Strumenti formativi per i dipendenti sulla sostenibilità, piattaforme per l’acquisto di crediti di carbonio, app che semplificano il rapporto con il cliente, ma anche strategie di comunicazione evolute che valorizzino maggiormente l’identità del brand invece che utilizzare i dati per rincorrere il consumatore. Sono alcuni dei (tanti) esempi pratici che rappresentano i trend digitali strategici per il 2023 secondo Bain & Company, emersi nel corso della prima edizione dei Digital Revolution Awards. Un evento che si è concentrano in particolare sulle strategie di marketing e sull’importanza del rapporto con il cliente, per le imprese del B2b, o con il consumatore finale, nel caso del B2c.
La società di consulenza strategica ha analizzato in particolare imprese, di tutte le dimensioni, appartenenti a sette settori specifici: banche, assicurazioni, retail, beni di consumo, energia, moda e lusso, travel. «Per le realtà produttive, quindi l’industria, anche con elevata intensità di capitale, il pool di opportunità che arrivano dal mondo digitale è non solo straordinario, ma ancora molto lontano dall’essere a full potential», sottolinea Pierluigi Serlenga, managing partner Italia di Bain and Company, che individua due trend per le imprese dell’industria: il giusto bilanciamento fra provider tecnologici mainstream e realtà innovative, anche startup, dalle quali «possono arrivare soluzioni molto mirate». Le opportunità riguardano «tutta la catena del valore: operation, procurement, supply chain, hardware, design del prodotto, user experience, tutto il mondo della simulazione, del prototipi, la manutenzione predittiva, formazione».
Aspetti che possono confluire in un’unica strategia, e abilitare l’azienda a cogliere le opportunità di quello che viene definita l’era post-digitale. I trend individuati da Bain confermano una serie di aspetti già emersi negli ultimi anni: la strategia vincente è touchpoint e multicanale, sul primo fronte emerge il metaverso, sul secondo invece si conferma l’esigenza di saper unire l’esperienza digitale a quella dei punti vendita fisici.
Il tutto, con strategie di comunicazione sempre più incentrate su trasparenza e realismo. Vediamo come tutti questi elementi si coniugano facendo anche esempi pratici che vengono da uno dei settori al centro dell’indagine Bain: l’energia. Con l’esperienza di Edison, sul fronte delle strategie B2c in un momento caratterizzato dal caro energia, o di una start-up, come Mugo, che ha vinto il premio sul digital Esg.
I trend di vendita e marketing
Nel mondo dell’energia, otto persone su dieci si informano online, ma solo il 30% conclude poi l’acquisto digitalmente, tutti gli altri vanno poi nei negozi fisici oppure chiamano direttamente l’azienda. Percentuali simili nel mondo della moda: il 50% dei clienti si informa online, ma meno del 30% compra poi tramite e-commerce.
Dunque, come detto, strategia multicanale, ma anche multi touchpoint. Qui, emerge il metaverso, che registra livelli di interessi molto superio al passato e in crescita nei prossimi sei mesi, e gli Nft, non fungible token, con una crescita del 35 per cento della popolarità nel 2021.
Infine, le strategie di comunicazione, che si focalizzano su trasparenza e realismo: nei prossimi sei mesi assisteremo a una crescita di richiami realistici del 20%, nelle pubblicità e nel branding. Sulò fronte dell’engagement, gli influencer funzionano meglio dei social network (5% di tasso di engagement, contro 1%), con un picco nel retail dovuto alla crescita dei social commerce.
All’interno di questi trend, le imprese possono muoversi per sviluppare una strategia di vendita, da declinare in base al proprio mercato e alle proprie caratteristiche.
Strategie innovative di marketing, usare i dati per comunicare il brand
Una strategia innovativa in questo senso viene proposta da Emanuele Nenna, ceo & chairman di Dentsu Creative Sb, il nuovo network creativo globale di Dentsu, colosso della comunicazione mondiale. Il trend, spiega «non è comunicare solo il prodotto o il prezzo, ma anche l’identità». È una strategia applicabile a qualsiasi azienda. Significa «lavorare sulla propria identità, comunicare i propri valori». Questo aiuta l’azienda «anche a essere coerente nella vita interna, a fare employer branding, in un momento in cui è sempre trovare persone di valore e trattenerle». È una delle tante operazioni che riescono meglio se il brand ha «una personalità forte, che comunica bene la propria identità». Possiamo aggiungere che la capacità di attrarre i talenti è uno dei fattori critici anche nell’industria, che sempre più fatica a trovare profili tecnici anche negli stabilimenti produttivi.
