Sos cervelli in fuga! Che fare? Transdisciplinarietà, imprese formative e…

di Piero Formica* ♦︎ Nel nostro Paese, le aziende ricercano persone esperte in Tecnologia, Ingegneria, Matematica. A loro si chiede di partecipare a processi d’innovazione incrementale. Ma i silos disciplinari separano artificialmente le discipline accademiche: preoccupazione per le specializzazioni. Le imprese devono intraprendere un viaggio di trasformazione…

Dibattendo della fuga dei talenti dall’Italia, molto spazio culturale è occupato dal deficit dei valori tangibili: disponibilità e costo degli alloggi, salari non appaganti, università prive di campus, barriera linguistica, tassazione, e così via. Restano ai margini i valori intangibili. È sulla contemplazione e speculazione di alcuni di questi valori che attiro in questo scritto l’attenzione del lettore.

Trattenere e attrarre talenti e cervelli: luci e ombre sui dati

Trattenere e attrarre talenti e cervelli: il bilancio dell’Italia è negativo. Negli ultimi dieci anni 300mila italiani under 35 hanno lasciato l’Italia. Metà erano laureati. Secondo Marino Zerial, nuovo direttore di Human Technopole e già a capo dell’Istituto Max Planck di Biologia molecolare, Cellulare e Genetica di Dresda, «Riportare i talenti in fuga è una sfida. L’Italia sforna un sacco di persone preparate molto bene che lavorano all’estero: è un problema di sistemi di infrastrutture, di agilità nell’usare i budget, anche di salari. Se non sei competitivo hai degli effetti a cascata: cominci a perdere l’interesse dei giovani che dunque non vanno a fare ricerca e non possono alimentare di conseguenza l’economia» (Massimo Sideri, “Così lo Human Technopole sarà un modello di scienza da esportare”, Corriere della Sera, 13 Ottobre 2023. Non ci sono o restano in ombra i dati sugli italiani che sono nomadi digitali o, pur abitando nel nostro paese, hanno una vita professionale e culturale altrove, vivono virtualmente all’estero. Circa i nomadi digitali, scrive Marta Coccoluto sull’edizione online del Il Fatto Quotidiano (“In arrivo la prima conferenza sul nomadismo digitale: l’enorme opportunità del lavoro da remoto”, 7 Novembre 2023): «Statistiche non ufficiali ci dicono che oggi nel mondo ci sono oltre 35 milioni di persone che si definiscono ‘nomadi digitali e questo numero è destinato a crescere rapidamente nei prossimi anni: sono già oltre 60 i Paesi del mondo che concedono visti speciali per attrarre lavoratori da remoto e nomadi digitali nei propri territori».







Trattenere e attrarre talenti e cervelli: il bilancio dell’Italia è negativo. Negli ultimi dieci anni 300mila italiani under 35 hanno lasciato l’Italia. Metà erano laureati

Talenti e cervelli: sfumature che possono fare la differenza

Che si tratti di fuga o circolazione, c’è da distinguere tra talenti e cervelli. I cervelli ragionano e analizzano pensando logicamente; sono lavoratori altamente qualificati, degli specialisti. I talenti immaginano e creano. La loro è un’estesa e variegata categoria di generalisti, soprattutto umanisti e, tra questi, i filosofi e gli artisti. Il ragionamento e l’immaginazione non si escludono a vicenda. L’uno e l’altra possono agire in modo sinergico. Tuttavia, le sfumature possono fare la differenza allorché si deve decidere se imboccare il sentiero dell’incrementalismo (fare sempre meglio, ciò che già si sa fare bene) oppure avventurarsi nella terra incognita, in regioni non ancora mappate ed esplorate per scuotere i modi di fare consolidati. Nel nostro paese, le imprese ricercano cervelli Stemm – persone esperte nel percorrere i sentieri della Scienza, Tecnologia, Ingegneria (in inglese, Engineering), Matematica e Medicina. A loro si chiede di partecipare a processi d’innovazione incrementale.

E la domanda di talenti? Non conosciamo istituzioni che in Italia abbiano rilasciato dichiarazioni così perentorie come quelle delle Accademie Nazionali delle Scienze, dell’Ingegneria e della Medicina negli Stati Uniti. Nel 1937 fu Abraham Flexner, fondatore dell’Institute for Advanced Study di Princeton, a propugnare il superamento di una rigida contrapposizione tra saperi umanistici e saperi scientifici, riandando al tempo in cui scienziati e umanisti erano personalità poliedriche che parlavano una lingua comune. Nel suo saggio L’età della meraviglia, il biografo Richard Holmes ci fa entrare nell’atmosfera del Romanticismo quando gli scienziati Herschel, Davy, Dalton, Cavendish, Jenner, Faraday e Babbage erano in sintonia con gli umanisti Wordsworth, Coleridge, Southey, Byron e Shelley. Oggi, le Accademie statunitensi sostengono il ritorno a un’educazione liberale che bilanci le scienze e le discipline umanistiche, sulla scia della citazione di Albert Einstein di essererami dello stesso albero”. I silos disciplinari – si legge nelle loro dichiarazioni – separano artificialmente le discipline accademiche, da cui la crescente preoccupazione per la specializzazione disciplinare che non è adeguata alle sfide e alle opportunità del nostro tempo. La loro proposta è il potenziamento dei curricula e dei laboratori Stemm nei programmi accademici degli studenti che si specializzano in discipline artistiche e umanistiche e dei curricula e delle esperienze artistiche e umanistiche nei programmi educativi STEMM.

Riportare i talenti in fuga è una sfida. L’Italia sforna un sacco di persone preparate molto bene che lavorano all’estero: è un problema di sistemi di infrastrutture, di agilità nell’usare i budget, anche di salari

Interazioni tra talenti e cervelli

È dalle interazioni tra talenti e cervelli in movimento fisico e digitale che nascono imprese senza frontiere. Sono questi i globetrotter le cui iniziative imprenditoriali sono alimentate dalla ‘Knowledgefication’, l’equivalente della elettrificazione avviata intorno al 1880, ovvero della conoscenza in azione: una corrente di conoscenza ad alta tensione, alimentata da ’Steam’ (Stemm unificata con ‘A’, le Arti letterarie, visive e dello spettacolo), cioè dalla fusione dei saperi per trarvi pensieri inediti che volgono in scoperte. ‘Steam’ ci ricorda i motori a vapore che hanno favorito la Rivoluzione Industriale, un periodo di rapidi cambiamenti tecnologici e sociali iniziato in Gran Bretagna alla fine del XVIII secolo.

Sia i Fenici che gli studiosi e gli studenti del Medioevo hanno mostrato come mobilità e transnazionalità producano ‘cittadinanza flessibile’ che induce i soggetti a rispondere in modo fluido e opportunistico alle mutevoli condizioni politico-economiche. La mobilità e gli scambi intellettuali hanno anticipato processi d’integrazione culturale, creazione di conoscenza e innovazione orientata ai risultati. Nell’età rinascimentale, la circolazione dei talenti ha innescato nove invenzioni: orologi, polvere da sparo e artiglieria, occhiali, macchine tipografiche, WC con lo scarico, microscopi, telescopi, sottomarini e i fiammiferi. A sua volta, queste invenzioni hanno generato valori economici.

Un viaggio di trasformazione

La fuga dei talenti e dei cervelli potrebbe trasformarsi in un viaggio di andata e ritorno, verso Itaca e da Itaca. Per usare le parole del poeta Costantino Kavafis, “la via è lunga, piena di conoscenze e d’avventure”. Chi parte e ritorna diventa “esperto e saggio”, avrà “capito che vuol dire Itaca”. Sarà così anche in Italia se l’istruzione e l’imprenditoria avvieranno un viaggio di trasformazione, un itinerario lungo e carico di eventi che esigono persistenza nel tempo e discontinuità nei comportamenti. La mitologia greca mette alla prova la barriera tra gli uomini, gli dei e la natura ricorrendo alla trasformazione, che spesso comporta un cambiamento profondo e definitivo. Le successive ondate di shock negli anni 2000 hanno sradicato imprese e posti di lavoro. Per rinascere, entrambi devono trasformarsi sulle orme di Deucalione e sua moglie Pirra che, dopo il diluvio causato da Zeus, fecero rivivere il genere umano lanciando delle pietre dietro di loro mentre camminavano. Le pietre di Deucalione divennero uomini e quelle di Pirra mutarono in donne. L’umanità nacque così di nuovo.

Le imprese trasformative

Discutere di imprese trasformative non è una novità; è un tuffo nel grande mare della storia imprenditoriale. Nel commercio arcaico, gli individui imprenditoriali giocavano un ruolo chiave, il “trasporto e baratto”, come diceva Adam Smith. Le commende e le compagnie italiane medievali e la pratica araba della muqarada amministravano denaro o inventari dei loro finanziatori. La bottega rinascimentale (oggi tradotta come spazio di co-working) nutriva i talenti. Nuove tecniche e forme artistiche venivano alla luce; gli artisti erano in competizione e pronti a lavorare insieme. Con la rivoluzione industriale, la trasformazione dell’impresa avvenne con l’organizzazione scientifica del lavoro di Frederick Taylor e il fordismo, il sistema di produzione di massa sperimentato all’inizio del XX secolo dalla Ford Motor Company. Verso la maturità dell‘industrializzazione ancora basata sugli atomi, l’impresa ruota intorno al primato dell’azionista e alla massimizzazione del profitto. Con il fiorire dei bit – più in generale, dell’economia digitale – e l’emergere della questione ecologica, ci troviamo di fronte a una nuova trasformazione. È un ritorno al futuro: la bottega rinascimentale riappare come impresa imprenditoriale al posto di quella manageriale. Le persone sono co-creatori e intraprenditori piuttosto che semplici esecutori di compiti assegnati dall’alto. Né geni né ribelli solitari, gli intraprenditori sono generatori di conflitti cognitivi che contribuiscono molto ad abrogare regole radicate.

Le imprese trasformative sono organismi viventi le cui cellule sono rappresentate in questa figura

 

Ideazionari ‘ e ‘Trasformatori’

Intelligenza artificiale, scienza dei dati, tecnologie mobili, internet delle cose e tante altre novità sono energie che innescano processi originali. I loro protagonisti non sono i riformisti, ma i rivoluzionari. Diamo loro il nome di ‘Ideazionari’, coloro creano idee originali e le mettono in azione in modo rivoluzionario, quindi agendo da ‘Trasformatori’, in analogia con il trasformatore elettrico, perché muovono quelle energie verso l’utilizzo. Il Trasformatore si comporta come Richard Feynman. Il pioniere nel campo dell’informatica era incantato dall’ampiezza del mondo che affrontava consapevole di non sapere cose stesse facendo. Il saper immaginare è in cima ai pensieri dei ‘Trasformatori’ che rifiutano gli standard della società attuale, credendo che le norme sociali imposte e le aspettative coltivate siano diventate obsolete. Tra loro, alcuni rappresentano la trasformazione da molteplici di punti di vista per inquadrarla in un contesto più ampio. Altri disegnano la trasformazione con scene illogiche, strane creature, elementi sorprendenti e accostamenti inaspettati. Dunque, modi di pensare e poi di agire divergenti. Per aver successo, la trasformazione richiede un vocabolario condiviso affinché sia agevole per le idee comunicare tra loro. Altrimenti, diventando estremamente faticoso avanzare lungo il sentiero della trasformazione, le probabilità di buon esito si riducono al lumicino. I ‘Trasformatori’ puntano su un disaccordo intelligente anziché sul consenso passivo. Sarà il contrasto costruttivo a tradursi in un accordo veicolo di trasformazione. Ebbene, i talenti ed i cervelli in fuga rientreranno se potranno attraccare “in porti mai visti prima”. I porti di Kavafis sono le imprese trasformative.

Esperienza ed esperimento

Per invertire la fuga in circolazione, ai talenti e ai cervelli va offerto un ampio panorama di opportunità. Alla pratica dell’esperienza salendo lungo la curva 1 qui rappresentata si aggiunge il ricorso alla sperimentazione lungo la curva 2. Le voci di spicco del dizionario consultato dai cervelli ‘incrementalisti’ si confrontano con le voci chiave del dizionario proprio dei talenti ‘Ideazionari’ e ‘Trasformatori’. L’esperienza Stemm si raffronta con la sperimentazione Steam. Fare esperienza con la mappa della conoscenza appresa e praticata per anni permette di trovare sentieri incrementali, caratterizzati dalla presenza di grandi alberi i cui frutti pendono dal basso. È un buon esercizio che, purtroppo, non serve quando il terreno cambia radicalmente. Se si reagisce gridando che il terreno è sbagliato, non la mappa, vuol dire che si è entrati nel buco nero della sindrome da compiacimento. Arretrano gli esperti, si fanno strada gli ignoranti intenzionali: gli sperimentatori che, dotati di uno strumento mentale assimilabile allo scandaglio di profondità per l’esplorazione dei fondi marini, scoprono i bisogni più reconditi della gente. Non trovano un sentiero. Loro creano nuovi e inediti sentieri che percorrono tra alberi rovesciati che mostrano le radici culturali dell’innovazione dirompente che stravolge le pratiche date per certe.

Per invertire la fuga in circolazione, ai talenti e ai cervelli va offerto un ampio panorama di opportunità. Alla pratica dell’esperienza salendo lungo la curva 1 qui rappresentata si aggiunge il ricorso alla sperimentazione lungo la curva 2

La transdisciplinarietà attrae i giovani talenti

Ad attrarre i giovani talenti verso le istituzioni educative e di ricerca e gli assetti imprenditoriali transdisciplinari è il fatto che questi ambienti incoraggiano la creatività promuovendo circoli di persone con prospettive e competenze le più varie. Nei circoli si pratica il pensiero critico e si pensa in modo inedito per risolvere problemi non decifrabili entro una singola disciplina. La transdisciplinarietà svela l’intelligenza extra-disciplinare che offre la visione d’insieme della conoscenza, un paesaggio unico disegnato dall’intersecarsi e dall’integrarsi della molteplicità dei saperi, fino a fondersi. Se ne traggono pensieri inediti che volgono in scoperte. Einstein ebbe a dire che la lettura degli scritti del filosofo scozzese David Hume lo aiutò a formulare la teoria della relatività speciale. L’intradisciplinarietà, che è intensiva e porta a credere, erroneamente, di poter giungere alla perfezione, non ci mette al riparo dalle incertezze e dalle ambiguità. La transdisciplinarietà, che nelle sue larghe, estese braccia accoglie mille e più cose diverse, non afferra tutta la conoscenza, essendo questa infinita, ma facilita la ricerca di nuove idee per evitare che la tecnica diventi per noi più importante di noi stessi.

È attraverso una serie di esperimenti condotti nei laboratori di sperimentazione che partendo dalla intradisciplinarietà si arriva transdisciplinarietà. Un laboratorio di sperimentazione poggia sul principio che non ci sono esperimenti falliti, ma solo sperimentazioni con risultati inattesi, come argomentava l’inventore statunitense Richard Buckminster Fuller. Sulle orme del fisico Richard Feynman, nel laboratorio si conducono esperimenti alla caccia di ciò che invalida le ipotesi di partenza, anziché soffermarsi solo sulle evidenze che le confermano.

È attraverso una serie di esperimenti condotti nei laboratori di sperimentazione che partendo dalla intradisciplinarietà si arriva transdisciplinarietà

La transdisciplinarità si è già fatta strada nel mondo accademico. Alle università italiane si chiedono sperimentazioni audaci, quelle di cui parlava Franklin Delano Roosevelt nel suo discorso del 22 maggio del 1932 agli studenti della Oglethorpe University: Il paese ha bisogno e, a meno che non mi sbaglio circa il suo temperamento, il paese esige sperimentazioni audaci e persistenti. È cosa di buon senso scegliere un metodo e provarlo. Se fallisce, ammetterlo francamente e provarne un altro. Ma, soprattutto, provare qualcosa”. L’università di Padova ha da diversi anni avviato il C_Lab (Contamination Lab), un Laboratorio transdisciplinare per lo sviluppo di progetti di innovazione tra università e imprese, in collaborazione con l’Innovation Value Institute della Maynooth University che conduce ricerche sulla natura sperimentale della creazione d’impresa. Il Laboratorio ha coinvolto talenti in erba di vari paesi.

Talenti e cervelli in giro per il mondo percorrendo “l’intero orbe della scienza”

Quando la cultura vuole essere il motore dell’evoluzione, percorre “l’intero orbe della scienza”, scriveva il filosofo Giambattista Vico. E siano anche i talenti ed i cervelli a passare da una città ad un’altra, da un paese ad un altro, fino a con-fondersi generando un disordine foriero di distruzione creativa. Per farlo è necessaria la ricerca transdisciplinare, che è olistica: un insieme di attività in cui l’insieme è più della somma delle parti, attività condotte da ricercatori di diverse discipline impegnati congiuntamente nell’elaborazione di innovazioni che integrano e superano gli approcci specifici delle discipline. Se sarà così, l‘ago della bilancia non penderà dalla parte dei monospecialisti, di coloro che hanno un’unicità che scava in profondità nei pozzi disciplinari. Si prediligeranno le personalità poliedriche che attingono a un bagaglio di conoscenze trasversali per risolvere problemi specifici. Nell’età del Rinascimento, le conoscenze di una persona coprivano molti ambiti diversi. In seguito, i salotti e i club di conversazione tra persone capaci di esprimersi in molti campi del sapere sono stati canali di trasmissione di nuove conoscenze che hanno accelerato il progresso scientifico e hanno inaugurato l’Età dei Lumi e la Rivoluzione Industriale. Nell’era dei Big Data e dell’Intelligenza Artificiale, sarà l’Homo electronicus a regnare sovrano o l’Homo eclecticus, il polymath secondo l’espressione emersa nel XVII secolo per indicare una persona che attraversa le più disparate aree tematiche, riapparirà sulla scena come protagonista?

La transdisciplinarità si è già fatta strada nel mondo accademico

 

 

*Piero Formica è Professore di Economia della conoscenza. Senior Research Fellow dell’International Value Institute, Maynooth University, Irlanda. Docente e advisor, Cambridge Learning Gateway, Cambridge, UK. Presso il Contamination Lab dell’Università di Padova e la Business School Esam di Parigi svolge attività di laboratorio per la sperimentazione dei processi di ideazione imprenditoriale. Innovation Value Institute, Maynooth University, Ireland. Contamination Lab, Università di Padova














Articolo precedenteSostenibilità alla Fabbrica del Futuro di Brescia. Le best practice di Gruppo AB, Mori 2A, Rubinetterie Bresciane Bonomi
Articolo successivoAutomazione e flessibilità nel plant Bmw di Lipsia, cuore della Mini Countryman. Produrrà due marchi sulla stessa linea!






LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui