Target e strategie di Eni su decarbonizzazione, fonti rinnovabili, economia circolare, chimica verde

di Filippo Astone e Chiara Volontè ♦︎ Le parole del ceo Claudio Descalzi. Impegno a ridurre del 43% l'intensità carbonica dell'upstream entro il 2025. La tecnologia Plasmix per estrarre idrogeno dalle plastiche. Il futuro di Versalis e i nuovi prodotti. Economia circolare ritenuta importante, ma da sostenere solo coi suoi profitti, senza sussidi e contributi statali

DeScalzi_Eni
Claudio Descalzi, ad di Eni

Insieme all’esplorazione & ricerca di idrocarburi (di cui Industria Italiana ha parlato qui), la generazione di energia da fonti sostenibili e rinnovabili è uno dei due pilastri della strategia di sviluppo che Claudio Descalzi ha dato all’Eni. Perfino in Africa, tradizionale luogo di estrazione di idrocarburi e risorse naturali, sono stati firmati accordi per progetti di rinnovabili, conservazione delle foreste, sostenibilità.

Il colosso energetico, che è anche la più grande azienda italiana, ha recentemente stanziato un miliardo di euro di investimenti nella realizzazione di programmi di decarbonizzazione. Sta riqualificando gli storici impianti di Porto Marghera e di Gela. E si sta dedicando alla realizzazione di impianti di trattamento rifiuti urbani, da trasformare in energia. Anche in virtù dell’accordo quadro con la Cassa depositi e prestiti, il target per i prossimi anni è di 600mila tonnellate di rifiuti da trattare. In una recente intervista a Fabio Tamburini per Il Sole 24 Ore, Descalzi ha definito i rifiuti “il petrolio di domani”.







Il tutto, naturalmente, in un’ottica di profitto economico. «Cambiare struttura energetica costa tantissimo –spiega l’ad del cane a sei zampe Claudio Descalzi durante il Forum Energia & Sostenibilità che si è tenuto lunedì 21 ottobre a Milano – ma non deve gravare sulle casse della collettività. Basta con gli incentivi e i sussidi che rendono il sistema debole, facendogli mancare i muscoli necessari a sorreggersi da solo. Noi come Eni abbiamo investito un miliardo negli ultimi cinque anni in ricerca scientifica in diversi settori e questo ha portato a un risultato immediatamente tangibile: un time to market rapidissimo. Abbiamo fatto tutto questo con la nostra liquidità, senza chiedere soldi a nessuno».

Da sinistra a destra: Luigi Ferraris, ad e direttore generale Terna; Valerio Camerano, ad A2A; Marco Alverà ad Snam; Claudio Descalzi ad Eni, durante il Forum Energia & Sostenibilità

Le due anime del cane a sei zampe

Il numero uno di Eni ha anche rimarcato come l’azienda petrolifera abbia ormai «un solo corpo per due anime», perché, nonostante una congiuntura economica straordinaria in cui i prezzi del greggio sono stati bassissimi, dal 2014 a oggi l’azienda si è comunque impegnata a ridurre l’intensità carbonica dell’upstream del 20%, e prevede di raggiungere il 43% entro il 2025. L’intensità carbonica è l’anidride equivalente in tonnellate diviso le migliaia di barili prodotti. «Stiamo procedendo su entrambe le direttrici – prosegue Descalzi – da una parte abbiamo avviato un processo di trasformazione nel campo della raffinazione, che è oggi decisamente più “green”. Il secondo passo è stato l’allontanamento dall’olio di palma per l’industria alimentare. Ultima “gamba” del nostro processo di trasformazione riguarda l’impiego dei rifiuti animali (come i grassi) o di quelli agricoli (le biomasse) per arrivare al procedimento completo di waste-to-fuel, la trasformazione in carburante degli scarti organici. Anche l’olio esausto può essere estremamente prezioso, visto che ha già “scaricato” la sua anidride carbonica ed è quindi un prodotto completamente pulito. In questo modo possiamo portare alla creazione di acque che sono al 60% limpide». Dalla Co2, inoltre, si può anche produrre il biometano grazie all’impiego di alghe che la assorbono: l’impiego tipico è nel settore della raffinazione o dei farmaceutici, dando vita a una completa circolarità.

Eni upstream a Singapore. Foto credits Eni

Il Plasmix

Un altro tema al centro dell’attenzione di Eni è quello della trasformazione delle plastiche, che sono state riconosciute – specialmente quelle non riciclabili – come agenti inquinanti particolarmente aggressivi. Basti pensare che circa la metà delle plastiche circolanti non potrà essere riciclata perché non si riesce a ridurla al polimero di base. «Per questo – prosegue Descalzi – stiamo elaborando Plasmix, una tecnologia che consente di estrarre idrogeno dalle plastiche. Stiamo avviando una sperimentazione a Marghera, cui seguirà Livorno. In quest’ultimo stabilimento, inoltre, stiamo cercando di capire se trasformare le plastiche in idrogeno o in metanolo. Abbiamo a disposizione un “serbatoio” di 200mila tonnellate all’anno di Plasmix, ovvero l’intera scorta della Toscana. Questo significa circolarità e produzione di nuovi derivati a bassissimo costo. Tutti questi rifiuti costano alla collettività centinaia di milioni all’anno perché devono essere compostati, un’operazione che ha un costo tra i 70 e i 110 euro a tonnellate, oltre al trasporto, con costi molti alti».

