Pichetto Fratin: i divieti UE per le auto a benzina e diesel vanno spostati in avanti perché l’industria non è pronta. Non spengo le centrali a carbone. Viva il Nucleare

di Filippo Astone e Marco de' Francesco ♦︎ Intervista al ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica a latere di una tavola rotonda tenuta a Futura Expo di Brescia. Case green: difficile laa rapida trasformazione di 21 milioni di immobili in classe D in strutture integralmente sostenibili. Il Pniec non può essere il libro dei sogni. Ancora, sulla generazione di energia. Transizione green: accompagnata dal metano, fonte fossile meno inquinante. Small Modular Reactors: nucleare sicuro e di facile gestione. E sul Pniec…

Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica

«Il divieto di immatricolazione di auto endotermiche al 2035 e il passaggio intermedio al 2030, quello che prevede il taglio delle emissioni da veicoli al 55%, non possono essere rispettati dall’industria, che ad oggi in Italia ha prodotto 200mila auto green (su un parco auto di circa 40 milioni di unità)». Lo ha detto a Industria Italiana i il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (Mase) Gilberto Pichetto Fratin, intervistato a latere della tavola rotonda “Raggiungere la sostenibilità dei processi produttivi”, tenuta a Futura Expo di Brescia, la più grande fiera italiana di incontro tra imprese e cittadini per parlare di sostenibilità. In buona sostanza, il ministro intendeva dire che i limiti temporali posti dall’Unione Europea alla produzione e alla vendita del diesel e della benzina saranno necessariamente posticipati per l’incapacità tecnica dell’industria di produrre un numero adeguato di auto green. Una posizione ispirata al pragmatismo e al realismo; e d’altra parte, non isolata nel contesto europeo: il ceo di Renault Luca De Meo, ha chiesto all’Eu di spostare il divieto di vendita delle auto termiche al 2040. Nel Regno Unito, che non è più parte dell’Ue, lo stop alla vendita di auto benzina e diesel (previsto per il 2030) è già slittato al 2035. Il fatto è che dopo una genesi flomboyant, la teoria green mostra il fianco alla realtà dei fatti.

Il ministro ha mostrato lo stesso realismo nel corso della tavola rotonda intitolata “Raggiungere la sostenibilità dei processi produttivi”, alla quale hanno anche partecipato Monica Tommasi, Presidente Amici della Terra; Marco Baresi, Board Member Euroheat and power association Turboden; Anna Roscio, Executive Director Sales & Marketing Imprese Intesa Sanpaolo; Andrea Prete, Presidente Unioncamere; Giulo Lo Iacono, Segretario Generale Asvis; Vittorio Oreggia, Direttore Gea Agency – Green Economy Agency.







Ad esempio sul Pniec – acronimo di “Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima” e documento la cui adozione è obbligatoria per i Paesi membri dell’UE, essendo parte integrante degli sforzi dell’Unione per ridurre le emissioni di gas serra e promuovere un’economia a basse emissioni di carbonio. Sul fronte delle case green, ad esempio, dal momento che in Italia ci sono 21 milioni di case sotto la classe D, è difficile immaginare una rapida trasformazione di questi immobili in strutture integralmente sostenibili. Il Pniec non può essere il libro dei sogni. Ancora, sulla generazione di energia. Non è il caso di spegnere il carbone, perché non conosciamo il fabbisogno energetico neppure a breve termine; a lungo termine la transizione green dovrà essere accompagnata dal metano, che rappresenta la fonte fossile meno inquinante. E, dal 2030, si parlerà di nucleare. Insomma, anche qui bisogna essere realisti. Le rinnovabili non bastano.

La transizione green come opportunità per il Paese

La tavola rotonda intitolata “Raggiungere la sostenibilità dei processi produttivi”,

«Abbiamo sempre letto, fin dalle Elementari, che l’Italia non dispone di materie prime. È vero. Ciò nonostante, grazie alla nostra capacità di trasformare materiale importato siamo diventati protagonisti nell’acciaio senza avere miniere di ferro, e siamo diventati un paese leader per economia e industria. ora si tratta di mettere a frutto l’Italia creativa e geniale, per realizzare prodotti green, migliori, la cui fabbricazione contribuisce all’occupazione e alla creazione di valore» – afferma Pichetto Fratin. Per il ministro, occorre cavalcare il cambiamento, perché il Paese ha tutte le chance per farcela, a condizione che le aziende non aspettino che sia il Pubblico a muoversi per primo. «Devono essere le aziende a farlo: la Politica arriva sempre dopo, con un ruolo organizzativo».

Avanzare sul fronte green, ma con realismo

«Bisogna tenere i piedi per terra» – afferma Pichetto Fratin. Perché sì, «quella dell’Italia che rappresenta solo lo 0,8% delle emissioni globali non può essere una scusa, e senz’altro non una motivazione per non agire». La Transizione Green, intende dire il ministro, non può che portare effetti positivi anche nel Belpaese. «Si pensi alla Pianura Padana, che è un luogo particolarmente inquinato per il Pm10, per l’anidride carbonica, per gli ossidi di azoto e altro. È che è sostanzialmente circondata dalle Alpi», catene montuose che contribuiscono all’accumulo di inquinanti nell’aria, specialmente durante periodi di inversione termica quando quella fredda e alterata rimane intrappolata nella Pianura. Bisogna agire sulle cause: l’industria, la generazione di energia, il traffico, il riscaldamento domestico.

Ma non tutto si può fare nell’immediato. «Potremmo cominciare con lo spegnere le centrali a carbone», che sono notoriamente associate all’inquinamento atmosferico e ambientale a causa di emissioni di CO2, zolfo, particolato atmosferico e altro; «ma io stesso non lo chiedo, perché non conosco il quadro del fabbisogno energetico del Paese tra qualche mese. Penso peraltro che per un certo tempo il metano accompagnerà la Transizione Green, perché è il combustibile fossile meno inquinante. Per il resto, bisogna puntare sulle rinnovabili: geotermico, fotovoltaico ed eolico». Inoltre, il quadro è complicato dal fatto che la domanda di energia, in Italia come nel resto del mondo, è destinata ad aumentare. «Credo che dal 2030 saranno valutate forme di generazione di energia dal nucleare» – afferma il ministro. Insomma, per Pichetto Fratin le rinnovabili non bastano.

Sì, ma quale nucleare?

Gli Small Modular Reactors sono reattori più piccoli rispetto a quelli tradizionali e possono essere fabbricati in modo modulare: ciò significa che possono essere costruiti con pezzi ridotti, in fabbriche specializzate, e poi assemblati in loco

Pichetto Fratin si riferisce soprattutto agli Small Modular Reactors. Questi sono reattori più piccoli rispetto a quelli tradizionali e possono essere fabbricati in modo modulare: ciò significa che possono essere costruiti con pezzi ridotti, in fabbriche specializzate, e poi assemblati in loco. Questa caratteristica semplifica la costruzione e può ridurre i costi complessivi. Peraltro, gli Smr spesso integrano avanzati sistemi di sicurezza, come il raffreddamento passivo e altre caratteristiche di progettazione che li rendono intrinsecamente più sicuri rispetto a alcuni reattori tradizionali. E poi c’è la questione dell’impatto ambientale, inferiore rispetto ai reattori nucleari di grandi dimensioni e alle centrali elettriche a combustibili fossili, poiché gli Smr producono poche emissioni di gas serra e generano energia in modo costante.

Ma soprattutto, si possono realizzare in poco tempo: «Al momento non esistono impianti di quarta generazione operativi, e chi ha iniziato a costruire grossi reattori di terza generazione dieci anni fa, ha ancora 10 anni davanti per vederli in funzione. Con gli SMR facciamo prima, arriviamo prima noi» – afferma il ministro.

Il realismo di Pichetto Fratin anche per il Pniec

La 500e è l’auto elettrica più venduta in Italia. Costa circa il doppio del modello endotermico base

«Abbiamo presentato una proposta di aggiornamento del Pniec il 30 giugno, e la questione va chiusa entro il 30 giugno 2024» – afferma Pichetto Fratin. Si tratta di un documento strategico adottato dai paesi membri dell’Unione Europea in conformità con il Patto Verde Europeo e gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul clima; stabilisce gli obiettivi e le strategie nazionali per ridurre le emissioni di gas serra, aumentare l’efficienza energetica e promuovere l’uso di energie rinnovabili. Il Pniec può includere strategie e incentivi per sostenere l’ottimizzazione dei trasporti pubblici, l’adozione della mobilità elettrica e altre soluzioni di trasporto a basse emissioni. La partecipazione del settore privato e della società civile è spesso coinvolta nella progettazione e nell’attuazione dei Pniec, poiché una collaborazione ampia è cruciale per raggiungere gli obiettivi stabiliti. Il documento presentato da Pichetto Fratin testimonia l’impegno dell’Italia nei confronti delle questioni ambientali e della sicurezza energetica. Tuttavia, il ministro intende privilegiare un approccio pratico, realistico e sostenibile che sia compatibile con il sistema economico e sociale del Paese.

Il Pniec era stato presentato all’Ue dal governo Conte II nel 2019. «L’Europa prende quel documento come riferimento; ma io ho chiesto, per l’aggiornamento, delle analisi macroeconomiche ispirate al realismo. Ad esempio, ho visto che fatichiamo a stare dietro alla questione dell’Ets (Edition Trading System), il sistema di scambio delle quote di emissione (che riduce le emissioni provenienti da più di 10mila installazioni nel campo dell’energia elettrica e dell’industria manifatturiera, oltre alle compagnie aeree che effettuano voli tra i paesi aderenti); così come fatichiamo a stare al passo con le Case Verdi, avendo 21 milioni di fabbricati in classe D. Quanto costerebbe rendere sostenibile l’intero patrimonio immobiliare italiano?» – afferma Pichetto Fratin. In pratica, per il ministro, il fatto di delineare un percorso possibile, pragmatico, non significa abbandonare l’obiettivo della decarbonizzazione. Vuol dire attivarsi sulle cose possibili.

La sfida della neutralità tecnologica

Pichetto Fratin rimprovera all’Europa di aver «posto l’accento sullo strumento e non sull’obiettivo». Il tema è quello della neutralità tecnologica. È un principio che si riferisce alla politica o all’approccio che non favorisce o impone una specifica tecnologia per raggiungere un obiettivo, ma piuttosto permette una varietà di opzioni tecnologiche per conseguire il risultato. L’Europa, com’è noto, ha per adesso saltato a piè pari questo principio.

«Si pensi ai biocarburanti, per adesso esclusi, mentre i carburanti sintetici potranno rifornire i motori endotermici. La sfida della neutralità tecnologica va portata avanti da questo Paese in Europa. E penso che se tutti i player pubblici e privati fanno la propria parte, si potranno fare passi in avanti» – ha terminato il ministro.














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