Trigenia e sostenibilità: se non usi il digitale è solo greenwashing

di Laura Magna ♦︎ L'azienda supporta le imprese con soluzioni chiavi in mano per l'efficientamento energetico e basa la sua filosofia sul concetto di consumare meno e meglio. Il sistema Scada Cloven per l’acquisizione e il controllo dei dati relativi agli impianti. iClab, software che offre suggerimenti automatizzati su come ottimizzare i consumi. Fra i clienti Magneti Marelli, Michelin, Pirelli, F.ll Piacenza, Santero. Ne parliamo con Armando Portoraro, partner dell'azienda

Non è più tempo di greenwashing. In tema di sostenibilità ambientale, le industrie devono attuare strategie di lungo periodo che contemplino analisi dettagliate di consumi energetici ed emissioni e pianifichino i correttivi necessari. Utilizzando uno strumento principale, che è la digitalizzazione. Alla quale possono accedere oggi anche attraverso i molti incentivi disponibili, da quelli contenuti nel Pnrr, al credito di imposta di Transizione 4.0.

«Le grandi industrie energivore sono chiamate dagli obblighi di legge europea e dal Decreto 102/2014 a compiere carbon audit, per misurare come e quanto consumo e come e quanto inquinano, per elaborare metodologie e adottare tecnologie atte a ottimizzare i flussi e i consumi di energia e le emissioni di carbonio – dice a Industria Italiana Armando Portoraro, partner di Trigenia, società di Torino nata come Energy Service Company (o ESCo) che oggi è strutturata in tre divisioni: – Area Digital Energy Management, Area Financial Advisory Services e Area Energy Advisory Services & Incentives.







«Le grandi aziende hanno già un energy manager, sistemi di controllo e monitoraggio e piani di azione dettagliati. Le medie e piccole aziende invece, che sono la gran parte di quelle italiane, sono ancora per lo più distanti da un reale percorso strategico di efficientamento energetico e di ottimizzazione dell’impronta di carbonio, reali abilitatori della sostenibilità ambientale. Ma questo percorso ha bisogno di concretezza, di strumenti accessibili e flessibili, digitali, tecnologici, finanziari, gestionali. L’efficienza energetica funziona meglio con la digitalizzazione».

Trigenia, un business model innovativo per accompagnare le Pmi verso l’efficienza energetica e digitale

Nel 2021 Trigenia ha acquisito il 50% di Bt Digital Automation, realtà specializzata in automazione industriale attiva in svariati settori fra cui food & beverage, infrastrutture. stradali, utility. automotive, trattamento rifiuti

Trigenia offre a chi vuole fare efficienza energetica un servizio integrato e interamente chiavi in mano, dalla diagnosi dei consumi, all’analisi dei possibili risparmi, fino alla scelta delle soluzioni tecnologiche per ottimizzarli – soluzioni tech che in parte produce in house – fino alla messa in servizio dei sistemi. Spaziando anche nel campo della ricerca della finanza e delle agevolazioni, che spesso sono cruciali per riuscire a trasformare i piani in realtà. «E offrendo capacity building, ovvero competenze: l’obiettivo finale è far sì che le Pmi clienti diventino autonome e Trigenia sia coinvolta solo nelle attività specialistiche», afferma Portoraro.

Per le aziende clienti il grande vantaggio di questo modello di business chiavi in mano a servizio integrato è quello di ottimizzare la propria organizzazione rivolgendosi a un interlocutore unico. «Il nostro è un business model unico perché le altre aziende che operano nel campo di azione dell’efficienza energetica si occupano di un singolo aspetto, o la finanza agevolata, o l’integrazione dei sistemi digitali o la progettazione dell’ottimizzazione sei sistemi energetici». E tra i clienti figurano nomi come Magneti Marelli, Michelin, Pirelli, F.ll Piacenza, Santero. E un esercito di aziende energivore, per l’80% tra i 20 milioni e i 250 milioni di fatturato.

Oggi circa la metà del fatturato deriva da software di controllo e algoritmi sviluppati in house per la gestione intelligente e sostenibile degli impianti industriali. Ammonta a 4,5 milioni di euro nel 2021, includendo anche Bt Digital Automation, la società focalizzata su automazione industriale acquisita al 50% a gennaio 2021.

