Produttivi ma distanti: la soluzione Swat di Hpe per fabbriche sicure applicata in Isa

di Renzo Zonin ♦︎ System Workers Advance Tracing è un sistema di tracciamento avanzato dei lavoratori: avverte i dipendenti che si avvicinano troppo sul posto di lavoro, così da evitare contatti ravvicinati. La prima installazione è avvenuta presso la fabbrica Isa ed ha richiesto appena una settimana. Ne parliamo con Stefano Venturi e Marco Giulietti

Per ripartire dopo il lockdown, le attività produttive devono garantire il “distanziamento sociale” – cioé trovare il modo di tenere le persone a distanza di qualche metro l’una dall’altra. Ma non è semplice restare a lontananza di sicurezza sui luoghi di lavoro. Oltre alle mascherine, al ripensamento degli spazi e alle necessarie sanificazioni, ci vuole un tassello in più: una soluzione che ci avverta quando siamo troppo vicini a qualcuno, e che magari – nel caso avessimo incontrato una persona portatrice di virus – possa segnalarci la cosa, in modo che si possano prendere i necessari provvedimenti. Il tutto però deve avvenire nel massimo rispetto della privacy, visto che ci sono in ballo diritti costituzionali da preservare, oltre a uno Statuto del Lavoratori che, in fatto di tracciamento dei dipendenti, non conosce mezze misure.

 







La soluzione Hpe Swat (System Workers Advance Tracing)

Stefano Venturi, Presidente e Amministratore Delegato di Hpe Italia

In aiuto alle aziende è arrivata, verso la fine di aprile, una nuova soluzione, chiamata Hpe Swat (System Workers Advance Tracing, o sistema di tracciamento avanzato dei lavoratori; l’acronimo è stato volutamente scelto per richiamare le famose squadre di sicurezza della polizia Usa). Il nome commerciale è scritto Swat, tutto maiuscolo, ma da qui in poi, per una regola di scrittura applicata da tutti i giornali, scriveremo Swat. Il tutto maiuscolo, infatti, nelle righe di un articolo è brutto da vedersi e trasmette l’idea di qualcosa di gridato. Per capire da dove nasce il progetto, le sue finalità e come funziona abbiamo parlato con Stefano Venturi, ad di Hpe Italia, e con Marco Giulietti, ad di Isa, l’azienda che ha dato il primo spunto per la realizzazione della soluzione, e che l’ha implementata per la prima volta. L’idea è che sia un progetto replicabile in numerose altre situazioni analoghe.

«Questo progetto è nato da un colloquio informale fra me e Marco Giulietti di Isa – ci ha raccontato Venturi – avevano questo problema di tracciare i contatti e Giulietti mi chiese se potevamo fare qualcosa. Così ne parlai con i miei ingegneri, serviva gente creativa e così coinvolsi Stefano Brioschi (product manager Hpe Aruba) e tanti altri, e li misi in contatto con la squadra di Isa, formata da persone altrettanto creative. Isa è una realtà molto innovativa, anni fa sono stati i primi nel loro settore a coinvolgere designer importanti nel progetto dei loro banchi frigo, nomi come Giugiaro, Citterio, Stark. Le due squadre si sono messe in contatto qualche giorno prima di Pasqua e nel giro di pochi giorni la soluzione era pronta».

Stabilimento ISA di Bastia Umbra. Al lavoro con le misure di sicurezza durante la Pandemia Covid-19

Continua Venturi: «il progetto nasce per rispondere a due esigenze. La prima è fare in modo che le persone, appena si avvicinano fra loro sul posto di lavoro, vengano allarmate, e lo stesso allarme lo riceva l’ufficio del personale, in modo da evitare contatti ravvicinati, soprattutto contatti che si protraggano più di un certo numero di secondi. Questa esigenza l’abbiamo risolta con dei sensori che vengono indossati dai lavoratori, possono essere dei bracciali o dei badge, funzionano con lo standard Bluetooth e con una tecnologia che permette una precisione straordinaria, dell’ordine dei centimetri, che ci permette di regolare finemente la politica di allarme. Ovvero, in base alle discussioni con il medico aziendale, con l’autorità sanitaria, con l’Rsu di fabbrica, stabiliamo dei parametri di distanza e tempo. Nel caso di Isa al momento sono fissati in 1,5 metri e 10 secondi. Quindi quando due lavoratori restano a meno di un metro e mezzo l’uno dall’altro per più di 10 secondi, i dispositivi da loro indossati si mettono a suonare. Dovunque essi si trovino. La seconda esigenza è quella di tenere traccia degli avvenuti contatti. Perché se fra un po’ di tempo un lavoratore si sentisse male e lo trovassero positivo al Covid, il rischio è che si fermi tutta la fabbrica, non sapendo quali persone siano entrate in contatto con lui. Invece con questo sistema si va indietro nel tempo e si traccia con quante persone questa persona è stata a contatto, e quando. Quindi si può fare un tracking importantissimo perché salvaguarda la salute di tutti i lavoratori, che è il presupposto per la continuità produttiva e per la continuità del business. E questo rende l’azienda un posto sicuro».

La caratteristica della assoluta precisione nella rilevazione delle distanze è fondamentale, ed è una di quelle che fanno la differenza fra la soluzione di Hpe e altre che stanno emergendo in questi giorni, basate unicamente su app per smartphone. Queste ultime, infatti, devono utilizzare la radio Bluetooth del cellulare, che non potrà determinare con accuratezza la distanza dall’altra radio per il semplice fatto che esistono decine di chip Bluetooth diversi per caratteristiche di irradiazione e potenza, ed è impossibile determinare di che tipo sia quello con il quale è stato stabilito un contatto.

 

Come è fatta la soluzione Hpe Swat (System Workers Advance Tracing)

Le misure di sicurezza adottate da Isa causa Covid

Il sistema è molto semplice da implementare. L’infrastruttura necessaria è minimale: un “tag” Ble per ogni lavoratore (il sensore, di fatto un beacon, usa la tecnologia Bluetooth LE, Low Energy, ed è disponibile in vari formati e con varie autonomie, anche con batterie ricaricabili), in grado di rilevare i contatti, di allarmare in caso di eccessiva vicinanza, di tenere traccia dei contatti nella sua memoria interna, e di trasmettere le informazioni in tempo reale (o in differita nei punti non coperti dalla rete) a una serie di gateway Wi-fi, che provvedono a rilanciare le informazioni verso il server dove è memorizzato il database dei contatti. Il server, che si installa on-premise, fornisce all’amministratore di sistema l’interfaccia per analizzare e interrogare il database, la capacità di importare/esportare i dati da/verso altri sistemi (per esempio quelli gestiti dalle autorità, visto che il formato dati adottato è compatibile con quello recentemente scelto a livello europeo) e provvede a garantire la privacy della soluzione.

Infine, gestisce l’interfaccia verso una App per smartphone che può essere installata sul cellulare di ogni dipendente, la quale mostra all’interessato l’elenco dei contatti che ha avuto, in forma anonimizzata. Ovvero, ciascun lavoratore può sapere il codice dei badge cui si è avvicinato, ma non può leggere il nome del titolare di quel badge: questa informazione è riservata a chi ha necessità di prendere provvedimenti in caso di contagio, tipicamente un comitato di sicurezza del quale fanno parte membri dell’Rsu dell’azienda. Il coinvolgimento delle rappresentanze sindacali è fondamentale, perché in questo modo possono rendersi conto in prima persona, ed essere garanti, del fatto che la soluzione non viene usata per tacciare i movimenti dei dipendenti, o comunque per scopi diversi da quelli della prevenzione del contagio.

 

La reazione dei sindacati

Hpe Swat, o sistema di tracciamento avanzato dei lavoratori: il sensore rileva i contatti, allarma in caso di eccessiva vicinanza, tiene traccia dei contatti nella sua memoria interna, trasmette le informazioni in tempo reale (o in differita nei punti non coperti dalla rete) a una serie di gateway Wi-fi, che provvedono a rilanciare le informazioni verso il server dove è memorizzato il database dei contatti

