Oltre la lotta al climate change: la transizione green come soluzione al caro energia. Con Terna

di Barbara Weisz ♦︎ Terna sta investendo molto sulle rinnovabili, puntando sul potenziamento della rete in vista del raddoppio della potenza rinnovabile installata. Ma per stimolare la transizione è necessario investire in comunicazione e formazione. Il progetto Tyrrhenian Lab per rafforzare le competenze digitali nel settore elettrico. Terna Incontra e la programmazione partecipata. Ce ne parlano Fabio Bulgarelli (Terna), Massimiliano Atelli (Via Vas), Alessandra Toschi (Baywa r.e)

Il centro nazionale di controllo di Terna

Perché è importante produrre energia da fonti rinnovabili? Con ogni probabilità molti ancora oggi risponderebbero a questa domanda pensando soprattutto al climate change, il cambiamento climatico, e alla salvaguardia del pianeta. Che è e resta senz’altro un obiettivo fondamentale, sul quale non a caso si concentrano la legislazione nazionale e quella internazionale da diversi anni. Ma in realtà, rileva Fabio Bulgarelli, direttore affari regolatori di Terna, «gli ultimi due anni dimostrano come invece la transizione energetica possa essere e sia effettivamente anche altro: lo strumento per contenere le tensioni dei prezzi e rispondere alle problematiche di indipendenza energetica».

Il cambio di paradigma è avvenuto per motivi ormai arcinoti: il caro energia provocato dalla guerra in Ucraina, la crisi delle catene di fornitura, in generale un contesto geopolitico sempre più complesso e soggetto a veloci mutamenti che impone strategie adeguate. E ha determinato un cambiamento concreto: sempre negli ultimi due anni in Italia abbiamo installato oltre 10 gigawatt di nuova potenza da fonti rinnovabili, che significa quasi un settimo dell’attuale produzione totale. Come ricorda Massimiliano Atelli, presidente delle commissioni Via Vas (valutazione impatto ambientale e valutazione ambientale strategica) e Pnrr Pniec del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, «siamo passati da 1 gigawatt di potenza installata del 2021 ai 3 gigawatt del 2022 ai 6 del 2023». Abbiamo però ancora una rilevante distanza da colmare per raggiungere gli obiettivi del Pniec, il piano nazionale energia e clima: il target al 2030 è di 131 GW, ne mancano poco più di 60, quindi per centrare l’obiettivo dovremmo più che raddoppiare la produzione annua anche rispetto al ritmo 2022-2023. Come noto, c’è in questo senso uno sforzo dell’intero sistema paese, ma la domanda iniziale serve a isolare due elementi che possono stimolare la transizione: la comunicazione e la formazione. Uno studio del team Energy and Strategy del Politecnico di Milano li mette in relazione con la disponibilità del mercato a installare energie rinnovabili attraverso un confronto internazionale con Francia, Spagna e Germania. Non emergono nessi causali, ma si evidenzia un andamento relativamente coerente delle due variabili con lo sviluppo del mercato delle rinnovabili. Siamo fanalini di coda sul fronte della sensibilizzazione, non brilliamo nemmeno sulla formazione (pur facendo meglio della Francia), e i dati sulla potenza installata ci vedono all’ultimo posto: con oltre il 50% di produzione di energia elettrica da combustibili fossili, siamo più indietro della Spagna e molto più indietro di Francia e Germania. Questo confronto fra modelli europei è stato il punto di partenza dei lavori di un convegno dedicato a “Conoscere e Comunicare la transizione energetica” organizzati in occasione di Key 2024, The Energy Transition Expo di Rimini. Fra i relatori, Davide Chiaroni, cofFounder Energy & Strategy del Politecnico di Milano, Paolo Raia, country chair Rwe Renewables Italia, il presidente del Gse, Paolo Arrigoni, il sopra citato Fabio Bulgarelli, direttore affari regolatori Terna, Gian Luca Spitella, direttore comunicazione di Arera.







Giuseppina Di Foggia, amministratore delegato e direttore generale di Terna.

Abbiamo preso spunto dal dibattito e dalle evidenze emerse, che andremo ad approfondire, per proporre un focus particolare sul modo in cui rispetto a questi due pillar si sta muovendo Terna, per diversi motivi: in quanto gestore della rete è un player fondamentale della transizione energetica. Come spiegherà Bulgarelli, sta potenziando proprio le attività legate alla comunicazione e alla formazione. Si prepara a presentare il piano industriale al 2028, che svelerà la strategia della ceo, Giuseppina Di Foggia, alla guida dal maggio dello scorso anno. E ha appena ricevuto l’autorizzazione ministeriale per la realizzazione dell’Adriatic Link, l’elettrodotto sottomarino di Terna che unirà le Marche e l’Abruzzo. Abbiamo utilizzato anche i lavori di un altro evento in agenda Key Energy, più concentrato su progetti in corso e aziende del settore, “Step by step: un approccio collaborativo a Italia 2030”, con Fulvio Mamone Capria, presidente Aero, Alessandra Toschi, managing director Baywa r.e, Luca Alippi, ceo ep Produzione, e Paolo Menotti, vicepresidente South West Europe e managing director di Siemens Energy Italia.

Rinnovabili, comunicazione e formazione, tre variabili a confronto: l’Italia non brilla in Europa

Partiamo con i risultati della ricerca del Polimi. A fine 2023 avevamo il 37% dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e il restante 63% da combustibili fossili. Siamo l’unico paese ad essere sotto il 50% di energia pulita. La Spagna è il paese che dopo di noi ha ancora la maggior percentuale di energia da fonti fossili, ma le rinnovabili sfiorano il 60%. Francia e Germania hanno entrambe una significativa quota di nucleare: in Francia questa è la fonte preponderante per la produzione di elettricità (oltre il 67%), per cui pur con una quota di rinnovabili molto inferiore a quella di Italia e Spagna ha ridotto le fonti fossili al 6,5%. La Germania ha il mix energetico più equilibrato, con oltre il 50% di fonti rinnovabili e la restante parte suddivisa abbastanza equamente fra nucleare e gas o petrolio. Vediamo ora cosa succede in termini di comunicazione.

A fine 2023 avevamo il 37% dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e il restante 63% da combustibili fossili. Siamo l’unico paese ad essere sotto il 50% di energia pulita.

La presenza sulla stampa nel 2022 e 2023 è quotidiana in Francia e Germania, mentre Italia e Spagna hanno numeri meno rilevanti. La Spagna però compensa con un’alta presenza sul web (è il paese con il maggior numero di ricerche online sui temi legati alla sostenibilità energetica), mentre l’Italia è fanalino di coda anche su questo fronte.

Qui proponiamo una considerazione di Gian Luca Spitella, direttore della comunicazione di Arera (l’Authority che vigila sul settore), secondo cui più che in ottica da taglio dei nastri bisognerebbe usare la comunicazione in chiave strategica, partendo molto prima degli eventi, «coinvolgendo le persone e ascoltando i feedback».

Per quanto riguarda la formazione, è stata misurata la rilevanza delle tematiche relative alla decarbonizzazione nella formazione universitaria, e qui non siamo più fanalini di coda (in questo caso l’ultima posizione in classifica spetta alla Francia), ma c’è un gap rilevante con Germania e Francia.

La formazione: per la transizione energetica servono ingegneri elettrici, e ce ne sono pochi

Fabio Bulgarelli, direttore Affari Regolatori di Terna.

Bulgarelli solleva un tema specifico relativo a questo pillar: «io sono un ingegnere elettrico, quindi forse un po’ di parte – premette -. Però sottolinea che transizione energetica significa cambiare il modo di produrre elettricità, di gestire il sistema elettrico, di consumare energia con un maggior ricorso all’elettricità. Per fare queste tre cose, gli ingegneri elettrici sono indispensabili. Eppure su 27mila laureati l’anno in ingegneria, gli elettrici sono solo 500. Siamo il fanalino di coda, meno numerosi di noi sono soltanto gli ingeneri navali».

Imprese, università, associazioni possono svolgere un ruolo per spingere i ragazzi ad avvicinarsi alle competenze necessarie per la transizione energetica. «Ho fatto l’esempio dell’ingegnere elettrico perché mi sembra particolarmente calzante, ma ci sono altre specializzazioni importanti, a partire da quella energetica. C’è poi un tema di competenze digitali specifiche per il settore».

Terna per la formazione: il Tyrrhenian Lab di Terna e l’Academy

Terna ha lanciato il progetto Tyrrhenian Lab con tre università (Cagliari, Salerno e Palermo) «proprio per rafforzare le competenze digitali nel settore elettrico, associando elettronica, informatica, elettrotecnica», prosegue Bulgarelli. Il Tyrrhenian Lab è una sorta di laboratorio diffuso, che si sviluppa nelle tre città di approdo dei cavi sottomarini del Tyrrhenian Link, che collegherà Sicilia, Sardegna e Campania con un doppio cavo sottomarino lungo 970 chilometri e con 1000 MW di potenza.

L’obiettivo è quello di formare 150 figure professionali elevate entro il 2025, da inserire in organico, attraverso la partecipazione a un master universitario di secondo livello in “Digitalizzazione del sistema elettrico per la transizione energetica”. Giunto alla seconda edizione, fornisce competenze manageriali, ingegneristiche, informatiche e statistiche.

Terna collegherà la Sicilia con la Sardegna e la Campania attraverso un doppio cavo sottomarino: un nuovo corridoio elettrico al centro del Mediterraneo, il Tyrrhenian Link.

Ricordiamo che sul fronte della formazione Terna è anche attiva con un’Academy, avviata sempre nel 2022, che invece si rivolge ai dipendenti con un’offerta formativa concentrata sulla transizione energetica oltre e in altre due aree strategiche: sostenibilità e new ways of working. La formazione si sviluppa attraverso diversi format, fra cui pillole informative, lezioni in presenza e online, interventi di esperti, conferenze, mentoring on the job.

Terna e la comunicazione: la progettazione partecipata

A proposito di comunicazione, torniamo al Tyrrhenian Link. L’opera è stata accompagnata da consultazioni pubbliche nei Comuni interessati: incontri online con i tecnici per presentare le caratteristiche del progetto e spiegare come impatta sul territorio, i cui dati vengono inviati al ministero per il processo autorizzativo, che è avvenuto in due step, nel settembre del 2022 il ramo est, 490 km fra Campania (Battipaglia) e Sicilia (Termini Imerese), e un anno dopo la tratta ovest, 480 km fra Sicilia e Sardegna (Quartu Sant’Elena). Online si possono consultare tutte le caratteristiche dei progetti, ci sono anche documenti di sintesi non tecnica, informazione precise su come verranno posizionati i casi interrati, gli esiti delle consultazioni pubbliche. Una curiosità: ci sono infografiche dettagliate su come sono fatti un cavo marino (materiali, modo in cui viene posato a seconda della tipologia di fondale marino), e un cavo interrato.

Adriatic Link, l’elettrodotto sottomarino che unirà le Marche (Fano) e l’Abruzzo (Città Sant’Angelo). Due cavi sottomarini di circa 210 km, posati a una profondità massima di 100 metri, e due cavi terrestri di 40 km, per un incremento di circa 1.000 MW di capacità di scambio tra il Centro-Sud e il Centro-Nord del Paese.

Stesso procedimento per l’Adriatic Link, l’elettrodotto sottomarino che unirà le Marche (Fano) e l’Abruzzo (Città Sant’Angelo) autorizzato lo scorso 31 gennaio dal ministero dell’Ambiente. Due cavi sottomarini di circa 210 km, posati a una profondità massima di 100 metri, e due cavi terrestri di 40 km, per un incremento di circa 1.000 MW di capacità di scambio tra il Centro-Sud e il Centro-Nord del Paese (oggi la dorsale adriatica è costituita da un’unica direttrice a 400 kV tra Marche e Abruzzo). Anche qui, sul portale si trovano info, documenti, e infografiche sull’infrastruttura che verrà realizzata.

Tornando al dialogo con il territorio, sul portale di Terna si può consultare una vera e propria mappa di tutte le iniziative in giro per l’Italia servite a comunicare progetti, tecnologie, azioni per la transizione energetica (l’iniziativa si chiama Terna incontra). Cliccando sulle singole opere, appaiono tutti i dettagli tecnici, i costi, gli obiettivi perseguiti. Questa pagina si raggiunge partendo dalla sezione Progetti per il Territorio, che comprende pagine informative: a cosa servono le reti, perché se ne realizzano di nove, quanto costano, cosa prevedono i progetti, come funziona il processo autorizzativo, come vengono coinvolte la comunità locali.

È un esempio pratico del concetto sottolineato da Bulgarelli relativo al modo di accompagnare la transizione energetica con informazioni sui benefici che porta al sistema paese.

Qualche dato sul mercato italiano delle rinnovabili

Concludiamo allora fornendo anche noi qualche ulteriore dato per fornire una quadro aggiornato sul mercato delle rinnovabili. Bulgarelli ripercorre la spesa che il paese ha sostenuto per l’energia elettrica in quest’ultimo biennio come detto emblematico per il boost alle rinnovabili. «Nel 2022 in termini di controvalore sul mercato elettrico all’ingrosso l’Italia ha speso 75 miliardi di euro in più rispetto ai dieci anni precedenti. Nel 2023 le cose sono migliorate», l’incremento di costi si è ridotto a 25 miliardi di euro. I primi due mesi del 2024 vendono un’ulteriore riduzione, «sicuramente in ragione di una riduzione delle tensioni sul mercato del gas. Ma anche grazie ai 10 gigawatt di rinnovabili» installate nel biennio, «e sulla maggior disponibilità di idroelettrico».

In base al Pniec bisogna raggiungere circa 131 GW di impianti a fonti rinnovabili di cui circa 80 di fotovoltaico e 28 da eolico, con un incremento di capacità di circa 74 GW rispetto al 2021.

E veniamo alla potenza installata e agli obiettivi. Come detto, in base al Pniec bisogna raggiungere circa 131 GW di impianti a fonti rinnovabili (di cui circa 80 gigawatt di fotovoltaico e 28 da eolico), con un incremento di capacità di circa 74 GW rispetto al 2021 (di cui circa +57 GW da fotovoltaico e circa +17 GW da eolico). Considerando i 10 gigawatt installati dal 2022 a oggi, significa che nei prossimi sei anni bisogna installare poco più di 60 gigawatt. Ovvero, raddoppiare la media degli ultimi due anni.

Fra le criticità, il gap che rimane fra autorizzazioni (che devono essere date da specifica commissione ministeriale) e realizzazione. Spiega Alessandra Toschi, managing director Baywa r.e.: «se guardiamo i numeri 2023, sono stati autorizzati 5,8 giga di fotovoltaico, e installati 5,3. Di cui solo 1,4 superiori a 10 megawatt. È il boost di microimpianti determinato da Superbonus e incentivi che si fa ancora sentire. Vedremo nel 2024 cosa succederà, quest’anno capiremo se il trend di crescita è duraturo o no». Per quanto riguarda l’eolico, sono stati autorizzati 1,3 gigawatt, l’installato e meno di 0,5. Qui le difficoltà evidentemente ancora rilevanti».

Cosa significa tutto questo? «Il numero delle richieste di autorizzazione e interconnessione dimostra che gli operatori disposti a investire sono numerosi. Terna è sicuramente un interlocutore fondamentale, la rete resta per noi produttori il pilastro per procedere». Ma oltre al potenziamento e all’efficientamento della rete, ci sono altre tre sfide da affrontare: le autorizzazioni, come abbiamo visto, la definizioni normativa, «con numerosi decreti in discussione che definiranno la possibilità di investire. E il costo degli impianti. La velocità normativa comunque è cruciale anche per abilitare il raggiungimento dei target».














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