A tutte le aziende industriali: è allerta recessione! Con Schroders, T.Rowe Price, Kairos, Axa Im Italia e Ing

di Laura Magna ♦︎ Vista la forza del mercato del lavoro in tutto il mondo, alle banche centrali occorreranno più aumenti dei tassi: recessione prevista tra il quarto trimestre 2023 e il primo trimestre 2024. Dagli Usa si espanderà in Europa: la Bce ha alzato le previsioni sull’inflazione per il 2025. Le conseguenze? Aumento dei licenziamenti e irrigidimento delle banche. I pareri delle grandi case di investimento. Con Arif Husain (T. Rowe Price), Tina Fong (Schroders), Paolo Pizzoli, (Ing), Alessandro Fugnoli (Kairos) e Alessandro Tentori (Axa)

La recessione innescata dalla spirale restrittiva dei tassi è in arrivo. Lo hanno detto a Industria Italiana gli esponenti dell’accademia e lo ribadiscono oggi economisti e strategist delle banche di affari. Abbiamo raccolto il parere di alcuni e la conclusione è che bisogna stare pronti: dopo il record delle Borse nella prima metà dell’anno e il recupero apparente di economia e produzione industriale nel 2022, ci sarà un tonfo, più o meno doloroso, a cui l’industria deve prepararsi. E la visione che arriva dalle banche centrali, abituate a un approccio pragmatico e basato sull’osservazione dei mercati, aggiunge dettagli interessanti. Ecco dunque il punto di Schroders, T.Rowe Price, Kairos, Axa Im Italia, Ing.

Partiamo da un assunto: arriverà la recessione? La maggioranza degli esperti che abbiamo interpellato ritiene di sì, ma con gradazioni e sfumature diverse. Perché questa recessione sarà diversa da tutte le altre. L’effetto tuttavia sarà pensante sull’industria anche se probabilmente di breve termine.







La recessione: è davvero in arrivo, entro fine 2023

Alessandro Tentori, cio di Axa Im Italia

«Secondo gli economisti della Fed stessa, una recessione arriva entro 10 mesi dall’inversione della curva dei Treasury americani – dice Alessandro Tentori, cio di Axa Im Italia – Lo spread tra il Bill a 3 mesi e il Treasury decennale è andato in territorio negativo a ottobre 2022. Dovremmo quindi già apprestarci a vedere un rapido deterioramento dei principali indicatori macroeconomici. Dovremmo già essere in recessione. Non è così, anzi, il mercato del lavoro rimane ancora solido, mentre per il secondo trimestre è prevista una crescista del pil addirittura del 2,3%».

E allora? «Bisogna intendersi su cosa intendiamo per recessione – dice Alessandro Fugnoli, strategist di Kairos – non c’è accordo: molti continuano a pensarla come la sequenza di due trimestri con Pil negativo. Ne abbiamo avuto una nel primo semestre del 2022 negli Stati Uniti. Non ce ne siamo neanche accorti e l’abbiamo saputo dopo. A cavallo tra 2022 e 2023 ne abbiamo avuto un’altra in Germania. Anche in questo caso l’abbiamo saputo dopo, mentre nel frattempo la borsa tedesca era salita. La seconda definizione di recessione non è centrata sul Pil, ma sull’occupazione. Pochi decimali di differenza di Pil sono praticamente impercettibili nella vita delle persone, ma un’ondata di licenziamenti non passa inosservata e modifica i comportamenti non solo di chi perde il posto di lavoro ma anche di tutti gli altri, che a questo punto temono di perderlo anche loro».

Bisogna guardare al mercato Usa: l’obiettivo della Fed sull’occupazione è particolarmente ambizioso. «Per contenere l’inflazione salariale si vorrebbe ridurre non tanto il numero degli occupati, quanto la quantità di offerte di lavoro, tra le quali ogni disoccupato può scegliere. È chiaro che se le offerte sono più di una, il lavoratore riesce a spuntare una remunerazione più alta e l’inflazione salariale non scende. Perseguire un obiettivo così preciso avendo a disposizione quasi esclusivamente l’arma rozza dei tassi è però molto difficile. C’è quindi da aspettarsi che la manovra non riesca alla perfezione, ma comporti alla fine anche un aumento del numero dei disoccupati, creando così una recessione percepita, anche se non troppo cruenta».

Vista la forza del mercato del lavoro in tutto il mondo, alle banche centrali occorreranno probabilmente più aumenti dei tassi di quelli che i mercati oggi scontano. A un certo punto, probabilmente tra il quarto trimestre 2023 e il primo trimestre 2024, la recessione potrebbe davvero arrivare. Questa, per lo meno, è la stima dell’ufficio studi della Fed.

Gli effetti sull’Italia e sulla nostra industria

Paolo Pizzoli, senior economist di Ing

Se la recessione sarà globale, come previsto, che effetti potrà avere sull’industria italiana? «Ovviamente – risponde Tentori – i settori più votati all’export si troverebbero in grave difficoltà nell’ipotesi di una recessione globale. Probabilmente, i settori del lusso e del turismo nonché i settori più difensivi, come quello farmacologico, potrebbero invece stemperare il forte shock globale». E, come sappiamo, la produzione industriale italiana ha avuto in aprile un sonore stop, con una contrazione mensile dell’1,9% e di oltre il 7% anno su anno. «La produzione industriale – dice Paolo Pizzoli, senior economist di Ing – ha battuto le aspettative e ha registrato un rimbalzo dell’1,6% in maggio. Avevamo previsto un buon rimbalzo, ma siamo anche consapevoli che questo potrebbe essere pesantemente influenzato dall’effetto distorsivo della distribuzione dei giorni di vacanza in aprile, che potrebbe aver indotto la chiusura temporanea degli impianti. In queste circostanze, preferiamo guardare alla variazione mobile di 3 mesi sui 3 mesi precedenti. Questa mostra che la variazione trimestrale della media febbraio-maggio rispetto a novembre-gennaio è rimasta negativa dell’1,8% trimestre su trimestre».

Insomma, le buone notizie scarseggiano, pur non essendo del tutto assenti. «Se si considerano le variazioni annuali per settore, si notano chiare indicazioni di una tendenza al miglioramento per coloro che erano stati più esposti alle interruzioni della catena di approvvigionamento legate alla carenza di chip (settore automobilistico, informatico ed elettronico) e di persistenti difficoltà in quelli più vulnerabili alla crisi dei prezzi dell’energia (prodotti chimici, prodotti raffinati, carta, prodotti metallici). In termini annuali, tutti gli aggregati – ad eccezione della produzione di beni d’investimento – sono risultati in contrazione. Questo non era immediatamente evidente, considerando i ritardi nell’attuazione del piano di ripresa e resilienza», spiega Pizzoli.

In prospettiva, Pizzoli ritiene che l’industria sia destinata, nella migliore delle ipotesi, a rimanere piatta, almeno nel breve periodo. «La fiducia delle imprese manifatturiere si è ulteriormente deteriorata a giugno, così come il relativo Pmi. Di fronte al calo degli ordini e alla stabilità delle scorte di prodotti finiti, è improbabile che i piani di produzione vengano incrementati, e il calo dei prezzi dell’energia non sembra ancora in grado di esercitare uno stimolo di offerta positivo sulla produzione. L’industria sembra destinata ad agire da freno sulla creazione di valore aggiunto nel secondo trimestre, ma la tenuta dei servizi dovrebbe comunque consentire di avere una crescita trimestrale positiva del Pil nel trimestre».

La dinamica della recessione che parte dagli Usa e dalla Fed

Tina Fong, strategist di Schroders

La recessione ci sarà, sarà globale e partirà dagli Usa (dove la Fed è più avanti nel ciclo dei tassi). Lo sostiene Tina Fong, strategist di Schroders. «Mai nella storia una recessione negli Stati Uniti è stata così annunciata come in questo ciclo economico. Mentre la Fed sta facendo di tutto per raffreddare l’inflazione, l’economia statunitense ha superato le aspettative e si è dimostrata resiliente. Nonostante ciò, rimaniamo tra coloro che prevedono una recessione negli Stati Uniti per quest’anno».

Ogni recessione è diversa dall’altra ed è difficile stabilirne le tempistiche, «ma ci aspettiamo che una recessione negli Stati Uniti si verificherà nel quarto trimestre di quest’anno e nel primo trimestre del prossimo. Oltre ad essere una recessione relativamente breve, si presume che la contrazione della crescita economica sarà modesta rispetto alle recessioni passate. E in prospettiva, riteniamo che l’industria sia destinata, nella migliore delle ipotesi, a rimanere piatta, almeno nel breve periodo. La fiducia delle imprese manifatturiere si è ulteriormente deteriorata a giugno, così come il relativo Pmi. Di fronte al calo degli ordini e alla stabilità delle scorte di prodotti finiti, è improbabile che i piani di produzione vengano incrementati, e il calo dei prezzi dell’energia non sembra ancora in grado di esercitare uno stimolo di offerta positivo sulla produzione».

… la trasmissione della crisi all’Europa

Arif Husain, head of international fixed income and chief investment officer, fixed income di T. Rowe Price

Dagli Usa la recessione innescata dalle banche centrali si espanderà velocemente nel resto del mondo. «Esiste il rischio concreto che le banche centrali possano irrigidirsi eccessivamente nel tentativo di contenere l’inflazione contribuendo a spingere l’economia globale verso la recessione – afferma Arif Husain, head of international fixed income and chief investment officer, fixed income di T. Rowe Price – oltre a indurre una recessione dei mercati finanziari. La Bce ha fornito quello che probabilmente è l’esempio recente più evidente di una posizione estremamente falco da parte di una grande banca centrale. Nella riunione di giugno, ha aumentato i tassi di 25 punti base e la Presidente Christine Lagarde ha dichiarato di aspettarsi un altro rialzo a luglio. L’aspetto più significativo è che la Bce ha sorpreso i mercati alzando le previsioni sull’inflazione per il 2025, fatto che ha dato un segnale fortemente ribassista. In seguito alla revisione delle previsioni di aumento dell’inflazione, riteniamo che la Banca centrale europea potrebbe addirittura procedere a un nuovo rialzo nella prossima riunione di settembre».

 

(Ripubblicazione dell’articolo pubblicato il 24 luglio 2023)














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