Giulio Sapelli: la mia idea sul futuro di Mirafiori, gli incentivi a Stellantis, Carlos Tavares

di Marco de' Francesco ♦︎ Intervista all’intellettuale torinese sugli argomenti caldi dell’industria automobilistica in Italia. Lo stabilimento di Mirafiori si può salvare solo aumentando la produzione. Ma comunque l’auto elettrica in Italia non ha un grande futuro industriale, meglio pensare all’aerospaziale. E soldi per incentivi non ci sono

Stabilimento Stellantis a Mirafiori. Qui si produce la 500 elettrica

«Tavares impari a fare il proprio mestiere: se Mirafiori cade, non è certo colpa dell’esiguità degli incentivi all’acquisto delle auto green o del governo in carica, che fa quello che può: si deve invece alla carenza di investimenti di Stellantis e alla conseguente scala ristretta di produzione nello stabilimento. In sintesi: la colpa è solo la sua». Parole di Giulio Sapelli, economista, storico e accademico torinese – già docente alla London School of Economics and Political Science nonché all’Università autonoma di Barcellona, a quella di Buenos Aires e a quella di Milano, dove era ordinario di storia economica. Già consulente di Olivetti ed Eni, e rappresentante italiano di Trasparency International, è noto per le sue posizioni disallineate rispetto alla narrazione mainstream dei fenomeni economici e industriali. Ma a cosa si riferisce, Sapelli? Anzitutto all’infelice virgolettato del ceo di Stellantis Carlos Tavares, raccolto giorni fa da Bloomberg e che ha suscitato un vasto e acceso dibattito politico e sindacale sui giornali, nelle televisioni e anche nelle riviste tecniche. In sostanza, il ceo ha detto che l’esecutivo Meloni deve assumersi la responsabilità per il fatto che, senza incentivi per l’acquisto di veicoli elettrici, si mettono a rischio gli impianti in Italia. Si riferiva ai “suoi” stabilimenti. Parole che, come si diceva, hanno dato vita ad un bailamme – un fiume di polemiche, interpellanze in Parlamento, dichiarazioni di ministri – forse in parte ingiustificato: Tavares parlava in inglese, che non è la sua lingua madre, ed è stato a sua volta tradotto, magari enfatizzando le cose. E probabilmente gli è anche scappato qualcosa in più rispetto a quello che voleva effettivamente comunicare. Ma le notizie che arrivano da Mirafiori fanno sospettare che Tavares faccia sul serio. Lo stabilimento torinese – il caposaldo della produzione “green” nel Belpaese, là dove vengono realizzate le 500e (primo veicolo completamente elettrico prodotto in Italia) – è in difficoltà. Dopo tre anni di crescita, i volumi (85.940 unità) sono calati del 9,3% nel 2023. La produzione è rallentata anche agli inizi del 2024: poco più di 200 macchine realizzate al giorno. A parte la 500e, gli altri modelli, sono al capolinea. In questo contesto, il 5 febbraio Stellantis ha comunicato ai rappresentanti sindacali la proroga della misura di cassa integrazione per i 2.260 dipendenti dell’impianto che opereranno su un solo turno fino al 30 marzo, estendendo così di quattro settimane il periodo di sospensione già previsto a gennaio. I sindacati sono preoccupati. E cinque giorni fa, a seguito delle assemblee dei lavoratori, questi hanno dato vita a due scioperi spontanei. Eppure, Stellantis è in crescita, nel suo complesso: a gennaio le vendite di auto e furgoni nel mercato europeo sono aumentate tendenzialmente del 17,6%, e del 20% quelle delle sole auto. Nel Vecchio Continente, la quota di mercato di Stellantis è ora del 19,7%. È dunque una questione “locale”, quella di Mirafiori? Come finirà?

Il nodo degli incentivi

Giulio Sapelli, già consulente di Olivetti ed Eni e rappresentante italiano di Trasparency International, è noto per le sue posizioni disallineate rispetto alla narrazione mainstream dei fenomeni economici e industriali.

Su una cosa Tavares ha ragione: in Italia gli incentivi all’acquisto non sono paragonabili a quelli di altri Paesi. In Norvegia lo Stato quasi regala l’auto green, e la Francia interviene per quasi un terzo della spesa. In Italia gli incentivi per il 2023 sono diventati operativi con otto mesi di ritardo; quanto a quelli per il 2024, prevedono uno stanziamento di 793 milioni per le auto, e questi contributi per le ibride plug-in con basse emissioni: 4mila euro senza rottamazione; 5mila senza rottamazione e con un Isee inferiore a 30mila euro; 5mila con rottamazione di veicoli Euro 5; 5.500 con rottamazione di Euro 4; 6mila euro con rottamazione di Euro 3; 6.875 con rottamazione di Euro 4 e 5 e un Isee sotto i 30mila euro; 7.500 con rottamazione di Euro 3 e un Isee sotto i 30mila euro; 8mila  con rottamazione di Euro 0-1-2; 10mila con rottamazione di Euro 0-1-2 e un Isee sotto i 30mila euro. Ci si chiede per quale motivo una famiglia che non arriva a fine mese dovrebbe comprare un’auto green. «Ma di più non si può fare: l’Italia è l’unico Stato europeo zavorrato dal macigno del Superbonus, l’incentivazione fiscale che, introdotta in Italia per favorire interventi di efficientamento energetico degli edifici, ha affossato le finanze e la capacità di investimento dello Stato. Se Stellantis si aspetta soluzioni alla francese, se le può scordare» – commenta Sapelli.







Lo stabilimento di Mirafiori di Stellantis potrebbe essere a rischio. Qui si produce la 500e, il modello elettrificato di maggior successo per il car maker. Ma non basta…

E allora come se ne esce? Mirafiori è destinata a chiudere? «Tavares a Mirafiori dovrebbe puntare su economie di scala e su un ventaglio vasto di modelli di largo consumo, come la 500e ma diversi: solo distribuendo i costi fissi su un maggior numero di unità prodotte, si riduce la spesa media per unità. Questo migliora l’efficienza e la competitività sul mercato. Si fa così, se si vuol fare industria: se Tavares si aspetta di campare di rendita, sugli aiuti di Stato, Stellantis perderà la sua partita, e primo di tutti Mirafiori» – termina Sapelli.

tavares
Carlos Tavares, ceo di Stellantis, ha detto che l’esecutivo Meloni deve assumersi la responsabilità per il fatto che, senza incentivi per l’acquisto di veicoli elettrici, si mettono a rischio gli impianti in Italia. Parlava in inglese, che non è la sua lingua madre, e probabilmente qualcosa di è perso durante la traduzione. Anche se, forse, ha detto più di quello che realmente voleva.

D: Mirafiori era considerato, fino ad un anno e mezzo fa, lo “stabilimento bandiera” della transizione green di Stellantis, quello che la rendeva possibile grazie soprattutto alla 500e. Poi che cosa è successo?

R: Direi che la dirigenza di Stellantis ha commesso diversi errori di valutazione. E li sta pagando, per così dire; poi a pagare veramente sono altri, come i lavoratori. L’impressione forte è che anzitutto i vertici della multinazionale si aspettassero, per far crescere Mirafiori, massicci aiuti dall’Unione Europea e dall’Italia. Ad esempio, finanziamenti dalla Bei per realizzare a Torino una vera e propria Gigafactory, che è una cosa diversa rispetto al Battery Center, il centro di Mirafiori “per testare le batterie del futuro”, perché la prima comporta, al di là dei grandi volumi, l’implementazione delle infrastrutture necessarie per supportare le operazioni e garantire il suo funzionamento ottimale: si pensi solo alla logistica, e quindi alla movimentazione dei materiali e al magazzinaggio dei prodotti. D’altra parte, anche le autorità amministrative locali si erano mosse: un documento adottato tre anni fa durante la seduta del Consiglio comunale di Torino auspicava un coinvolgimento proattivo da parte del governo italiano riguardo agli investimenti e alla protezione dei posti di lavoro nel settore. Dall’Italia, peraltro, la dirigenza di Stellantis si aspettava un intervento deciso in termini di incentivi all’acquisto dell’auto green.

D: E invece, cos’è accaduto?

R: Per il 2024 gli incentivi ci sono, ma sono inferiori a quelli previsti in Francia o Germania; e a mio avviso non è detto che siano decisivi per l’acquisto. Ora, dal momento che sia l’una che l’altra condizione non si sono avverate – ed è vero che l’Italia non si è mai impegnata con un piano industriale serio a favore dell’auto green – le aspettative dei manager di Stellantis sono state disattese, e questo spiega perché le cose non vanno avanti. Va anche detto che Stellantis avrebbe dovuto investire molto di più nello stabilimento di Mirafiori, e a mio avviso non lo ha fatto. È ciò che si evince dai documenti che posseggo e dalle dichiarazioni che ho letto e ascoltato. Anche i sindacati hanno capito che la questione è questa, e sul punto più di una volta sono stati molto chiari.

D: A proposito dei sindacati: il 2023 è stato caratterizzato per lo stabilimento da un calo di volumi, dopo tre anni di crescita; ecco, secondo i rappresentanti dei lavoratori occorrerebbe aggiungere la produzione di un altro modello “di largo consumo”, oltre alla 500e. Funzionerebbe?

R: I sindacati hanno perfettamente ragione, e anzi sembrano capire certi meccanismi meglio di Tavares. È evidente che lo sviluppo dell’auto elettrica non può prescindere dalla sua sostenibilità economica considerati i volumi di produzione e i costi di questi veicoli. La scala di produzione può avere un impatto significativo sui costi.

La Fiat 500e viene costruita a Mirafiori ed esportata negli Stati Uniti. Nonostante il notevole successo di questo modello, Mirafiori è ancora a rischio ridimensionamento o chiusura. Gli incentivi possono dare una mano, ma secondo Sapelli non bastano…

Aumentando la prima, si possono realizzare economie di scala, che si traducono in una diminuzione dei costi unitari. Questo avviene perché quelli fissi vengono distribuiti su un maggior numero di unità prodotte, riducendo così la spesa media per unità. In altre parole, producendo di più, è possibile ammortizzare meglio i costi fissi, come quelli relativi agli impianti e alle attrezzature, al personale e alla ricerca e sviluppo. Questo può portare a una maggiore efficienza e competitività sul mercato. Va detto che bisognerebbe anche capire quale sia il mercato reale dell’auto elettrica, perché è forse meno vasto di quanto si pensasse qualche anno fa.

D: Che cos’ha che non va l’auto elettrica?

R: Da una parte è un bene di lusso, che costa come tale; dall’altra è dotata di un contenuto tecnologico particolarmente scarso. Sostanzialmente, è una batteria con uno o più motori elettrici. Pesa tantissimo, ma è carente di dispositivi avanzati. L’abitacolo di un’auto green è particolarmente scarno. C’è una semplicità che non induce il consumatore a spendere tutti questi soldi per un’auto povera di servizi innovativi. Gli ultimi modelli con motore termico sono talvolta migliori, sotto questo profilo.

D: Dunque a Mirafiori si rischia il ridimensionamento o la chiusura?

R: Mi pare che sia chiaro. Per salvare Mirafiori bisogna anzitutto offrire un’ampia gamma di modelli, cominciando da quelli “di largo consumo”. L’ampiezza della gamma riveste un’importanza significativa nel settore automobilistico per diversi motivi. Consente ai clienti di trovare un’auto che soddisfi le loro esigenze specifiche in termini di dimensioni, prestazioni, caratteristiche e prezzo.

Lo stabilimento di Stellantis a Mirafiori è il fiore all’occhiello dell’azienda. Qui sono state introdotte soluzioni innovative per l’automazione, ma anche di processo e di organizzazione del lavoro. Perché la produzione di ecar richiede lavorazioni ripetitive, che possono essere facilmente automatizzate.

Ciò può favorire la fedeltà al marchio. Una gamma diversificata consente anche di coprire un vasto ventaglio di segmenti di mercato, coincidenti con i diversi livelli di reddito, con le preferenze di stile e con le esigenze di utilizzo. Ciò aiuta a massimizzare le opportunità di vendita e a competere efficacemente con altri produttori. Inoltre, avere una gamma diversificata può ridurre il rischio associato alle fluttuazioni della domanda: se un segmento subisce un calo delle vendite, un’azienda può compensare perdite in altri. Tutto ciò non emerge dallo stabilimento di Mirafiori, e neanche dagli impianti ad esso collegati. È un limite molto forte, a mio avviso.

D: Tavares dice che è colpa dell’esiguità degli incentivi italiani: in Francia siamo invece a quasi un terzo del valore dell’acquisto. Secondo alcuni osservatori alla fine l’Italia gradualmente si adeguerà, e che tutto tornerà a posto a Mirafiori.   

R: Questi osservatori evidentemente non tengono conto di una circostanza di rilievo: e cioè che il governo italiano è attualmente vincolato, nella sua azione, dal peso schiacciante del Superbonus. Questa misura spropositata (introdotta nel 2020 dal governo Conte II) ha avuto e ahimè ha ancora, pur riguardando una frazione esigua del patrimonio edilizio, degli effetti devastanti sui conti dello Stato, paralizzando l’operatività degli esecutivi. Di fatto, ha vanificato i finanziamenti del Pnrr; e solo l’Italia, in tutta Europa, si trova in questa penosa situazione. È un gravame immenso.  Ora: di certo non possiamo più sostenere la produzione automobilistica con ulteriori incentivi: lo abbiamo fatto per 70 anni, ma adesso non è più possibile. Mi pare che il ministro delle imprese e del made in Italy Adolfo Urso sia stato molto chiaro, e ha fatto bene: deve difendere l’interesse nazionale. Di certo tutto ciò comporterà grandi problemi occupazionali, ma non è certo colpa dell’attuale esecutivo di questo Paese.

D: E la colpa di chi è, allora?

R: Al di là degli inventori e dei sostenitori dell’iniquo Superbonus? La responsabilità è di chi ha scambiato prima Marchionne (Sergio Marchionne, ex Ceo di Fca; Ndr) e ora Tavares per grandi manager; per poi accorgersi che questi non riuscivano o non riescono a fare utili se non hanno gli incentivi. Elementare, Watson! Lo stesso errore che si è fatto con Marchionne si ripete con Tavares. Non parlo dei sindacati, parlo della stampa, dei manager, della politica ad esempio. Semplicemente, bisogna che Tavares cominci a fare auto profittevoli, sostenibili sotto il profilo del profitto capitalistico, invece di puntare sulla rendita degli aiuti dello Stato. È tutto molto semplice.

Sergio Marchionne e Carlos Tavares hanno una cosa in comune, secondo Sapelli: entrambi sono riusciti a fare utili solo in presenza di incentivi statali.

D: Non è che una volta esauriti gli early adopters, i pionieri metropolitani benestanti, dell’auto green non importa a nessuno?

R: Mi pare che finora l’auto elettrica non abbia avuto questa grande diffusione. Ciò dipende dal costo, ma anche dalla difficoltà di alimentazione delle batterie. Se vivi in un condominio, non sai come ricaricare l’auto. Solo se hai una villa familiare l’auto green ha un senso.

D: Cosa dovrebbe fare il governo Meloni?

R: Se fossi nella Meloni, o in Urso, parlerei con Tavares e con il gruppo dirigente di Stellantis, e mi farei spiegare per bene i piani per il futuro. Ma poi, a cosa porterebbe? Io non credo che ci sia la possibilità di sviluppare in Italia, l’auto elettrica. Si pensi alla sostituzione integrale del parco auto, che in Italia conta 40 milioni di macchine.

Secondo Sapelli, Giorgia Meloni dovrebbe impiegare i soldi dello Stato per la ricerca per il settore dello Spazio, per l’istruzione, per la sanità pubblica. Ma anche per riqualificare i lavoratori di Mirafiori.

Al di là dei costi, al di là della spesa per le famiglie, bisognerebbe installare centinaia e centinaia di migliaia  di centraline e di colonnine per alimentare questi veicoli. Penso che il veicolo più ecologico sia ancora il diesel. Impiegherei i soldi dello Stato per cose più utili e interessanti, come la ricerca per il settore dello Spazio, per l’istruzione, per la sanità pubblica. Cercherei di riqualificare i lavoratori di Mirafiori, e poi punterei sulle auto non elettriche. A nuovi incentivi direi di no, o cercherei di convincere il gruppo dirigente di Stellantis a non farsi più sovvenzionare e a continuare a fare auto tradizionali.














Articolo precedenteTorna a dicembre Sepem Industries, la fiera dedicata al manifatturiero
Articolo successivoAmbienta acquisisce Officine Maccaferri da Carlyle Global Credit, Stellex Capital Management e Man Glg






LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui