La lettera di commiato per il pensionamento di Giuseppe Gherzi, storico direttore generale dell’Unione industriale di Torino

Dopo 43 anni di lavoro nella confindustria subalpina, il dirigente lascia il posto ad Angelo Cappetti e si dedicherà, come consulente, al Manufacturing Technology Compentence Center

Giuseppe Gherzi

Gent.mi,

è nel momento in cui si lascia il lavoro che ci si rende conto di tutto il cammino che si è compiuto. Soprattutto nel mio caso, ora che lascio l’Unione Industriale di Torino dopo 43 anni di servizio ininterrotto.







Forse soltanto ora mi rendo conto di tutto il lavoro svolto ma, soprattutto, delle persone insieme alle quali ho condotto la mia attività: i presidenti dell’Unione che si sono succeduti in questi decenni, gli imprenditori che hanno animato la vita associativa col loro apporto, i numerosi colleghi con cui ci sono state infinite occasioni di collaborazione.

Per me sono stati 43 anni pieni di risultati positivi. Molto del merito è da ascrivere all’opera di guida dei presidenti, che hanno tutti impresso un segno positivo nell’azione che la nostra Unione ha svolto per rafforzare il ruolo dell’industria e delle imprese.

Da essi ho appreso molto, così come dai direttori che si sono avvicendati e il cui merito maggiore è stato di garantire la stabilità della nostra associazione e delle rappresentanze imprenditoriali.

Una stabilità che si apprezza in modo particolare se si pensa alla trasformazione che il mondo ha subìto in tutti questi anni.

Quando sono approdato all’Unione nel 1977, il sistema industriale del Nord Ovest era radicalmente diverso da oggi. Tanto diverso da sembrare irriconoscibile.

Mai avrei pensato di assistere alla catena impressionante di cambiamenti a cui ho partecipato.

Allora, quando incominciai questo lavoro, il Nord Ovest era il centro assoluto dell’attività economica e produttiva del Paese. Era il luogo dominato dalla presenza delle grandi imprese industriali.

In questi quarant’anni lo scenario economico e imprenditoriale si è completamente ridefinito. Oggi, invece delle grandi imprese di un tempo, prevalgono le aziende di dimensioni intermedie, mentre l’occupazione industriale non è più la nota dominante a livello sociale, come invece era allora, quando una straordinaria concentrazione di grandi fabbriche e di lavoratori fece di Torino la culla delle relazioni sindacali.

Una trasformazione epocale, che ha costretto tutti noi a rivedere categorie di giudizio, impostazioni, linee operative.

Ciò che Torino e il Nord Ovest hanno mantenuto, a mio avviso, è l’imprinting industriale che è ancora leggibile nelle forme dell’economia, della società e del territorio.

Certo, le grandi organizzazioni produttive non esercitano più l’egemonia di un tempo. Tuttavia, il mondo dell’industria continua a costituire una risorsa fondamentale per il nostro territorio e per l’economia italiana. Esso si conferma come la parte più attiva, quella che genera maggior valore, che mette l’Italia in diretta connessione col resto del mondo.

Questa è la ragione per cui continuo a essere personalmente convinto della centralità della specializzazione manifatturiera del nostro territorio e dei servizi che sono ad essa organicamente connessi. È una condizione che dobbiamo fare di tutto per preservare. In questa prospettiva il contributo dell’associazionismo imprenditoriale permane di primaria importanza.

Non ho mai creduto all’opinione di chi, in questi ultimi anni, sosteneva le ragioni della cosiddetta “disintermediazione”. Non penso affatto che la stagione della rappresentanza degli interessi stia volgendo al termine e che le attività economiche possano fare da sé.

Al contrario, penso che un Paese come l’Italia e un territorio come il nostro abbiano bisogno più che mai di soggetti forti che sappiano difendere e far valere le posizioni dell’industria e del mondo delle imprese.

Tante volte ci è stato detto che esiste un problema di dimensioni delle nostre imprese, più piccole rispetto ai nostri concorrenti internazionali. Ebbene, questo di per sé è già un motivo che fa comprendere perché sia necessaria una forte rappresentanza degli interessi delle imprese.

La nostra associazione da un lato, deve operare affinché si rafforzi il tessuto economico locale, aumentando la sua qualità e la sua specializzazione; dall’altro, deve accompagnare le nostre imprese a modellarsi di più sulle grandi filiere internazionali, in primo luogo su quelle europee che si vanno formando.

Nel nostro futuro, la dimensione continentale conterà ancora di più che nel passato e dovremo cercare di far corrispondere ad essa la nostra forza produttiva. In altri termini, la nostra partita locale si giocherà sempre di più in Europa.

È su tale missione che dovranno misurarsi le nostre rappresentanze, a cominciare dall’Unione Industriale, che sono lieto di lasciare in ottime mani. Il presidente Giorgio Marsiaj, appena nominato, ha mostrato grande determinazione nell’assumere i suoi compiti. Il direttore che mi succede, Angelo Cappetti, metterà sicuramente la sua esperienza al servizio della nuova responsabilità.

Quanto a me, proseguirò il mio impegno a favore dell’industria di Torino lavorando, anche con l’Unione Industriale di Torino, per la realizzazione del progetto più ambizioso sostenuto dalla nostra Unione negli ultimi anni e condiviso con tutte le Istituzioni e gli stakeholders del territorio, a cominciare dal Politecnico. Mi riferisco naturalmente al Manufacturing Technology Competence Center, che sorgerà coll’apporto delle nostre migliori imprese, allo scopo di promuovere il trasferimento tecnologico. Si tratta di opportunità fondamentale per rafforzare e rilanciare la nostra vocazione manifatturiera, soprattutto nei settori dell’automotive e dell’aereospazio.

Concludo con un ringraziamento caloroso a tutti coloro che mi hanno accompagnato in questi 43 anni di lavoro, facendo in modo che essi siano diventati per me un’esperienza estremamente felice e irripetibile.

Torino, 30 settembre 2020

Giuseppe Gherzi














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