M&A: secondo Bcg le imprese puntano sulle alleanze per condividere rischi e investimenti

Il mercato delle fusioni e acquisizioni ha visto uno stop a marzo e aprile e ora è ripartito, anche se in maniera diversa: le aziende ora si concentrano sulle joint venture

Nicola Cavallo, principal di Bcg.

I primi mesi dell’anno sono stati devastanti per il mercato M&A, crollato dell’80% rispetto al dicembre 2019. Un risultato ancora peggiore di quello registrato durante la crisi del 2008-2009. Nei primi sei mesi del 2020 il valore dei deal si è dimezzato a 813 miliardi di dollari e il loro numero è sceso a 13.421. Solo in estate si è notata una tendenza a cercare nuove opportunità di crescita, stimolate dal calo delle valutazioni, ma l’atteggiamento continua a rimanere prudente.

Secondo il Global M&A Report 2020 di Boston Consulting Group, attualmente le aziende stanno esplorando forme di condivisione del rischio d’impresa e dei costi come joint-venture, alleanze e corporate venture capital. Nel 2019 sono stati stretti 11 mila accordi di collaborazione industriale, un record. Ma il 75% dei manager sondati nel Bcg’S M&A Pulse Check ha intenzione di mantenere o aumentare le intese cooperative e circa il 40% ritiene la fase attuale propizia per intraprendere nuovi deal alternativi. «La tendenza alle collaborazioni industriali è evidente anche in Italia», spiega Nicola Cavallo, principal di Bcg ed esperto di M&A, «specie fra operatori di mondi un tempo diversi e ora sempre più convergenti, come il settore finanziario e quello tecnologico».







A spingere le imprese verso joint-venture e alleanze è la necessità di competenze trasversali e di ingenti investimenti indotta da cambiamenti epocali, quali digitalizzazione e deglobalizzazione, già in atto da tempo ma accelerati dalla crisi. Joint-venture e soprattutto alleanze industriali sono in crescita nel Paese da cinque anni e il 2020 si avvia a diventare il sesto.

«È probabile che con il riacutizzarsi della crisi sanitaria ed economica molte imprese preferiranno impegnarsi in joint-venture e alleanze piuttosto che in acquisizioni o fusioni, più onerose e caratterizzate da maggiori rischi», prosegue Cavallo sottolineando che «l’incremento dell’indebitamento per sostenere le attività costringerà alcune società a cedere rami di azienda o asset per ridurre gli oneri finanziari».

L’ascesa dei deal alternativi e il ritorno dei private equity (con 1500 miliardi da spendere) daranno nuovo slancio al mercato M&A, benché due terzi dei manager intervistati da Bcg non preveda un completo recupero prima del 2021. Il minor impegno finanziario richiesto rispetto alle operazioni tradizionali non deve però portare le società a sottostimare i rischi insiti negli accordi di cooperazione. Meno della metà di joint-venture e alleanze produce nel lungo termine risultati per gli azionisti superiori alla media di settore. L’analisi di BCG su un database di 180 mila deal dimostra che il fallimento è spesso figlio di leggerezze in fase di trattativa. La mancanza di robusti piani strategici, efficaci sistemi di monitoraggio e chiari assetti di governance può far deragliare anche la collaborazione più sensata dal punto di vista industriale. Al pari delle fusioni e acquisizioni, joint-venture e alleanze richiedono perciò due diligence approfondite, solidi patti di gestione, team di esperti M&A dedicati all’operazione a lungo termine.














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