Non possiamo nasconderci che in Italia i sindacati abbiano sempre fatto il possibile per impedire che venissero installati sistemi tecnologici che potessero essere eventualmente usati per il controllo del dipendente, dei suoi movimenti, della sua produttività. Ma nel caso del sistema Hpe Swat (System Workers Advance Tracing), la reazione è stata costruttiva. «Questo è un ulteriore sistema di sicurezza che va a rinforzare un protocollo di sicurezza preesistente, che comprende training, mascherine e Dpi, condiviso dalle organizzazioni sindacali e chiamato Isa Safety System – ci conferma Giulietti – Dal momento che Hpe Swat (System Workers Advance Tracing) era un sistema innovativo, ne abbiamo parlato con le organizzazioni sindacali interne, le Rsu, che si sono dimostrate disponibili perché hanno capito che era un elemento a supporto della sicurezza e non particolarmente invasivo a livello di privacy. Il sistema di fatto crea un’associazione tag-matricola, quindi non sono immediatamente visibili e trasparenti le identità delle persone. Se necessario, questi dati verranno analizzati da un comitato di sicurezza che ha accesso ai tag e ai nomi delle persone. Comunque, prima di implementarlo abbiamo fatto un accordo non solo con le organizzazioni sindacali di stabilimento, ma anche con quelle regionali. Visto che dovremo convivere con il virus per diverse settimane, questo strumento è a supporto della modifica dei nostri comportamenti, mi serve per vedere se ho meno contatti ravvicinati, cioè se ogni giorno ho R0 (il parametro che indica la quantità di potenziali contagiati da una persona, NdR) minore di uno. Noi ci siamo dati l’obiettivo di comportarci come se fossimo tutti asintomatici positivi, e quindi di adottare ciascuno comportamenti tali da non infettare le persone con le quali entriamo in contatto. Questo strumento ci permetterà di capire quanto la nostra organizzazione è virtuosa nell’allinearsi a questo comportamento. Anche per questo le organizzazioni sindacali sono state disponibili, perché è anche per la loro tranquillità. E bisogna considerare che è di aiuto non solo per eventuali casi positivi in azienda, ma anche per esempio per i casi di parenti in isolamento. In azienda siamo 800 persone, ognuna ha una famiglia, dei contatti, se uno di questi contatti dovesse essere messo in quarantena, sarà possibile tracciare le persone a rischio in fabbrica, ricostruire la catena eventuale dei contatti, e tranquillizzare le persone perché abbiamo la registrazione dei contatti realmente avvenuti. E senza possibilità di errore, grazie alla tecnologia che registra anche i contatti dei quali magari non ci siamo nemmeno resi conto per distrazione».

«Il sindacato è molto aperto e attento a queste cose – afferma Venturi – si parla di Rsu, fatte di lavoratori che prima di tutto vogliono lavorare e lo vogliono fare in modo sicuro, e vogliono interloquire. Soprattutto quando si trovano davanti, come in Isa, imprenditori che capiscono che la produttività di un’azienda è basata prima di tutto sulla salute dei propri lavoratori. Poi quando vedono che questo sistema è Gdpr compliant, e in più diamo evidenza che è disattivato tutto il sistema di tracking del movimento del lavoratore, sono rassicurati»

 

Tecnologie e creatività

Stabilimento ISA di Bastia Umbra. Hpe Swat gestisce l’interfaccia verso una App per smartphone che può essere installata sul cellulare di ogni dipendente, la quale mostra all’interessato l’elenco dei contatti che ha avuto, in forma anonimizzata

Dal primo “pour parler” al collaudo operativo dell’installazione zero, quella realizzata in Isa, è passata giusto una settimana. Ma come è possibile realizzare in così poco tempo un sistema così sofisticato? «Abbiamo mutuato le tecnologie e l’ecosistema di partner che usiamo per installare i sistemi di tracking sulle grandi navi da crociera – spiega Venturi – In Italia abbiamo sviluppato da tempo questa expertise sulle grandi navi, quelle che portano fra passeggeri e equipaggio 8/10mila persone. Dobbiamo fare il tracking con errore di 50 centimetri su navi d’acciaio lunghe 350 metri e che hanno 19 ponti. Con le tecnologie di Hpe, con quelle di un ecosistema di partner e aziende che realizzano specifici sensori e con la capacità progettuale che abbiamo sviluppato in Italia possiamo risolvere questo tipo di problemi. In questo caso i beacon di altissima qualità sono prodotti da un’azienda tedesca, la Safectory (basata a Bamberg, una ventina di chilometri a nord di Norimberga, specializzata nel tracking e nell’analisi del movimento, NdR). Questo ecosistema oggi lo possiamo mobilitare su vari progetti. Un esempio è la nave ospedale consegnata alla regione Liguria, dove in pochi giorni abbiamo contribuito all’upgrade della nave da traghetto a nave ospedale. Abbiamo installato a bordo tecnologie avanzatissime di comunicazione: un’ambulanza che arriva nell’hangar della nave trasmette i dati del paziente che ha a bordo tramite una rete Wi-fi ad altissime prestazioni, che li ritrasmette alla direzione sanitaria a bordo nave. Grazie alla rete, sono connesse le apparecchiature di terapia intensiva, monitor eccetera. E in ognuna delle 400 cabine i pazienti possono guardarsi contenuti di entertainment a larga banda, chi sta meglio può navigare in internet, guardare video e fare videocall con i propri cari. I medici possono fare videoconferenze con altri ospedali. Ecco, noi abbiamo messo in moto questo ecosistema e lo abbiamo adattato alla fabbrica. In Italia Hpe non è solo importatore di tecnologia, abbiamo fatto investimenti importanti per creare questo hub di creatività, e quindi riusciamo a usare questo nocciolo e ad adattarlo alle varie situazioni».

 

L’investimento è limitato

Stabilimento ISA di Bastia Umbra. Tramite Hpe Swat, ciascun lavoratore può sapere il codice dei badge cui si è avvicinato, ma non può leggere il nome del titolare di quel badge: questa informazione è riservata a chi ha necessità di prendere provvedimenti in caso di contagio, tipicamente un comitato di sicurezza del quale fanno parte membri dell’Rsu dell’azienda

Il fatto che la tecnologia provenga da una tipologia di installazione che necessita di elevata flessibilità – e che ha dimostrato di possederla – fa ben sperare sulla possibilità di scalare la soluzione su varie dimensioni e tipologie di aziende. E magari anche sulla possibilità di esportarla nel resto d’Europa. «Dopo che abbiamo fatto l’implementazione in Isa – conferma Venturi – abbiamo iniziato a rilanciare nella nostra rete commerciale questo modello con vari gradi di profondità con differenti tipi di sensori. Oggi stiamo lavorando con oltre 100 aziende, e questo dopo appena una settimana dal lancio di questa tecnologia. C’è un effetto valanga, stiamo coinvolgendo i nostri partner, una cosa importante fatta con Isa è una partnership con Mantero Sistemi che è un operatore che ci aiuta con le grandi navi. La nostra strategia non è “faccio tutto io”, ma lavorare attraverso una filiera di partner sul territorio, società di ingegneria che conoscono le realtà locali, che possono adattare meglio le infrastrutture tecnologiche alle aziende. Noi facciamo tuta la parte di creatività, supporto tecnologico e disegno ad alto livello, poi l’implementazione e l’adattamento alle realtà locali sul territorio li fanno i nostri partner, e questo ci permette di scalare moltissimo e fare anche qualche migliaio di installazioni in Italia. Al tempo stesso la soluzione è anche esportabile, e abbiamo già ricevuto richieste da nostri colleghi di altri Paesi europei e anche asiatici, che stanno chiedendo informazioni sulla replicabilità della soluzione».

Ma quanto deve investire un’azienda per dotarsi di un’infrastruttura anti-covid come Hpe Swat (System Workers Advance Tracing)? «Dipende dalle dimensioni delle aziende, i tag costano da 20 a 30 euro l’uno a seconda dei vari modelli, mentre per quanto riguarda l’infrastruttura partiamo da meno di 35mila euro per arrivare intorno agli 80/90mila euro per le installazioni più grandi; tutte le soluzioni prevedono l’installazione di server dedicati. Quindi non stiamo parlando di investimenti milionari. Oltretutto si tratta di un’infrastruttura finanziabile, noleggiabile, volendo disponibile anche in versione “as a service”, anche se le aziende che ci hanno contattato finora puntano più ad acquistarla e metterla in ammortamento. Comunque, noi forniamo la tecnologia e la capacità ingegneristica, poi se ci sono nostri partner che vogliono offrirlo come servizio, noi li possiamo supportare attraverso degli strumenti finanziari. Certo, potremmo farlo anche noi, ma non è il nostro business. Noi forniamo le infrastrutture in modalità as a service, non i servizi. La differenza è sottile ma sostanziale. Fornire l’infrastruttura as a service vuol dire che possiamo offrirla per esempio a una Isa che la utilizza in proprio, oppure a una Mantero Sistemi che la utilizzerà per realizzare un proprio servizio. Tra l’altro siamo stati i primi a livello mondiale a fornire le infrastrutture installate dal cliente in modalità as a service. Sebbene questa soluzione muova cifre medio basse rispetto ai nostri business tipici, la consideriamo molto importante e siamo felici di averla sviluppata per i nostri clienti e per la comunità, allo scopo di garantire la continuità produttiva in questo periodo critico».

 

Gli sviluppi possibili

Marco Giulietti, ad di Isa

Il sistema, dunque, nasce per fare tracking ma in questo tipo di utilizzo viene sfruttato per altro. Tuttavia, un’obiezione naturale è che, una volta passata l’emergenza del Covid-19, l’azienda si troverà probabilmente con un’infrastruttura non più necessaria. O forse no?

«Noi con questa soluzione non facciamo il tracking del lavoratore, registriamo solo l’avvenuto contatto. Ma volendo lo si può attivare, per alcuni tipi di lavoro. Potrebbe essere una fase successiva, per quando andrà via questo virus. Se hai già l’infrastruttura potresti, per esempio, mettere i tag a bordo di apparecchiature mobili a guida autonoma, o ai muletti che portano materiali e  possono essere allarmati per aiutare i conducenti a evitare incidenti in aree a bassa visibilità, oppure posso agganciarli a strumenti costosi che vengono usati nei vari reparti, in modo da poterli tracciare e sapere sempre dove si trovano nella fabbrica. Per ora questa funzionalità non è implementata. Ma negli ospedali, per esempio, vendiamo questo tipo di tecnologie da prima della crisi Coronavirus. Si usano per sapere in ogni instante dove si trovano strumentazioni mobili costose, in modo da poterle recuperare quando necessario. Si tratta di attività  cosiddette di Asset Management. Un altro possibile utilizzo futuro potrebbe essere la “detection dell’uomo a terra”, utile nel caso di dipendenti che devono lavorare da soli, magari in aree vaste, e che quindi con dispositivi di rilevamento possono essere soccorsi più velocemente in caso di problemi».

 

Chi è Isa

Sede Isa

Il nome Isa è poco noto al grande pubblico, in quanto opera in un settore molto specializzato del B2B. « Isa è un’azienda familiare umbra che opera nel settore della refrigerazione professionale, con un fatturato di circa 120 milioni di euro – ci racconta l’Amministratore Delegato Marco Giulietti – Facciamo espositori refrigerati per gelati, arredamenti per bar e supermercati. Abbiamo clienti multinazionali come Unilever, esportiamo circa il 75% del fatturato e impieghiamo circa 800 persone. Produciamo con 5 marchi diversi, ma tutta la produzione a marchio Isa nasce in uno stabilimento da 60mila metri quadri situato a Bastia Umbra e realizzato circa 3 anni fa. Ma come è nata l’idea di adottare un sistema di tracciamento per i contatti dei lavoratori?

«Essendo un’azienda manifatturiera ci siamo dovuti adeguare al contesto Covid – spiega Giulietti – Quando abbiamo capito che non era una situazione che si sarebbe risolta in poche settimane, ci siamo riorganizzati a 360 gradi, sulla produzione ma anche sui comportamenti. Cercando di aiutare le nostre 800 persone a lavorare in un modo nuovo. abbiamo pensato di affiancare agli strumenti di formazione e ai DPI anche degli strumenti hardware e software che facilitassero questo nuovo approccio. Prefiggendoci due obiettivi: primo, aiutare le persone a mantenere il distanziamento sociale; e secondo, nella malaugurata eventualità che ci fosse una persona positiva o in quarantena, poter avere la tracciabilità delle persone con cui è stato in contatto, con maggiore accuratezza rispetto al metodo precedentemente adottato. Prima lo facevamo attraverso un documento cartaceo, ma questo sistema è molto più affidabile. Soprattutto, dato che si tratta di modificare i comportamenti, il problema è che le persone spesso non si accorgono di lavorare a meno di un metro e mezzo uno dall’altro. Da lì è nata l’esigenza. L’obiettivo vero è di arrivare ad avere zero segnalazioni di contatti, che vorrà dire che abbiamo tutti un comportamento virtuoso. E in futuro, una volta raggiunto questo obiettivo, potrebbe essere ipotizzabile che le mascherine non saranno più necessarie».

Stabilimento ISA di Bastia Umbra. Al lavoro con le misure di sicurezza durante la Pandemia COVID-19

Convivere con il virus, restare sicuri, continuare a lavorare, realizzare la business continuity, assicurare la privacy, garantire la salute dei dipendenti, rispettare lo Statuto dei Lavoratori… tutti obiettivi importanti, anzi irrinunciabili, dei veri e propri “must”. Ma davvero è necessario impegnarsi e affrontare tutte queste sfide? È così necessaria la continuità produttiva? Non possiamo semplicemente aspettare che passi? Gli ordini non sono fermi?

«L’Italia si è fermata, ma il mondo non si è fermato – replica Giulietti – Certo il momento è particolare, ma noi per esempio operiamo anche nel settore dei supermercati, e abbiamo clienti come l’olandese Ahold o in Italia Md che continuano ad aprire nuovi negozi». Ecco, questo forse è il dato chiave: l’Italia si è fermata. Il mondo no. E dopo mesi di blocco, restare ancora fermi non è più un’opzione.

 

(Ripubblicazione di un articolo pubblicato il 22/06/2020)














Articolo precedenteReman 2/ Così il Remanufacturing cambierà il volto dell’industria
Articolo successivoHpe e i mille orizzonti del desktop virtuale






LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui