Mazzoncini: serve potenziare le reti, a Milano urgono 2 miliardi d’investimenti

di Marco Scotti ♦︎ L’amministratore delegato di A2a spiega quali siano i costi da sostenere per la transizione energetica e per avviare una filiera circolare che abbia al centro il riciclo

Renato Mazzoncini, amministratore delegato A2A

«Per capire il momento epocale che stiamo vivendo basta pensare al fatto che il nostro interlocutore principale è il Ministero della Transizione Ecologica, mentre fino a poco tempo fa ci confrontavamo con il Mise e con il Ministero dell’Ambiente. Già questo la dice lunga sul decennio che ci attende». Renato Mazzoncini, amministratore delegato di A2a racconta dal palco del webinar “Race to Zero”, organizzato da Hitachi e Bcg, quanto enorme sia la sfida che attende tutte le aziende, e le utility in particolare, in questo momento di transizione. Partendo da un assunto: che il 2050 decarbonizzato che tutti auspicano non potrà passare esclusivamente dall’elettrone. Questa tipologia di produzione energetica, infatti, non potrà rappresentare più del 53-55% del complessivo, mentre la parte restante arriverà dalle molecole. Quali? Una di queste è sicuramente l’idrogeno, ma non può essere la sola. Potrebbe essere il biometano o qualche prodotto sintetico che minimizzi le emissioni.

«Agganciandosi al tema dell’economia circolare – aggiunge Mazzoncini – bisogna capire come produrre idrogeno green per la mobilità a costi sostenibili. Attualmente, il break even è fissato intorno ai 6-7 euro al Kg, mentre al momento ci troviamo ancora intorno ai 12-13 euro, ben lontani da un costo sostenibile. Questo perché l’elettrolizzatore al momento può lavorare solo per 1.500 ore l’anno. Un lavoro che stiamo facendo è quello di progettare un dispositivo da attaccare ai termovalorizzatori perché producano energia green, magari bruciando materiali come il legno. In questo modo non si pagano gli oneri di sistema, che valgono il 60% del costo della bolletta, e si ottiene un dispositivo che può lavorare 8.000 ore all’anno. A quel punto i costi si abbatterebbero in maniera enorme».







Realizzare nuovi termovalorizzatori è sempre complesso, si tratta di opere impattanti sia dal punto di vista delle persone, sia per quanto riguarda il territorio. Ma la stima di A2a è che i termovalorizzatori oggi già esistenti (o, al più, già autorizzati) siano sufficienti per la produzione dell’idrogeno necessario alla mobilità dei mezzi pesanti e dei (pochi) treni che useranno questo elemento per muoversi.

«Ci sono almeno tre esigenze fondamentali – ha concluso Mazzoncini -. per procedere con una svolta energetica corretta. La prima è la costruzione di Gigafactory, ne servono almeno 160 nel mondo. Un altro è quello delle reti. Soltanto a Milano dobbiamo raddoppiare la potenza energetica, il che significa circa due miliardi d’investimenti. Da notare, però, che dal 1975 al 2016 non è stata realizzata neanche una cabina primaria d’alimentazione in più (un complesso grande come un campo da calcio), mentre ne serviranno sette o otto nei prossimi anni, oltre a 1.000 secondarie e a 2.000 km di reti elettriche. Significa “disfare” completamente la città. Infine, bisogna concentrarsi sull’economia circolare, sul riciclo delle batterie delle auto elettriche, per esempio, un po’ come sta avvenendo con la siderurgia che usa i rottami per alimentarsi. Possiamo creare una filiera del riciclo. Tra l’altro, per restare all’attualità, stiamo vedendo un aumento dei costi dell’energia proprio nel momento in cui l’Europa si dota di un sistema che la rende quasi autonoma. È una delle ultime volte che la geopolitica influirà sul prezzo dell’energia e chi dice che questo è il costo della transizione energetica dice qualcosa di falso e di poco onesto intellettualmente».














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