Ucimu: ordini di macchine utensili giù del 39,1%

Il mercato interno ha fatto registrare un calo del 44,7%, mentre quello estero è sceso del 37,8%

Presidente UCIMU
Massimo carboniero, Presidente Ucimu

Il Centro Studi & Cultura di Impresa di Ucimu-Sistemi per Produrre, ha pubblicato gli ultimi dati relativi agli ordini raccolti dai costruttori italiani di macchine utensili. Il rapporto prende in considerazione il periodo compreso fra aprile e giugno, fatto che in qualche maniera “vizia” i dati, visto che ad aprile queste imprese sono state chiuse a causa del lockdown. «Nel mese di aprile le imprese costruttrici di machine utensili come buona parte dei clienti sono rimaste chiuse, bloccando sia l’attività produttiva che quella commerciale», spiega Massimo Carboniero, presidente di Ucimu. «Tutto questo ha decisamente influito sul risultato complessivo del trimestre che mostra una situazione difficile per chi opera nel manifatturiero».

Ucimu ha rilevato un calo degli ordini complessivo del 39,1%. Il crollo principale è da attribuirsi al mercato interno, che ha registrato un -44,7%, mentre quello estero ha fatto segnare un -37,8%.







A dispetto della difficile situazione, Ucimu mostra ottimismo. «L’incertezza generata dalla pandemia e la sua diffusione asincrona nelle diverse aree del mondo complica le cose e, indubbiamente, frena gli investimenti in sistemi di produzione, ma noi costruttori italiani rileviamo qualche piccolo segnale di ripresa soprattutto legato al mercato interno», prosegue Carboniero. «Secondo i dati elaborati da Ucimu sulle rilevazioni di Oxford Economics, dopo la frenata dell’anno in corso, nel 2021 gli investimenti in nuove tecnologie di produzione dovrebbero tornare a salire. La domanda di nuove macchine utensili in Italia è attesa in crescita, del 31,5%, a oltre 3,5 miliardi di euro. Anche l’Europa dovrebbe mostrare vivacità, incrementando del 19,5% il consumo, sfiorando così i 18 miliardi di euro. L’Asia, con la Cina in testa, dovrebbe ritrovare lo slancio perduto, segnando una crescita della domanda del 35,3% pari a 34 miliardi, così come l’America i cui investimenti in nuovi sistemi di produzione dovrebbero raggiungere il valore di 11 miliardi di euro, il 31% in più rispetto al 2020. D’altra parte, con riferimento al Piano Transizione 4.0, il credito di imposta, scelto come formula di incentivo in sostituzione di super e iperammortamento, è senza dubbio strumento valido e adeguato, ma rischia di non sortire gli effetti sperati perché il cambiamento non è stato comunicato in modo chiaro e perché l’effetto di questo piano può essere limitato, a causa del clima di generale incertezza. Per questo le misure del piano dovrebbero diventare strutturali, tali da coprire un periodo di almeno tre anni, così da permettere alle imprese di programmare nel tempo gli investimenti, ricreando un clima di fiducia volto a stimolare il miglioramento della competitività del manifatturiero italiano. Ultimo aspetto da considerare per assicurare competitività al sistema delle imprese italiane è quello della solidità finanziaria, problema riemerso in tutta la sua gravità in questi mesi. Le aziende sono state chiuse a lungo, senza poter produrre, fatturare e incassare. Il provvedimento previsto dalle autorità di governo volto a finanziare le imprese con una liquidità, garantita dallo stato e fornita dalle banche, risulta un corretto strumento per ovviare a questo problema contingente, a patto che sia reso operativo nell’immediato e sia semplificato il più possibile, liberando cioè la richiesta di finanziamento da tutti quei passaggi burocratici che allungano inutilmente le tempistiche e, eventualmente, come fatto da altri paesi, includendo una quota di finanziamento a fondo perduto».














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