Oltre la smart city, dove si celebra il matrimonio perfetto tra spazio fisico e big data

di Laura Magna ♦︎ Machine learning, IoT, Ai gemelli digitali: sono queste le tecnologie che abilitano la città intelligente. E che toccano tutti gli ambiti: dalla mobilità al risparmio energetico degli edifici, dll’ottimizzazione degli spazi di lavoro allo smaltimento dei rifiuti. La Milano Smart City Alliance di Assolombarda con A2A, Accenture, ATM, Cisco, Coima, Enel X, Ibm, Siemens, Tim. Ne ha parlato l’architetto Carlo Ratti nel corso di un webinar organizzato dal fondo Pictet Am

Oltre la smart city. Carlo Ratti, architetto e urbanista di fama mondiale, professore del Mit, definisce la città del futuro senseable city” (lo stesso nome ha dato al lab che dirige all’interno della prestigiosa università di Boston). «Una città che può essere letta attraverso la sovrapposizione di due strati diversi… ovvero lo strato dello spazio fisico composto da edifici, strade e piazze e dalle persone che abitano o attraversano questi ambiente e lo strato intangibile dei big data, ovvero le grandi quantità di dati raccolti attraverso l’Internet delle cose e i suoi sensori distribuiti nello spazio – a partire dagli smartphone». Machine learning, IoT, intelligenza artificiale, big data, gemelli digitali: tutte queste tecnologie, le stesse fondanti industria 4.0, abilitano questa nuova idea di città e la rendono il luogo ideale del post pandemia.

Che a ben vedere ha solo accelerato un cambiamento già in atto. In cui, «lo spazio fisico, dotato di una miriade di sensori e attuatori, non è più inerte, ma in grado di rispondere in tempo reale a una realtà in perenne mutazione. Al contempo, le applicazioni della città intelligente vanno a toccare settori molto diversi: dalla mobilità, al risparmio energetico degli edifici, all’ottimizzazione degli spazi di lavoro, allo smaltimento dei rifiuti, ai servizi municipali, fino ai processi di partecipazione civica». Ma la città post Covid avrà altre caratteristiche distintive: sarà policentrica – di fatto includendo anche le aree periferiche dove molti pendolari si trasferiranno con il consolidamento dello smart working e dovrà garantire sicurezza e salubrità ai suoi abitanti. A partire dagli uffici che dovranno essere dotati di tecnologie che garantiscano la sanità dell’aria e la sanificazione delle superfici in tutti gli spazi flessibili, solo per fare alcuni esempi.







A noi di Industria Italiana il tema interessa fortemente perché è un acceleratore del business dei due settori che rappresentano la nostra ragion d’essere: l’industria avanzata e le alte tecnologie. Non a caso, un colosso del manifatturiero come Abb ne ha fatto uno dei pilastri della sua strategia, perché il tema coinvolge trasversalmente tutte le sue attività, dall’elettrificazione all’automazione e alla digitalizzazione. E a Milano, per fare un altro esempio, qualche settimana fa è stata annunciata la “Milano SmartCity Alliance“, promossa da Assolombarda e formata  da un comitato di nove imprese: A2A Smart City, Accenture, ATM, Cisco, Coima, Enel X, Ibm, Siemens, Tim. L’Alliance sostiene l’open innovation affinché stimoli imprese e start-up a impegnarsi nella creazione di nuove soluzioni e progetti smart con un significativo impatto per la città in ambiti come la digitalizzazione, la sicurezza  e l’utilizzo dei datiambiente ed energia, la mobilità sostenibile e le nuove modalità di lavoro.

