Il Nasdaq corteggia le imprese italiane: occhi su IT e machinery!

di Barbara Weisz ♦︎ Ad oggi, c'è una sola azienda italiana sul Nasdaq: Genenta Science. Ma è un’opzione da valutare per le realtà di medie dimensioni. Focus su industria, biotech, healthcare, consumer. Vantaggi: mercato più ampio con investitori diversificati e segmentati. Costi: comparabili a quelli di un'operazione su un mercato europeo. Il protocollo d'intesa tra il Consiglio nazionale dei commercialisti e il Nasdaq: favorire la cultura finanziaria delle società

Il Nasdaq corteggia le imprese italiane. Per la precisione, si rivolge ad aziende con un core business solido, export oriented, interessate alle opportunità offerte da un mercato azionario a vocazione internazionale. Magari anche già quotate, in questo caso nell’ottica di una strategia di dual listing. Non necessariamente solo imprese IT, non ci sono preclusioni relative al settore, anzi. Le realtà produttive dell’industria in generale, e anche del machinery in particolare, spesso e volentieri hanno le caratteristiche sopra esposte. Il 50% del fatturato dei produttori di macchine utensili, robot e automazione arriva dall’export (dati Ucimu 2022). Nel settore delle macchine per gli imballaggi, le esportazioni valgono l’80%. Del resto, siamo la seconda manifattura d’Europa, e la settimana del mondo. Malgrado questo, «l’Italia è sottorappresentata nell’Us equity market» sottolinea Adam Kostyal, senior vice presidente e head of european listing del Nasdaq.

In realtà, c’è una sola impresa italiana sul Nasdaq, Genenta Science, e sono poche decine in tutto le realtà del Made in Italy presenti sui listini a stelle e strisce (fra le altre, Cnh, Ferrari, Stellantis, Tenaris, Natuzzi, Ermenegildo Zegna). Sono tutte grandi imprese. Ma, come sottolinea Elbano De Nuccio, presidente del Cndcec, il consiglio nazionale dei commercialisti, «la quotazione non è solo per i grandi gruppi. Magari non è la soluzione per le piccole e piccolissime aziende, ma per quelle di medie dimensioni è un’opportunità da valutare». Per un’impresa con un business già sviluppato a livello mondiale, e che magari sta considerando opportunità di crescita, prosegue Kostyal, lo sbarco in Borsa «è un’opzione interessante, senza escludere l’ipotesi di rivolgersi al mercato statunitense».







Per quanto riguarda i segmenti produttivi, in questo momento c’è una particolare attenzione su biotech, healthcare, consumer. Con l’obiettivo di sensibilizzare le imprese al tema della quotazione in Borsa, il Consiglio nazionale dei commercialisti ha annunciato un protocollo d’intesa con il Nasdaq in occasione dell’evento “Roadmap to Nasdaq: nuove sinergie Italia-Usa a supporto dello sviluppo internazionale delle imprese”, promosso da 3D0TS Capital Advisor (attiva nell’advisory nella corporate governance e quotazione internazionale, che annuncia l’ingresso in Italia). Presenti, oltre ai già citati Adam Kostyal ed Elbano De Nuccio, Jay Heller, vicepresident, head of capital markets & Ipo execution del Nasdaq, Isabella Schidrich, senior managing director Emea e Uk listings, David Moro, consigliere nazionale dei commercialisti delegato al Diritto societario,Todd Heinzl, founder e president 3Dots Capital Advisory.

 

Finanziare la crescita: non solo prestiti bancari

Adam Kostyal, senior vice presidente e head of european listing del Nasdaq

Il contesto di partenza è una realtà in cui il costo dei finanziamenti per le aziende nell’ultimo anno è salito parecchio, causa inflazione e stretta monetaria. Il tasso sui prestiti alle imprese non finanziarie a ottobre 2023 era al 5,45%, in costante salita dal 2,75% dello stesso mese del 2022 (rapporto mensile Abi). Attenzione: l’indice dei prezzi al consumo ora sta rapidamente ripiegando, e anche la politica restrittiva della Bce sembra essersi interrotta (in ottobre per la prima volta dopo un anno di rialzi costanti Francoforte ha lasciato i tassi invariati). I due aspetti (inflazione e aumenti del costo del denaro) sono strettamente legati, nel senso che l’istituto guidato da Christine Lagarde ha sempre dichiarato che l’obiettivo della stretta monetaria era riportare l’inflazione sotto il 2%.

Fra l’altro, come sottolinea  Antonio Repaci, consigliere nazionale dei commercialisti delegato alla finanza aziendale, negli ultimi anni il sistema del credito ha via via affinato i meccanismi, per esempio non fermandosi al rating a 12 mesi e inserendo elementi più strategici nella fase di valutazione di un’azienda che chiede un prestito. Ma il punto è che l’indebitamento bancario non è l’unica leva di finanziamento per le imprese. E, come sottolinea sempre Repaci, c’è un tema di scarsa patrimonializzazione delle aziende italiane. A questo «non c’è un’unica soluzione – sottolinea David Moro, consigliere nazionale dei commercialisti delegato al Diritto societario -. Ci sono diversi percorsi che si possono intraprendere, così come il mercato economico è sempre più complesso, è naturale che anche il settore finanziario segua lo stesso trend». Ogni impresa deve «trovare una soluzione adatta alla dimensione, agli obiettivi di crescita, ai programmi di medio lungo termine, alla strategia decisa dal management».

 

L’accordo fra Nasdaq e Consiglio nazionale dei commercialisti

Elbano De Nuccio, presidente del Cndcec, il consiglio nazionale dei commercialisti

I commercialisti insistono da tempo sulla necessità di far comunicare in modo adeguato il mondo delle imprese produttive e quello della finanza. L’accordo con il Nasdaq si inserisce in una strategia precisa in questo senso, che vede altre iniziative: ad esempio, l’Osservatorio sul Mercato dei capitali italiani ed esteri, istituito a fine 2022 insieme a Banca d’Italia, Consob, Assogestioni, Borsa italiana ed Elite. L’obiettivo è anche quello di abbattere una serie di ostacoli culturali. De Nuccio sottolinea la tradizionale riservatezza dell’imprenditore, spesso  anche nei confronti del commercialista. Ci sono poi aspetti spesso sottolineati anche a fronte di altri cambiamenti, per esempio quelli relativi alla digitalizzazione.

L’impresa tende in un primo momento a concentrarsi sui costi, e fa invece fatica a cogliere le opportunità legate a determinate scelte. Qui c’è sempre un ruolo importante delle istituzioni, con misure di incentivazione dell’innovazione ma anche con un’opera di sensibilizzazione e informazione, e delle associazioni di categoria. E’ invece importante favorire la cultura finanziaria delle imprese che, sottolinea Repaci, ormai operano «in un mercato sempre più internazionale, in cui i rapporti tra mondo produttivo, finanziario, economico e giuridico crescono costantemente». Il Nasdaq «è la seconda borsa valori per capitalizzazione nel mondo e ha sicuramente la possibilità di svolgere un effetto di leva finanziaria per molte realtà», sottolinea De Nuccio.

 

Il target del Nasdaq e le imprese dell’industria: i dati di mercato

Per quando riguarda nello specifico l’industria, «abbiamo aziende con un core business pazzesco, potenzialità enormi» quindi tutte le carte in regola per aprirsi al mercato internazionale, sottolinea De Nuccio. «Vogliamo far capire al sistema economico che la quotazione non è solo per i grandi gruppi. Magari non è la soluzione per le piccole e piccolissime aziende, ma per quelle di medie dimensioni è un’opportunità da valutare». Come detto, è necessario avere già una presenza almeno commerciale negli Stati Uniti. E comunque si tratta di un’opzione che sottintende una vocazione internazionale dell’impresa. A livello di settore, da questo punto di vista l’industria ha numeri rilevanti. In base ai dati Ucimu, la produzione italiana di macchine utensili, robot e automazione si è attestata a 7,2 miliardi di euro, +15% rispetto al 2021, e l’export (+7,9%, a  3,17 milioni di euro) vale il 47% della produzione.

Per quanto riguarda invece le macchine per imballaggio (settore in cui i produttori italiani si contendono il primato con i competitor tedeschi) i dati Ucima indicano un fatturato 2022 di 8,5 miliardi di euro e una propensione all’export all’80%. Il 50% delle macchine automatiche per il confezionamento e l’imballaggio vendute nel mondo sono italiane e tedesche. L’industria manifatturiera in generale (dati Federmeccanica settembre 2023) esporta beni per oltre 200 miliardi di euro, che rappresentano più della metà del fatturato settoriale. Nel segmento elettronica ed elettrotecnica (dati Anie) l’export 2022 ha raggiunto i 26 miliardi di euro (+16,9%). Il binomio industria-digitalizzazione a sua volta crea valore in termini di internazionalizzazione: il report Anitec Assinform sul Digitale in Italia nel 2023 evidenzia come la quota di valore delle esportazioni sul fatturato totale di un’impresa vada dai 28,2% con livelli di digitalizzazione “bassa” a 44,5 con livelli di digitalizzazione “alta”.

Titoli Nasdaq

Quotazione sul Nasdaq: aspetti tecnici

Torniamo al Nasdaq. La quotazione sul listino Usa è un’opportunità anche per un’impresa già quotata su un altro mercato, come Borsa Italiana (Euronext). «Si può anche valutare l’ipotesi di dual listing» segnala Adam Kostyal. Perché rivolgersi al mercato statunitense? «Il vantaggio è quello di un mercato più ampio e di opportunità in termini di ritorno sull’investimento». Il costo è intorno al 7% del valore dell’ipo, l’operazione di quotazione in borsa (initial public offering). Ci sono requirements diversi a seconda delle dimensioni dell’impresa. In generale, segnala Isabella Schidrich, senior managing director Emea e Uk listings Nasdaq, i costi sono «comparabili a quelli di un’operazione di quotazione su un mercato europeo». Ma anche De Nuccio insiste sul fatto che l’aspetto rilevante «non è il costo, bisogna considerare l’investimento. Se l’azienda si chiede come prima cosa “quanto mi costa la quotazione”, parte con il piede sbagliato». Kostyal introduce un elemento di riflessione relativo alla peculiarità della cultura finanziaria americana. «In Europa, se un’azienda non riesce a portare a termine un’ipo, viene considerata come un fallimento. Negli Usa non c’è questa mentalità. Semplicemente, si pensa: non ha funzionato adesso, ma potrebbe funzionare domani. Diciamo che c’è una cultura più equity oriented». Un’operazione di quotazione può non riuscire per molteplici fattori. «Magari non sono stati individuati gli investitori giusti, e questo è un altro elemento caratterizzante della finanza Usa. C’è un mercato degli investitori più diversificato e segmentato, «è più facile trovare azionisti che capiscono la tua azienda, o la tua tecnologia. In Europa siamo più generalisti come investitori, gli specialisti non lavorano solo in Italia, ma in tutta Europa. E non hanno sempre la possibilità di supportare tutte le aziende. Negli Usa invece c’è questa specializzazione». Un aspetto tecnico, legato alle scritture contabili, viene sottolineato da De Nuccio. In Italia «abbiamo un sistema di scritture e regole contabili che seguono il principio del costo. E’ un metodo molto garantista, ma ha la criticità di mortificare il valore economico dell’impresa. La Borsa serve anche a mettersi in mostra e far capire l’effettivo valore economico dell’impresa. I principi contabili internazionali si basano sul fair value, il valore normale. Attraverso una quotazione internazionale, grazie alla differenza fra questi diversi principi contabili, si ottiene il vantaggio di far emergere il valore di mercato dell’impresa». Il tessuto imprenditoriale italiano è fatto da aziende «labour intensive, a forte vocazione internazionale» che non vengono valorizzate con i principi del costo storico.

Possiamo aggiungere elementi che invece riguardano specificamente il funzionamento dei mercati azionari. L’ingresso nel Nasdaq attira l’interesse dei fondi Usa, e anche degli Etf, che investono in modo passivo sulle società quotate sul listino, in base alla capitalizzazione. Sono variabili da considerare per tempo in tutte le loro componenti: quelle positive (il mercato finanziario americano è il più sviluppato del pianeta), e quelle che possono invece essere negative (gli Etf sono strumenti di finanza derivata, che possono speculare al ribasso in base all’andamento degli indici). Tutto questo non deve né provocare eccessivi entusiasmi né viceversa spaventare. Il Nasdaq è un mercato regolamentato, vigilato dalla Sec, security and exchange commission, la più importante Authority finanziaria del mondo. La cosa fondamentale è affrontare correttamente tutti i passaggi. Come detto, la quotazione non è alla portata di tutti, ci vogliono precisi requisiti che in ogni caso vengono attentamente valutati in sede di ammissione. E comunque, anche nel caso di imprese adeguatamente attrezzate, possono esserci altre soluzioni o step intermedi. Fatte queste premesse, se un’impresa decide di esplorare l’ipotesi della quotazione, «il primo passo è confrontarsi con il professionista – ci spiega De Nuccio -. Non il commercialista che segue l’azienda nel quotidiano, sono due livelli diversi. L’interlocutore in questo caso è un commercialista che segue il processo di quotazione, e insieme al commercialista che invece segue l’impresa nelle altre attività è in grado di fare la pre-due diligence necessaria per capire se il soggetto e idoneo alla quotazione». Questo, lo ripetiamo, è un aspetto a cui prestare attenzione, «un passaggio delicato, perchè è vero che la quotazione è una leva di successo e di crescita aziendale, ma se mal gestita diventa invece un fattore critico di crisi aziendale. Bisogna evitare questo effetto boomerang. Ecco perché è fondamentale rivolgersi al professionista».

Composizione del Nasdaq al 2021

Qualche dato sul Nasdaq

Il Nasdaq ha da poco compiuto 50 anni (fondato nel 1971), è stata la prima borsa al mondo a condurre le negoziazioni in modo esclusivamente telematico

Il Nasdaq è il secondo mercato del mondo per capitalizzazione, dopo il Nyse, e si trova nella stessa città, New York. Ha da poco compiuto 50 anni (fondato nel 1971), è stata la prima borsa al mondo a condurre le negoziazioni in modo esclusivamente telematico. Gli indici maggiormente rappresentativi sono il Nasdaq Composite, che comprende quasi tutti i titoli (sono esclusi fondamentalmente quelli diversi dagli azionari), e il Nasdaq 100, che invece rappresenta le imprese più capitalizzate. Sono quotate sul Nasdaq le cinque big tech statunitensi (Apple, che è in cima al podio per capitalizzazione, Microsoft, Alphabet, Amazon, Meta), ma anche le new entry del settore (si fa per dire), come Tesla (l’italiana Ferrari, invece, è sul Nyse) e Netflix. Il comparto tecnologico pesa per circa il 50% dell’intero listino, e (dati 2021) le aziende americane sono oltre il 90%.














Articolo precedenteLa manifattura del 2024 secondo Infor: IA per ottimizzare la supply chain, automazione per eliminare i colli di bottiglia nei magazzini
Articolo successivoSos competenze linguistiche nell’industria! I corsi di Babbel utili per export, internazionalizzazione e…






1 commento

  1. In realtà c’è anche Docebo (azienda per cui lavoro) che pur avendo da qualche anno HQ in Canada è nata in Brianza e, cosa non da poco, ha qui la parte di tecnologica/engineering e sviluppa un vero prodotto tech. Peraltro tra i clienti annoveriamo giganti del tech quotati a loro volta al Nasdaq

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui