Trigenerazione e cogenerazione per abbattere i consumi: la decarbonizzazione delle attività industriali secondo Tesya

di Barbara Weisz ♦︎ Aziende manifatturiere, attenzione. Per il gruppo guidato da Lino Tedeschi, 1,7 mld di fatturato, la transizione energetica è un pilastro fondamentale per la crescita. Tanto che ha creato Xiber, newco che offre soluzioni chiavi in mano, multitecnologia e assistenza per la finanza agevolata, La controllata Cgt è invece specializzata in cogenerazione. I macchinari a prova di futuro, pronti per essere alimentati a idrogeno. I casi Alfagomma e Surgital. Ce ne parlano Giovanni Longari (Xiber) e Alessandro Borin (Cgt)

Impianto di cogenerazione di Cgt per Alfagomma. L’impianto consente di autoprodurre il 65% del proprio fabbisogno di acqua fredda, il 70% di energia termica e l’85% di energia elettrica

Una soluzione che unisce energia prodotta da un impianto fotovoltaico, elettrificazione dei sistemi di riscaldamento e batterie con sistemi di gestione della potenza elettrica, capace di abbattere i costi energetici del 50%. In alcuni settori, ad esempio il terziario o il commercio (pensiamo ad esempio a una catena di negozi), può coprire il 100% del fabbisogno energetico. Nell’industria la percentuale sarà più bassa, perché la produzione comporta un maggior risparmio di energia. Nella maggior parte dei casi (farmaceutica, plastica, gomma) può comunque coprire fra il 60 e l’80 per cento dei consumi, mentre in segmenti energy intensive, come l’acciaio, piuttosto che la ceramica, l’integrazione sarà del 20%. Queste ultime sono lavorazioni che fra l’altro al momento non possono fare a meno di energia termica, quindi di fonti fossili. In questi casi, può intervenire un impianto di cogenerazione: consente di ottimizzare il combustibile producendo più energia elettrica e riducendo gli sprechi.

Sono entrambe soluzioni proposte dal gruppo Tesya (fornitore di servizi e soluzioni tecnologiche per industria, logistica, magazzini, costruzioni, cantieri, generazione di potenza elettrice e meccanica e transizione energetica, fatturato 2023 1,7 miliardi di euro) e si inseriscono nella roadmap prevista dal piano industriale al 2025 per il quale l’evoluzione digitale legata alla transizione energetica è un pilastro fondamentale. La strategia riguarda trasversalmente tutte le 25 società del gruppo, ma ha avuto un passaggio cruciale con la creazione, nel marzo del 2023, di una newco dedicata alle tecnologie per la decarbonizzazione dell’industria, Xiber. Dopo un anno di attività, ha un portafoglio progetti che porta 10 milioni di euro di fatturato, e l’anno prossimo conta di raddoppiare a 20 milioni. Il modello di business si basa su tre concetti di fondo: soluzioni chiavi in mano, multitecnologia, assistenza per la finanza agevolata, a partire dagli incentivi previsti dal Piano Transizione 5.0. Per la cogenerazione, invece, l’interlocutore non è più xiber Xiber ma Cgt, il marchio storico del gruppo (è l’azienda che dato origine alla storia societaria, esattamente 90 anni fa, negli anni, con la commercializzazione delle macchine Caterpillar, di cui ancora oggi è dealer per l’Italia).







Integra nei sistemi aziendali impianti che abilitano un risparmio energetico del 26%, e sono già predisposti per l’alimentazione a idrogeno. Usando combustibili fossili, non sono ammessi agli incentivi 5.0, ma possono beneficiare dei certificati bianchi del Gse. Queste tecnologie per la transizione energetica sono state presentate dal gruppo guidato da Lino Tedeschi a Key 2024, The Energy Transition Expo, a Rimini. Analizziamole con precisione proponendo dei casi concreti, per dare alle imprese qualche esempio concreto, con i calcoli sul risparmio sia in termini di Co2 sia sul fronte dei costi e sui tempi di ritorno dell’investimento. Lo facciamo attraverso le interviste al ceo di Xiber, Giovanni Longari, e al responsabile servizi energetici di Cgt, Alessandro Borin.

Xiber, mission e tecnologie della newco per la transizione energetica spiegate dal Ceo Giovanni Longari

Giovanni Longari, amministratore delegato di Xiber Energy Solutions

Partiamo di Xiber. A un anno dal debutto, ha 42 persone e, sottolinea Longari, un «portafoglio progetti che ci porta quest’anno sopra i 10 milioni di euro di ricavi, con un obiettivo a 20 milioni di euro per l’anno prossimo». Il primo tratto distintivo «è che come parte di Tesya noi lavoriamo soltanto con clientela industriale, che il gruppo serve da 90 anni con tecnologie tradizionali a combustione interna. L’idea di Xiber è di accompagnare queste aziende nella transizione energetica».

Il ceo riassume la strategia, basata sui tre pillar sopra citati: progetti chiavi in mano, multitecnologia, finanza agevolata. Partiamo dal primo: «facciamo l’analisi del processo produttivo, la diagnosi energetica, quindi l’ingegneria, la realizzazione e l’asset management. Riteniamo che sia quello che serve alle piccole e medie imprese italiane, che vogliono continuare a fare il loro lavoro (che sia il salame, la pasta, gli stampi, o la meccanica di precisione) senza avere internamente la struttura e le competenze per gestire una soluzione multi-tecnologica». E siamo al secondo elemento, la multi-tecnologia. «Non siamo alfieri di un’unica tecnologia, pensiamo che la transizione energetica passi attraverso soluzioni diversificate».

Cosa significa? Facciamo un esempio specifico: «ad oggi ci sono tante soluzioni abilitanti a disposizione per ridurre i consumi energetici. Alcune sono più comuni, come il solare fotovoltaico, che può essere usato in uno stabilimento per abbattere i consumi. Poi, si può intervenire con l’elettrificazione dei sistemi di riscaldamento, ovvero la sostituzione della combustione a gas o diesel con le pompe di calore, quindi una tecnologia elettrica. Il terzo elemento sono le batterie con sistemi di gestione della potenza elettrica, che consentono di modulare l’attività di un sito produttivo in funzione dell’energia che produce l’impianto fotovoltaico o di quella che invece arriva dalla batteria».

Mettendo insieme queste tre soluzioni «siamo in grado di proporre un piano di investimento con tempi di rientro ridotti, fra i tre e i quattro anni, e percentuali di risparmio che superano il 50% dei costi energetici».

Vediamo nella pratica come si può tradurre questo mix di tecnologie in un progetto specifico, che Xiber sta concludendo con un produttore di componenti per auto. «Abbiamo sostituito i sistemi di riscaldamento sia per gli ambienti sia per il processo produttivo con sistemi elettrici. Abbiamo installato un impianto fotovoltaico sulla copertura dello stabilimento, e introdotto un sistema di controllo dell’energia. Il sistema così integrato produce un vantaggio dell’82% sui costi energetici annuali, con un tempo di rientro inferiore ai cinque anni».

Non c’è un singolo elemento fra quelli elencati che abilita maggiormente il risparmio energetico, «è la soluzione multi tecnologica nel suo complesso a funzionare. Poi, si possono agganciare degli accessori, ad esempio un sistema di ricarica per i veicoli elettrici, o i sistemi pilota per il monitoraggio della produzione in tempo reale. Ma il progetto è incentrato su elettrificazione, impianto fotovoltaico e sistema di controllo».

Mettendo insieme queste tre soluzioni «siamo in grado di proporre un piano di investimento con tempi di rientro ridotti, fra i tre e i quattro anni, e percentuali di risparmio che superano il 50% dei costi energetici»., spiega Longari, ad di Xiber

In settori a bassa intensità energetica, come il terziario o il commercio, un sistema come quello sopra esposto copre al 100% il fabbisogno energetico. Per le industrie più energivore, invece, come l’acciaio o le raffinerie, la percentuale è sensibilmente più bassa. Prendiamo la ceramica: «in questo momento è ancora difficile l’elettrificazione, per cui è ancora necessario utilizzare tecnologie tradizionali con alimentazione a gas perché con la sola base elettrica non si riesce a realizzare lo stesso processo produttivo. In questo caso l’integrazione con un sistema multitecnologia sarà del 10-20 per cento». Ma ci sono poi tutti gli altri segmenti dell’industria italiana, «dove la percentuale di copertura va dal 60 all’80 per cento. Penso ad esempio al farmaceutico, alla lavorazione della plastica o della gomma».

Imprese energy intensive: il ruolo della cogenerazione per migliorare la sostenibilità

Alessandro Borin, responsabile servizi energetici di Cgt.

Dove invece c’è un consumo importante di energia elettrica e vettori termici, come detto interviene Cgt con soluzioni di cogenerazione. Si adatta particolarmente a processi produttivi come quelli dell’industria alimentare, o del tessile. Prendiamo uno stabilimento produttivo in cui vengono fatti il trattamento del cibo e la surgelazione. C’è una fase di cottura dei cibi, la preparazione di prelavorati, e poi la surgelazione. Sono procedimenti che richiedono molta energia elettrica e termica. «Noi disegniamo l’impianto sulle caratteristiche dell’azienda», spiega Borin. «Abbiamo soluzioni standard che andiamo a personalizzare sulla singola impresa anche a livello di spazi. Identifichiamo con il cliente il suo processo di trasformazione, quindi cosa produce, con quale energia, e in che momento del processo. Facciamo sempre uno studio preliminare, suggeriamo un dimensionamento anche con soluzioni alternative». Anche in questo caso, realizzazione chiavi in mano, «a cui aggiungiamo un contratto di gestione e manutenzione dell’impianto, in modo da garantire le prestazioni per 10-15 anni, e servizi di rendicontazione energetica. Infine, un portale che fornisce all’imprenditore che non ha una struttura ampia di energy management interna una a piattaforma intuitiva per tenere sotto controllo la produzione».

L’impianto di cogenerazione «si aggiunge a quello esistente, quindi nello stabilimento non bisogna effettuare cambiamenti», e c’è il vantaggio di avere una struttura più resiliente. «Se il nostro impianto si guasta, si utilizza la vecchia caldaia, mentre interviene la manutenzione da remoto per risolvere il problema. Se invece c’è qualche problema sulla caldaia cliente, la produzione rimane in esercizio perché la nostra macchina copre il fabbisogno. Studiamo sempre l’integrazione con i sistemi di stabilimento, per intervenire integrando le soluzioni di cogenerazione. Con l’obiettivo di produrre efficienza energetica».

L’impresa riduce le emissioni e paga meno l’energia. E, aggiunge il responsabile servizi energetici di Cgt, c’è un vantaggio a livello di sistema paese: «l’energia che produciamo con la cogenerazione corrisponde a una riduzione del consumo di gas del 20%».

Attenzione: il risparmio per l’impresa deriva dalla compensazione il costo della bolletta elettrica, che sarà più basso, e quello del gas, che invece sarà più alto. Alla fine, c’è un risparmio totale in bolletta del 30%, con il 26% di energia consumata in meno. «Con gli attuali prezzi dell’energia, il payback avviene in un anno e mezzo, due anni, senza contare il sostegno che può arrivare dai crediti di efficienza energetica».

Le macchine per la cogenerazione sono già predisposte per essere alimentate con l’idrogeno

Le macchine utilizzano motori a combustione interna, o turbine a gas. Il fornitore principale è Caterpillar per il motore base, mentre su altre tecnologie Cgt ricorre ad altri partner. Hanno una vita utile di dieci anni, dopo i quali è necessaria una manutenzione. E «sono già predisposte per utilizzare quote crescenti di idrogeno. Quando sarà disponibile l’idrogeno a basso costo e zero emissioni, non sarà quindi necessario cambiare il macchinario. Quindi, la cogenerazione non è una scelta tecnologica che lega indissolubilmente l’impresa al carburante fossile. Aiuta a ridurre le emissioni ed è propedeutica a un’ulteriore transizione.»

Il caso Alfagomma: la cogenerazione ha anche ridotto gli sprechi nel processo produttivo

È molto importante, nella fase di assessment, isolare le fasi del processo produttivo in cui si usa l’energia, perché può consentire di «migliorare lo standard qualitativo: una temperatura un po’ più alta, o la corretta calibrazione dell’energia necessaria in un determinato punto del processo, può migliorare il prodotto».

Cgt ha realizzato per Alfagomma una soluzione su misura con cuore Cat da 1,2 MWe associato a una caldaia di recupero per la produzione di vapore saturo a 13 bar e a un assorbitore frigorifero a bromuro di litio per la produzione di acqua refrigerata.

Altro aspetto da sottolineare: «a valle della realizzazione dell’impianto, cerchiamo di cogliere altre inefficienze per suggerire ulteriori interventi di miglioramento». È successo per esempio in Alfagomma, che produce sistemi per la gestione fluidi e trasmissione potenza, principalmente tubi assemblati idraulici e industriali, tubi rigidi sagomati. Cgt ha realizzato una soluzione su misura con cuore Cat da 1,2 MWe associato a una caldaia di recupero per la produzione di vapore saturo a 13 bar e a un assorbitore frigorifero a bromuro di litio per la produzione di acqua refrigerata (ottenuta dal recupero dell’acqua calda dei circuiti di raffreddamento motore è utilizzata per raffrescare in estate). L’impianto consente all’azienda di autoprodurre il 65% del proprio fabbisogno di acqua fredda, il 70% di energia termica (come somma di vapore e acqua calda) e l’85% di energia elettrica. Studiando il processo produttivo, è stata migliorata la gestione del vapore, la cui richiesta non è costante, con un un serbatoio di stoccaggio che consente di utilizzarlo in base alle reali esigenze, senza sprechi.

La finanza agevolata: niente incentivi 5.0 per la cogenerazione

Sia Xiber sia Cgt curano anche tutta la parte relativa alla finanza agevolata, quindi all’utilizzo degli incentivi, particolarmente attuale in vista della partenza del Piano Trasformazione 5.0. Gli incentivi, sottolinea Longari, contribuiscono a sensibilizzare le imprese a vedere la transizione energetica come un’opportunità e non come un problema.

Le soluzioni di efficientamento multitecnologico di Xiber sono ammesse ai nuovi incentivi del Piano Trasformazione 5.0. Che, sottolinea Longari, contribuiscono a sensibilizzare le imprese a vedere la transizione energetica come un’opportunità e non come un problema. Sugli impianti di cogenerazione invece questi benefici non si possono applicare, perché non sono inseriti fra gli investimenti ammissibili. Si possono invece utilizzare i certificati bianchi di efficienza energetica del Gse.

Sono titoli negoziabili che attestano l’efficienza energetica (ogni titolo equivale al risparmio di una Tonnellata Equivalente di Petrolio) e vengono scambiati su una piattaforma gestita dal Gme, il gestore dei mercati energetici, o attraverso contrattazioni bilaterali.

Cogenerazione + energie pulite: il case study di Surgital

Il sistema di cogenerazione non esclude comunque l’utilizzo di energie pulite. «Facendo lo studio preliminare e inquadrando il fabbisogno energetico spesso andiamo a proporre l’integrazione con le rinnovabili, che invece sono incentivate. E possiamo fornire un sistema di monitoraggio delle prestazioni per tenere sotto controllo l’impianto e tutto lo stabilimento, che è compreso fra i beni immateriali incentivati».

La cogenerazione è la risposta vantaggiosa e sostenibile per chi ha bisogno contemporaneamente di energia elettrica e termica nella propria azienda. Grazie a sistemi realizzati ad hoc, è possibile sfruttare al massimo un’unica energia primaria per produrre, in maniera combinata ed efficiente, i due tipi di energia.

È una soluzione per esempio realizzata per Surgital, che produce pasta fresca surgelata. Con 34 linee produttive e lo stoccaggio sottozero necessita di una grande quantità di energia elettrica, termica e frigorifera sia per alimentare le 34 linee produttive. Aveva già una centrale cogenerativa con un gruppo elettrogeno Cat da 6 MW. Cgt ha realizzato un revamping, inserendo un nuovo gruppo elettrogeno Cat CG260-16 da 4,3 MW integrato con un impianto fotovoltaico da 2,5 MW che contribuisce al fabbisogno energetico dello stabilimento con energia rinnovabile e carbon free. E ha fornito un avanzato servizio di monitoraggio da remoto che sfrutta l’intelligenza artificiale per proporre sempre il migliore assetto dei vari sistemi di produzione di energia. Nel complesso, Surgital abbatterà le emissioni di CO2 di circa 2mila 900 t/anno che, grazie al sistema di monitoraggio, potranno arrivare anche a 4mila 400 tonnellate all’anno.

Qualche dato sul gruppo Tesya

Lino Tedeschi, presidente e ceo di Gruppo Tesya

La storia aziendale inizia ha le sue origini nel 1934, a Vercelli, con la fondazione di quella che si può definire l’antenata del gruppo che oggi ha oltre 3mila e 500 dipendenti in 15 paesi europei: si chiamava Olmia, importava e commercializzava le macchine Caterpillar nel Nord Italia. Nello stesso decennio, nel 1930, a Madrid viene fondata Finanzauto, dealer per la Spagna, che verrà acquisita dal Gruppo Tesya nel 2018. Nel 1962 Olmia modifica la ragione sociale in Cgt, Compagnia Generale Trattori, e sposta la propria sede a Milano. Ancora oggi Cgt è il marchio tra i principali del gruppo, resta il concessionario per l’Italia di Caterpillar e fa da system integratori per diversi settori (infrastrutture, costruzioni, oil and gas, meccanica navale, generazione e cogenerazione di energia).

Nel corso degli anni il gruppo si è via via ingrandito fino a raggiungere le dimensioni attuali, sempre concentrandosi sui servizi e le soluzioni tecnologiche per le imprese. Fra i marchi proprietari, oltre alle già citate Cgt e Finanzauto, ricordiamo Cls (movimentazione dei materiali e logistica). Fra le competenze di Tesya: progettazione e consulenza, tecnologie di cantiere avanzate, automazione del magazzino, soluzioni per imbarcazione da diporto e navi, cogenerazione, noleggio, energia.














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