeranno le strade (e le renderanno fonti di ricarica)

I dati sono fondamentali anche per l’ottimale viabilità di strade e autostrade, come spiega Francesco Bettoni, presidente di BreBeMi, una delle autostrade più innovative a livello europeo sul fronte di sicurezza, viabilità e rifornimento. Lo dimostra il fatto che abbia attratto nel territorio circostante realtà come il terzo hub italiano di Amazon e il più grande hub autodromo della Porsche. «Oggi stiamo realizzando un progetto di starm road con Abb, Stellantis e Politecnico – dice Bettoni – Quali innovazioni cambieranno il nostro modo di viaggiare in autostrada? Per esempio il caricamento dei mezzi con l’induzione dinamica senza contatto. Se il sistema stradale connesso ricarica costantemente le auto, il che cambia molte logiche in termini di limitazione dell’autonomia. Questo potrebbe cambiare i modelli di business. Anche perché l’induzione dinamica e statica riguarderà tutto il sistema di trasporto merci e persone con prospettive straordinarie. E rappresenta una rivoluzione copernicana in grado di abbattere inquinamento con fonti rinnovabili in tempi certi, reali e veloci. Entro fine novembre vorremmo essere in grado di far girare i veicoli lungo il nostro pilot di 1050 metri realizzato per fare questi esperimenti».














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