 

La “senseable” city (che il Covid accelera)

Carlo Ratti, architetto e urbanista di fama mondiale, professore del Mit

Non cambia il concetto di fondo della senseable city: semmai accelera il suo sviluppo, perché lo richiedono i nuovi bisogni innescati dalla pandemia, che si traducono in uffici e abitazioni diversi. Ratti ne ha parlato diffusamente nel corso di un webinar organizzato dalla banca d’affari svizzera Pictet Am, insieme al global head del real estate (e co-ceo di Pictet Alternative Advisors) Zsolt Kohalmi. Pictet Am crede che le imprese coinvolte in questo trend abbiamo forti prospettive si sviluppo.

Tanto da avere nella sua gamma di fondi, un veicolo di investimento dedicato proprio alla Smart CityIl fondo, lanciato nel 2018, ha l’obiettivo di catturare l’enorme potenziale di crescita delle imprese «capaci di trovare soluzioni più intelligenti alle sfide poste dall’urbanizzazione, megatrend che vede da anni una costante crescita ed ingenti investimenti a livello mondiale per uno sviluppo di città sempre più efficienti, sicure e sostenibili. Il comparto si prefigge quindi di ottenere una crescita del capitale a lungo termine investendo nelle imprese di tutto il mondo che stanno contribuendo allo sviluppo delle città del domani», così Pictet nel presentare il prodotto.

 

Crescono i centri urbani e decollano le aziende che offrono strumenti per renderli smart

Zsolt Kohalmi, global head of Real Estate e co-ceo di Pictet Alternative Advisors

Attualmente i centri urbani producono circa l’80% del Pil mondiale e secondo Kohalmi, questa quota continuerà a crescere. «Nel quadro di tassi di interesse e rendimenti obbligazionari molto contenuti o negativi a livello globale, il real estate continuerà ad attirare sostanziali flussi di capitale di investitori in cerca di un rendimento reale positivo. È tuttavia necessario essere consapevoli dei cambiamenti cui le nostre città andranno incontro». Cambiamenti che in passato sono spesso stati innescati da malattie e pandemie, che anzi hanno disegnato le forme delle città odierne. «Le facciate bianche e i finestroni a tutt’altezza di epoca moderna  – afferma il gestore di Pictet Am – si ispirano alle case di cura per la tubercolosi dell’inizio del XX secolo. Gli iconici viali che attraversano Parigi e si diramano da Central Park a New York furono tracciati per contenere la diffusione del colera e di altre malattie nel XIX secolo».

Le società target del fondo di Pictet Am sono attive principalmente, ma non esclusivamente, nella mobilità e trasporti, infrastrutture, immobiliare, gestione delle risorse sostenibili (ad esempio efficienza energetica o gestione dei rifiuti) nonché nelle tecnologie abilitanti e servizi a supporto dello sviluppo di città intelligenti e sostenibili. Tra le top holding del fondo figurano la società tedesca di costruzioni Vonovia, e quella britannica Segro (specializzata in sviluppo di immobili commerciali ai margini delle città), le Usa Lowe’s (retailer di materiale per la casa), ma anche Autodesk (produttore di software per la progettazione e i servizi di architettura e ingegneria), Visa e Mastercard, e Prologis, fondo immobiliare che investe in strutture logistiche.

 

Il prossimo cambiamento inizia con la diffusione dello smart working

Ma torniamo al tema dell’intervento di Ratti. Secondo l’urbanista nel ridisegno della città del next normal saranno gli uffici a dettare le regole. Il punto cruciale da cui il cambiamento accelera è infatti proprio quello relativo al telelavoro«La prima domanda a cui rispondere è se nei lavori in ufficio ma anche in quelli amministrativi in fabbrica (che sono poi la parte preponderante del mondo occidentale) si tornerà agli spazi fisici – dice Ratti – Alcune aziende stanno già pianificando di passare a spazi di lavoro flessibili: il che ridurrà lo spazio complessivo di cui hanno bisogno e porterà meno lavoratori in ufficio. Un sondaggio con 278 manager compiuto dalla McKinsey nell’agosto 2020 “The future of work after Covid19” ha rivelato che in media, essi ridurranno lo spazio degli uffici del 30%. È una grande opportunità: se si tornerà in ufficio si tornerà in uffici molto diversi».

Bisogna tenere in considerazione che ci sono anche aziende che, in merito agli uffici, vanno della direzione opposta e hanno l’idea di ampliare le proprie sedi per rispettare le norme di distanziamento sociale. Lo spiega Kohalmi, il gestore di Pictet Am: «Negli ultimi vent’anni lo spazio medio per dipendente si è dimezzato, ma potremmo assistere a un’inversione della tendenza: i recruiter infatti utilizzano uffici ampi e moderni per attrarre talenti. Secondo le stime di Knight Frank, le norme di distanziamento sociale prevedono una superficie di 13 mq per ogni scrivania, rispetto alle medie attuali di 12 mq nella City di Londra e 10 mq nei Docklands».

Lo smart working in Italia: progetti strutturati e lavoratori coinvolti per l’emergenza Covid. Fonte Osservatorio della School of Management del Politecnico di Milano

Il futuro degli uffici: tecnologia a protezione della salute e nuovi co-working

E allora quale tendenza prevarrà? «Il futuro non si può predire ma si può progettare. Non ci saranno più uffici con la propria scrivania con il proprio pc e la foto dei figli – continua Ratti – Nella distribuzione degli spazi, saremo sicuramente condizionati nel lungo termine dalla cura della salute. Si dovranno integrare una serie di tecnologie utili a contenere contagio di virus vari, come per esempio sistemi per la pulizia automatica dei desk e ventilazione adeguata delle aree, che non sia centralizzata ma distribuita. Porte automatiche, mense aziendali gestite via app, miglioramento dei sistemi di ascensori: con attuazioni diverse e personalizzate in base ai settori, banking, imprese digitali e industrie richiederanno layout diversi e sarà sfidante per i designer».

Smart working, Covid e new normal. Fonte Osservatorio della School of Management del Politecnico di Milano

 

Nuovi coworking piccoli e distribuiti

Si dovrà aumentare la connettività, e si dovrà andare verso building più sostenibili dal punto di vista ambientale ma anche da quello della rete. Anche per abilitare nuovi spazi di coworking, che «avranno un ruolo importante nella ristrutturazione dei groundfloor delle nostre città. Ci saranno spazi di coworking più piccoli e distribuiti per aiutare le persone che hanno appartamenti piccoli o hanno bisogno di socializzare. È un’opportunità molto interessare, ma cambierà rispetto ai colossi attuali che hanno creato il mercato». Il coworking è necessario per la serendipità: «le nuove idee che nascono quando si fa altro: avviene molto naturalmente negli spazi fisici. Immaginiamo come spazio fisico lo spazio pubblico: nello spazio fisico le diversità si mescolano mentre nello spazio virtuale tendiamo a evitarle e questo impedisce gli insight».

«L’uomo è un animale sociale – aggiunge Kohalmi – necessita di spazi condivisi per creare, confrontarsi e dare vita a nuove idee. Un concetto oggi più attuale che mai, dato che molte attività manuali e di routine sono state automatizzate e quindi la natura delle mansioni che svolgiamo in ufficio è per l’80% collaborativa».

 

Gli altri settori del real estate, dal retail al residenziale ai centri dati e logistici

Nessun settore sarà risparmiato dalla metamorfosi. «Ma una cosa è certa: le città non moriranno», dice Ratti. «Non basta il telelavoro per spostare tutta la loro popolazione, che è circa la metà di quella globale, nei borghi», osserva. Ma quella che abbiamo di fronte è a ben vedere un’occasione da non perdere per modernizzare un patrimonio immobiliare obsoleto (in Italia più che nel resto d’Europa, cove in media il 70% degli edifici ha oltre venti anni) «intervenendo, anche in modo pesante, su alcuni errori del passato e cercando di rendere le città più vivibili. Senza consumare altro suolo. Anche perché le città sono responsabili del 75% del consumo di energia e dell’80% delle emissioni nel mondo. C’è dal 2014 un progetto di riconversione a Parigi di tutti gli edifici commerciali sfitti che i proprietari sono obbligati a convertire in abitazioni», dice Ratti.

Com’è cambiato il retail con la pandemia? Fonte Osservatorio della School of Management del Politecnico di Milano

Anche gli edifici residenziali dunque muteranno: le case dovranno contemplare spazi dedicati al lavoro e dovranno essere raggiunte in maniera capillare dalla rete, che dovrà estendersi ed essere efficace ben oltre i centri delle megalopoli e delle capitali economiche. Col tempo, l’esigenza di lavorare da casa alimenterà la richiesta di spazi professionali interni alle abitazioni. «Sarà quindi necessaria una progettazione adeguata che garantisca più spazio e luce. In futuro, negli annunci immobiliari il numero di postazioni di lavoro potrebbe acquistare la stessa importanza del numero di camere da letto. Il co-living rimarrà in auge, soprattutto per ragioni finanziarie, ma sarà incentrato su spazi e tecnologie», dice ancora Kohalmi.

E poi, gli immobili commerciali. Dopo la pandemia i negozi tradizionali diminuiranno. I negozi fisici erano già in difficoltà e uno su 10 era vuoto. Oggi sappiamo che sopravviveranno alla rivoluzione digitale i negozi situati in località gettonate che offrono esperienze particolari e attività ricreative. I valori locativi saranno oggetto di pressioni, in quanto più spazi saranno utilizzati per lo stoccaggio e la logistica delle merci vendute online. Ad avere la meglio nell’era post-Covid saranno verosimilmente i centri dati, ormai nelle mire degli investitori, come pure i centri medici, le strutture sportive e altri centri benessere, poiché a fine pandemia saremo probabilmente tutti più attenti alla salute. Anche le strutture per la logistica last mile dovrebbero prosperare, alla luce del crescente ricorso allo shopping online.

Molti consumatori hanno scoperto la comodità dell’e-commerce e di altre attività online durante la pandemia. Nel 2020, la quota di e-commerce è cresciuta da due a cinque volte rispetto a prima del COVID-19. Secondo i sondaggi McKinsey Consumer Pulse condotti in tutto il mondo, circa tre quarti delle persone che utilizzano i canali digitali per la prima volta durante la pandemia affermano che continueranno a utilizzarli quando le cose torneranno “normali”.

 

L’effetto della pandemia sui canoni di locazione, elaborazione Pictet Am

La città policentrica

In conclusione, la città non sparirà ma cambierà profilo. «Anche la peste nel ‘600 ne aveva provocato lo spopolamento che fu solo temporaneo. Le città sono il veicolo di scambio di merci, idee e dna, perché attraggono i giovani. Ma le città diventeranno sempre più policentriche. Con aree periferiche che costituiranno nuovi centri da cui partire per raggiungere il vecchio centro. E questo produrrà una redistribuzione di valore nel real estate». Ratti richiama la teoria delle località centrali, che dimostra come distribuzione dei centri urbani, la loro forma e struttura gerarchizzata sul territorio abbia un fondamento razionale basato su aree gravitazionali. «Se si andrà in ufficio due o tre giorni a settimana, le aree periferiche diventeranno un’altra città collegata alla città principale. Con case più confortevoli, più economiche, più salubri e con servizi per i bambini. E le “vecchie” città ne beneficeranno. I pendolari che viaggeranno qualche giorno ogni settimana potranno farlo agevolmente», conclude l’urbanista.














Articolo precedenteStellantis: stop fino al 10 maggio allo stabilimento di Melfi. Ma in Francia si assume. E…
Articolo successivoL’ultima versione di Simulation Management di Aras punta su scalabilità, flessibilità e connettività






LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui