Segreti e strategie di Stain, la software house del manifatturiero

di Piero Macrì ♦︎ Un fatturato vicino ai 4,5 milioni e clienti del calibro di Beretta, Feralpi e Italfond. Specializzazione nei sistemi Mes. Personalizzazione e informatizzazione di processo alla base della crescita

Creare le condizioni per acquisire informazioni certe e in tempo reale per monitorare tutti i processi produttivi. È questa la modalità operativa che contraddistingue l’approccio al mercato di Stain (Mes Solutions), software house bresciana specializzata in sistemi Mes (Manufacturing Execution Systems). Nata agli inizi degli anni novanta la società vanta oggi un fatturato che nel 2019 sarà prossimo ai 4,5 milioni di euro e clienti di primo piano come Arvedi, Beretta, Feralpi, Fondital, Egm, Italfond, Itap, Lucchini e Trw. Per l’amministratore delegato Claudio Morbi, la digitalizzazione non è più un’opzione ma una necessità.

«È un percorso che le aziende più innovative hanno avviato da tempo e che mi auguro venga raccolto da un numero sempre più ampio di imprenditori. L’esperienza ci insegna però che non ci si deve lasciare travolgere dal consumismo tecnologico altrimenti si corre il rischio di dare vita a un’azienda video game, ricca di effetti speciali ma priva di una correlazione organica alle esigenze di business. Occorre avere chiarezza di obiettivi, di processi e della tecnologia più adatta per supportarli. La priorità è la definizione di architetture informatiche solide che possano permettere di evolvere nel tempo preservando gli investimenti pregressi. Fondamentale è saper individuare il partner in grado di “scaricare a terra” la nuova visione digitale». Non è quindi un caso che Stain abbia nel tempo associato allo sviluppo di software, servizi di consulenza mirati a orientare e definire “step by step” un percorso ragionato verso la digitalizzazione. «Il segreto del nostro successo? La concretezza bresciana: sapere affrontare i problemi in modo pragmatico, raccontando al cliente quello che realmente serve per ottenere un certo risultato».







Claudio Morbi, amministratore delegato di Stain

 

Come è cambiato il modo di produrre e quali sono oggi le priorità delle imprese?

Il focus della produzione si sta spostando dai volumi alla personalizzazione. Il che vuol dire sapere definire processi sempre più efficienti coerenti con una nuova domanda basata sulla creazione di valore misurabile. Quanto costa il prodotto, quanto costa la produzione? Per gli imprenditori è ormai necessario avere informazioni di processo e di stato macchina in modo strutturato e informatizzato. Non ci si può più affidare all’improvvisazione e prendere per buoni dati che viaggiano su documenti cartacei o su fogli excel; sono dati approssimativi che non danno la possibilità di avere una fotografia istantanea e reale di cosa, quanto e come produco. Oggi i prodotti sono davvero complicati. E altrettanto lo sono i processi. Pensare di risolvere il tutto senza informazioni adeguate e pertinenti è pressoché impossibile. In questo ultimo decennio sono aumentate enormemente le potenzialità della tecnologia così come la complessità dei processi ed è vitale riuscire a ottimizzare il contesto di fabbrica facendo leva sulla disponibilità di dati.

 

Quali sono le diversità rispetto al passato, come cambia il contesto d’impresa nell’era digitale?

Esistono dei problemi comuni in molte realtà manufatturiere in quanto la tecnologia è generalmente più veloce rispetto all’evoluzione del contesto culturale d’impresa. Solo alcune aziende hanno sfruttato la tecnologia per una innovazione continua, altri l’hanno ritenuta meno importante. Per molti era più facile e comprensibile avere macchine da mettere in produzione piuttosto che misurarne le performance con l’obiettivo di ottimizzare processi e organizzazione del lavoro per magari evitare di comprarne una. Insomma, per lungo tempo ci si è focalizzati sulla capacità di potenza, senza pensare che è la capacità di controllo, il monitoraggio e la conseguente disponibilità di informazioni a poter assicurare una progressiva efficienza. Industria 4.0 vuol dire fare il prodotto più personalizzato possibile. Più si riesce a dare un servizio a valore più si è competitivi rispetto ai concorrenti. Ovviamente per fare questo servono ottime macchine e ottimi reparti, ma non è più sufficiente: servono organizzazione e informazione; in assenza di questi, si rischia di non avere un controllo dell’impresa e inevitabili diseconomie. Il segreto del nostro successo è la concretezza bresciana: sapere affrontare i problemi in modo pragmatico, raccontando al cliente quello che realmente gli serve per ottenere un certo risultato.

Linea produttiva Stain

E il Mes, il gestionale per eccellenza in ambito produttivo, come è cambiato per sostenere questa visione?

Dal punto di vista del Mes, al di là di accorgimenti funzionali, non si è assistito a uno stravolgimento della tecnologia. Diciamo che oggi rispetto a dieci anni fa è molto più semplice acquisire informazioni dalle macchine. Per esempio con la tecnologia Opc Ua possiamo andare ad archiviare e acquisire informazioni di processo molto più facilmente. Lo si riusciva a fare anche prima ma era un’attività molto più “time consuming”, si dovevano dedicare più risorse e risolvere le criticità di ambienti quasi per nulla standardizzati. Anche la fruibilità è diversa. Con l’affermazione del mobile sono infatti cambiati i terminali di riferimento e le interfacce grafiche sono diventate più semplici e allo stesso tempo più complete in termini di supporto informativo offerto. Chi si cimentava in un’operazione di rinnovamento digitale era considerato un pioniere o un visionario. Oggi, invece, esiste un supporto organico dal punto di vista delle tecnologie che permette alle aziende di aver un avere un approccio più sistemico all’innovazione. Industria 4.0 è servita certamente a creare una maggiore consapevolezza di quanto i dati siano l’elemento fondamentale per introdurre produttività e competitività di mercato. Avere informazioni puntuali, come e dove serve, è una direzione che deve essere obbligatoriamente perseguita altrimenti si corre il rischio di vanificare la potenza grezza messa a disposizione dalle macchine

 

Secondo quanto emerge da numerose ricerche di settore, uno degli ostacoli che frena gli investimenti è rappresentato dalla resistenza al cambiamento.

Del tutto vero. Per scuotere gli imprenditori da una pericolosa immobilità serve dare loro l’opportunità di aprirsi verso l’esterno e confrontarsi con tutti coloro che si sono già avviati da tempo su questo percorso. È questo il senso del ciclo di eventi Open House che abbiamo organizzato: dare l’opportunità alle imprese di aver un confronto diretto con chi ha iniziato a individuare nuove strade per acquisire efficienza. Quello che non mi stancherò mai di ripetere è che se si continua a percorrere una stessa strada, si continua ad andare nella stessa medesima direzione. Investire in tecnologia è corretto, ma attenzione a non deragliare. È poco o per nulla sensato riempire l’azienda di nuova tecnologia se non si hanno chiari gli obiettivi da raggiungere. È utile pensare cosa si vuole ottenere e solo in un secondo tempo individuare la tecnologia che può accompagnare e realizzare questi obiettivi. Condividere esperienze serve ad evitare di compiere errori inutili e serve a minimizzare la paura del cambiamento.

Andon di reparto Stain

Quale il ruolo del Mes, come può creare valore all’interno dell’impresa?

I sistemi Mes impattano su tutta l’organizzazione produttiva, dall’operaio fino al direttore di produzione. Tutte le persone coinvolte nel processo devono potere essere rese più efficienti dalla disponibilità dei dati. Ecco, quindi, l’importanza di portare in azienda soluzioni che possano essere realmente fruibili a tutti i livelli di responsabilità. L’interfaccia e l’interazione uomo macchina deve prevedere applicazioni e cruscotti facili da usare perché devono portare un reale vantaggio a chi li usa davvero. Industria 4.0 può non rimanere solo uno slogan solo nel momento in cui il dato contribuisce a migliorare il modo di operare di tutti. È quindi il fine ad essere più importante, non il mezzo. Va da sé che sia quest’ultimo, ovvero la tecnologia, che deve poi supportare qualitativamente e funzionalmente la visione della smart factory. Ma rimane uno strumento o tecnologia abilitante che deve essere tarata in funzione degli obiettivi digitali che si vogliono raggiungere. Deve esistere un ritorno all’investimento e come partner in business delle aziende devo essere in grado di prospettare al cliente dei vantaggi reali e, soprattutto, misurabili. Non si deve guardare all’IoT come panacea tecnologica ma come presupposto per dare un nuovo impulso informativo alla produzione. Il che significa avere chiari quali dati, flussi e processi si devono condividere nello shop floor. Altrimenti si corre il rischio di avere una montagna di dati senza sapere come utilizzarli e senza nemmeno davvero sapere quali sono i dati che sono davvero importanti per la digitalizzazione, monitoraggio e controllo di un processo.

 

In sintesi, qual è il messaggio da passare alle aziende?

Pensare in digitale significa migliorare i processi per raggiungere maggiore efficienza. Ed è questa la forma mentis con cui approcciare il Mes. Il nostro obiettivo è rendere disponibile l’informazione esatta – dove serve quando serve – per innescare un processo di miglioramento continuo e collaborativo. Un esempio? Se a fine turno si fa un “active cockpit” ovvero un piccolo meeting tra operatori e capo reparto, grazie a informazioni certe e inequivocabili, in pochi minuti si riescono ad evidenziare le più importanti causali che hanno determinato fermi e scarti, cosa ha funzionato e cosa non ha funzionato. Insomma, il Mes aiuta a determinare un percorso di conoscenza condiviso orientato al miglioramento e alla flessibilità secondo gli schemi propri di una lean factory. Mes significa informatizzazione di processo ed è la disponibilità dei dati a permetterlo, superando così l’approssimazione e la non oggettività di giudizio che gli operatori potrebbero avere in assenza di questi. Integrazione è un’altra parola fondamentale. Oggi è infatti improponibile un ambiente di produzione dove non esiste interazione machine-to-machine e comunicazione efficiente tra shop floor e applicazioni aziendali come per l’appunto Mes ed Erp. Altro elemento caratterizzante la digitalizzazione è la velocità ovvero monitoraggio in tempo reale. In buona sostanza Mes è l’espressione della connected factory. Last but non least. semplicità di interfacce poiché un Mes moderno deve riuscire a risolvere la complessità dei processi di fabbrica odierni mettendo nelle mani degli utilizzatori strumenti che possa offrire immediatezza d’informazione.

La sede di Stain

Quanto è importante la standardizzazione in un percorso digitale?  

Passare da ambienti dove esiste una pluralità di protocolli a una tendenziale convergenza verso standard univoci è indispensabile. In questo Industria 4.0 è stato di grande aiuto perché ha creato consapevolezza sull’importanza degli standard poiché, oltre a semplificare l’integrazione verticale verso il basso e verso l’alto, permettono di preservare investimenti e know-how. È una domanda che deve arrivare dai clienti, che devono pretendere che una macchina acquistata oggi supporti i protocolli di comunicazione standard. C’è voluto tempo prima che si imponesse uno standard di comunicazione industriale come ethernet, lo stesso avverrà per quanto riguarda l’ambiente di produzione. Ci vorrà tempo ma la direzione è quella: massima apertura e convergenza verso standard di mercato. Semplificherebbe la vita a tutti e servirebbe a ridurre i costi. Lo standard serve anche a favorire una conoscenza condivisa e strutturata. Se un capo reparto lascia l’azienda ma il sistema è opportunamente informatizzato chi prende il posto ha già a disposizione una serie di informazioni già catalogate. Ciò permette quindi di attivare un lavoro e sapere immediatamente quali sono i difetti che nel corso di un certo periodo sono stati evidenziati dalla macchina agevolando in questo modo le decisioni da prendere.

La suite Stain+
Stain nasce all’inizio degli anni novanta a Brescia, uno di punti di riferimento del panorama internazionale per la lavorazione dei metalli. Inizialmente si dedica al software per l’automazione industriale per poi evolvere verso lo sviluppo di software Mes per la gestione della produzione: dalla raccolta dati di produzione all’analisi Oee, dalla gestione della logistica di reparto alla manutenzione a guasto e preventiva fino ad arrivare al controllo della qualità. Stain + è oggi la soluzione per tutte le aziende del settore manufatturiero a ciclo discreto (alimentare, automotive, officine meccaniche, pressofusioni, rubinetterie, stampaggio plastica e gomma, viterie) che utilizzano macchine automatiche e/o operazioni manuali. È composta da prodotti standard, configurabili e parametrizzabili, semplici da utilizzare e molto veloci da installare che consentono di avere dati certi che viaggiano alla stessa velocità dei prodotti. L’interconnessione con Stain+ e il supporto a protocolli standard – Opc-Ua, Profinet, Euromap 63/77, Web Server – e proprietari, consentono di raccogliere dalle macchine tutti i dati produttivi e di processo e di inviare alle macchine i parametri necessari, con ottimizzazione dei tempi di setup ed eliminazione degli errori e scarti di avviamento.
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