Nenna chiarisce meglio: «continuare a inseguire il cliente, o il consumatore, rischia di far perdere l’identità e la credibilità. Il digitale fa correre il rischio di andare verso l’ipergeneralizzazione, che consiste nel dire alle persone le cose che vogliono sentirsi dire. Per esempio, io sono milanista, e mi arrivano solo post che parlano del Milan». C’è invece, secondo Nenna, un modo migliore di usare i dati. Che, sottolinea, sono preziosissimi. L’importante è «usarli in maniera costruttiva», ad esempio per costruire un’identità di marca. «Torniamo all’esempio del Milan: possono utilizzare il dato per comunicare che sono un’azienda che crede nei valori dello sport sano. Magari proponendo calciatori che hanno fatto azioni sportive sane». In altri termini, «prima mi posiziono come un brand che ha certi valori, poi uso i dati per farli arrivare in modo rilevante al singolo».
Attenzione: «è un’operazione che non sempre le aziende sono pronte a realizzare, anche perchè presuppone un investimento più elevato. Bisgùogna fare l’analisi, il posizionamento, cose che richiedono un budget piu alto». Ma, insiste Nenna, «la comunicazine può fare la differenza, e infatti le grandi marche sono quelle che sopravvivono maggiormente nei periodi di difficoltà proprio perchè hanno investito sul marchio. Per esempio, la Barilla può perdere colpi, fare il prodotto sbagliato, ma appena raddrizza il tiro resta sempre la Barilla».
Le aziende premiate
La prima edizione dei Digital Revolution Awards di Bain & Company Italia, le cui ricerche sono state effettuate anche grazie alla collaborazione con Nextatlas per l’identificazione dei trend più innovativi, ha visto tre aziende premiate, in altrettante specifiche sezioni:
- customer experience: il ranking è basato su score qualitativi e quantitativi, applicati a 15 dimensioni relative ai principali asset digitali (sito pubblico, mobile app, area privata). Gli asset digitali con il punteggio più alto sono contraddistinti da quattro caratteristiche: sono funzionali, aggiungono valore, sono di facile utilizzo per il cliente e sono di impatto per i cliente. Azienda vincitrice: Prima Assicurazioni.
- Digital marketing: qui sono state analizzate oltre 100 aziende, operanti in sette settori diversi, per un totale di 4,5 miliardi di visite sui rispettivi siti web (oltre 2 milioni di URLs e 3,5 milioni di keyword), realizzando un’analisi quantitativa sulle performance in quattro aree: traffico, media optimization, performance sito e performance app. Il primo premio è andato a Unieuro.
- Digital Esg: Bain ha valutato startup e realtà innovative che sfruttano gli abilitatori tecnologici e digitali per finalità sostenibili, come la blockchain per la tracciabilità e gli algoritmi per calcolare l’impatto CO2. Per questa categoria, il massimo riconoscimento è andato a Mugo, realtà del climate tech.
Sostenibilità e decarbonizzazione con Mugo
E proprio da Mugo arrivano una serie di servizi che riguardano anche le imprese (la mission della start-up è quella di usare le tecnologie per ridurre l’impatto climatico, con prodotti e servizi digitali che si rivolgono sia alle famiglie sia alle imprese). Con l’industria, spiega il ceo, Benedetto Ruggeri, lavoriamo «con un applicativo che abbiamo sviluppato per i clienti interni, un sistema di engagement, comunicazione e formazione dei dipendenti che porta la sostenibilità sulla scrivania di tutte le persone». È stata lanciata due mesi fa, quindi in settembre, «stiamo già lavorando con una grande banca, e con tanti piccoli imprenditori. È una piattaforma di formazione ed engagement verticale sul cambiamento climatico. La nostra attività di onboarding ad esempio, non è un login classico, ma un quiz di carbonfootprint». A partire da questo primo step, ci sono aggiornamenti settimanali, o bi-settimanali, con contenuti di formaizone sul cambiamento climatico, che possono essere di engagement, challenge, in ogni caso sempre proposti attraverso attività differenti, presenti sulla piattaforma. L’applicativo «arriva mail direttamente sulla scrivania, è pensato per qualsiasi funzione aziendale». Non è una formazione tecnica, ma orizzontale. Una sorta di «cassetta degli attrezzi per comprendere il tema, con informazioni rilevani per tutte le funzioni aziendali e per tutte le persone».
«La seconda cosa che facciamo – prosegue Ruggeri – è lavorare sul tema della decarbonizzazione», in particolare consentendo alle aziende di acquistare i crediti di carbonio. «Abbiamo sviluppato un marketplace che include piu di 50 developer in tutto il mondo, che mettiamo in contatto diretto con gli acquirenti, siamo in grado di rispondere alle aziende, fare un outsourcing trasparente e in tempo reale con l’acquisto in tempo reale di crediti di carbonio». I quali, lo ricordiamo, «sono uno dei tre step che vengono utilizzati per la decarbonizzazione dell’azienda. Dopo aver misurato e ridotto il più possibile la quantità di gas serra che non sono in grado di ridurre, «è possibile bilanciare con l’acquisto di questi crediti di carbonio che vengono generati da produttori, developer».