«Occuparsi di efficientamento energetico per le imprese significa spendere meno consumando meno energia. Un obiettivo strategico importante, sia per il rilancio delle aziende che l’avvio di un processo produttivo sostenibile a livello nazionale. Per ottimizzare il consumo di energia è necessario ridurre ed eliminare dispersioni e sprechi, in modo da aumentare il rendimento energetico degli impianti. Ma anche aumentare la consapevolezza delle industrie e utilizzare interventi adeguati e strategie di monitoraggio per risolvere le singole cause d’inefficienza».

Sostenibilità ambientale: solo con la digitalizzazione non è greenwashing

Armando Portoraro, partner di Trigenia

L’approccio di Trigenia alla sostenibilità ambientale è molto concreto. «Bisogna fissare alcuni punti fermi – dice Portoraro – prima di tutto bisogna definire con chiarezza il concetto. La sostenibilità ambientale è la condizione attraverso la quale il processo di sfruttamento delle risorse naturali, volte allo sviluppo tecnologico o al sostentamento dell’essere umano, hanno la possibilità di diventare meno impattanti sull’ambiente in modo da permetterne la coesistenza anche alle generazioni future. Ho usato una definizione che contiene una serie di parole chiave che vengono trasformate in strategie».

La sostenibilità si realizza attraverso alcuni principi cardine: «consumare meno e meglio – precisa il manager – costruire una roadmap per l’efficienza energetica, dalla diagnosi all’Energy Management; sviluppando tecnologie per il risparmio energetico e di tecnologie a supporto della gestione dell’energia».

Passo 1: consumare meno e meglio

Trigenia fa in modo che le organizzazioni consumino meno energia e meglio, «meno con la riduzione dei consumi di energia primaria, cercando di effettuare una serie di azioni mirate a quell’obiettivo: per esempio modificando i processi energetici con una riduzione degli sprechi e convertendosi a fonti di energia più efficiente», dice Portoraro.

L’ottimizzazione del processo avviene attraverso l’utilizzo di fonti di energia sostenibile, ovvero sfruttando le risorse naturali. Consumare meglio vuol dire fare efficientamento energetico. «Con una serie di interventi volti ad ottimizzare i fattori di un edificio che condizionano il consumo energetico, riducendo così gli sprechi e migliorando l’utilizzo di luce e gas – dice Portoraro – ma anche con un intervento sui processi, ottimizzando il modo in cui i flussi energetici fluiscono all’interno delle nostre realtà industriali. Ed effettuando ogni possibile conversione energetiche, recuperando per esempio energia termica che deriva dalle lavorazioni industriali dove è possibile e usandola per altri scopi, come l’illuminazione o il riscaldamento». L’efficienza energetica ha ampie potenzialità di crescita. «Di recente è emerso come uno dei punti chiave per la sua diffusione nelle Pmi sia la sensibilizzazione sul tema della capacity building, ovvero la costruzione di competenze, di conoscenze. Il tema dell’efficienza energetica è ancora poco noto, soprattutto nelle Pmi».

Passo 2: la diagnosi energetica

La raccolta di dati energetici è un fattore chiave per la buona
riuscita di un processo di ottimizzazione energetica

Come fare a consumare meno e meglio? Il primo passo è implementare un percorso che parta con una roadmap per l’efficienza energetica. E la roadmap a sua volta si compone di tre parti: la diagnosi, l’energy management e il miglioramento tecnologico. «Le medie imprese sono lontane da queste dinamiche perché hanno meno obblighi normativi rispetto alle imprese energivore – dice Portoraro – e sono loro il nostro target di riferimento, le realtà per cui la roadmap è di aiuto. La diagnosi energetica è obbligatoria in base al Decreto 102/2014 per le grandi imprese energivore. Noi la facciamo per le medie imprese, per avere una radiografia dei consumi e dello stato impiantistico e delle possibilità che abbiamo per fare efficienza. Capiamo come viene consumata l’energia, dove va a finire nello stabilimento, in quali utenze, quali processi, quali macchinari. Alla fine, avremo un bilancio energetico dello stabilimento». Per fare questo bilancio Trigenia crea una serie di appositi indicatori di performance energetici (EnPi) «che rapportano il consumo a una metrica di prodotto – spiega Portoraro – alla fine saprò quanto consuma la mia azienda in termini energetici, sulla base della mia produzione. Questo ci premetterà di misurare anche un eventuale miglioramento. È un punto fondamentale nella definizione degli interventi di efficientamento energetico».

Passo 3: monitoraggio ed energy management

Sarà dunque necessario svolgere un monitoraggio periodico dei consumi energetici di stabilimento ed EnPi; il monitoraggio dei risparmi ottenuti grazie agli interventi di efficientamento energetico e la rendicontazione alla Direzione circa i risparmi conseguiti.

Quello che ne deriva è un miglioramento sia dal punto di vista tecnologico sia metodologico. «L’azienda è accompagnata in un percorso di efficienza energetica attraverso la definizione e progettazione delle migliori soluzioni applicabili, metodologiche e tecnologiche, in modo da concretizzare gli interventi di efficienza. L’Energy Management inoltre garantisce un servizio di assistenza continuativa sul monitoraggio della performance energetica dei processi e il mantenimento dell’eventuale Sistema di Gestione dell’Energia ai sensi della Certificazione ISO50001», dice Portoraro. La gestione dell’energia richiede la presenza di un energy management: che può essere interno all’azienda – nel qual caso è affiancato a Trigenia – oppure è in outsourcing fornito dalla stessa Trigenia in delega in base alla Legge 10 del ’91, soprattutto per le piccole imprese.

Passo 4: il miglioramento tecnologico continuo e le tecnologie per fare efficienza

Il miglioramento tecnologico è un di cui di quanto detto fin qui. Le tecnologie per l’efficienza energetica Si dividono in due categorie: quelle per il risparmio energetico e quelle per la gestione dell’energia. «Le tecnologie sono soggette a obsolescenza, gli impianti utilizzatori di energia nelle aziende devono dunque essere sostituiti con modelli più a elevata efficienza. Le tecnologie per migliorare l’efficienza energetica della propria azienda sono molteplici: dagli impianti solari termici o fotovoltaici (energie rinnovabili), ai sistemi di monitoraggio energetico e analisi costante dei consumi, all’installazione di impianti di climatizzazione ambientale e di processo a pompa di calore; al miglioramento dei sistemi di illuminazione fino all’installazione di sistemi di accumulo energetici (termici ed elettrici) o di impianti tradizionali ma ad alta efficienza».

I sistemi Scada e le soluzioni intelligenti di Trigenia

Le soluzioni di Digital energy management consentono invece di adempire alle normative di legge e di ottimizzare la gestione energetica con la definizione di EnPi (i Kpi energetici) personalizzati e contestualizzati al contesto produttivo e di gestione delle facilities.

Gli indicatori di performance energetici (EnPi) che rapportano il consumo a una metrica di prodotto

«I sistemi Scada sono ampiamente usati in ambito industriale per la supervisione, il controllo e l’acquisizione dati da processi industriali – spiega Portoraro – L’acronimo Scada sta per Supervisory control and data acquisition. Il significato di tale acronimo propone le due attività principali di questi sistemi: l’acquisizione di dati e il controllo utile alla supervisione del sistema che si propongono di gestire. Le soluzioni Scada fungono dunque principalmente da supporto ad altri sistemi, sui quali propongono di migliorare la gestione delle seguenti attività: la raccolta dei dati, la supervisione in tempo reale e il controllo diretto, cioè la possibilità da parte dell’operatore di cambiare attivamente lo stato del sistema, agendo direttamente sui dispositivi installati nell’impianto monitorato».

Cloven, l’acquisizione e l’elaborazione intelligente dei dati energetici

Cloven, il sistema Scada proprietario di Trigenia

Trigenia ha nella sua offerta un sistema Scada proprietario che risponde al nome di Cloven, che permette l’acquisizione, la supervisione ed il controllo, in tempo reale, dei dati relativi agli impianti. Caratteristica fondamentale dello strumento è la sua adattabilità alle richieste di personalizzazione da parte delle aziende cliente ed è perfettamente fruibile dall’energy manager. «Ma non solo – precisa Portoraro – abbiamo creato anche un digital energy manager: i dati energetici sono input, ma poiché il dato sia utile bisogna estrarne il valore.

Abbiamo reso intelligenti i software che sono in grado di fare la pre-analisi del dato e prendere in maniera autonoma la decisione, con il servizio che si chiama iClab. Il sistema è in grado di elaborare variabili energetiche ed economiche e di dare indicazioni su come ottimizzare gli impianti. Sono particolarmente interessanti alcuni casi di uso dove ci sono impianti energetici diversi, rispetto a cui iClab rappresenta il direttore di orchestra, estraendo i dati sui consumi reali presi dai misuratori sulle linee, elaborando le previsioni di produzione, dialogando con i sistemi Mes».

L’altra faccia della gestione dell’energia: il carbon audit e il carbon footprint

Abbiamo parlato diffusamente di consumo ed efficienza dell’energia. Ma c’è un altro elemento, cruciale per le imprese che vogliono effettivamente andare in direzione della sostenibilità ambientale, ed è la CO2. «Una grossa parte delle emissioni – precisa Portoraro – derivano d’altronde dai processi energetici nell’industria: quindi il passo è breve. Sono due facce della stessa medaglia, noi sviluppiamo la strategia attraverso un’altra roadmap, solo che questa volta l’interlocutore non è l’energy manager ma il sustainability o environmental manager e il servizio è volto a ottimizzazione la gestione emissiva».

Il punto di partenza è dunque il carbon audit, che permette di misurare e registrare le emissioni di gas serra di un’organizzazione. Il carbon audit è la base per poter pianificare le riduzioni future dell’impronta di carbonio di un’azienda. «Consente, per esempio, a un’azienda di comprendere il suo uso dell’energia, l’impatto di quest’ultima sulle proprie emissioni e i suoi costi, identificando così i modi per usare le risorse in modo più efficiente e a ridotto impatto ambientale. Definendo gli hotspot emissivi, focalizza le aree chiave su cui concentrarsi per ridurre le emissioni di anidride carbonica e le opportunità di sequestro». La carbon footprint (letteralmente, “impronta di carbonio”) è il parametro che permette di determinare gli impatti ambientali che le attività di origine antropica hanno sul climate change e, quindi, sul surriscaldamento del pianeta. Tutto ciò che influenza il processo produttivo entra nella carbon footprint, le materie prime utilizzate, i trasporti per portarle in fabbrica o al consumatore finale.

I dati sono alla base del processo di gestione energetica e nelle strategie di decarbonizzazione.

«Il dato permette infatti di stimare le emissioni in atmosfera di gas serra causate da un prodotto, da un servizio, da un’organizzazione, da un evento o da un individuo, espresse generalmente in tonnellate di CO2 equivalente calcolate lungo l’intero ciclo di vita del sistema in analisi – spiega Portoraro – Per il calcolo della carbon footprint ci sono determinati standard: in termini di prodotto/servizio si utilizza la norma ISO 14067 – “Greenhouse gases – Carbon footprint of products – Requirements and guidelines for quantification and Communication». L’azienda che, invece, intende definire la propria impronta di carbonio e certificarsi, deve rispettare quanto precisato dalla norma tecnica internazionale ISO 14064 e provvedere alla realizzazione dell’inventario dei GHG (Greenhouses Gases – gas ad effetto serra); alla definizione della procedura di gestione relativa ai dati acquisiti, alla redazione del report dei GHG da destinare al pubblico”.

Massimo Catania, ceo di Trigenia

A questo punto si potrà elaborare una strategia di decarbonizzazione. Ovvero stabile quali azioni si possono mettere in campo per ridurre impronta di carbonio. «Laddove non si riescano a ridurre in maniera sufficiente le emissioni – spiega Portotaro – esistono meccanismi di compensazione, per esempio l’acquisto di azioni di progetti green, lanciati da altre organizzazioni. Per esempio in ambito di riforestazione. E in generale tutto ciò che in base alla legge contribuisca allo science based target, il target di riduzione delle emissioni per essere in linea con gli obiettivi che stabiliscono che non si vada oltre un aumento di +1,5% di gradi da qua al 2030».

A livello europeo alle aziende viene sempre più chiesto di valutare e gestire l’impatto ambientale delle proprie attività economiche sulla base di framework standardizzati e condivisi, come nel caso della Tassonomia Europea sulle Attività Economiche Sostenibili. «L’impegno del settore privato per la decarbonizzazione nel nostro Paese, beneficia di capacità tecnologiche distintive e prodotti e soluzioni abilitanti che possono contribuire alla transizione, a partire da quella energetica e in un’ottica di economia circolare – conclude Portoraro – Le imprese dovranno adottare un approccio lungimirante nelle proprie strategie ed essere preparate a intercettare le dinamiche, le necessità e gli obiettivi dettati dal processo di decarbonizzazione. Saranno chiamate a tenere conto della necessità di considerare un orizzonte temporale più lungo rispetto al piano industriale nella definizione di obiettivi di riduzione delle emissioni: ma le strategie di riduzione delle emissioni dovranno allinearsi con i principali standard internazionali e la transizione verso la decarbonizzazione deve essere considerata come un volano per la competitività».














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