Tronchetti Provera Grillo Parlante sulla necessità di un Piano di Rilancio strategico. Che proprio non c’è!

di Filippo Astone ♦︎ Tronchetti fa con Roberto Rho di Repubblica considerazioni estremamente necessarie sulla totale assenza di un piano strategico di rilancio della nostra industria. Piano strategico che già era vitale prima (quando crescevamo dello 0,3% e ancora eravamo lontani dai livelli pre-crisi 2008), e lo sarà ancora di più nei prossimi anni, visto che dovremo pagare i debiti mostruosi fatti per reggere alla crisi del Covid

Marco Tronchetti Provera, ceo e vice presidente esecutivo di Pirelli

Su Affari e Finanza di Repubblica di ieri (18 maggio) Roberto Rho intervista Marco Tronchetti Provera, presidente e amministratore delegato di Pirelli, quale autorevole rappresentante del capitalismo produttivo e, pertanto, commentatore da ascoltare sui provvedimenti di rilancio industriale dell’Italia nel difficile momento post-Covid 19. La scelta del personaggio non è forse fra le più felici. Tronchetti ha dimezzato la Pirelli, vendendo i cavi, per sopravvivere dopo l’infelice avventura di Telecom Italia, dalla quale è uscito lasciando un’azienda in condizioni molto più critiche di come l’aveva trovata. E anche la Pirelli Pneumatici con cui è rimasto dopo quelle vicende non poteva reggersi da sola, tanto che per trovare la liquidità e la massa critica necessarie è stato necessario cedere la maggioranza del capitale di questo storico campione dell’industria italiana ai cinesi di ChemChina.

Nonostante questo, Tronchetti fa con Rho considerazioni estremamente necessarie sulla totale assenza di un piano strategico di rilancio della nostra industria. Piano strategico che già era vitale prima (quando crescevamo dello 0,3% e ancora eravamo lontani dai livelli pre-crisi 2008), e lo sarà ancora di più nei prossimi anni, visto che dovremo pagare debiti mostruosi fatti per reggere alla crisi del Covid. «se scriviamo centinaia di pagine per replicare l’Italia di ieri corriamo un rischio enorme. Nell’ ultimo decennio l’Italia è cresciuta molto meno del resto d’ Europa, ha prodotto meno ricchezza e ha peggiorato il rapporto tra debito e Pil. Ora, o mettiamo insieme un grande progetto che abbia come stella polare una crescita stabile e duratura, coinvolgendo le migliori competenze del Paese, oppure nel medio termine quel debito al 160% del Pil ci piomberà sulla schiena e schianterà l’Italia», dice Tronchetti, e noi non possiamo che sottoscrivere ogni sillaba.







 

Il rischio del crack

E a Rho che gli chiede qual’è il rischio peggiore che intravvede, Tronchetti risponde: «L’arrivo in Italia della troika, oppure la deflagrazione dell’ euro e una rivoluzione del sistema della moneta unica da cui l’ Italia uscirebbe a pezzi. La Germania uscirà dall’ emergenza con un debito pubblico intorno al 75-80%, la Francia arriverà al 120, cioè ancora sotto il livello dell’Italia prima dell’ epidemia». L’Italia invece si troverà con un debito pari al 160% del pil, un record mondiale, superato solo dai giapponesi. Dopodiché si arriva all’occasione storica che stiamo perdendo clamorosamente. «mai abbiamo avuto – e mai avremo più – a disposizione una mole di risorse simile a quella che oggi è sul tavolo», dice Tronchetti. «Tra fondi europei in prestito e a fondo perduto e la quantità di denaro stanziata dal governo italiano nei suoi vari provvedimenti si arriverebbe a una cifra di oltre 200 miliardi: 150160 miliardi di debito pubblico italiano sottoscritto dalla Bce, oltre ai normali acquisti, e altri 60 miliardi circa da Sure e Mes. A questi si potrebbe aggiungere anche la quota parte spettante all’ Italia dei 1.000 miliardi del bilancio pluriennale 2021-2027 e Recovery plan attualmente in discussione». E quando Rho gli chiede dove vanno messi, questi soldi. Risponde:

 

Bisogna fare delle scelte. Dobbiamo decidere che Paese dobbiamo essere

«Bisogna fare delle scelte, possibilmente lontano dal mercato della politica, dobbiamo decidere che Paese vogliamo essere. Se li mettiamo al servizio di un grande progetto per la crescita possiamo davvero cambiare l’Italia, in meglio. Oppure decidiamo di galleggiare, come in passato, e allora il nostro destino è segnato». E successivamente precisa che «insieme alla leva fiscale bisogna mettere in moto gli investimenti, pubblici e privati, nelle infrastrutture fisiche e digitali. In Italia c’ è un risparmio privato di quasi 10mila miliardi, e di questi circa 4.400 sono investimenti finanziari: bisogna trovare il modo di convogliare almeno una parte di questa mole di denaro verso il finanziamento delle infrastrutture. Se il 5% di questa cifra fosse utilizzata per sottoscrivere titoli di Stato italiani a lunga scadenza, ci sarebbero altri 220 miliardi da mettere al servizio della modernizzazione del Paese».














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