Migrazione al cloud ibrido: se non ora, quando? Con Kyndryl

di Piero Macrì ♦︎ Più della metà delle applicazioni aziendali (51%) oggi risiede sul cloud. Il settore della "nuvola" vale già 5,5 miliardi, e cresce a doppia cifra. Le aziende non possono perdere questa opportunità, ma devono trovare il giusto partner tecnologico. Che li deve accompagnare nel percorso di trasformazione e modernizzazione delle app. Gli accordi della multinazionale con gli hypercaler (Aws, Google Cloud, Azure) hanno dato vita a una nuova filiera di competenze. Abbattendo le barriere di ingresso, rendendo il cloud mainstream. La logica dei microservizi. Ce ne parla Alessandro Fregosi

La migrazione al cloud non è più in discussione. L’accelerazione in questi due anni è stata impressionante. Secondo i dati dell’Osservatorio del Politecnico di Milano il mercato italiano continua a consolidarsi. Oltre la metà delle applicazioni aziendali (51%) risiede nel cloud e nel 2023 il valore complessivo della nuvola è stimato a 5,51 miliardi di euro (+19%). Nel cloud investe l’87% dalle grandi imprese, ma anche nelle pmi cresce l’adozione (+ 34% nell’ultimo anno per un totale di 478 milioni). «L’It viene pensato in modo radicalmente diverso dal passato. La destinazione ultima è ibrida, coniuga risorse on premise e in cloud, in colocation e housing presso strutture di internet o telco service provider», afferma Alessandro Fregosi, cloud, data and applications leader di Kyndryl. L’innovazione è continua. In questi anni il mercato di riferimento è cambiato profondamente. Google, Aws, Microsoft, Oracle, tutti gli hyperscaler sono ormai presenti sul nostro territorio con cloud region nazionali. E’ un processo di trasformazione che ha visto affermarsi una nuova filiera di competenze. Gli hyperscaler hanno relazioni con fornitori di software, con system integrator e managed service provider mondiali, con telco provider.

Questo livello di collaborazione è oggi la chiave di volta per sviluppare nuove soluzioni a supporto della digitalizzazione dei più diversi settori di industry, dal finance alla pubblica amministrazione, dal manifatturiero alla grande distribuzione, dalla sanità e ai trasporti. Dopo anni di contrapposizione tra i fondamentalisti del cloud privato e i sostenitori del cloud pubblico il mondo della system integration e dei servizi gestiti aiuta oggi le imprese a valutare e usare i servizi degli hyperscaler, a integrarli con risorse on premise, dando vita ad architetture It ibride. «Sin dalla sua costituzione, Kyndryl ha individuato nella partnership con i principali hyperscaler una delle leve strategiche per la propria crescita e per il sostegno alla trasformazione dei clienti, i cui piani di innovazione devono poter contare sull’accesso all’ampio insieme di soluzioni tecnologiche presenti nel cloud, afferma Paolo Degl’Innocenti, presidente di Kyndryl Italia. L’apertura delle region nazionali costituisce un passo importante per realizzare la modernizzazione delle infrastrutture private e pubbliche. Ed è esattamente questo il senso degli investimenti congiunti che abbiamo promosso insieme ad Aws, Google Cloud e Microsoft per guidare le aziende nel journey to cloud». Nata nel 2021 dallo spin-off di Ibm, Kyndryl è oggi la più grande azienda di servizi infrastrutturali su scala globale: gestisce contratti di strategic outsourcing per migliaia di clienti e realizza progetti mirati alla modernizzazione delle infrastrutture esistenti.







«Per le aziende è strategico individuare i partner che possano accompagnarli nel percorso di trasformazione poiché la posta in gioco è rendere interoperabile old e new It economy, integrare e sincronizzare workload applicativi e basi dati in ambito distribuito, dice Fregosi. Fondamentale è avere al proprio fianco advisor insieme ai quali definire piani di modernizzazione dell’esistente, che consentano di sfruttare le opportunità di innovazione e flessibilità del cloud preservando gli investimenti pregressi». Quale il possibile futuro? «Prevediamo di far crescere ulteriormente la catena del valore delle competenze, che non può più essere confinata alla sola gestione dell’infrastruttura ma deve entrare nel merito della modernizzazione applicativa, delle nuove logiche di sviluppo software a container e microservizi, ed estendersi alla data analytics e all’intelligenza artificiale, dice Fregosi. Ci stiamo attrezzando per avere tutte le competenze necessarie per supportare le aziende nello sviluppo di nuove soluzioni. Il tema centrale è la creazione dell’infrastruttura dati su cui lavorano gli algoritmi. La fruizione del dato passa infatti da data lake che alimentano gli strumenti di intelligenza artificiale. Soluzioni che non si improvvisano ma che necessitano di forti competenze progettuali nell’ambio della data integration».

 

Accordi e investimenti congiunti con Microsoft, Google Cloud e Aws. Nasce la nuova filiera di competenze per lo sviluppo di nuove soluzioni e la modernizzazione delle infrastrutture IT

Alessandro Fregosi, cloud, data and applications leader di Kyndryl

Accesso al portafoglio completo dei servizi hyperscaler trasversali a tutte le imprese che vogliono utilizzare soluzioni cloud native e accordi e collaborazioni in ambiti applicativi verticali. Con Microsoft, per esempio, la collaborazione si estende all’ai generativa. Intelligenza artificiale e machine learning sono anche alla base della partnership con Aws: le due aziende hanno dato vita all’Innovation Factory, un investimento congiunto per la co-creazione di soluzioni di Ai generativa e machine learning basate su casi d’uso specifici per settori di industry. Con Google, invece, la collaborazione in termini di sviluppo di soluzioni verticali è volta a progettare servizi per il finance, per le imprese che desiderano utilizzare Google Cloud per l’archiviazione e la protezione dei dati confidenziali e sensibili. Servizi che sono stati progettati per abilitare una piattaforma dati unificata, scalabile e sicura, a sostegno delle attività e dei requisiti normativi e di conformità. Con Aws la collaborazione si estende a tutte le funzionalità che semplificano la migrazione in cloud delle piattaforme mainframe.

Per offrire al mercato le competenze richieste, Kyndryl ha ora in casa oltre 500 professionisti con certificazioni hyperscaler. Allo sviluppo di nuove soluzioni collaborative contribuisce anche un importante investimento infrastrutturale compiuto da Kyndryl Italia. Si tratta del Global Network Peering Platform: attraverso un collegamento ad alta velocità tra i suoi quattro data center e quelli degli hyperscaler, consente la movimentazione senza interruzioni di dati e applicazioni in ambienti ibridi e multi-cloud, con benefici in termini di affidabilità, velocità e riduzione del time-to-market. Nel frattempo, la cooperazione con Aws, Google Cloud e Microsoft si alimenta a livello globale, con lo studio di nuove soluzioni anche nel campo della consulenza e dell’assesment che saranno disponibili a livello locale. «Tutto questo può rappresentare un’opportunità per raggiungere i clienti in modalità diretta, fornendo soluzioni già pacchettizzate, dice Fregosi. E’ una delle modalità di approccio al mercato più interessanti, da studiare e affrontare insieme. La stessa Kyndryl Bridge, la piattaforma di service delivery per la gestione delle infrastrutture multicloud, va in questa direzione».

 

Nessuna barriera di accesso. L’obiettivo è semplificare e rendere mainstream l’utilizzo del cloud a una platea sempre più estesa di aziende

Per supportare la migrazione Kyndryl ha attivato una serie di partnership sia commerciali che tecnologiche con tutti i più importanti hyperscaler e con società che hanno sviluppato soluzioni e strumenti specifici, sia in termini di cloudificazione delle applicazioni che di automazione delle operation

«La transizione è ibrida per antonomasia. Il cloud democratizza l’accesso alle risorse It di nuova generazione, dice Fregosi. Le barriere di accesso a sistemi di calcolo complessi sono cadute. Investimenti in data analytics erano molto capital intensive e rappresentavano un deficit competitivo. Ora è tutto cambiato. Creare una banca digitale? Il core banking è su cloud. Fare le cose in maniera diversa dal passato è ormai una necessità. Tranne che per i nativi digitali, che hanno fatto decollare il proprio business investendo direttamente nel cloud, per tutti coloro che devono fare i conti con la trasformazione e modernizzazione degli asset It, che derivano da investimenti pregressi, il percorso da affrontare non è lineare.

Ma affrontare il cambiamento crea l’occasione per ripensare il modello di business. «Il viaggio al cloud è un passaggio chiave per cambiare la natura dell’organizzazione It aziendale: non si occuperà più della gestione ordinaria dell’infrastruttura ma diventerà protagonista dell’innovazione», osserva Fregosi. Quindi, esternalizzare le operation, approvvigionarsi in cloud, e liberare risorse interne per concentrarsi su nuovi sviluppi a valore. In sintesi, meno costi, più investimenti, più capacità interna per lo sviluppo di nuove soluzioni.

 

Trasformazione dell’ecosistema It aziendale. La questione centrale da risolvere è l’interdipendenza e l’interoperabilità con i dati

«Nel momento in cui si va in cloud si attivano risorse che prima non esistevano, che devono fare i conti con tutto l’ecosistema di dati on premise che ne determina l’interoperabilità, dice Fregosi. La questione più delicata nell’affrontare la migrazione al cloud di workload on premise è quella delle interdipendenze a livello dati. Per tutte le aziende che hanno per esempio deciso di fare lo switch di Sap, passando da versioni a licenza on premise al corrispettivo as a service, si sono dovuti sincronizzare e rendere interoperabili i dati che arrivano dalle più diverse sorgenti, dai plant e dai siti produttivi, per quanto riguarda imprese industriali e manifatturiere, e in generale per tutti quei dati che sfruttano sistemi di analytics. Prendere i dati dal campo, farli parlare con il sistema centrale, che non è più on premise ma in cloud, preservare continuità di servizio e alte prestazioni, bassa latenza e alta capacità trasmissiva. Sono tutti temi che innescano problematiche a tutti i livelli infrastrutturali, di sicurezza, di computing, di storage».

 

La modernizzazione di un’architettura comporta una rivisitazione di tutti i layer dell’It

Nata nel 2021 dallo spin-off di Ibm, Kyndryl è oggi la più grande azienda di servizi infrastrutturali su scala globale: gestisce contratti di strategic outsourcing per migliaia di clienti e realizza progetti mirati alla modernizzazione delle infrastrutture esistenti

«Se cambio coordinate dei flussi dati, non più solo on premise ma in cloud, devo avere l’infrastruttura abilitante che mi garantisca livelli di servizio predefiniti, aggiunge Fregosi. E questo è il nostro mestiere. Non ci limitiamo allo switch di uno specifico workload ma affrontiamo il problema nella sua interezza, risolvendo interdipendenze a livello di dati e applicazioni». Per Kyndryl, la complessità che implica l’approntamento di una infrastruttura ibrida non è un problema strettamente tecnologico ma di definizione degli investimenti in funzione di obiettivi di business.

«Non esiste una soluzione valida per tutti. Come dire la modernizzazione dell’It, la migrazione al cloud non è in bianco e nero ma è fatta di mille sfumature di grigio. Occorre analizzare attentamente il differenziale di costo a medio termine tra infrastrutture cloud e locali, per esempio. Spesso la risposta migliore è razionalizzare l’uso delle risorse procedendo a un refactoring, una reingegnerizzazione delle applicazioni che permetta di mantenerle in-house in forma efficiente. Nel manifatturiero, ancora più complesso è affidare completamente al cloud pubblico i dati di fabbrica. Anche qui va studiata la forma ibrida, edge-cloud, più efficace», afferma Fregosi.

 

Portabilità dei workload applicativi. La necessità di razionalizzare lo sviluppo software secondo regole cloud native e alla logica dei microservizi

Come trarre il massimo beneficio dal cloud? «Le applicazioni vanno reingegnerizzate, dice Fregosi. Abbiamo un centro di competenza per la gestione degli ambienti containerizzati. Uno dei vantaggi principali nell’utilizzo dei container è la portabilità delle applicazioni. Contengono infatti tutto ciò di cui l’applicazione ha bisogno per poter essere eseguita su diverse infrastrutture senza dover preoccuparsi delle differenze tra i vari ambienti». I container consentono inoltre rapida scalabilità orizzontale, ovvero la capacità di aggiungere istanze per gestire aumenti improvvisi o pianificati del carico di lavoro. Questo rende le applicazioni più agili e reattive alle variazioni di richiesta senza la necessità di modifiche strutturali significative. I container sono poi ideali per la costruzione di architetture basate su microservizi. Le applicazioni possono essere suddivise in servizi più piccoli e distribuiti separatamente in container separati, il che favorisce la scalabilità, la manutenibilità e la resilienza dell’intero sistema.

[Ripubblicazione dell’articolo del 21 dicembre 2023]














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