Sap: sostenibilità e visibilità sono le chiavi per una supply chain sostenibile

Insieme a Oxford Economics, l'azienda ha realizzato un'indagine mirata a identificare le aree dove è possibile potenziare la catena di approvvigionamento per coniugare gli obiettivi di sostenibilità, innovazione e resilienza

Con lo scoppio della pandemia ha sottolineato la fragilità delle supply chain e l’importanza di ristrutturarle così da garantire una maggiore efficienza. La revisione della catena di approvvigionamento è uno dei temi più urgenti in tutti i settori industriali, ma non è semplice coniugare gli obiettivi di sostenibilità, innovazione e resilienza con criteri più chiave per i consumatori, a partire dal prezzo per l’utente finale.

Per comprendere quali siano le principali esigenze in questo ambito, Sap e Oxford Economics hanno intervistato 1.000 supply chain manager a livello globale e pubblicato i risultati dello studio in una ricerca intitolata Il paradosso della supply chain sostenibile.







Una visibilità ridotta porta a un progresso lento

Traguardi ambiziosi esigono un monitoraggio costante, con il rischio però che ci si fermi a fissare obiettivi di sostenibilità relativi alla catena di approvvigionamento piuttosto che fare passi concreti per raggiungerli. Più di due terzi degli intervistati, ad esempio, ha creato una dichiarazione di intenti chiara sulla sostenibilità (e un ulteriore 21% la sta redigendo), ma la percentuale di chi afferma di compiere progressi rispetto ai propri obiettivi è molto bassa. Solo il 52%, ad esempio, ha ridotto le miglia di spedizione complessive.

Alcuni settori si distinguono in aree particolari: ad esempio le aziende high-tech hanno fatto registrare più progressi (72%) delle aziende delle telecomunicazioni (53%) nell’assicurarsi fornitori con materiali sostenibili. D’altro canto, le aziende di prodotti di consumo hanno fatto buoni progressi nel ridurre le miglia di spedizione complessive (58%) rispetto alle aziende high tech (48%). Le imprese che mantengono concretamente le promesse cominciano a vedere un ritorno sui loro investimenti. La maggioranza dei manager (63%) afferma di aver ridotto complessivamente il consumo energetico e, non a caso, più di tre quarti degli intervistati dice che l’impatto sulla sostenibilità è stato positivo.

I manager stanno però trascurando un aspetto chiave: i principali responsabili della loro impronta ambientale sono i loro fornitori. Solo il 56%, infatti, degli intervistati ammette di riconoscere la propria rete aziendale come un’estensione della propria organizzazione. Alcuni settori sono più avanti di altri nell’adottare una mentalità incentrata sugli ecosistemi: due terzi delle aziende del settore dei beni di consumo o dell’energia concorda con questa affermazione, rispetto a solo un terzo delle imprese di viaggio e di trasporto.

L’evoluzione di una supply chain sostenibile

Piccoli cambiamenti possono avere un impatto notevole sulla sostenibilità dei processi della supply chain. Mondelēz International, produttore alimentare noto in tutto il mondo, ha risparmiato ben 5,4 tonnellate di plastica in fase di produzione e reso più facile il riciclo per i consumatori, semplicemente eliminando le finestrelle di plastica dalle confezioni dei suoi popolarissimi Cadbury Crème Eggs e di altri prodotti venduti durante il periodo pasquale.

Molti executive che hanno partecipato all’indagine stanno cercando di modificare in modo simile i processi della catena di valore. Quasi un terzo afferma di aver compiuto i maggiori progressi nel rendere più sostenibili i processi di pianificazione e progettazione della supply chain negli ultimi tre anni, cambiando ad esempio la progettazione dei prodotti per utilizzare una maggior quantità di materiale riciclato e meno plastica, oppure eseguendo la valutazione del ciclo di vita di tutti i materiali. Guardando al futuro, si prevedono aggiustamenti del processo di produzione, come il minor impiego di materiali, la maggiore automazione o semplicemente l’acquisizione di più informazioni sui fornitori.

Soluzioni e tecnologia

Le tecnologie innovative possono fornire risultati a lungo termine, così come il cloud e il mobile. Il cloud permette alle organizzazioni di aggregare dati da diverse fonti (tra cui i processi abilitati per dispositivi mobili e IoT) per ampliare la visibilità, identificare potenziali inefficienze e prevenire interruzioni prima che si riversino a cascata lungo la supply chain. Mobile e IoT possono consentire inoltre il tracciamento e il monitoraggio in tempo reale delle spedizioni, fornire aggiornamenti in tempo reale per rendere più efficiente il processo logistico e ridurre quindi le emissioni. I dati provenienti da queste fonti possono fornire informazioni agli algoritmi di machine learning, alle torri di controllo o alle tecnologie di valutazione del ciclo di vita, creando un circolo virtuoso che migliora l’efficienza a monte e a valle della supply chain.

 

Secondo gli intervistati i vantaggi legati alla sostenibilità possibili grazie all’uso delle tecnologie sono processi più efficienti, specialmente con il cloud nelle fasi di consegna (65%) e di progettazione e pianificazione (73%). I manager affermano inoltre di riscontrare una maggiore visibilità sui fornitori grazie all’uso di dispositivi mobili nelle fasi di progettazione e pianificazione (43%) e all’utilizzo di torri di controllo sempre nel processo di consegna (52%). Infine, il machine learning è utilizzato dal 22% delle aziende manifatturiere e dal 29% specificamente per la manutenzione dei prodotti. Le aziende del settore energia con il 29% e dei beni di consumo con il 28% sono in testa nell’uso dell’IoT per le consegne contro il 22% del campione.

«Oggi, siamo tutti più consapevoli che la sostenibilità non è un valore che si conquista solo aggiustando un processo, cercando di ridurre i consumi energetici o usando meno plastica. Deve essere invece un fattore centrale nella strategia di business dell’azienda e ricoprire un ruolo integrale nelle attività quotidiane che mantengono in funzione una supply chain, dalla progettazione alla distribuzione», ha dichiarato Carla Masperi, chief operating officer di Sap Italia e Grecia. «Non intervenire sulla sostenibilità potrebbe far allontanare dal brand elementi importanti dell’organizzazione, partendo dai dipendenti e arrivando ai clienti, azionisti e partner».














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