Raffineria Eni di Sannazzaro. Foto credits Eni

Secondo i dati divulgati dall’Eni, la trasformazione di 150mila tonnellate di rifiuti in carburante copre le esigenze di una popolazione di 1,5 milioni di persone. Il cane a sei zampe ha messo in piano 600mila tonnellate a disposizione, che significa coprire le necessità di 6 milioni di abitanti. E per questo motivo è già stato stretto un accordo con Cdp per sviluppare ulteriormente questa tecnolgia. Le previsioni demografiche, infatti, continuano a indicare un sovrapopolamento della Terra, che dovrebbe arrivare a oltre 12 miliardi di abitanti entro la fine del secolo. «Con l’incremento della popolazione – aggiunge l’ad di Eni – cresce anche la produzione di rifiuti. Due o tre miliardi di tonnellate di rifiuti in più vogliono dire 2,5 gigaton di Co2 disperso nell’atmosfera».

Bolgiano, laboratori Eni Oil&Gas. Foto credits Eni

L’impegno di Eni in ricerca e sviluppo

L’azienda petrolifera ha nel nostro Paese sette laboratori di ricerca, in cui lavorano 1.500 ricercatori e da cui vengono sviluppate le tecnologie per la raffinazione in tutti i settori in cui Eni è attivo. L’impegno dell’azienda è di arrivare al 2030 con un upstream che sia neutralizzato dal punto di vista dell’intensità carbonica. «Per fare questo – conclude Descalzi – servono tecnologia e capacità di creare ritorni economici con i sistemi rinnovabili. Il waste-to-fuel ha una redditività che va dal 10 al 15%, mentre la parte di rinnovabili (solare ed eolico), senza alcun tipo di sussidio, ha un ritorno tra l’8 e il 125%. Negli ultimi cinque anni abbiamo investito 4 miliardi in ricerca scientifica e nello sviluppo di rinnovabili. Abbiamo migliorato in nostri kpi sotto tutti i punti di vista, dallo stock di debito alla produzione. Ma il nostro futuro deriva dalla capacità di scommettere su soluzioni che gli altri non hanno ancora esplorato. Il 95% delle nostre revenues, infatti, viene dall’estero: facciamo investimenti di tasca nostra. Se vanno bene ne beneficiamo, altrimenti ci rimettiamo noi in prima persona».

Novara – Centro Ricerche Eni per le energie rinnovabili e l’ambiente. Foto credits Eni

Versalis

Gioello della chimica verde è la controllata Versalis, che è stata totalmente riconvertita in questo senso. Descalzi ha più volte dichiarato l’intenzione di trasformare Versalis nella maggiore azienda europea di chimica verde. Tra i nuovi prodotto, Versalis Revive®EPS è un polistirene espandibile contenente materia prima da riciclo fornita dal circuito della raccolta differenziata domestica italiana, che comprende bicchieri, vassoi e coppette yogurt in polistirene. Il progetto è realizzato con la collaborazione di Corepla (Consorzio Nazionale per la Raccolta, il Riciclo e il Recupero degli Imballaggi in Plastica) e il prodotto finito, che verrà commercializzato da novembre, potrà essere trasformato nelle stesse applicazioni del prodotto vergine: pannelli isolanti per il risparmio energetico in edilizia o packaging protettivo di elettrodomestici e mobili. Altre iniziative sono in fase di sviluppo, con l’obiettivo di raggiungere una capacità produttiva di oltre 20.000 tonnellate/anno di prodotti stirenici contenenti riciclato. Versalis Revive comprende invece dei compound a base polietilene a bassa e ad alta densità, contenenti fino al 75% di plastica da post-consumo urbano, prevalentemente da imballaggi riciclati. Questi prodotti garantiscono performance in grado di soddisfare le esigenze in molteplici applicazioni, in particolare nel settore agricolo per l’irrigazione a goccia e nel settore imballaggi anche per piccoli contenitori fino a 5 litri, e sono idonei a coprire anche applicazioni film come sacchi per i prodotti industriali o per il packaging delle acque minerali. Questi prodotti sono stati sviluppati in collaborazione fra il Centro Ricerche Versalis a Mantova e la Montello SpA, operatore primario in Europa nelle tecnologie di recupero e riciclo plastica, dove avviene la produzione della gamma.

Headquarters di Versalis
Headquarters di Versalis













Articolo precedenteSoftware Industriale 4.0: focus sulla convergenza tra IT e OT 
Articolo successivo“Rendi misurabile ciò che non lo è” disse Galileo e ora Analog Devices raccoglie






LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui