Wärtsilä Italia, Leonardo e Menarini: grandi fabbriche candidate come Lighthouse Plant  

di Marco de' Francesco ♦︎ Le tre aziende sono in lizza per i rispettivi stabilimenti di Trieste, Nola e Sesto Fiorentino. La prima vuole realizzare una piattaforma di extended enterprise per sviluppare e condividere esperienze e soluzioni con la supply chain. Il colosso guidato da Profumo punta alla realizzazione di un approccio di co-evoluzione multi-impianto in collegamento con una filiera. L’industria farmaceutica intende realizzare digital twin per la gestione integrata di qualità logistica e manutenzione. Al Cluster Fabbrica Intelligente la mission di accompagnarli in questo percorso

Tre grandi industrie in lizza per far diventare Lighthouse Plant alcuni loro stabilimenti. I nomi sono quelli di Wärtsilä ItaliaLeonardo e Menarini, per i rispettivi stabilimenti di TriesteNola e Sesto Fiorentino. La prima società ha iniziato il percorso per ottenere l’accordo di innovazione da parte del Mise, le altre due stanno preparando la strada per intraprenderlo. Se la loro iniziativa sarà coronata da successo, si aggiungerebbero agli Impianti Faro formalizzati gli anni scorsi – Ansaldo EnergiaAbbTenova-Ori Martin Hitachi Rail – e alla new entry di dicembre 2020, Hsd Mechatronics, di cui parleremo.

Sono selezionati con il supporto del Cluster Nazionale Fabbrica Intelligente (Cfi), l’associazione che – presieduta dal Cdo di Ansaldo Energia e Ceo di Ansaldo Nucleare Luca Manuelli, mentre il presidente del Comitato scientifico è il professor Tullio Tolio del Politecnico di Milano – riunisce gli stakeholder della manifattura italiana combinando le idee e le visioni di aziende, associazioni, università ed enti di ricerca, associazioni.







Ma quali obiettivi intendono conseguire le aziende candidate? Quali sfide industriali e tecnologiche vogliono affrontare? 

Wärtsilä Italia – ex Grandi Motori Trieste di Fincantieri ma da 20 anni parte di Wärtsilä Corporation, azienda con sede ad Helsinki specializzata nella fabbricazione di sistemi di propulsione e generazione di energia per uso marino e centrali elettriche – intende realizzare una piattaforma di extended enterprise per sviluppare e condividere conoscenze, esperienze e soluzioni con la supply chain e mobilitare l’intelligenza collettiva.

Leonardo Vergiate
Stabilimento Leonardo a Vergiate

Leonardo – il colosso italiano della difesa, della produzione aeronautica civile, dell’aerospazio e della sicurezza guidato dal ceo Alessandro Profumo e che fattura, con quasi 50mila dipendenti, circa 14 miliardi – punta alla realizzazione di un approccio di co-evoluzione multi-impianto in collegamento con una filiera integrata e di nuove metodologie per sincronizzare, l’individuazione dei problemi con gli strumenti e le competenze richieste agli operatori per risolverli.

Menarini – la più grande industria farmaceutica del Paese, con 17.500 dipendenti e 3,8 miliardi di fatturato – ha un piano che contempla, per il nuovo stabilimento di Sesto Fiorentino, molteplici obiettivi. Tra questi, la realizzazione di digital twin per gestione integrata di qualità logistica e manutenzione e l’integrazione dei dati di filiera. 

Questo articolo trae spunto dalla tavola rotonda “I Lighthouse Plant di seconda generazione: le aziende capo-filiera per un Paese resiliente e sostenibile”, tenuto di recente nell’ambito del workshop annuale di CFI, denominata “Produrre un Paese resiliente e sostenibile”. Alla tavola rotonda moderata da Tullio Tolio, sono intervenuti il product & Innovation Manager di Hsd Paolo Galli, il corporate grants & funding manager di Menarini Marco Mansani, l’evp manufacturing and program management di Leonardo Fabio Barsotti, e il general manager smart manufacturing & innovation di Wärtsilä Italia Giuseppe Saragò.

 

I Lighthouse reificano la roadmap di CFI

Ricercatore al lavoro in un laboratorio Menarini

Una delle principali iniziative del CFI è la definizione della Roadmap, documento strategico per indirizzare la trasformazione digitale dell’industria, individuando le principali necessità della manifattura italiana in termini di avanzamento tecnologico. La Roadmap ha sia lo scopo di indirizzare le attività di ricerca e innovazione delle aziende manifatturiere, che proporre agli organi istituzionali quali i Ministeri dei percorsi di approfondimento lungo i quali puntare con politiche industriali mirate. Negli ultimi mesi, sette gruppi tematici tecnico-scientifici (Gtts) formati da esperti, docenti universitari e soci del cluster sono stati impegnati nella redazione della seconda Roadmap, che sarà pronta a breve.

«Nel documento – ha affermato Tolio – vengono individuati macro-scenari di sviluppo, le cosiddette linee di intervento. Costituiscono delle “sfide” per la manifattura: ad esempio la produzione circolare, sostenibile, zero defect. In una matrice appositamente realizzata, queste sono rappresentate lungo linee verticali. Lungo quelle orizzontali, invece, sono indicate le metodologie e le tecnologie abilitanti adatte ad intraprendere il percorso». Per Tolio il Lighthouse rappresenta una concretizzazione della Roadmap: «L’impianto faro non è solo un dimostratore: è uno stabilimento produttivo, che coinvolge, nella sua evoluzione, la filiera, le università, i centri di ricerca, le start-up. Si dà vita ad un Lighthouse perché dietro c’è una azienda pivot che intende affrontare, nella pratica industriale, una o più sfide indicate dal documento di roadmap».  

 

Obiettivi delle aziende candidate a diventare Lighthouse

  1. La piattaforma di extended enterprisedi Wärtsilä Italia   

Wärtsilä Italia

Anzitutto, fulcro del Lighthouse è, nel progetto dell’azienda, l’impianto di Trieste, che si sviluppa su un’area di circa 300mila metri quadrati, comprende sia la serie dei motori a quattro tempi che i componenti per la propulsione. Secondo Saragò, sono state recenti esperienze in tema di digitalizzazione a portare allo sviluppo dell’idea dell’Impianto Faro:

«Dal 2016 lo stabilimento è diventato un opificio digitale. Ma appunto nel contesto della digital trasformation abbiamo incontrato due limiti che supereremo con il Lighthouse: il primo è che se la filiera non cresce con l’azienda pivot, quest’ultima resta isolata e non trae vantaggio dalle sue innovazioni; il secondo è la cosiddetta “banana syndrome”: è stato detto che una scimmia può raggiungere una banana, ma solo un uomo può arrivare fino alle stelle. Si intende sottolineare che la tecnologia è solo una commodity: occorre investire sulla crescita delle risorse umane».  

Il general manager smart manufacturing & innovation di Wärtsilä Italia Giuseppe Saragò

Quanto alla piattaforma, il concetto di base è che l’azienda pivot e quelle della supply chain possono dotarsi di strumenti e metodi (anche formativi) adeguati per combinare le proprie esperienze e conoscenze: lo scambio produce un vantaggio complessivo maggiore di quello che si avrebbe sommando le competenze delle singole componenti della catena del valore. Nell’impresa estesa, le tecnologie di raccolta ed esame dei dati giocano un ruolo importante, facilitando la comunicazione e la costruzione di relazioni e fornendo a ciascun membro della catena di fornitura una visione comune del quadro informativo in tempo reale. In questo schema, Wärtsilä Italia detta i tempi del percorso di crescita e provvede a mettere a disposizione spazi collaborativi. 

 

 

  1. Leonardo punta alla filiera integrata e super-efficiente

L’evp manufacturing and program management di Leonardo Fabio Barsotti

«Leonardo – ha affermato Barsotti – si riconosce nella Roadmap del Cluster: da anni applica principi molto simili a quelli formalizzati dal documento di CFI». Cosa ha inteso dire, Barsotti? Che l’azienda, in quanto (candidata) Lighthouse, estenderà alla filiera una metodologia di lavoro già operativa all’interno della società, che si compone di 17 stabilimenti diversi. «Impianti completamente differenti – ha continuato Borsatti -: a tutti abbiamo applicato i principi della lean manufacturing, per poi procedere con la trasformazione digitale. Si è puntato sull’interconnessione, sull’integrazione, sullo scambio dei dati». Si è fatto di tanti impianti una sola enterprise.

Il trasferimento di questo metodo alla supply chain non è un’operazione semplice. Si pensi che la metà del fatturato di Leonardo è realizzato con beni e servizi che sono acquisiti dagli 8mila fornitori, dei quali 4mila hanno sede in Italia. Circa l’80% di ciò che l’azienda compra nel Belpaese viene esportato. Inoltre, la catena dei fornitori di Leonardo è molto complessa, anche a causa dell’alto contenuto tecnologico della componentistica. Per cui, ha chiarito Barsotti, si è dato vita ad un «progetto sistemico», che contempla tante azioni. Ad esempio, «la ricerca di metodologie che consentano di associare con semplicità ad un problema i tool e le esigenze formative per disporre degli skill per affrontarlo»; infine, «l’implementazione di sensori per valutare aspetti ergonomici e individuare le attività prive di valore aggiunto».

 

  1. Sei obiettivi principali per l’Impianto Faro di Menarini

Il corporate grants & funding manager di Menarini Marco Mansani

La proposta di Lighthouse di Menarini riguarda, lo stabilimento di Sesto Fiorentino (Firenze) dove l’azienda intende investire 150 milioni di euro, in vista della produzione di tre miliardi di compresse all’anno e 240 milioni di blister. Menarini è attiva nella ricerca e nello sviluppo di nuove molecole, ad esempio nel settore oncologico e nel campo delle patologie antibiotico-resistenti, nonché nella realizzazione di procedimenti biotecnologici. Si sta applicando nella individuazione di anticorpi monoclonali che riguardano la malattia più nota al mondo, il Covid-19. A Sesto Fiorentino vuole realizzare laboratori d’avanguardia, magazzini automatici, sistemi di controllo di qualità avanzati, il tutto nell’ottica della sostenibilità ambientale.

Ma, soprattutto, Sesto Fiorentino sarà al centro di una filiera integrata e ottimizzata. «Gli obiettivi prioritari come Lighthouse – ha affermato Mansani – sono questi: anzitutto, incrementare l’efficienza produttiva; in secondo luogo, individuare un metodo di innovazione continua; ancora, accedere a tuttI i dati della supply chain, per la valorizzazione a vantaggio di tutta la filiera e per l’applicazione di tecnologie come la piattaforma IoT e la robotica collaborativa; poi, aumentare l’attrattività del sistema di imprese; inoltre, definire una strategia di controllo delle emissioni; e infine, accelerare la crescita di tutte le competenze del distretto».

 

Obiettivi di prodotto e di processo per Hsd

L’ad di Hsd Fabrizio Pierini

Hsd Mechatronics è il nuovo Lighthouse Plant del Cluster Fabbrica Intelligente, nonché la prima media impresa (80 milioni di euro di ricavi e 320 dipendenti) a diventarlo, dopo big degli anni scorsi già citati all’inizio.

La società guidata da Fabrizio Pierini è comunque il primo operatore italiano e il secondo mondiale nella produzione di elettromandrini: dispositivi avanzati per macchine utensili destinate a lavorare legno, metallo, materiali compositi, vetro e pietra.

Hsd ha sede a Gradara (Pesaro e Urbino) e fa parte di Biesse Group, azienda quotata in Borsa, leader nella tecnologia per la lavorazione di legno, vetro, pietra, plastica e metallo, con oltre 700 milioni di euro di ricavi nel 2019 e 4.000 dipendenti nel mondo. Il progetto di Hsd come Lighthouse comprende sia lo sviluppo di nuovi prodotti che quello di nuovi processi.

 

Il product & Innovation Manager di Hsd Paolo Galli

Quanto al primo obiettivo, ha affermato Galli, il nuovo elettromandrino interconnesso e digitalizzato sarà capace di comunicare in continuo le informazioni relative al suo stato e al suo funzionamento via Wifi al cloud di Hsd: «Riusciremo, dalla control room a monitorare, registrare e correlare gli andamenti di tutte le grandezze rilevanti mentre l’elettromandrino lavora e grazie agli algoritmi specifici individuare condizioni di lavoro virtuose o critiche. Forniremo agli utenti (Oem in primis) indicazioni sull’impiego ottimale del device a tutela della qualità di lavorazione e dell’affidabilità». Quanto al secondo, si intende realizzare un impianto zero defects. Insieme alle imprese che fanno parte della filiera si svilupperanno sistemi di controllo di qualità sui componenti, con sensori, telecamere, misure laser, analisi vibrazionali, monitoraggi di temperatura ed altro. «Si tratterà di una vera rivoluzione – ha affermato Galli – per dar vita ad un ecosistema industriale ottimizzato: comporterà grandi cambiamenti in termini di competitività, soprattutto per le piccole imprese della nostra supply chain marchigiana».  














Articolo precedenteDa Versalis (Eni) una nuova gamma di prodotti che punta sulla sostenibilità
Articolo successivoSiderweb: la Germania è una grande opportunità per l’export di acciaio inox






LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui