Ci voleva una pandemia per dare uno scossone al sistema delle imprese. Secondo l’indagine condotta da PageGroup, che ha intervistato 1.160 aziende europee di ogni dimensione (di queste 250 sono italiane), il Covid ha messo in chiaro come la trasformazione digitale sia il vero motore dell’innovazione, e se prima dell’emergenza sanitaria innovazione e tecnologia erano una priorità per un numero limitato di realtà (il 43% nelle piccole imprese, il 47% in quelle di medie dimensioni e il 57 per quelle più strutturate), ora le percentuali sono aumentate di molto. Ora, l’innovazione tecnologica è indicata come top priority dal 63% di piccole e grandi imprese e dal 67% di quelle di medie dimensioni. La media
nazionale delle aziende che vedono gli investimenti tech come una priorità si attesta quindi al 64%, contro quella europea ferma al 58%.
Adottare nuove tecnologie impone anche l’ingresso di nuove competenze, come i cto (Chief Technology Officer), una figura già arruolata dal 63% delle aziende italiane, in linea anche con la media europea (62%). Crescente importanza viene invece riconosciuta alla gestione dei dati: il 40% delle aziende italiani ha un data analyst nell’organico (45% in Europa) e il 44% un IT Business Analyst (stessa percentuale a livello europeo).
L’analisi di PageGroup cerca anche di intuire in quale direzione si muoveranno gli investimenti tecnologici e al primo posto c’è la relazione coi clienti: il 44% delle aziende italiane investirà nella digitalizzazione dei servizi di customer relation e crm/erp. Una tendenza dovuta anche al fatto che il 30% delle aziende italiane ha riscontrato difficoltà su questo fronte nell’ultimo periodo e la ragione potrebbe risiedere nel fatto che solo il 33% delle nostre aziende ha un crm manager all’interno del proprio team, figura chiave per la definizione delle strategie di relazione con i clienti sempre più omni- channel, in modo da aumentarne la fedeltà.
Rimane bassa la percezione del rischio informatico: nonostante il numero di attacchi informatici sia in forte incremento, solo il 17% per quelle di piccole dimensioni e il 29% di quelle medie ha aumentato gli investimenti sulla cybersecurity. Più consapevoli invece le aziende maggiormente strutturate, per le quali gli investimenti sono pianificati nel 46% dei casi.
Per quanto riguarda le maggiori difficoltà rilevate nell’ultimo periodo, la maggiore è stata quella di conquistare nuove fette di mercato, riscontrata dalle aziende di tutte le dimensioni. Quasi la metà delle realtà intervistate (47%) ha infatti rimarcato la grande sfida di creare occasioni di new business durante l’ultimo periodo. Quelle a soffrire di più sono state le imprese di medie dimensioni (51%), seguite dalle piccole (46%) e infine dalle grandi realtà (43%). Ma come si sono adattate le aziende italiane alla nuova situazione? Quelle di piccole dimensioni sono quelle che hanno dovuto affrontare maggiormente una rivoluzione per far fronte all’emergenza: infatti, il 43% ha diversificato il proprio business model, contro il 37% delle medie e il 30% di quelle di grandi dimensioni. Situazione ribaltata se parliamo di remote working, adottato dal 54% delle grandi aziende, dal 40% delle medie e dal 37% delle piccole.
«Il settore IT e Digital sta definendo una svolta nelle strategie di business delle aziende di tutte le dimensioni», spiega Fabrizio Travaglini, director della divisione Technology di PageGroup. «L’investimento nella trasformazione digitale e nei talenti sarà vitale per le organizzazioni, poiché questo definirà in larga misura la loro capacità di adattarsi alle esigenze del mercato, e quindi il loro successo. I leader devono avere il partner giusto per questo, qualcuno che comprenda le richieste del settore e che possa aiutarli a trovare i profili di cui ogni azienda ha bisogno».
