Viaggio in Pirelli alla ricerca dello pneumatico del futuro

di Marco de' Francesco ♦︎ Rinforzi in silice derivanti dagli scarti del riso e 5G per i tire della multinazionale guidata da Tronchetti Provera e controllata da Chemchina, che ha realizzato oltre 5 miliardi di ricavi nel 2019. Il digital twin per progettazione e test più rapidi, e la chimica avanzata per consentire ai nuovi materiali di aderire con più efficacia alla gomma. Ne parliamo con Piero Misani, senior vicepresident Ricerca&Sviluppo e Cyber

Come saranno gli pneumatici del prossimo futuro? Uno sguardo di scenario è offerto da Pirelli, storico leader mondiale del settore che, guidata dal vicepresidente esecutivo e ceo Marco Tronchetti Provera, nel 2019 ha realizzato oltre 5 miliardi di ricavi con 31mila dipendenti. I principali azionisti di Pirelli sono Chemchina (con una quota intorno al 40% attraverso Marco Polo International) e la Camfin della famiglia Tronchetti Provera, mentre il resto è in mano al mercato e ad alcuni investitori istituzionali. Direttore generale e co-ceo è Angelos Papadimitriu, di fresca nomina dopo esser stato al vertice di Coesia, multinazionale del packaging.

Ma veniamo alla domanda. La risposta è che sempre più si farà ricorso a mescole intrise di biopolimeri, e cioè di sostanze derivanti da fonti rinnovabili. La sostenibilità, come d’altra parte la sicurezza, sono al centro della ricerca di prodotto della P allungata. Meno materiali fossili e più rinforzi ricavati, ad esempio, dagli scarti di riso, o dalla ligninaCiò comporta l’ingresso, nei processi, della chimica avanzata e delle nanotecnologie, per consentire ai nuovi materiali di aderire con più efficacia agli elastomeri, e cioè alla gomma.







Nel design e nel testing dello pneumatico, poi, entrano in scena i digital twin, copie virtuali degli oggetti fisici: mettendo insieme quelli della gomma e dell’auto, si valuta con un nuovo livello di perfezione la tenuta di strada. Infine, che fine fanno gli pneumatici una volta consumati? Per ora sono triturati, e la polvere che si ottiene viene impiegata, ad esempio, per produrre energia. Ma si aprono nuovi scenari (a lungo termine, però): con la pirolisi, il materiale potrebbe essere riutilizzato per la rigenerazione. Di tutto ciò abbiamo parlato con Piero MisaniSenior Vicepresident Ricerca&Sviluppo e Cyber di Pirelli

Interno stabilimento Pirelli. Nel 2019 Pirelli ha realizzato oltre 5 miliardi di ricavi con 31mila dipendenti. I principali azionisti di Pirelli sono Chemchina (con una quota intorno al 40% attraverso Marco Polo International) e la Camfin della famiglia Tronchetti Provera, mentre il resto è in mano al mercato e ad alcuni investitori istituzionali. Direttore generale e co-ceo è Angelos Papadimitriu, Photo credits pirelli.com

Lo pneumatico del prossimo futuro 

  1. Rinforzi in silice prelevata dagli scarti del riso

Marco Tronchetti Provera, ceo e vice presidente esecutivo di Pirelli

A febbraio del 2020 Tronchetti Provera presentava il piano industriale triennale, documento largamente focalizzato sulla centralità degli pneumatici high-value, quelli di almeno 18 pollici, la cui crescita in termini di volumi è ed è stimata per il futuro largamente superiore a quella del segmento dei pneumatici standard. Alla luce del mutato contesto economico dovuto alla pandemia, a fine marzo Pirelli presenterà un aggiornamento del piano industriale con un orizzonte temporale fino al 2025 che vedrà sempre il rilievo del citato segmento. «La strategia di Eco-Safety, – ha chiarito Misani – che riguarda non solo il prodotto nel suo intero ciclo di vita, ma anche i processi» sarà un altro punto fermo.

Ma cosa significa Eco-Safety? Vuol dire che un prodotto con una minore resistenza al rotolamento (già diminuita del 18% dal 2009) e con una migliore tenuta sul bagnato, da una parte è più sostenibile, perché consente di ridurre il consumo di combustibili fossili (per le auto a motore) e di allungare la durata delle batterie (per le auto elettriche); dall’altra riduce i rischi nei trasporti.

Come si è accennato, sul fronte “green” Pirelli prevede anzitutto un utilizzo crescente dei materiali derivanti da fonti rinnovabili. L’obiettivo dichiarato è raggiungere quota 40% entro il 2025 e 60% entro il 2030. «In particolare – ha affermato Misani – si punta a inserire nella mescola un minor contenuto di sostanze fossili a favore di  una maggiore percentuale di materiali rinnovabili. Ne sono un esempio i rinforzi in silice derivanti dagli scarti del riso: si selezionano e si utilizzano le parti tegumentali, le glume o le glumelle che costituiscono la lolla». Insomma, la “copertura” del cereale. «Questi rinforzi consentono ottime prestazioni sia in termini di riduzione di resistenza al rotolamento che di grip sul bagnato». Pirelli ha già realizzato un apposito sistema in Brasile per lo sviluppo di questa tecnologia, che sarà industrializzata nel corso del 2021. «Altri rinforzi naturali arriveranno dalla lignina», che è un polimero organico complesso, costituito perlopiù da composti fenolici. Si trova principalmente nella parete cellulare di alcune cellule vegetali. Le lignine sono per quantità i secondi biopolimeri sintetizzati sulla Terra dopo la cellulosa.

Interno stabilimento Pirelli. Nel 2019, Pirelli ha investito in attività di Ricerca e Sviluppo il 6,1% dei propri ricavi da prodotti High Value un tasso fra i più elevati fra le aziende produttrici di pneumatici a livello mondiale. Pirelli vanta la presenza di oltre 2.100 risorse impegnate nella Ricerca & Sviluppo dislocate nella sede di Milano e nei 12 centri tecnologici locali e un portafoglio di 6.700 brevetti. Photo credits pirelli.com
  1. Più grip per le gomme dell’auto green

Elect, uno pneumatico speciale di Pirelli, garantisce una bassa resistenza al rotolamento, aumentando l’autonomia dell’auto e riducendo i consumi; inoltre, produce un grip immediato per mordere l’asfalto all’istante, riducendo la potenza per un’accelerazione istantanea; infine, diminuisce il rumore, enfatizzando il comfort e la quiete all’interno dell’abitacolo

Altro punto fermo della strategia di Pirelli è il continuo investimento sulla mobilità sostenibile, in particolare sugli pneumatici destinati alle auto green: in questo campo, l’azienda sta portando avanti 286 progetti e vanta 74 omologazioni. «I veicoli elettrici hanno due caratteristiche fondamentali, che incidono sul diverso modo di concepire lo pneumatico: anzitutto sono più pesanti di quelli a motore termico, per via delle batterie, e in secondo luogo sprigionano una coppia molto più intensa. Lo pneumatico deve essere quindi in grado di sostenere il carico e di trasmettere questa potenza a terra senza riduzione della resa chilometrica». 

Elect, un pneumatico speciale di Pirelli, è stato progettato per superare questi ostacoli. garantisce una bassa resistenza al rotolamento, aumentando l’autonomia dell’auto e riducendo i consumi; inoltre, produce un grip immediato per mordere l’asfalto all’istante, riducendo la potenza per un’accelerazione istantanea; infine, diminuisce il rumore, enfatizzando il comfort e la quiete all’interno dell’abitacolo. La prima auto a utilizzare pneumatici con marchio Elect è Porsche Taycan. Ora il prodotto è disponibile in primo equipaggiamento. Successivamente, Pirelli ha realizzato le versioni Elect del P Zero Winter, così come del Winter Sottozero 3 e dello Scorpion Winter per tutte quelle auto elettriche e ibride usate soprattutto in condizioni invernali e da quei piloti che richiedono alte prestazioni possibili anche nelle situazioni più estreme.

 

  1. Pirelli Cyber Tyre, lo pneumatico intelligente con il 5G

Angelos Papadimitriou, direttore generale co-ceo Pirelli

«Quest’anno l’offerta riguarderà il primo equipaggiamento (noti come Oeoriginal equipment, sono quelli selezionati dai carmaker per essere montati in fase di assemblaggio della vettura; ndr) nel comparto “prestige”. Capitalizzeremo il lavoro degli ultimi anni» – ha affermato Misiani. Si parla di Pirelli Cyber Tyre, il sistema che rileva i parametri di funzionamento dello pneumatico e li trasmette all’intelligenza di bordo che può così adeguare Abs e il controllo di stabilità per una guida più sicura e performante.

Grazie al sensore integrato all’interno della gomma, si realizza un monitoraggio preciso e in tempo reale di temperatura, pressione e usura degli pneumatici; ma anche situazioni potenzialmente pericolose del manto stradale come la presenza di acqua o la scarsa aderenza. Pirelli raccoglie i dati dell’auto con l’utilizzo della banda ultra larga e della bassa latenza della rete 5G, e li analizza con un apposito algoritmo, prima di inviarli al conducente. «Questa tecnologia sarà in costante sviluppo, perché lo pneumatico è l’unico elemento della macchina a contatto con l’asfalto, e quindi la più importante fonte di informazioni».

 

La R&D e la strategia local for local 

Tutto ciò è reso possibile dall’impegno nella Ricerca e Sviluppo che opera attraverso un modello di totale “Open Innovation”. Nel 2019, Pirelli ha investito in attività di Ricerca e Sviluppo il 6,1% dei propri ricavi da prodotti High Value un tasso fra i più elevati fra le aziende produttrici di pneumatici a livello mondiale. Pirelli vanta la presenza di oltre 2.100 risorse impegnate nella Ricerca & Sviluppo dislocate nella sede di Milano e nei 12 centri tecnologici locali e un portafoglio di 6.700 brevetti. Pirelli ha anche stipulato una serie di accordi di collaborazione nel campo della Ricerca & Sviluppo con fornitori, università e produttori auto. Ha attivato 30 progetti con istituti universitari, numerosi accordi di sviluppo congiunto e decine di NDAs con fornitori e università, oltre 150 progetti esterni per materiali, processi, software e elettronica, e oltre 100 collaborazioni di Ricerca & Sviluppo con Produttori Auto Premium nel campo delle tecnologie innovative.

Lo sviluppo relativo ai nuovi materiali e ai processi è svolto soprattutto in Italia. Quanto ai prodotti, «la strategia è local for local». Lo sviluppo e la produzione devono essere «vicini alla domanda sia per una questione di tempi di consegna e qualità di servizio al cliente sia per i prodotti che devono essere mirati alle peculiarità dei singoli mercati e alle aspettative degli utenti: ad esempio, in America conta molto la resa chilometrica, mentre l’Europa è molto più attenta a questioni di sostenibilità».  

L’innovazione di processo

  1. Progettazione e test grazie ai digital twin

Pirelli dispone già di un simulatore. Questo si basa sulla tecnologia dei digital twin, che in generale consistono in repliche digitali di entità fisiche, l’alter ego di dispositivi, infrastrutture, sistemi, prodotti e processi industriali. Grazie alla raccolta e all’elaborazione di dati, la copia virtuale che ne deriva è una rappresentazione tridimensionale dell’oggetto in tutte le sue caratteristiche funzionali, dall’elettronica alla meccanica, dalla fluidica alla geometria. Nel caso del simulatore di Pirelli, si modella in modo virtuale lo pneumatico, per studiare le forze che si generano, l’aderenza, la resistenza al rotolamento, la stabilità e tante altre caratteristiche. Ma tutto ciò non basta. «Lo stesso pneumatico – afferma Misani – non ha le medesime performance su auto diverse. Per capire l’effetto finale, è necessario disporre di un secondo digital twin, quello della vettura, che viene fornito dal car maker». Per Pirelli, questo secondo gemello digitale è una black box: il produttore degli pneumatici si limita a inserirlo nel simulatore, associandolo al proprio. Ci sono, di mezzo, importanti questioni di riservatezza e proprietà intellettuale.

Hr control room simulatore Pirelli. L’azienda modella in modo virtuale lo pneumatico, per studiare le forze che si generano, l’aderenza, la resistenza al rotolamento, la stabilità e tante altre caratteristiche.

Comunque sia, il simulatore consente due vantaggi importanti: «Anzitutto – afferma Misani – la velocità di sviluppo: prima, fra un loop e l’altro di prove, occorrevano settimane; oggi un secondo test con parametri diversi si può fare in giornata. Il secondo è la competitività, che è senz’altro legata alla qualità e al time-to-market». In questo momento, il simulatore è utilizzato per virtualizzare il comportamento dello pneumatico su fondi asciutti; ma presto si passerà al bagnato. Anche perché Pirelli e il Politecnico di Milano hanno realizzato una release più avanzata, che sarà operativa dalla metà di quest’anno. 

 

 

Il simulatore consente due vantaggi importanti: la velocità di sviluppo: prima, fra un loop e l’altro di prove, occorrevano settimane; oggi un secondo test con parametri diversi si può fare in giornata. Il secondo è la competitività, che è senz’altro legata alla qualità e al time-to-market. In questo momento, il simulatore è utilizzato per virtualizzare il comportamento dello pneumatico su fondi asciutti; ma presto si passerà al bagnato
  1. Chimica avanzate e nanotecnologie a servizio dei processi
Piero Misani, Senior Vicepresident Ricerca&Sviluppo e Cyber di Pirelli

La prima fase del processo produttivo dello pneumatico è quella della mescola: diversi tipi di gomma, filler e altri agenti chimici destinati a stabilizzarla, colorarla e a conferirle le proprietà merceologiche desiderate (le cosiddette “cariche”). Tutti questi ingredienti vengono amalgamati in miscelatrici di grandi dimensioni, fino a dar vita ad un composto nero e gommoso. «Sono in corso dei cambiamenti molto profondi – ha affermato Misani -: prima il criterio prevalente nella lavorazione era quello dell’omogeneità della mescola; ora, si ricorre sempre di più alla chimica avanzata, perché servono attivatori per legare i rinforzi (sostanze in grado di conferire allo pneumatico determinate caratteristiche; ndr) agli elastomeri e alla matrice polimerica. Investiamo perciò nello sviluppo interno di processi e macchinari di produzione mescole che di fatto diventano dei reattori chimici sempre più sofisticati e che permettono di darci vantaggi competitivi».

In questo contesto, entrano in gioco anche le nanotecnologie. Questo perché, nel caso di alcuni materiali di rinforzo come la citata silice, più in piccolo si scende nella scala dimensionale, più aumenta la superficie di contatto con i polimeri, e più forte è il legame chimico che si ottiene. Di conseguenza, anche il risultato finale e più soddisfacente. La seconda fase è quella della macinatura: la gomma, una volta raffreddata, viene tagliata in sezioni che vanno a formare la struttura di base dello pneumatico. La terza fase è quella della produzione: il pneumatico viene realizzato procedendo dall’interno verso l’esterno. Nelle linee vengono associati tutti i componenti, come i talloni, la tela, il tessuto, il battistrada e le cinture in acciaio. «Anche questa fase è in grande evoluzione – ha continuato Misani –. Con l’automazione e con le macchine interconnesse abbiamo realizzato quella che in Pirelli chiamiamo la “rivoluzione della flessibilità”: siamo in grado, in breve tempo, di cambiare parametri e componenti per realizzare pneumatici diversi e gestire anche piccoli lotti. Prima non era così.  È stato questo passaggio fondamentale che ci ha consentito di mantenere la produzione in Europa, dove abbiamo stabilimenti importanti. Anche noi abbiamo stabilimenti produttivi fuori dal Vecchio Continente, per esempio in Messico o in Cina, proprio a supporto della strategia ‘local for local’ di cui accennavo prima. . Quanto alla robotica, stiamo installando la terza generazione di modelli».

La quarta fase è quella della vulcanizzazione: è un processo di lavorazione della gomma, la quale viene legata chimicamente allo zolfo mediante riscaldamento in stampi incandescenti. Attraverso questo processo, inventato da Charles Goodyear nella prima metà del XIX secolo, si ottiene un materiale elastico e poco rigonfiabile se tenuto a contatto con solventi organici. Il pneumatico assume la forma definitiva. La quinta fase è quella dell’ispezione. Ancora nel 2016 l’Airi, l’Associazione Italiana per la Ricerca Industriale, ha assegnato a Pirelli il Premio Oscar Masi 2016 per l’innovazione industriale relativamente a questa attività.  Questo perché Pirelli ha introdotto l’analisi digitale della qualità con risposte real time. Strumenti di visione ad alta risoluzione raccolgono immagini che vengono esaminate da potenti computer dotati di particolari algoritmi, in grado di identificare difetti che l’occhio umano non è in grado di scorgere.

Pirelli pzero. A febbraio del 2020 Tronchetti Provera presentava il piano industriale triennale, documento largamente focalizzato sulla centralità degli pneumatici high-value, quelli di almeno 18 pollici, la cui crescita in termini di volumi è ed è stimata per il futuro largamente superiore a quella del segmento degli pneumatici standard

 

Lo pneumatico nell’economia circolare 

Pneumatico sensorizzato Pirelli

L’economia circolare è un sistema volto ad eliminare gli sprechi e il consumo continuo delle risorse. L’idea è che i “rifiuti” di un processo diventino “alimenti” per un altro. In questo modo, una materia trasformata in prodotto trova una seconda vita come sottoprodotto. Inoltre, con la riparazione e il ricondizionamento dei beni si mira ad allungarne la vita operativa.  

Ma cosa accade agli pneumatici consumati? Pirelli, insieme ad altri produttori operanti in Italia come Bridgestone, Continental, GoodyearDunlop, Marangoni, Michelin, è parte di una società consortile, Ecopneus, per il rintracciamento, la raccolta, il trattamento e il recupero dei Pneumatici Fuori Uso (Pfu). Ecopneus raccoglie oltre 200mila tonnellate di Pfu all’anno da oltre 25mila gommisti distribuiti nello Belpaese. Attualmente, i pneumatici sono sbriciolati con il metodo della triturazione. Nel 2019 Il 43% dei Pfu raccolti è stato destinato al recupero di energia, mentre il 57% è stato avviato a quello di materia per produrre granuli, polverini di gomma e acciaio impiegati in questi settori: pavimentazioni sportive (32%), arredi urbani e aree da gioco per bambini (8%), isolanti acustici per edilizia (7%) e asfalti a bassa rumorosità (1%). 

«Anche in questo campo le cose sono destinate ad evolversi – ha affermato Misani –, soprattutto con l’introduzione di un altro trattamento per i pneumatici consumati: la pirolisi». Questa è un processo di decomposizione termochimica di materiali organici, ottenuto mediante l’applicazione di calore e in completa assenza di ossigeno. In pratica, il materiale subisce la scissione dei legami chimici originari con formazione di molecole più semplici. «In linea teorica – ha continuato Misani – questo dovrebbe consentire il riutilizzo del materiale trattato in nuovi pneumatici. Una vera e propria rigenerazione; ci stiamo investendo, ma in questo momento siamo ancora in fase di studio, perché ci sono due ostacoli da superare: il costo della pirolisi e l’esigenza di ottenere materiale della stessa qualità di quello “vergine” che compone i nostri prodotti».














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